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Autore: amoreterno    03/02/2011    23 recensioni
per la prima volta trovo il coraggio per pubblicare una storia. vi prego di essere clementi e leggere la mia storiella per quella che è: un semplice sfogo in un momento di rabbia. non so se continuerò il mio umile esempio di scrittura. volevo solo sfogarmi e per farlo ho voluto dare un mio pensiero su un momento particolare di Lady Oscar: l'assenza di reazione della nostra beneamina nel momento in cui André rivela, con un coraggio impressionante, il suo amore per Oscar al generale Jarjayes. questa parte non mi è mai andata giù. spero che non siate troppo severe nel indurmi a lasciar perdere a continuare a scrivere e di leggere la storia con leggerezza e in più spero che vi diverta. vi avverto che i personaggi saranno un pò OOC...ne approfitto per augurare un Buon Natale a tutte! baci!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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André rimase inebetito.
Letteralmente incapace di parlare, di reagire, di esprimere l’esaltazione del momento che stava vivendo.
I suoi occhi di smeraldo brillavano di tutto l’amore di cui era capace.
Sorrise felice incatenando il suo sguardo estasiato con quello azzurro della donna che ricambiava con eguale trasporto il suo amore.
Prese le sue mani che gli incorniciavano il viso e se le portò alla labbra: “Oscar…è vero? Mi ami davvero? Non è un sogno?” chiese con voce rotta per l’emozione.
La donna distese le labbra morbide in un primo e vero sorriso. Annuì con un cenno della testa.
André le prese il viso tra le mani e sfiorandole le labbra con le proprie sussurrò a fior di labbra: “Ti amo anch’io Oscar. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Sarei pronto a dare la vita per te…”
“Lo so André… il tuo amore è l’unica certezza della mia vita a cui sono ancorata disperatamente. La tua voce. Il tuo sorriso. I tuoi stupidi borbotti, la tua semplice presenza sono un sollievo per la mia anima in pena. Oh André…se solo lo avessi capito prima! Se solo avessi sbirciato nel mio cuore tanto tempo fa…io…” scuoteva la testa in preda al tormento di tanti anni sprecati, incapace di esprimere a voce ciò che l’affliggeva da tempo.
“Shh…”le sfiorò le labbra con un dito: “Non ha più importanza. Adesso sei qui tra le mie braccia…non esiste nient’altro ormai…” per dimostrarle che diceva il vero la prese tra le braccia stringendola forte a sé.
Oscar si rilassò per la prima volta nella sua esistenza e cedette al suo abbraccio poggiando la fronte sul suo vigoroso petto.
“Ti amo Oscar…Oh Dio…ti amo Oscar…ti amo tanto…” le bisbigliava all’ suo orecchio cullandola leggermente.
Lei sorrise e si allungò in punta di piedi per ricevere il suo tanto agognato bacio colmo d’amore… pronta a concedere una, mille volte, le labbra all’uomo che amava.
Solo che il bacio non arrivò…
Aggrottò la fronte e notò che André era come impietrito guardando dritto davanti a sé.
Inarcò le sopracciglia e chiese: “Che ti prende?” la sua voce era tornata autoritaria e secca. Non le andava bene se André le rifiutava un bacio in un momento così magico.
Si girò per seguire il suo sguardo allibito quando il suo mento ricadde spalancando la bocca sbigottita per ciò che vide attorno a lei.
A loro.
Tutto il reggimento li stava osservando in mille espressioni diverse.
Chi aveva la bocca aperta. Chi gli occhi spalancati. Chi si asciugava gli occhi commosso nella manica di un compagno. Chi sorrideva come un ebete.
Trattenne a stento la voglia di scappare via lontano per l’imbarazzo. Girò lo sguardo verso destra e non riuscì a trattenere un espressione di sconforto. Alain aveva uno sguardo allucinato mentre osservava André senza parole.
Oscar incrociò lo sguardo verso quello imbambolato del suo amore e sussurrò a mezza voce: “Credo che io c’entri qualcosa in questo stato di stupore generale” osservò con aria saccente.
André le lanciò uno sguardo severo e sibilò: “Credi?”
La donna alzò il mento con aria di sfida ma l’attimo di rivalità finì nell’attimo stesso che André le lanciò uno dei suoi sorrisi da canaglia.
Il comandante si rifugiò di nuovo tra le sue braccia ridendo birichina mentre André la baciava sull’orecchio.
Intanto nel dormitorio ricomparve l’ossigeno e i suoi partecipanti attoniti uscirono dal loro angolo di sbigottimento cedendo alla naturalezza dei loro caratteri gioviali.
Dalla camerata partì all’unisono uno scroscio torrenziale di applausi e battutine spiritose che facevano più o meno: “Evvai André! Sei il migliore! Dacci dentro André, ti sei beccata la donna più antipatica della Francia!”
O ancora: “Un urrà per il nostro comandante! Urrà!”
