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Autore: CriminalDanage    04/02/2011    2 recensioni
«Vorrei che mi spiegassi perché ti tieni sempre tutto dentro.»
«Non pormi domande che potrei tranquillamente ritorcere contro di te.» Asserì Tsunayoshi, le labbra increspate in un sorriso, mentre sul viso di Mukuro si dipinse un’espressione sorpresa, che sostituì subito con un sorriso malizioso.
«Tsunayoshi-kun, non sfidare la sorte con me, sai benissimo che non nascondo nulla e che ti ho rivelato i miei piani sin dall’inizio.»
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Perché piangi?»

«Piango perché mi hanno portato via una persona importante.»

 

Mukuro a quei tempi non capì la risposta di Tsunayoshi, o forse più semplicemente non voleva capirla, visto e considerato che odiava la Mafia, odiava i Vongola e di conseguenza odiava Tsuna stesso.

Il Guardiano della Nebbia, o almeno, quello era l’appellativo che gli assegnavano ogni volta che si riferivano a lui - solo Tsunayoshi e gli altri Guardiani lo chiamavano per nome, fra loro pochi lo facevano con piacere - non riuscì mai a capire veramente se stesso, perché nonostante l’odio continuasse a seguire quel ragazzino cambiato così tanto con il passare degli anni, ragazzino che con il tempo era diventato un adulto, così come lui stesso.

Tsunayoshi possedeva l’innata abilità di riconoscere gli stati d’animo di Mukuro: capiva quando era arrabbiato, quando era sarcastico, quando … okay, i suoi stati d’animo si fermavano a quel punto, lui era sempre arrabbiato oppure utilizzava la dote del sarcasmo per stendere tutti, e ci riusciva anche piuttosto bene.

Quella frase Tsuna la citò in un momento particolare della sua vita; un pomeriggio come un altro a causa di uno scambio di persone fu uccisa sua madre e quel fatto provocò uno shock fortissimo nel ragazzo, che da quel giorno iniziò a cercare i responsabili dell’omicidio, spariti nel nulla.

Mukuro non se ne interessò più di tanto, non conosceva il significato dei legami e quindi non riusciva a capire veramente cosa potesse significare perdere una persona cara. In realtà, non sapeva come avrebbe reagito a tale perdita, ormai  troppo abituato a pensare a se stesso, piuttosto che agli altri.

Più andava avanti con il tempo, più si rendeva conto che in realtà non combatteva solo per se bensì per proteggere qualcosa, o per meglio dire qualcuno.

 

«Juudaime, ci sono questi documenti da firmare.» annunciò con inguaribile entusiasmo Gokudera, posando sulla scrivania di Tsuna non meno di un centinaio di fogli bianchi; solo a vederli Tsuna sbiancò, stringendo fra le mani doloranti la penna che stranamente non si era ancora scaricata; strano pensò, considerando che era tutto il giorno che metteva scarabocchi a destra e manca come un forsennato.

«Vuoi fare una pausa, Juudaime  fu la domanda che sollevò il morale a Tsuna, permettendogli di stiracchiarsi contro lo schienale della sedia. Gokudera abbandonò la stanza, lasciandolo solo nell’ufficio.

Sospirò, rivolgendo lo sguardo verso la finestra «Mukuro-kun, se hai qualcosa da dirmi, potresti anche venire qui … invece di spiare.»

L’inconfondibile risata di Mukuro fece eco alle parole di Tsuna; quest’ultimo spostò lo sguardo sull’altro ragazzo, appoggiato pigramente sul davanzale della finestra, le braccia incrociate al petto.

«Pardon, non volevo disturbare il grande Vongola Decimo.» Rispose, e nel suo tono di voce c’era una nota d’ironia piuttosto chiara, che Tsuna ovviamente notò, ma si limitò ad alzare gli occhi al cielo, voltandosi verso l’altro.

«Non mi disturbi, lo sai. Di cosa si tratta?»

Rispondere subito a quella domanda avrebbe potuto significare semplicemente mandare all’aria l’orgoglio e la maschera di sicurezza che normalmente indossava, e in fin dei conti ormai era diventato un tutt’uno con quella maschera, tanto che spesso e volentieri faticava a levarsela.

«A dire il vero ero preoccupato per te.» Si sorprese nel notare quanto potesse suonare strana quella frase pronunciata da lui, Mukuro Rokudo che fino ad allora non si era mai preoccupato per qualcuno; eppure in quel momento lo stava facendo, in maniera piuttosto goffa per altro.

Tsuna non sembrò sorprendersi dall’affermazione dell’altro e ricambiò la sua occhiata, alzandosi in piedi per potersi avvicinare al moro, accostandosi al muro.

