«Perché
piangi?»
«Piango
perché mi hanno portato via una persona
importante.»
Mukuro
a quei tempi non capì la risposta di
Tsunayoshi, o forse più semplicemente non voleva capirla,
visto e considerato
che odiava la Mafia, odiava i Vongola e di conseguenza odiava Tsuna
stesso.
Il
Guardiano della Nebbia, o almeno, quello era
l’appellativo che gli assegnavano ogni volta che si
riferivano a lui - solo
Tsunayoshi e gli altri Guardiani lo chiamavano per nome, fra loro pochi
lo
facevano con piacere - non riuscì mai a capire veramente se
stesso, perché
nonostante l’odio continuasse a seguire quel ragazzino
cambiato così tanto con
il passare degli anni, ragazzino che con il tempo era diventato un
adulto, così
come lui stesso.
Tsunayoshi
possedeva l’innata abilità di
riconoscere gli stati d’animo di Mukuro: capiva quando era
arrabbiato, quando
era sarcastico, quando … okay, i suoi stati
d’animo si fermavano a quel punto,
lui era sempre arrabbiato oppure utilizzava la dote del sarcasmo per
stendere
tutti, e
ci
riusciva
anche piuttosto bene.
Quella
frase Tsuna la citò in un momento particolare
della sua vita; un pomeriggio come un altro a causa di uno scambio di
persone
fu uccisa sua madre e quel fatto provocò uno shock
fortissimo nel ragazzo, che
da quel giorno iniziò a cercare i responsabili
dell’omicidio, spariti nel
nulla.
Mukuro
non se ne interessò più di tanto, non
conosceva il significato dei legami e quindi non riusciva a capire
veramente
cosa potesse significare perdere una persona cara.
In realtà, non sapeva
come avrebbe reagito a tale perdita, ormai troppo
abituato a pensare a se stesso,
piuttosto che agli altri.
Più
andava avanti con il tempo, più si rendeva
conto che in realtà non combatteva solo per se bensì
per proteggere
qualcosa, o per meglio dire qualcuno.
«Juudaime,
ci sono questi documenti da firmare.»
annunciò con inguaribile entusiasmo Gokudera, posando sulla
scrivania di Tsuna
non meno di un centinaio di fogli bianchi; solo a vederli Tsuna
sbiancò,
stringendo fra le mani doloranti la penna che stranamente non si era
ancora scaricata;
strano pensò, considerando che era tutto il giorno che
metteva scarabocchi a
destra e manca come un forsennato.
«Vuoi
fare una pausa,
Juudaime?» fu la
domanda che sollevò il morale a Tsuna, permettendogli di
stiracchiarsi contro
lo schienale della sedia. Gokudera abbandonò la stanza,
lasciandolo solo
nell’ufficio.
Sospirò,
rivolgendo lo sguardo verso la finestra
«Mukuro-kun, se hai qualcosa da dirmi, potresti anche venire
qui … invece di
spiare.»
L’inconfondibile
risata di Mukuro fece eco alle
parole di Tsuna; quest’ultimo spostò lo sguardo
sull’altro ragazzo, appoggiato
pigramente sul davanzale della finestra, le braccia incrociate al petto.
«Pardon,
non volevo disturbare il grande Vongola
Decimo.» Rispose, e
nel
suo tono di voce
c’era una nota d’ironia piuttosto chiara, che
Tsuna ovviamente notò,
ma si limitò ad alzare gli occhi al cielo,
voltandosi verso l’altro.
«Non
mi disturbi, lo sai. Di cosa si tratta?»
Rispondere
subito a quella domanda avrebbe potuto
significare semplicemente mandare all’aria
l’orgoglio e la maschera di
sicurezza che normalmente indossava, e
in fin dei conti ormai era diventato un tutt’uno
con quella maschera, tanto che spesso e volentieri faticava a levarsela.
«A
dire il vero ero preoccupato per te.» Si
sorprese nel notare quanto potesse suonare strana quella frase
pronunciata da
lui, Mukuro Rokudo che fino ad allora non si era mai preoccupato per
qualcuno;
eppure in quel momento lo stava facendo, in maniera piuttosto goffa per
altro.
Tsuna
non sembrò sorprendersi dall’affermazione
dell’altro e ricambiò la sua occhiata, alzandosi
in piedi per potersi
avvicinare al moro, accostandosi al muro.
I
loro discorsi non erano mai particolarmente
lunghi o profondi; spesso e volentieri, proprio come aveva fatto in
quel
momento, Tsuna afferrava la mano di Mukuro, senza guardarlo in viso, e
la
stringeva forte.
Quel
gesto Mukuro lo riconosceva ogni volta,
associandolo ad una muta richiesta di aiuto, quasi come se le parole
non
fossero sufficienti a trasmettergli ciò che provava.