Oscar sorrise un po’ imbarazzata abbassando lievemente lo sguardo.
André rise e abbassando la testa le catturò le labbra baciandola con tutto l’amore che serbava da anni per la sua bella.
Oscar, sorda alle urla entusiaste dei suoi soldati, si alzò in punta di piedi e cinse il collo del suo soldato preferito e rispose con impeto ai suoi assalti alla sua bocca.
Così avvinti nel loro appassionato abbraccio dimenticarono tutto.
L’odio. Il rancore. I fraintendimenti.
Le mezze verità. Il dolore. Gli ostacoli al loro amore che fino a pochi attimi prima sembravano insormontabili.
Tutto il loro mondo era concentrato tra le loro braccia. Nei loro cuori. Nelle loro anime intrecciate e legate per sempre.
“Dimmelo ancora” le chiese André sorridendo.
“Ti amo”
“Ancora”
“Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo” ripeté all’infinito la giovane donna con le lacrime agli occhi e ridendo felice.
“Anch’io…Dio Santo…Anch’io…Oscar!” la chiamò con una nuova urgenza André mentre i suoi compagni facevano pronostici su quanto tempo avrebbero perso per mettere in cantiere il loro primo figlio.
Oscar aggrottò la fronte e gli chiese preoccupata: “Che c’è?”
“Perdonami per tutto. Per averti fatto del male. Per averti ferito. Per averti insultata…io…ero senza ragione…sono stato…si! Sono stato un orso…”
Oscar cercò più volte di interromperlo ma lui non glielo permise: “Oscar, amore, troverai mai la forza per perdonare la mia presunzione. La mia gelosia…ero così furibondo. Ero convinto che mi odiassi, che la mia vicinanza ti disgustasse…”
“Mi disgustassi? Soldato Grandier, credo che tu non sia consapevole di quanto tu sia affascinante…” scherzò lei volando di nuovo tra le sue braccia.
“Mi perdonerai mai?” chiese ancora lui con espressione pentita e vergognosa di sé.
“Chiedimelo fra cinquantanni” sorrise lei.
André si calmò e rise. Alzò nuovamente lo sguardo e strinse gli occhi interrogativo quando notò che ancora Alain era preda allo sbigottimento.
“Alain? Stai bene?” chiese sinceramente preoccupato. Non aveva mai visto Alain rimanere senza parole.
Alain scosse la testa per risvegliarsi e disse: “Grandissimo figlio di una buona donna!” urlò irato.
Calò il silenzio e tutti guardarono intimorito il loro capo indiscusso che sfidava il presunto mite soldato André Grandier. Oscar si eresse in tutta la sua altezza pronta a dar guerra se qualcuno, chiunque tanto idiota da far del male al suo uomo. Strinse le labbra in una linea severa.
“Che diavolo ti succede?” domandò André sinceramente esterrefatto dalla reazione incoerente di Alain.
Ma insomma non gli aveva detto, ripetuto fino allo sfinimento di dichiararsi con Oscar. E adesso che ciò era successo perché lo guardava come se volesse incenerirlo?
“Grandier! Ti ho sempre considerato un grande amico. Un fratello per me! Ero tanto amico tuo da ascoltare da mattina a sera le tue lagne per questa bionda che ci comanda…” indicò con il dito il petto di Oscar con fare accusatorio.
“Ehy!” André fermò la sua piccola leonessa, pronta a saltare alla gola di Alain, con un braccio.
“Non facevi altro che piagnucolare come uno stupido che lei non ti voleva, che non ti degnava di uno sguardo, mentre io ti esortavo di darti una smossa e tu invece…invece…” Alain sorrise non riuscendo a mantenere viva ancora la sua espressione fintamente furibonda e con una risata disse: “Piccolo pervertito mascalzone! Ti sei dato da fare con quella lì! Ci credo che lei ti stava lontano altrimenti si sarebbe trovata addosso questo animale in calore!”
Un coro di risate volgari si unirono allo scherno di Alain.
Oscar e André arrossirono vergognosamente e non riuscirono a guardarsi per il troppo imbarazzo.
“Forse avrei dovuto sfogarmi con te in privato invece che davanti a tutti questi zoticoni…”
“Già, non è stata una bella mossa parlare dei fatti nostri davanti a loro. Capisci che mi hai appena condannato ai loro scherzi crudeli? Mi daranno il tormento!” sospirò afflitto André scrollando le spalle. Ma il suo piagnucolio venne interrotto dalla voce baritonale di Alain che zittiva i suoi compagni con le braccia alzate.
“Shh! Shh! Siamo tutti molto contenti per i nostri due amici che finalmente dopo ben due anni si sono detti quello che noi avevamo capito al primo sguardo…però adesso credo sia arrivato il momento di lasciarli soli a sbrigarsela per i fatti loro. Bene André e voi, futura Madame Grandier, vi esorto a lasciare la camerata e starvene un po’ da soli. Non vorremmo vedervi rotolare su queste sudice brande…” rise ammiccando.