I loro discorsi non erano mai particolarmente lunghi o profondi; spesso e volentieri, proprio come aveva fatto in quel momento, Tsuna afferrava la mano di Mukuro, senza guardarlo in viso, e la stringeva forte.

Quel gesto Mukuro lo riconosceva ogni volta, associandolo ad una muta richiesta di aiuto, quasi come se le parole non fossero sufficienti a trasmettergli ciò che provava.

Era proprio in momenti come quelli che avrebbe desiderato fare qualcosa che non aveva mai fatto con nessuno, come abbracciarlo e sussurrare “Andrà tutto bene, ci sono io con te.”, ma qualcosa gli impediva sempre di farlo, forse perché temeva di approfondire il rapporto con l’altro, considerando che per i suoi gusti personali si era spinto già troppo in là.

«Puoi piangere se vuoi, eh. » Se ne uscì, improvvisamente, sorprendendo questa volta Tsuna che in risposta gli strinse piano la mano.

 

Fu vedendo le spalle del castano tremare, che il suo sguardo assunse un’espressione addolorata ed istintivamente si alzò, ruotando appena il corpo dell’altro verso sé, stringendolo forte fra le sue braccia.

Inizialmente sembrò contenersi, lo sentì piangere per parecchi minuti, poi una volta abituatosi alla sua spalla, sulla quale nascondeva il viso, scoppiò letteralmente in lacrime, aggrappandosi con i pugni stretti sul suo petto.

Era in momenti come questi che Tsuna intuiva quanto non fosse bravo a nascondere i suoi stati d’animo a Mukuro. Odiava questa debolezza, perché almeno con lui voleva apparire come la persona sorridente che era sempre stata; piangere era da mocciosi e da donne senza spina dorsale, così aveva detto una volta Mukuro… e a Tsuna certe parole rimanevano impresse, nonostante non fosse il tipo che si lasciava influenzare dai discorsi degli altri, eppure il Guardiano della Nebbia riusciva a confonderlo perfettamente.

 

«Smettila di tenere tutto per te, altrimenti un giorno esploderai… Anche se, secondo me, esploderai continuando a mangiare in questo modo. » Scherzò Mukuro, piegandosi leggermente in avanti sul tavolo del ristorante, fissando compiaciuto Tsuna che mangiava come mai aveva fatto da settimane.

Il castano si bloccò di scatto per quell’affermazione, intuendo che si trattava di una battuta solo grazie al sorriso rilassato del moro.

«Tu non hai fame?»

 Da quando erano usciti per pranzo, Mukuro non aveva messo niente sotto i denti. Il Guardiano della Nebbia scosse la testa, posando un gomito sul tavolo e reggendo il viso su una mano, mentre continuava ad osservare l’altro ragazzo mangiare.

«Vorrei che mi spiegassi perché ti tieni sempre tutto dentro.»

«Non pormi domande che potrei tranquillamente ritorcere contro di te.» Asserì Tsunayoshi, le labbra increspate in un sorriso, mentre sul viso di Mukuro si dipinse un’espressione sorpresa, che sostituì subito con un sorriso malizioso.

«Tsunayoshi-kun, non sfidare la sorte con me, sai benissimo che non nascondo nulla e che ti ho rivelato i miei piani sin dall’inizio.»

Quella frase probabilmente avrebbe fatto effetto se solo non si trovasse a pranzo con una persona che in teoria doveva detestare, di cui voleva possedere il corpo e possibilmente eliminare.

«Non parlo di questo, ma dei tuoi sentimenti. Siamo entrambi molto bravi a nasconderli,eh?» Sussurrò il giovane, posando le bacchette ed incrociando le braccia sul tavolo, senza nascondere quel sorriso incredibilmente sincero, un po’ malinconico forse.

«Improvvisamente ho voglia di bere qualcosa.» L’affermazione di Mukuro fece accigliare Tsuna che assunse un’espressione severa «A stomaco vuoto, no!»

 

Inutile dire che Mukuro ignorò l’avvertimento del Boss e lo trascinò con se, scordandosi completamente di quanto non fosse resistente all’alcool, con il risultato di doverselo portare fino a casa, di peso e più combattivo del solito.

«Muuukuuuuro! Mettimi giù, riesco a camminare!» Iniziò a strillare in mezzo alla strada, tirando per la lunga coda dei capelli il moro, provocandogli non poco dolore. Fortunatamente il percorso non era lunghissimo e presto raggiunsero casa, dove riuscì ad aprire la porte di casa con addosso Tsuna ciondolante, che rideva e diceva cose senza senso. Rideva in un modo che nemmeno nei periodi più allegri della sua vita aveva mai fatto.