Era
proprio in momenti come quelli che avrebbe
desiderato fare qualcosa che non aveva mai fatto con nessuno, come
abbracciarlo e sussurrare “Andrà tutto bene, ci
sono io con te.”, ma qualcosa gli impediva sempre di farlo,
forse perché temeva
di approfondire il rapporto con l’altro, considerando che per
i suoi gusti
personali si era spinto già troppo in là.
«Puoi
piangere se vuoi, eh. »
Se ne uscì, improvvisamente, sorprendendo questa
volta Tsuna che in risposta gli strinse piano la mano.
Fu
vedendo le spalle del castano tremare, che il
suo sguardo assunse un’espressione addolorata ed
istintivamente si alzò,
ruotando appena il corpo dell’altro verso sé,
stringendolo forte fra le sue
braccia.
Inizialmente
sembrò contenersi, lo sentì piangere
per parecchi minuti, poi una volta abituatosi alla sua spalla, sulla
quale
nascondeva il viso, scoppiò letteralmente in lacrime,
aggrappandosi con i pugni
stretti sul suo petto.
Era
in momenti come questi che Tsuna intuiva quanto
non fosse bravo a nascondere i suoi stati d’animo a Mukuro.
Odiava questa
debolezza, perché almeno con lui voleva apparire come la
persona sorridente che
era sempre stata; piangere era da mocciosi e da
donne senza spina
dorsale, così aveva detto una volta Mukuro… e a
Tsuna certe parole rimanevano
impresse, nonostante non fosse il tipo che si lasciava influenzare dai
discorsi
degli altri, eppure il Guardiano della Nebbia riusciva a confonderlo
perfettamente.
«Smettila
di tenere tutto per te, altrimenti un
giorno esploderai… Anche se, secondo me, esploderai
continuando a mangiare in
questo modo. »
Scherzò Mukuro,
piegandosi leggermente in avanti sul tavolo del ristorante, fissando
compiaciuto Tsuna che mangiava come mai aveva fatto da settimane.
Il
castano si bloccò di scatto per
quell’affermazione, intuendo che si trattava di una battuta
solo grazie al
sorriso rilassato del moro.
«Tu
non hai fame?»
Da quando
erano usciti per pranzo, Mukuro non aveva messo niente sotto i denti.
Il
Guardiano della Nebbia scosse la testa, posando un gomito sul tavolo e
reggendo
il viso su una mano, mentre continuava ad osservare l’altro
ragazzo mangiare.
«Vorrei
che mi spiegassi perché ti tieni sempre
tutto dentro.»
«Non
pormi domande che potrei tranquillamente
ritorcere contro di te.» Asserì Tsunayoshi, le
labbra increspate in un sorriso,
mentre sul viso di Mukuro si dipinse un’espressione sorpresa,
che sostituì
subito con un sorriso malizioso.
«Tsunayoshi-kun,
non sfidare la sorte con me, sai
benissimo che non nascondo nulla e che ti ho rivelato i miei piani sin
dall’inizio.»
Quella
frase probabilmente avrebbe fatto effetto se
solo non si trovasse a pranzo con una persona che in teoria doveva
detestare,
di cui voleva possedere il corpo e possibilmente eliminare.
«Non
parlo di questo, ma dei tuoi sentimenti. Siamo
entrambi molto bravi a nasconderli,eh?» Sussurrò
il giovane, posando le
bacchette ed incrociando le braccia sul tavolo, senza nascondere quel
sorriso
incredibilmente sincero, un po’ malinconico forse.
«Improvvisamente
ho voglia di bere qualcosa.»
L’affermazione di Mukuro fece accigliare Tsuna che assunse
un’espressione
severa «A stomaco vuoto, no!»
Inutile
dire che Mukuro ignorò l’avvertimento del
Boss e lo trascinò con se, scordandosi completamente di
quanto non fosse
resistente all’alcool, con il risultato di doverselo portare
fino a casa, di
peso e più combattivo del solito.
«Muuukuuuuro!
Mettimi giù, riesco a camminare!»
Iniziò a strillare in mezzo alla strada, tirando per la
lunga coda dei capelli
il moro, provocandogli non poco dolore. Fortunatamente il percorso non
era
lunghissimo e presto raggiunsero casa, dove
riuscì
ad aprire la porte di casa con addosso Tsuna
ciondolante, che rideva e diceva cose senza senso. Rideva in un modo
che
nemmeno nei periodi più allegri della sua vita aveva mai
fatto.
«Mukuro
basta illusioni, me ne basta uno come te,
non sdoppiarti!» esclamò poco prima di cadere di
peso sul letto, probabilmente
a causa di un giramento di testa; Mukuro si portò una mano
sulla fronte
chiedendosi che diavolo volesse dimostrare l’altro con certi
comportamenti.
«Sei
proprio un bambino alcune volte.»