“Ehi Alain parla per te!” urlò Jean alzando una bottiglia di birra in segno di brindisi.
“Alain sei un animale!...”cominciò André avanzando minaccioso verso l’amico. Venne fermato solo da Oscar che gli afferrava con fermezza la mano.
“Si! Continuate con i vostri sbaciucchiamenti! Ci abbiamo preso gusto!” rise ancora un altro con le braccia incrociate dietro la testa.
“Tz tz! Andate via! Sparite!” disse Alain e le strizzò l’occhio allegramente.
Oscar sorrise grata che Iddio abbia messo nella loro strada quel bellimbusto di Alain. Grazie alla sua indisponente presenza aveva dato una vera e propria scossa al suo timido rapporto con André. Se lui non si fosse mostrato così schietto, così dannatamente franco nei suoi interventi che rasentavano la maleducazione forse Oscar non avrebbe mai avuto davvero il coraggio di aprire il suo cuore ad André.
“Credo che Alain abbia ragione. Vieni andiamo nel tuo ufficio…” sussurrò l’uomo innamorato con voce bassa, perdendo tutta la sua esuberanza.
“Aspetta André…devo prima dire una cosa ai miei uomini. Posso?” chiese docilmente.
André annuì sorpreso più per il suo posso? che per quello che voleva fare.
La donna si allontanò leggermente da lui mettendosi al centro della stanza attirando ancora più l’attenzione su di sé.
“Uomini! Miei soldati! Mi scuso per il piccolo spettacolino che abbiamo messo in scena io e il vostro compagno Grandier ma certe cose dovevano essere chiarite…”
“A noi non è dispiaciuto per niente!” la interruppe Antoine, il soldato dinoccolato e barbuto.
“Anzi! Riprendete a baciarvi!” rise un altro soldato dando sfogo ad un altro scoppio di risa e applausi.
Oscar sorrise e li calmò di nuovo alzando le braccia: “No, no. Basta così con i baci. La mia vita privata d’ora in avanti sarà solo dentro le mura della mia casa…della nostra casa…” e lanciò uno sguardo tenero ad André. Che ricambiò con eguale calore. Sussultò però quando ricevette una simpatica gomitata al fianco da Alain.
“Uomini. Sapete bene…conoscete bene la grave situazione che sta vivendo la nostra città in questo periodo. E presto il nostro reggimento sarà chiamato per intervenire e placare la folla. Vi verrà chiesto probabilmente di sparare e reprimere quella povera gente. Tra quella gente potrebbero esserci vostri amici e parenti. Capirei se voi vorrete disobbedire gli ordini… ma sarebbe tradimento, alto tradimento alla corona. Rischiereste la vita e potrete essere condannati…”
“Siamo pronti anche a questo… ne abbiamo discusso molto tra di noi e abbiamo deciso che se dovesse chiamare i nostro plotone a combattere noi ci uniremo alla folla” chiarì Alain, da sempre portavoce di tutta la compagnia.
Oscar gli sorrise e annuì: “Sono d’accordo con voi. Non potrei appoggiarvi di più. Ma io sono una nobile di nascita e questa libertà non mi è concessa. Se dovessi tradire di nuovo al corona, io perderei la vita ma la mia famiglia cadrebbe in disgrazia…”
“Allora…combatterete contro la folla? Uccidereste tanta gente innocente?” chiese Gerard prendendo parola.
“Non potrei mai farlo. Da tempo ormai appoggio la causa parigina. Anch’io bramo per libertà e uguaglianza. Per anni io e André abbiamo dovuto rinnegare il nostro amore perché nati sotto ceti diversi e opposti…è ingiusto e io voglio essere libera di amarlo…”
“Allora cosa ci proponete?”
“Nulla. Siete liberi di agire come volete…io non vi impedirò nulla. Lottate per la vostra patria, combattete contro di essa…fate come volete…io ho già scelto la mia strada. E non tornerò indietro…”
“Di cosa stai parlando Oscar?” chiese insospettito André incrociando le braccia al petto.
Oscar si girò verso di lui. Sentiva il cuore scoppiare per tutto l’amore che provava per lui.
Si avvicinò a lui e gli prese le mani tra le sue: “Voglio scappare. Voglio andare via da qui. Vorrei lottare per la patria ma ho paura di perderti. So bene che anche l’occhio destro ti da problemi e non voglio rischiare inutilmente”
“Scappare equivarrebbe a tradire la corona Oscar. La tua famiglia cadrebbe in disgrazia…”
“LO so, ho pensato a questa possibilità ma sarebbe impossibile…per questo spero che tu accetterai la proposta che voglio farti…”
“Vorreste chiedergli di diventare il vostro amante…” rise un soldato panciuto spezzando la gravità della situazione.