«Mukuro basta illusioni, me ne basta uno come te, non sdoppiarti!» esclamò poco prima di cadere di peso sul letto, probabilmente a causa di un giramento di testa; Mukuro si portò una mano sulla fronte chiedendosi che diavolo volesse dimostrare l’altro con certi comportamenti.

«Sei proprio un bambino alcune volte.»

«Non sono un bambino! E tu sei un rompiscatole!»

E continuarono così per almeno mezz’ora, fra insulti scherzosi e risate. Non era mai successo che riuscisse a comportarsi così naturalmente con lui, forse perché in quel momento era ubriaco e passata la sbronza non si sarebbe ricordato più nulla.  

Sapeva bene che in realtà faceva tutto questo per dimenticare le cose brutte che gli erano accadute, di cui non riusciva a parlare liberamente, o che peggio ancora nascondeva.

Seduto sul lato destro del letto, fissò a lungo l’altro ragazzo che sembrava essersi calmato, mentre dormiva con un braccio sul viso, la bocca semiaperta e la cravatta appena allentata attorno al collo, sulle gote un po’ di rossore che gli vivacizzava il volto.

Inutile dire che solo a guardarlo un sorriso spontaneo gli apparve sul viso; non sapeva spiegare il perché, ma semplicemente provava una sensazione di beatitudine a guardarlo.

Fissò per parecchi minuti quelle labbra, decidendo poi di chinarsi quanto bastava per poterle sfiorare con le proprie.

Lo sentì muoversi, segno evidente che era ancora sveglio, sorprendendosi nel sentir ricambiare il contatto, portando un braccio attorno al suo collo.

«Pensavo dormissi.»

«Non pensavo ti piacesse baciarmi nel sonno.» Rispose prontamente Tsuna, mordicchiando il labbro inferiore di Mukuro.

«Voglio aiutarti nella tua vendetta.»  Disse improvvisamente il Guardiano della Nebbia, lo sguardo concentrato in quello dell’altro, come a voler scrutare ogni angolo della sua anima. Tsuna ci mise un po’ a capire di cosa parlasse Mukuro, poi ricordò di quel giorno, quando lo sorprese a piangere di frustrazione per la morte di sua madre… Aveva parlato di vendetta, che avrebbe trovato chi l’aveva eliminata e avrebbe fatto lo stesso con lui.

Aveva messo tutto il veleno possibile in quelle parole, probabilmente risultando più cattivo e minaccioso del solito; Mukuro non aveva distolto nemmeno per un secondo lo sguardo dal viso di Tsuna;quest’ultimo non parlò, tirando quasi con violenza per la cravatta il più grande, in modo da poterlo avvicinare maggiormente.

Dovette staccarsi improvvisamente dal castano per riprendere fiato, giusto il tempo per incontrare gli occhi color nocciola dell’altro pieni di un languore che non aveva mai visto in vita sua, rigettandosi immediatamente su quella piccola bocca invitante e calda.

Lo sentì mugugnare il suo nome, soffocato quando approfondì quel bacio, intrecciando la lingua con la sua.

Fu quando iniziò a sbottonare la camicia dell’altro che Tsunayoshi si ribellò, voltandosi di lato e coprendosi improvvisamente il petto seminudo, suscitando una risata velata al moro, che lo baciò su una guancia.

«Che cosa c’è?»

Tsuna socchiuse appena gli occhi, inebriato dalla risata dell’altro.

«Il mio corpo non è bello come il tuo.»

Spesso Tsuna era troppo onesto, o almeno, riusciva a dire delle cose con tanta facilità da sorprenderlo, sempre.

«Dici? Io invece ti trovo bellissimo.» Nel dirlo aveva insistito con l’aprire la camicia del castano, invano.

«Non voglio … » Protestò Tsuna, portando all’arresa Mukuro che sospirò.

«Immagino che sia troppo presto.»

 

Seppur il desiderio fosse forte, si accontentò di tenerlo fa le sue braccia, trovandosi a fissare più volte l’ora sul display del cellulare; segnava le tre del mattino quando avvertì Tsunayoshi muoversi.

Il castano, che pareva essersi ripreso dalla sbronza, si sfregò più volte gli occhi con il dorso della mano, ancora assonnato.

«Puoi dormire ancora se vuoi, è notte fonda.»

«Non riesco a dormire … » Mormorò Tsuna, appoggiando meglio la testa sul petto del moro per poter ascoltare il suo battito cardiaco.

In realtà nemmeno se si fosse sforzato con tutto se stesso, non ci sarebbe mai riuscito, era completamente perso verso altri pensieri; ciò che gli aveva detto Mukuro prima, il suo comportamento.

Passò quella notte con la consapevolezza che prima o poi avrebbero dovuto separarsi. I raggi della luna illuminavano il soffitto, l’unico rumore in contrapposizione con il battito del cuore di Mukuro era quello dell’orologio a pendolo.