«Non
sono un bambino! E tu sei un rompiscatole!»
E
continuarono così per almeno mezz’ora, fra
insulti scherzosi e risate. Non era mai successo che riuscisse a
comportarsi
così naturalmente con lui, forse perché in quel
momento era ubriaco e passata
la sbronza non si sarebbe ricordato più nulla.
Sapeva
bene che in realtà faceva tutto questo per
dimenticare le cose brutte che gli erano accadute, di cui non riusciva
a
parlare liberamente, o che peggio ancora nascondeva.
Seduto
sul lato destro del letto, fissò a lungo
l’altro ragazzo che sembrava essersi calmato, mentre dormiva
con un braccio sul
viso, la bocca semiaperta e la cravatta appena allentata attorno al
collo,
sulle gote un po’ di rossore che gli vivacizzava il volto.
Inutile
dire che solo a guardarlo un sorriso
spontaneo gli apparve sul viso; non sapeva spiegare il
perché, ma semplicemente
provava una sensazione di beatitudine a guardarlo.
Fissò
per parecchi minuti quelle labbra, decidendo
poi di chinarsi quanto bastava per poterle sfiorare con le proprie.
Lo
sentì muoversi, segno evidente che era ancora
sveglio, sorprendendosi nel sentir ricambiare il contatto, portando un
braccio
attorno al suo collo.
«Pensavo
dormissi.»
«Non
pensavo ti piacesse baciarmi nel sonno.»
Rispose prontamente Tsuna, mordicchiando il labbro inferiore di Mukuro.
«Voglio
aiutarti nella tua vendetta.»
Disse improvvisamente il Guardiano della
Nebbia, lo sguardo concentrato in quello dell’altro, come a
voler scrutare ogni
angolo della sua anima. Tsuna ci mise un po’ a capire di cosa
parlasse Mukuro,
poi ricordò di quel giorno, quando lo sorprese a piangere di
frustrazione per
la morte di sua madre… Aveva parlato di vendetta, che
avrebbe trovato chi
l’aveva eliminata e avrebbe fatto lo stesso con lui.
Aveva
messo tutto il veleno possibile in quelle
parole, probabilmente risultando più cattivo e minaccioso
del solito; Mukuro
non aveva distolto nemmeno per un secondo lo sguardo dal viso di
Tsuna;quest’ultimo
non parlò, tirando quasi con violenza per la cravatta il
più grande, in modo da
poterlo avvicinare maggiormente.
Dovette
staccarsi improvvisamente dal castano per
riprendere fiato, giusto il tempo per incontrare gli occhi color
nocciola
dell’altro pieni di un languore che non aveva mai visto in
vita sua, rigettandosi
immediatamente su quella piccola bocca invitante e calda.
Lo
sentì mugugnare il suo nome, soffocato quando
approfondì quel bacio, intrecciando la lingua con la sua.
Fu
quando iniziò a sbottonare la camicia dell’altro
che Tsunayoshi si ribellò, voltandosi di lato e coprendosi
improvvisamente il
petto seminudo, suscitando una risata velata al moro, che lo
baciò su una
guancia.
«Che
cosa c’è?»
Tsuna
socchiuse appena gli occhi, inebriato dalla
risata dell’altro.
«Il
mio corpo non è bello come il tuo.»
Spesso
Tsuna era troppo onesto, o almeno, riusciva
a dire delle cose con tanta facilità da sorprenderlo, sempre.
«Dici?
Io invece ti trovo bellissimo.» Nel dirlo
aveva insistito con l’aprire la camicia del castano, invano.
«Non
voglio … » Protestò Tsuna, portando
all’arresa
Mukuro che sospirò.
«Immagino
che sia troppo presto.»
Seppur
il desiderio fosse forte, si accontentò di
tenerlo fa le sue braccia, trovandosi a fissare più volte
l’ora sul display del
cellulare; segnava le tre del mattino quando avvertì
Tsunayoshi muoversi.
Il
castano, che pareva essersi ripreso dalla
sbronza, si sfregò più volte gli occhi con il
dorso della mano, ancora
assonnato.
«Puoi
dormire ancora se vuoi, è notte fonda.»
«Non
riesco a dormire … » Mormorò Tsuna,
appoggiando meglio la testa sul petto del moro per poter ascoltare il
suo
battito cardiaco.
In
realtà nemmeno se si fosse sforzato con tutto se
stesso, non ci sarebbe mai riuscito, era completamente perso verso
altri
pensieri; ciò che gli aveva detto Mukuro prima, il suo
comportamento.
Passò
quella notte con la consapevolezza che prima
o poi avrebbero dovuto separarsi. I raggi della luna illuminavano il
soffitto,
l’unico rumore in contrapposizione con il battito del cuore
di Mukuro era
quello dell’orologio a pendolo.
Quella
notte sembrò essere eterna.