“Ma quanto sei scemo…si sposano! Non li hai sentiti!” sbuffò Alain poi si rivolse ad Oscar: “Vi prego di continuare…”
Oscar scosse la testa ma si costrinse ad ignorarli: “Ci fingeremo morti. Bernard organizzerà una rivolta farà in modo che io e te subiremo un agguato fino a risultare alle autorità defunti. Noi invece scapperemo via fino ai confini di Parigi dove tua nonna ci aspetterà…”
“Mia nonna? Mia nonna vuole fare la fuggiasca?” ridacchiò André accarezzandole i capelli.
“Si. Non era molto d’accordo ma l’idea di farci andare via senza di lei le risulta impossibile… vuole essere sicura che tu mi sposi sul serio…”
André rise e chiese: “E quando è stato organizzato il giorno della mia morte?”
“Non ho organizzato nulla perché non sapevo se tu volevi ancora sposarmi.”
“D’accordo. Contattiamo Bernard e cerchiamo di fare il nostro meglio per fingerci dei bravi cadaveri…” ridacchiò André prendendola tra le braccia.
“Credo che adesso sia arrivato il momento di starvene un po’ da soli…” osservò Alain vedendoli di nuovo persi l’uno negli occhi dell’altra.
“Si.”
Annuirono entrambi sorridendo agli altri soldati.
“Comandante. Io vi ringrazio a nome di tutti gli altri soldati per la vostra lealtà e il vostro coraggio. Possiamo dire con certezza che voi siete il migliore comandante comandate che un esercito abbia mai avuto. Oltre anche il più bello” sorrise Alain facendole il baciamano.
“E voi siete i migliori soldati maleducati che io abbia mai dovuto educare e comandare” sorrise a tutti i suoi uomini.
E se esisteva un solo soldato che non fosse rapito dal fascino di quella singolare donna, in quel momento si innamorò perso di lei.
 
****
 
 
Arras Luglio 1792
 
 
Oscar posò la penna sulla scrivania in noce e si alzò stiracchiandosi.
Si portò alla piccola finestra dello studio. Sorrise divertita quando vide Gabrielle correre, ridente e completamente nuda, inseguita da Monsieur Pierre, il loro stupido quanto enorme San Bernardo.
Scosse la testa e con un gran sospiro si costrinse ad uscire di casa e andar ad afferrare quella piccola sciagurata.
Uscì dalla piccola casetta di legno. Si schermò gli occhi dal sole raggiante.
Sospirò ancora e costrinse il suo viso ad assumere l’espressione più severa che riusciva ad elaborare.
In fondo era stata, ormai una vita fa, il comandante delle Guardie Metropolitane, e ancora prima delle Guardie Reali. Ma quest’ultimo incarico preferiva tenerlo per sé. Meglio evitare rischi inutili.
Si portò le mani sui fianchi in una posa in cui molti soldati avevano ragione di temere il caratteraccio del loro comandante.
Adesso invece era una grande fortuna se la piccola Gabrielle l’ascoltava.
“Gabrielle! Vieni subito qui!” urlò alla piccola biondina mentre questa scappava per i prati curati.
Oscar trasalì quando sentì due braccia vigorose allacciarsi stretta attorno alla sua vita voluminosa.
“Non dovresti stancarti troppo, tesoro” le sussurrò all’orecchio suo marito.
Oscar sorrise dolcemente e si accoccolò tra le sue braccia.
“Ma André, se quella piccola birbante non indossa dubito qualcosa il figlio del mugnaio potrebbe anche perdere la testa per lei…” ridacchiò lei sentendo suo marito irrigidirsi immediatamente.
“Oscar! Gabrielle ha solo due anni. La possibilità che possa pensare a certe cose è quanto mai scarsa…soprattutto se prende da sua madre…” disse lui con voce secca e irritata.
Oscar si girò verso di lui e volò al suo collo: “Hai ragione ma una volta capito non lo lasciamo più andare. Sai, poi se Gabrielle prende da me dovrebbe avere una certa passione per i domestici…”
“O per i svedesi imparruccati…” sbuffò lui allontanandola da sé per lanciarle un occhiatina fintamente arrabbiata. Sorrise quando la sentì ridere divertita.
Le accarezzò i capelli ammirandola in tutta la sua bellezza, che per quanto possa sembrare strano, dal giorno della loro fuga era diventata ancora più radiosa. Come una rosa che da bocciolo fiorisce in una meravigliosa rosa nel pieno della sua fioritura.
Il suo viso aveva abbandonato l’eterno pallore cereo, i suoi occhi azzurri freddi e glaciali avevano lasciato il posto ad un azzurro cielo caldo e abbagliante. I suoi capelli biondi erano più luminosi e morbidi. La sua pelle era molto più rosata, dolcemente baciata dal sole e le sue labbra sono quasi eternamente sfiorate da un sorriso di gioia.
Certo, non aveva rinunciato al suo brutto carattere.