 

Quella notte sembrò essere eterna.

Eterna, cosparsa di un odore dolce, che pareva quasi essere l’odore malinconico dell’addio.

Il risveglio, da un sonno che non si sarebbe mai aspettato di raggiungere, fu solitario; Mukuro non era vicino a lui, probabilmente già uscito per lavoro.

Guardare fuori dalla finestra diventò un gesto automatico. Mukuro non era il tipo di persona che amava stare assieme agli altri, tantomeno a lui, ma per come si era comportato la scorsa sera, Tsuna aveva intuito qualcosa … o forse si era solamente illuso, come gli accadeva spesso.

La porta che si aprì di scatto lo destò dai suoi pensieri. Un Gokudera più agitato del solito cercò immediatamente lo sguardo del suo Boss, il fiatone che lo obbligava a star piegato, per riprendere aria.

Tsuna, vedendolo così agitato, si alzò in piedi, avvicinandosi al Guardiano della Tempesta.

«L’assassino di tua madre, Juudaime! E’ stato catturato, ci è riuscito Mukuro!» Quelle parole pronunciate frettolosamente, quasi urlate, scatenarono una reazione a catena di emozioni spropositate in Tsuna.

Fu quando avvertì le gambe non reggerlo, che prontamente le braccia di Gokudera lo aiutarono a sostenersi, con un gesto veloce si allentò il nodo della cravatta che in quel momento pareva talmente stretto da soffocarlo e con uno scattò avanzò verso l’uscita.

«Mukuro. Dov’è Mukuro?!» Esclamò, incontrando per il corridoio Ryohei e Yamamoto che discutevano con aria preoccupata. Alla visione di Tsuna, il primo abbassò lo sguardo, il secondo si portò una mano al collo, massaggiandolo piano.

«Sawada … Mukuro sta bene, ma forse è meglio se aspetti un po’, prima di vederlo.» Rispose Ryohei con un tono di voce più basso del solito che non era da lui.

Yamamoto portò una mano sulla spalla di Tsuna, accennando ad un sorriso appena marcato.

«Non devi preoccuparti, ad ogni modo ora è nella sua stanza.»

Quelle parole bastarono per far sì che Tsuna sfuggisse dallo sguardo dei due, iniziando a correre a perdifiato verso la stanza del Guardiano della Nebbia. Non bussò, spalancando la porta tutto d’un tratto, trovando l’altro in piedi, con lo sguardo assente rivolto verso lo specchio e i vestiti completamente ricoperti di sangue.

Subito Tsuna pensò che Ryohei, Gokudera e Yamamoto gli avevano mentito, ma poco dopo intuì che quello non era il suo sangue.

L’odore era talmente forte da provocargli un senso di nausea, che cercò di scacciare. Incontrò poi lo sguardo di Mukuro riflesso nello specchio, notandolo quasi assente)

«Mukuro … » lo chiamò sottovoce, attirando la sua attenzione. Il moro si voltò, e sembrava quasi indossare una maschera per quanto il suo sguardo era freddo.

«L’hai … ucciso?»

«Già.»

Tsuna esitò. A dire il vero non sapeva come reagire: se essere arrabbiato, o sollevato nel vedere l’altro sano e salvo…

Mukuro sembrò notarlo, con freddezza s’inchinò di fronte al suo Boss, allungando il braccio per far sì che potesse raggiungere la sua mano, stringendola piano, poco prima di avvicinarla alle sue labbra, per sfiorarne il dorso.

«Non permetterò mai che tu ti possa sporcare, non per delle persone così vili.»

In contrapposizione alle parole di Mukuro, le mani di Tsuna si sporcarono di sangue. Lo ignorò e chinandosi verso il moro, lo abbracciò, trattenendo le lacrime agli angoli degli occhi.

«Sei uno stupido, stupido, stupido! Cerca di pensare di più a te stesso, invece di preoccuparti degli altri!» Sbottò il giovane Boss, imbrattandosi i vestiti di sangue quando aumentò la stretta di quell’abbraccio, Mukuro rise, scuotendo la testa alle parole di Tsuna.

«Tsunayoshi Sawada, vuoi fare gara a chi riesce ad esser più stupido fra noi due?» Scherzò, sollevato per il fatto che non fosse arrabbiato, ma piuttosto preoccupato per lui. In un certo senso non se lo aspettava, davvero.

Sarebbe rimasto al suo fianco per sempre; una bambola, un burattino, un essere umano, non gli sarebbe importato come l’avrebbe trattato, a lui importava solo di svolgere il ruolo che più desiderava, in silenzio, al solo fine di proteggerlo.

   
 
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