Eterna,
cosparsa di un odore dolce, che pareva
quasi essere l’odore malinconico dell’addio.
Il
risveglio, da un sonno che non si sarebbe mai
aspettato di raggiungere, fu solitario; Mukuro non era vicino a lui,
probabilmente già uscito per lavoro.
Guardare
fuori dalla finestra diventò un gesto
automatico. Mukuro non era il tipo di persona che amava stare assieme
agli
altri, tantomeno a lui, ma per come si era comportato la scorsa sera,
Tsuna
aveva intuito qualcosa … o forse si era solamente illuso,
come gli accadeva
spesso.
La
porta che si aprì di scatto lo destò dai suoi
pensieri. Un Gokudera più agitato del solito
cercò immediatamente lo sguardo
del suo Boss, il fiatone che lo obbligava a star piegato, per
riprendere aria.
Tsuna,
vedendolo così agitato, si alzò in piedi,
avvicinandosi al Guardiano della Tempesta.
«L’assassino
di tua madre, Juudaime! E’ stato
catturato, ci è riuscito Mukuro!» Quelle parole
pronunciate frettolosamente,
quasi urlate, scatenarono una reazione a catena di emozioni
spropositate in
Tsuna.
Fu
quando avvertì le gambe non reggerlo, che
prontamente le braccia di Gokudera lo aiutarono a sostenersi, con un
gesto
veloce si allentò il nodo della cravatta che in quel momento
pareva talmente
stretto da soffocarlo e con uno scattò avanzò
verso l’uscita.
«Mukuro.
Dov’è Mukuro?!» Esclamò,
incontrando per
il corridoio Ryohei e Yamamoto che discutevano con aria preoccupata.
Alla
visione di Tsuna, il primo abbassò lo sguardo, il secondo si
portò una mano al
collo, massaggiandolo piano.
«Sawada
… Mukuro sta bene, ma forse è meglio se
aspetti un po’, prima di vederlo.» Rispose Ryohei
con un tono di voce più basso
del solito che non era da lui.
Yamamoto
portò una mano sulla spalla di Tsuna,
accennando ad un sorriso appena marcato.
«Non
devi preoccuparti, ad ogni modo ora è nella
sua stanza.»
Quelle
parole bastarono per far sì che Tsuna
sfuggisse dallo sguardo dei due, iniziando a correre a perdifiato verso
la
stanza del Guardiano della Nebbia. Non bussò, spalancando la
porta tutto d’un
tratto, trovando l’altro in piedi, con lo sguardo assente
rivolto verso lo
specchio e i vestiti completamente ricoperti di sangue.
Subito
Tsuna pensò che Ryohei, Gokudera e Yamamoto
gli avevano mentito, ma poco dopo intuì che quello non era
il suo sangue.
L’odore
era talmente forte da provocargli un senso
di nausea, che cercò di scacciare. Incontrò poi
lo sguardo di Mukuro riflesso
nello specchio, notandolo quasi assente)
«Mukuro
… » lo chiamò sottovoce, attirando la
sua
attenzione. Il moro si voltò, e
sembrava
quasi indossare una maschera per quanto il
suo sguardo era freddo.
«L’hai
… ucciso?»
«Già.»
Tsuna
esitò. A dire il vero non sapeva come
reagire: se essere arrabbiato, o
sollevato
nel vedere l’altro sano e salvo…
Mukuro
sembrò notarlo, con freddezza s’inchinò
di
fronte al suo Boss, allungando il braccio per far sì che
potesse raggiungere la
sua mano, stringendola piano, poco prima di avvicinarla alle sue
labbra, per
sfiorarne il dorso.
«Non
permetterò mai che tu ti possa sporcare, non
per delle persone così vili.»
In
contrapposizione alle parole di Mukuro, le mani
di Tsuna si sporcarono di sangue. Lo ignorò e chinandosi
verso il moro, lo
abbracciò, trattenendo le lacrime agli angoli degli occhi.
«Sei
uno stupido, stupido, stupido! Cerca di
pensare di più a te stesso, invece di preoccuparti degli
altri!» Sbottò il
giovane Boss, imbrattandosi i vestiti di sangue quando
aumentò la stretta di
quell’abbraccio, Mukuro rise, scuotendo la testa alle parole
di Tsuna.
«Tsunayoshi
Sawada, vuoi fare gara a chi riesce ad
esser più stupido fra noi due?»
Scherzò, sollevato per il fatto che non fosse
arrabbiato, ma piuttosto preoccupato per lui. In un certo senso non se
lo
aspettava, davvero.
Sarebbe
rimasto al suo fianco per sempre; una
bambola, un burattino, un essere umano, non gli sarebbe importato come
l’avrebbe trattato, a lui importava solo di svolgere il ruolo
che più desiderava,
in silenzio, al solo fine di proteggerlo.