Litigavano spesso e per ogni piccola inezia. Si sentivano spesso porte sbattute con violenza, o piatti gettati sul pavimento con irosi gesti di stizza. Ma non poteva certo lamentarsi di sua moglie. Era sempre la sua adorabile diavoletta. Non la vorrebbe diversa per nulla al mondo.
Ridacchiò in modo scanzonato quando la vide rincorrere con estrema agilità la piccola biondina che scappava dalle grinfie della madre ridendo sbarazzina.
Gabrielle era il loro piccolo tesoro. La loro gioia trasformata in due enormi occhi verdi, così simili al padre, e dei meravigliosi riccioli biondi sempre spettinati e selvaggi. Oltre ad essere una degna avversaria in quanto brutto carattere con la madre.
Sembrava ne avesse ereditato non solo l’avvenenza ma anche la fastidiosa abitudine a comandare a bacchetta. Scosse il capo ridendo di sé. Spesso lui e Oscar avevano dovuto obbedire pur di non sentirla piagnucolare.
Si, la loro figlioletta era una gran viziata.
Era colpa loro, lo sapeva. Erano talmente felici del loro miracolo. Della gioia di aver potuto realizzare il loro sogno d’amore che essere severi con lei era pressoché impossibili.
Certo non mancava  la disciplina.
Oscar era irremovibile sotto questo punto. La loro casetta in legno, posta in periferia di Arras era una vera e propria caserma.
Non faceva altro che impartire ordini a destra e a manca. E ad André, a Gabrielle e a Marie non rimaneva che obbedire senza fiatare.
Marie era la loro cuoca.
Nei primi mesi dalla loro fuga c’era stata Nanny a badare e accudire i suoi due “bambini” ma l’età avanzata della donna purtroppo presto l’ha costretta a dover rinunciare al regno (la cucina) e farlo ereditare ad Oscar.
Rabbrividì quando ricordò Oscar ai fornelli. Era una vera e propria frana.
Non ricordava di aver mai mangiato così male. Anche il rancio della caserma dei soldati della Guardia era più commestibile.
Verdure scotte e bruciate. Carne secca e senza gusto. Pietanze sformate e salate fino all’inverosimile.
Povera Nanny! A nulla erano servite mesi e mesi di regolare insegnamento.
Alla fine aveva dovuto ammettere che Oscar era davvero negata a cucinare.
Un anno dopo il lutto aveva investito casa Grandier con gran costernazione dei suoi abitanti. Nanny li aveva lasciati. Era morta come un angelo. Nel sonno sereno di una donna felice della propria esistenza.
Andrè dovette battere più volte le ciglia per scacciare via le lacrime. Non aveva superato ancora bene la perdita di sua nonna. Cercò di inghiottire il groppo alla gola e si distrasse vedendo sua moglie afferrare la bambina e portarla dentro.
Ad André sua nonna mancava molto. L’aveva adorata e amata come solo un nipote ma al tempo stesso un figlio poteva fare. Senza alcuna riserva. E sapeva che anche per Oscar era lo stesso.
Era felice solo che sua nonna era morta contenta di lasciare i suoi ragazzi sereni e insieme. Ripeteva spesso che non le importava più null’altro.
La sua morte era stata seguita da un altro evento che spesso segue la morte: la nascita di Gabrielle.
La loro piccola bambina perfetta.
Era nata esattamente un anno dopo la presa della Bastiglia: il 14 Luglio 1790.
Avrebbero voluto chiamarla Liberté, ma ci ripensarono quando dovettero assistere agli orrori successivi a quel gran giorno così ripiegarono per il nome dell’arcangelo Gabrielle.
Era nata esattamente nove mesi dopo il giorno del loro matrimonio.
Purtroppo non riuscirono a sposarsi subito dopo la fuga. La ricerca di un abitazione, di un lavoro li avevano costretti spesso a dover rimandare la data del matrimonio. ma grazie a Dio si erano sposati con gran sollievo della nonna.
Oscar, cancellando la promessa fatta tanti anni prima, si vesti con un bellissimo abito da sposa sorprendendo i presenti al matrimonio con la sua abbagliante bellezza.
Ricordava ancora l’emozione e l’imbarazzo di essere preda degli scherzi dei suoi vecchi compagni.
Già. I suoi vecchi commilitoni.
Avevano fatto una sorpresa e si erano presentati in chiesa creando un atmosfera di grande commozione.
Alain , con cui André e Oscar, non avevano mai perso i contatti e molti altri soldati si presentarono in uniforme. Si misero lungo la navata della piccola chiesa del paese e ben allineati avevano accolto la sposa facendo il saluto militare.
Inutile dire che Oscar era scoppiata in lacrime.
Anche allo sposo erano spuntati dei gran lacrimoni.
Fieri e orgogliosi nelle loro uniformi i soldati della Guardia erano considerati gli eroi della Rivoluzione Francese. Coloro che hanno aiutato il popolo ala presa della Bastiglia. Nella sconfitta degli ingiusti e dei crudeli.
