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Autore: Charlie Brooks    02/02/2011    3 recensioni
Una donna, la sua vita, la sua morte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA CIMA APPARENTEMENTE IRRAGGIUNGIBILE.
 

Il mio nome è Corinne Bradley, ho cinquantadue anni e sto morendo.
La mia vita è cominciata un giorno di pioggia; fu un parto difficile; il medico disse che non volevo uscire; forse sapevo già cosa mi aspettava lì fuori. Dei primi anni della mia vita non ricordo molto; un volto femminile e uno maschile, mia madre e mio padre; ben presto quelle facce divennero una soltanto; mio padre morì a causa di un incidente sul lavoro; avevo otto anni. Mia madre aveva sempre fatto solo la casalinga e di punto in bianco si ritrovò a dover mantenere la famiglia. Mi aveva avuto molto giovane e non era andata al college, requisito che sembrava indispensabile per trovare un lavoro; decise così di fare una cosa che non avrebbe mai pensato di fare; la prostituta. Portava gli uomini a casa e si dava da fare con loro nel letto dove mio padre aveva dormito ed era morto; ma nonostante ciò non ebbi la forza di odiarla, era l’unica persona che mi era rimasta al mondo.
Un giorno un uomo che era venuto a casa con mia madre mi vide e le chiese se anche io ero in vendita come lei. Risposta: ha solo dodici anni, forse quando sarà un po’ più grande. Sì, mia madre aveva detto che quando fossi cresciuta mi sarei prostituita come lei. Non l’avrei mai fatto, a costo di perdere la casa ed andare a vivere per strada. Non sapevo che la fame e le pressioni di mia madre mi avrebbero fatto cambiare idea. La prima volta avevo quindici anni, lui era un uomo di almeno cinquantacinque anni, con la pancia da bevitore di birra e le mani sudaticce. Quando all’inizio mi sfiorò volevo solo scappare, ma alla fine rimasi a fare il mio dovere; perché per me era di questo che si trattava. L’uomo, quando fu soddisfatto, si rivestì, mise i soldi sul comodino e se ne andò. Io rimasi tutto il giorno a letto a piangere; lui non era stato affatto gentile o dolce. Dopo di lui ce ne furono molti altri e io guadagnavo abbastanza per permettere a me e a mia madre di vivere una vita più che dignitosa; tanto che riuscii a farmi una clientela fissa e mia madre smise di “lavorare” per fare la mia segretaria. Nonostante tutto non smisi di andare a scuola, amavo studiare e avevo anche ottimi voti.
Finito il liceo avrei tanto voluto andare al college, ma Janet (iniziai a chiamare mia madre per nome) trovò mille scuse e motivazioni e riuscì a farmi restare. Pochi mesi dopo si schiantò mentre tornava a casa dal supermercato in auto. Vendetti la casa in cui vivevo e mi comprai un appartamento a New York e anche lì riuscii a farmi una clientela fissa, molto più ricca di quanto potessi mai immaginare; divenni una di quelle che venivano chiamate “squillo di lusso”. La mia vita sembrava andare bene, ma poi incappai in quelli che erano “rischi del mestiere”; rimasi incinta di una bambina. All’inizio pensai di abortire ma poi mi resi conto che io non ero nessuno per decidere di non far nascere un essere umano. Juliet venne al mondo il giorno del mio trentunesimo compleanno; era una bellissima bambina, dagli occhi color cioccolato come i miei e i capelli biondi, probabilmente come il padre che non avevo idea chi fosse. Decisi di smettere di fare la prostituta, per il suo bene; non le avrei fatto passare ciò che Janet aveva fatto a me: non le avrei mai fatto vedere uomini diversi uscire ogni volta dalla mia stanza, non l’avrei costretta a fare ciò che non voleva.
Riuscimmo a vivere bene con i soldi che avevo messo da parte durante gli anni e trovai anche un uomo che mi piaceva molto, tale Haward; dopo un paio di anni venne a vivere con me e Juliet, che era cresciuta diventando una stupenda sedicenne. Mi sentivo a posto con me stessa, finché un giorno tornai in anticipo dalla lezione di yoga e sentii delle urla provenire dalla camera di mia figlia; quando aprii la porta trovai il mio fidanzato che cercava di violentare Juliet. Lo staccai da lei e lo sbattei fuori di casa lanciando dalla finestra i suoi vestiti, le sue scarpe, tutte le sue cose. Non potevo credere a quello che avevo visto, non riuscivo a farne una giusta; l’unico uomo che avevo mai amato, che avevo accolto in casa mia voleva approfittare di mia figlia. Iniziai a bere, tanto che mia Juliet doveva venirmi a prendere dai bar ogni giorno, anche a tarda notte. Quando divenne maggiorenne uscì dalla porta di casa con le valigie dicendo che non sarebbe tornata finché non mi fossi disintossicata e avessi trovato un lavoro. Passai due giorni a letto e presi la sbronza più grande della mia vita; poi mi alzai e andai agli alcolisti anonimi; quell’esatto giorno smisi di bere.
Trovai lavoro in una tavola calda come cameriera e fu proprio lì che sentii parlare dell’associazione “White Rose”; dove volontari davano aiuto alle ex-prostitute e ai loro figli. Quando entrai nella sede per la prima volta mi misi a piangere; vedevo adolescenti che tenevano in braccio neonati; donne più giovani e più vecchie di me. Mi informai e chiesi, per poi ottenere, un alloggio al White Rose; vendetti il mio appartamento a Manhattan e donai tutti i miei averi all’associazione. Chiamai mia figlia dandogli appuntamento alla tavola calda, dove le spiegai tutto ciò che avevo fatto da quando se ne era andata; disse che era molto fiera di me e che sarebbe tornata a trovarmi spesso.
Quella sera, tornando all’associazione dopo il lavoro vidi un uomo picchiare una ragazzina che conoscevo molto bene, era una delle prostitute che avevamo tolto dalla strada e quello doveva essere un cliente che non accettava un no come risposta. Mi intromisi e lui tirò fuori un coltello colpendomi una, due, tre volte per poi correre via. La ragazza cercò di aiutarmi, chiamò il 911 e fece pressione sulle ferite, ma sentivo che non c’era molto da fare.
Il mio nome è Corinne Bradley, ho cinquantadue anni e sto morendo. Ma ho dimenticato di dire una cosa importante: sono veramente felice per la prima volta in tutta la mia esistenza. Ho camminato per anni  su una montagna, in salita e sono inciampata molte e molte volte; ma mi sono sempre rialzata finché non sono riuscita ad arrivare in cima, una cima che nemmeno molti dei più esperti scalatori sono riusciti a toccare e ora, guardo giù vedendo il panorama più bello che abbia mai visto.

 

   
 
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