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Autore: honeysuckle_s    03/02/2011    2 recensioni
Sesshomaru è un demone imprigionato tra gli umani, e gli viene affidata un'orfana. Una storia contemporanea, al di là dell'Atlantico! ***Questa è una ripubblicazione in capitoli, ringrazio DivinaKagome e Mei91!***
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Si narra che ad un tratto il figlio maggiore del defunto Demone Cane avesse fatto ritorno. Da dove, nessuno avrebbe saputo dirlo. Si narra che il demone avesse portato con sé una fanciulla umana. Si narra che l’anima di questa fanciulla emanasse una luce pura. Se fosse stata in grado di esercitare un qualche potere spirituale, nessuno avrebbe saputo dirlo. Si narra che nel giro di pochi tramonti il demone fosse stato avvolto da una luce verde e bianca e che, una volta svanita, avesse recuperato un braccio perso durante uno scontro. Si narra che la mano  di quel braccio impugnasse una katana enorme. Si narra che il nome della spada fosse Bakusaiga. Si narra che molti demoni incuriositi volessero scontrarsi contro quell’arma, per poi cadere miseramente. Si narra che il potere del demone avesse finalmente eguagliato quello del defunto Demone Cane.
 







Quante cose nuove per Rin! Tornata a casa del sig. Sesshomaru lo aveva visto abbigliato con una specie di armatura. Il suo abbigliamento ordinario nell’altro mondo, le spiegò. Lo aveva custodito fino al momento del ritorno. Rin notò che al protettore mancava un braccio. Lui le spiegò che ne aveva preso in prestito uno umano, e al suo sguardo scioccato, Sesshomaru le spiegò con una nota di irritazione che avrebbe dovuto abituarsi a ben altre forme di violenza. Lasciarono per sempre quel mondo e si addentrarono in quell’epoca antica.





L’aria era purissima, evidentemente qui il progresso non era ancora arrivato a portare benessere ed inquinamento. La gente vestiva in modo umile, coltivava, era povera per lo più e trascorreva molto tempo nelle risaie. Lo stomaco di Rin si abituò ad introdurre ancora meno cibo. All’inizio fu difficile, però. A volte si sentiva a disagio con quei suoi abiti occidentali e stretti. Le persone che la vedevano la guardavano con stupore. Nel cammino di Sesshomaru aveva fatto la conoscenza dei servitori di Sesshomaru, Ah-Un, una specie di drago a due teste coccolone, e Jaken, un kappa arrogante, presuntuoso e chiacchierone che non perdeva occasione per darle della stupida. Solo che quando c’era Sesshomaru non osava darle addosso. Rin all’iniziò subì le sue angherie, dettate da una gelosia feroce, ma poi, avendo appreso che non avrebbe mai puntato su di lei il bastone Ninto, gli rispose per le rime. Gli faceva i dispetti, sfruttava il fatto di essere più alta di lui e il tutto osservato da un Sesshomaru orgoglioso. La piccola aveva tirato fuori le unghie, dunque. Comunque Rin gli era affezionata, e non avrebbe mai permesso che gli potesse succedere qualcosa. Jaken si commuoveva per quelle dimostrazioni affettive e sotto sotto era contento che si fosse inserita nel gruppo un’anima così calorosa e tenera.
 





Pochi giorni dopo il ritorno nel suo mondo, Sesshomaru si imbatté in un demone dalla corazza fortissima. Che gli spezzò Tokijin. Non capì poi più niente quando il demone si diresse verso Rin e Jaken per ucciderli. Non ricordava come, ma improvvisamente si era trovato avvolto in una luce verde e bianca. Dissoltasi, aveva trovato i resti del demone, recuperato il suo braccio e impugnato un’arma nuova, micidiale. Totosai lo raggiunse e gli spiegò cos’era successo. Quella notte, mentre il resto del gruppo dormiva accanto al fuoco, sguainò la nuova arma e la fissò. La sua arma, che finalmente era fuoriuscita. Un’arma fatta per conquistare il potere. E per proteggere.





Si era trovato poi più volte ad affrontare altri demoni. Capitò anche un incontro con la madre. Per il funzionamento di Tenseiga. Sesshomaru non amava ricordare quel giorno, in cui era dovuto scendere nell’aldilà per recuperare la cosa più preziosa che avesse. E la paura, la tristezza e la disperazione, quando gli occhi di lei continuavano a restare chiusi. E il suo corpo che si raffreddava. A Rin non raccontò niente di quell’episodio. Lei per due giorni gli stette appiccicata. Di nuovo quell’incubo, l’essere strappata prima alla luce e poi alle tenebre… E il senso di conforto che lui le dava. Già al risveglio da quell’esperienza traumatica. Si era svegliata con un senso di oppressione ai polmoni, aveva tossito e poi lui le aveva poggiato una mano sulla guancia. Com’era calda e delicata. Rin, debole, gli sorrise e poggiò la sua mano su quella del demone, mentre lui la confortava.
 





Il rapporto tra i due era solido e forte. Rin non sapeva bene come definirlo. Era ormai chiaro che lui per lei era tutto. Lo adorava. E poi scoprì che al di là della grandezza, della forza, della benevolenza (rigorosamente rivolta a lei), Sesshomaru era un bellissimo demone. O meglio, era una cosa che aveva sempre notato. Ma non ci aveva mai pensato più di tanto. Perché il conoscerlo meglio, sviluppando un legame di tenerezza, l’aveva assorbita completamente. Ora invece qualcosa le era scattato. Doveva gestire con prudenza queste sensazioni. Sesshomaru era un demone. Una parte di lei era sempre pronta a ribattere che era un demone maschio. Fortunatamente non visse questa fase di interesse con struggimento. Non si poneva tante domande. Se fosse successo qualcosa, tanto di guadagnato. Le bastava vederlo ogni giorno, appena apriva gli occhi e quando li chiudeva, ogni giorno. Non si aspettava niente. Anche perché lui non le avrebbe mai fatto torti o presa in giro o abbandonata. Sorrise. Chissà…
 




Aveva dei bellissimi occhi, la sua protetta. Ma la cosa che gli piaceva di più era il suo sorriso. Un sorriso radioso dedicato rigorosamente a lui. E a nessun altro. Lo riempiva. Si sentiva un privilegiato. Un giorno tornò al loro accampamento prima del dovuto. Rin stava giocando con Ah-Un. Non si era accorta della presenza del suo protettore. Aveva un abitino nero che le lasciava le cosce scoperte. Le stava d’incanto, le dava un’aria così femminile. Quando Rin si accorse della sua presenza sorrise imbarazzata e corse a vedere se gli altri vestiti, quelli più lunghi, si fossero asciugati. Non gli si era mai mostrata troppo svestita. Si vergognava. Normale, era una donna, non una bambina. Non avrebbe saputo definire bene che cosa provava per lei. Di sicuro a nessuno era consentito avvicinarla. Una notte la osservò dormire fino all’alba e poi tirò fuori il ciondolo a mezzaluna che il kimono gli nascondeva. Forse, un giorno. Sarebbe arrivato a completarsi con lei. A fondersi con lei. Non ne era sicuro. Era un’idea strana. E non voleva avviare strani ingranaggi in quella grande avventura che era la vita. Se il suo rapporto con Rin era destinato a un’evoluzione, avrebbe lasciato fare al tempo. Chissà…
 
  
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