Ma molti soldati erano mancati al giorno del loro matrimonio. molti avevano perso la vita in battaglia.
Tra i quali il caro piccolo Gerard…
Dal giorno del matrimonio tutto era andato a meraviglia.
Andrè aveva trovato lavoro come addestratore di cavalli di un signorotto inglese che in quei ultimi tempi, nella sua residenza francese non metteva più piede ma che preferiva tenere i suo cavalli in terra straniera per portarli in Inghilterra pronti per gareggiare.
Oscar invece era diventata insegnante di pianoforte. Aveva molti buoni allievi del vicino paesino.
Sembrava che quell’attività, benché non molto remunerativa, la soddisfacesse.
Guadagnavano abbastanza da potersi permettere una casa, una stalla, e una cuoca. Erano praticamente ricchi.
Certo molto dovevano alla dote di Oscar e i soldi delle paghe da ufficiale, ma finché potevano tirare avanti con i loro stipendi, conservavano i soldi per i loro figli.
Gia figli.
Qualche mese fa un altro miracolo aveva bussato alla porta della loro modesta casa. Oscar aspettava un altro bambino.
Era ormai al sesto mese, era gonfia come una mongolfiera ma abbastanza vivace da poter tenere a freno il carattere selvaggio della primogenita.
Alain si era sposato con Juliette (l’amica della defunta Diane) dopo mesi e mesi di ferrato corteggiamento di Alain. La ragazza aveva fatto la preziosa per tanto tempo, ancora innamorata di André, ma dopo il suo matrimonio si era rassegnata al moro dagli occhi verdi (con grande sollievo di Oscar) e aveva cominciato ad apprezzare il gigante buono.
Alain sarebbe venuto quella sera con la moglie per festeggiare insieme l’anniversario della presa della Bastiglia.
Era un avvenimento che non rinunciavano mai di commemorare. Ovviamente era anche il compleanno di Gabrielle, e con un unico giorno festeggiavano due eventi importantissimi.
A momenti sarebbero arrivati anche Bernard e Rosalie. Entrambi rimasti grandi amici di Oscar e André.
Grazie a loro la fuga e la finzione della morte del comandante de Jarjayes era stato possibile. Doveva molto a Bernard anche se quel maledetto aveva molto da farsi perdonare.
Aveva perso definitivamente l’occhio sinistro ma l’occhio destro, grazie le cure premurose della moglie, e la costante visita del medico di zona, era guarito quasi completamente e poteva dire di vedere bene.
Certo, aveva spesso attacchi di oscurità, soprattutto quando era sotto stress ma le premure di un amorevole moglie erano più efficaci di cento dottori.
Era felice. Era dannatamente felice.
E anche Oscar lo era.
Bastava osservarla un minuto intero per sentirti contagiato dalla sua felicità.
Ma spesso la sorprendeva nostalgica.
Le mancavano la sua famiglia.
Quella famiglia che la consideravano morta. Defunta. Eroe di guerra contro i rivoltosi della corona.
Avevano avuto notizie che il padre si era disperato molto della sua morte e che avesse eretto una lapide onorifica della figlia. Sembrava anche che l’uomo passasse giorni interi ad osservare il ritratto di Oscar. Ai domestici appariva afflitto e pentito di aver costretto la propria figlia a scegliere una vita che l’aveva portata alla morte.
Ma era solo una finta. Solo una stupida finzione per non destare sospetti.
Quando André ne era venuto a conoscenza era quasi svenuto per la sorpresa.
Circa un mese prima, durante una delle rare visite del conte Flaumbert, proprietario della stalla che lui accudiva, André era stato convocato con grande urgenza dal conte.
Così in ansia lo aveva raggiunto nei raffinati alloggi della sua residenza estiva.
Benché un umile servo André sapeva comportarsi come un vero gentiluomo quindi non fece mai trasparire il suo disagio di trovarsi al cospetto di un nobile dopo tanto tempo.
Certo, aveva sposato una di loro, ma ormai non aveva più importanza.
L’uomo, dopo alcuni convenevoli e dopo avergli offerto una tazza di tè, cambiò tono di voce. Si fece d’un tratto serio e gli mostrò una lettera.
Andrè l’afferrò un po’ titubante. Se la portò al viso e lesse la missiva tutto d’un fiato.
Improvvisamente i caratteri scritti in un’elegante calligrafia cominciarono a turbinargli impazzite davanti agli occhi. Il respiro si fece affannoso e alzò lo sguardo verso quello benevole del suo paziente datore di lavoro.
Riassumendo in brevi battute…
Il generale Jarjayes aveva venduto la sua residenza ad Arras cercando il denaro sufficiente per finanziare l’inizio di una nuova vita oltre la Manica insieme al resto della sua famiglia. Durante la transazione di vendita conobbe il conte Flaumbert circa un anno dopo lo scoppio della Rivoluzione Francese. Tra i due nacque una sincera amicizia.
Non ci volle molto che il conte Flaumbert parlasse della bravura del nuovo addestratore di cavalli.
Ricordava ancora come il nobile parlasse dello stupore del generale alla notizia che l’addestratore non fosse altri che André Grandier.
Il marito di sua figlia Oscar.
André sorrise al ricordo delle parole del conte di Flaumbert.
Poveretto! Chissà come doveva aver strabuzzato gli occhi alla notizia del tradimento della figlia.
La lettera scritta dalla mano del generale in persona comunicava ad André, con parole meste e pentite, la sua colma felicità nell’apprendere che sua figlia fosse ancora viva e che lui si era deciso a portarla via dalla caserma e da morte certa.
L’epistola augurava ogni felicità e ogni bene ai due ragazzi. Affermando con convinzione che solo André avrebbe potuta renderla davvero felice.
Chiedeva solo un favore a colui che aveva accolto nella sua casa come un figlio… non rivelare mai ad Oscar che lui sapeva.
Da allora il generale non aveva mai più provato a contattarli, forse deciso a non interferire più con la vita della figlia.
André era molto felice che il generale avesse trovato nel suo cuore la forza di perdonarli ma non riusciva a scacciare via quella brutta sensazione che sembrava pesare nel suo stomaco.
Avrebbe tanto voluto confessare tutto ad Oscar. Sua moglie spesso era in preda all’angoscia o si lasciava sciogliere in lacrime di nostalgia per il padre. Molte volte l’aveva sorpresa iniziare una lunga lettera di confessione al padre, per poi gettarla via.
Ma non poteva spezzare quella promessa fatta a suo padre. Non era onorevole.
Era convinto che prima o poi il generale si facesse vivo per rivedere sua figlia e i suoi nipotini…
 
 
Oscar borbottò un’ imprecazione e diede un piccolo scappellotto alla figlia mentre questa scappava via in cerca di qualcuno che poteva difenderla dall’ira della mamma.
Oscar scrollò le spalle e si mise le mani lungo i fianchi. Guardò il disastro combinato dalla piccola.
Aveva rotto il vaso dove quella mattina André aveva riempito di profumati fiori di campo.
Adesso il bel mazzolino era sparso sul pavimento e il piccolo recipiente ridotto in mille frammenti.
Prese la scopa e cominciò a spazzare via il disastro facendo attenzione che non rimanesse ulcun coccio tagliente per casa. Gabrielle aveva la brutta abitudine di camminare scalza o addirittura nuda.
Aveva una vera avversione per gli indumenti.
Ma da chi avrà mai preso?
“Mamma?” sentì una vocina falsamente innocente dietro di sé.
“Se sei venuta per quel dolce che ti ha fatto Marie puoi scordartelo. Sei in punizione per almeno una settimana…inutile che fai quella faccia. L’hai combinata davvero grossa stavolta. Appena tuo padre verrà a sapere che hai distrutto il vaso che mi aveva regalato…” lasciò la minaccia in sospeso per rendere ancora più grave la punizione.
Si era aspettata delle proteste ma quelle non arrivarono.
Alzò il viso verso Gabrielle e sorrise quando la vide a capo chino mentre si osservava la punta della scarpetta.
Sembrava una bambola di porcellana. Quei riccioli biondi, le gote rosee, la boccuccia a forma di cuore. Per non parlare di quanto fosse carina in quell’abitino. Quello era il vestito della “domenica” e Gabrielle aveva chiesto che per il suo compleanno venisse impreziosito da nuovi fiocchi rosa e da più merletti.
Al contrario di lei sua figlia era molto più vanitosa…
Si piegò sulle ginocchia e scostò i soffici capelli dal viso della sua bambina. Odiava vederla così triste, anche se sapeva bene che era solo una farsa.
“Che c’è?”
“Scusa mamma. Non volevo rompere…ti prego non dirlo a papà…” piagnucolò con gli occhi lucidi.
Ad Oscar si riscaldò il cuore di un amore infinito. Prese la sua piccola tra le braccia e disse: “Va bene, non dirò nulla a papà, ma promettimi una cosa. Smettila di essere così maldestra…non puoi permetterti di comportati come una bimbetta…sei grande ormai…”
“’cusa mamma” disse con il suo solito vizio di mangiarsi le parole.
“Bene, ora corri a giocare. Pare che Monsieur Pierre ti stia cercando…”
“Pierre sta giocando con un signore…” disse Gabrielle mordicchiandosi un dito.
Improvvisamente Oscar si pietrificò. Le mancò il respiro per un attimo e sbarrò gli occhi.
Un signore? Un estraneo? E chi poteva mai essere?
Che avessero scoperto che lei in realtà fosse una nobile? Che volessero arrestarla.
Prese la sua bimba e la portò nella sua stanza chiedendole di giocare con le bambole e di non uscire se prima non la chiamava lei.
Prese un respiro profondo, si fece un veloce segno della croce e si costrinse ad uscire.
Con un sospiro di liberazione vide André che le si parava davanti con un enorme sorriso.
“Oscar!”
“Ah che sollievo André! Gabrielle mi aveva detto che c’era un signore, un estraneo e io credevo…”
“Oscar…amore…guardami…” le disse André prendendole le mani tra le sue.
“Dimmi” fece interrogativa.
“Amore. Io ti amo”
“Lo so André e benché la cosa mi riempia di felicità quando me lo dici non capisco che cosa c’entri…?”
“Sta zitta e fammi parlare. Oscar…” ricominciò André bloccandola nella soglia della porta d’ingresso: “Io ti amo e farei qualsiasi cosa in mio potere per renderti felice e completa. La mia unica ragione di vita è servirti con amore e devozione”
“Anche per me è lo stesso André… ma che ti succede?...”
“Oggi arriveranno a festeggiare questo giorno glorioso i nostri più cari amici, una famiglia ormai per noi. Noi che abbiamo combattuto mille conflitti e tragedie, spesso create dal nulla dalla nostra testardaggine…” sorrise, ma poi ridivenne serio: “Mia nonna ci ha lasciati e so che la sua mancanza ti intristisce come addolora me. Era la nostra famiglia ma so bene che tu non ti sei mai sentita completa…che ti mancava qualcosa…”
“No, André. Ho te, la nostra libertà,Gabrielle e il piccolo che verrà…cosa potrei mai volere di più…”Oscar si stava lasciando andare nel panico. Che diavolo cercava di dirle André con quel tono così solenne? Voleva lasciarla?
“Ti vedo quando scrivi quelle lettere, le imbusti e non le spedisci mai. Non puoi pensare che io non me ne sia mai accorto…” osservò André.
Oscar sentì gli occhi pizzicarle da lacrime pungenti.
“Sai che la mia famiglia mi manca…”
“Lo so amore. Come so bene che per la nostra incolumità non hai mai pensato di cercarlo per non rivelare la nostra esistenza…ma tuo padre non l’ha pensata allo stesso modo…”
“Co…cosa…cosa stai dicendo André…cosa?” disse lei con il cuore in tumulto.
André le sorrise facendosi da parte dandole maggiore visuale del cortile davanti a lei.
Oscar si sentì mancare.
Suo padre e sua madre le stavano sorridendo con affetto, di quell’amore che mai le avevamo mostrato in trent’anni di vita.
“Va da loro. Va ad abbracciarli…” le sussurrò all’orecchio André spingendola oltre la porta…
Oscar non se lo fece ripetere due volte. Volò tra le braccia di sua madre e di suo padre piangendo e ridendo al tempo stesso.
André sorrise felice. Sentì un rumorino alle spalle e notò come sua figlia stesse spiando la scena tra le gambe del padre.
André la prese tra le braccia e diede un buffetto sulla guancia.
“Chi sono?” chiese mordicchiandosi un pollice.
“Delle belle sorprese per mamma. E il tuo regalo di compleanno. Siamo fortunati piccola mia. Anche quest’estate è stata una vera rivelazione!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GRAZIE DI CUORE A TUTTE LE PERSONE CHE HANNO LETTO, COMMENTATO, CRITICATO LA MIA STORIELLA.
QUESTA FF ERA NATA PER CASO, PER UNO SCOPPIO D’IRA. A VOLTE LA VITA è DIFFICILE E PROVA SEMPRE A SCHIACCIARCI…
COSì HO SCRITTO E HO MESSO TRA QUESTE PAGINE DI WORD TUTTE LE MIE SENSAZIONI. SONO STATE CONSIDERATE ESTREME E FORSE NON ADATTE AI PERSONAGGI DELLA IKEDA MA LE FF SONO PROPRIO IMMAGINI PERSONALI DI UNA STORIA CHE MERITA TANTO DA POTERCI FANTASTICARE DENTRO.
GRAZIE DI CUORE PER IL VOSTRO SOSTEGNO SENZA PREZZO. PER AVERMI ACCOLTO CON ENTUSIASMO E AFFETTO. SIETE STATE CARINISSIME E TANTO PAZIENTI CON ME, CON ME CHE SONO VITTIMA DELLA FRETTA E DELLA NONCURANZA. HO IMPARATO TANTO DA QUESTO SITO. A LEGGERE CON ATTENZIONE, A D ESSERE CRITICA, E IMPARARE AD ESSERE UMILE. E QUESTO GRAZIE A VOI.
GRAZIE A COSMOPOLITAN GIRL PER LA SUA PASIENZA E LA BONTà DELLE SUE ATTENZIONI SU DI ME. NON MANCA MAI DI FARMI SENTIRE…SPECIALE. GRAZIE DI CUORE. BACI
   
 
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