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Autore: barbara_f    05/02/2011    9 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Cap. 48
 

 
Parole
 
Sedetti sul davanzale della finestra guardando il giardino coperto da una coltre dal biancore purissimo... pensai a Bella, la mia amica aveva quello stesso sguardo, quella stessa purezza d’animo...
Non come me, io ero una frivola, sciocca ragazzina...
 
Ripensai a qualche giorno prima, le parole di Edward continuavano a vorticarmi nella mente, non riuscivo a concentrarmi, non avevo voglia di parlare...  non ero più me stessa... l’aver saputo la verità mi aveva catapultata improvvisamente nel mondo degli adulti, un mondo fatto di dolore e immense sofferenze, un mondo dove Edward viveva da quando aveva dieci anni...
 
“La mamma si è suicidata di fronte a me... l’ho vista morire e non ho potuto fare nulla per...” non riuscivo a capacitarmi del dolore che doveva aver sopportato.
 
Non l’avevo mai visto piangere Edward, mai, nemmeno quando eravamo ragazzini, nemmeno dopo la morte della mamma.
Appariva freddo, quasi vuoto, nascondeva così bene la sua sofferenza che nemmeno noi, la sua famiglia, quelli più vicini a lui, riuscivamo a scorgerlo.
Vedere le sue lacrime quel pomeriggio in camera mia, vederlo crollare come un sacco vuoto di fronte a me, vedere la sua maschera di ghiaccio sciogliersi, mi aveva spezzato il cuore.
Aveva la disperazione dipinta sul suo volto, l’ineluttabilità di un dolore che lo aveva segnato profondamente, non solo nel corpo ma, soprattutto nell’anima.
Gli avevo chiesto di perdonarmi per non aver capito, per non aver intuito cosa gli fosse accaduto e lui, lui l’aveva fatto, generoso e dolce come sempre, come sempre, pronto a rinunciare a se stesso pur di difendere me.
Ma io... io sarei riuscita mai a perdonarmi, sarei mai riuscita ad essere degna  di tanto amore?
Non ero più sicura di nulla, non ero certa di essere veramente in grado di dare amore, di essere degna d’amore, quell’amore che le persone che mi stavano più vicine meritavano...
Jasper soprattutto....
 
Ripensai al viaggio di ritorno a Forks, in macchina con Jasper, non avevo la forza e la voglia di parlare... 
Non gli avevo quasi parlato per due giorni.
Mi sentivo vuota e stupida, le mie parole sarebbero risuonate così sciocche...
Parole di una ragazzina viziata, cresciuta tra gli agi per un capriccio del proprio padre...
Jasper non mi aveva cercato, non mi aveva consolata, si era limitato ad attendere che decidessi di rivolgergli la parola..
Non era stato tenero con me quando gli avevo raccontato tutta la storia, non mi aveva rassicurata...
“...Tu non hai mai voluto vedere!” Mi aveva accusata, a ragione, di superficialità.
“Ti sei sempre rifiutata di accettare il mondo così come era in realtà, hai sempre cercato di vivere una realtà differente” mi ero sentita persa.
Jasper, la mia forza e il mio sostegno, era venuto meno, lasciandomi, per un istante, sola al mondo...
Aveva ragione. Per quanto potesse farmi male questa realtà, il mio ragazzo aveva ragione.
Lui così saggio, così maturo, mi aveva sempre protetto.
Io, così frivola e profondamente infantile, avevo bisogno di crescere, di istaurare un contatto con la realtà, di affrontare la mia dose di dolore.
“Noi, ti abbiamo assecondato... ma è stato un errore...”era vero, ero stata sempre protetta, sempre difesa.
Ma Edward...
Chi aveva aiutato e difeso Edward?
Chi aveva messo una mano sulla spalla, chi lo aveva consolato asciugando le sue lacrime? Non io, non sua sorella.
Solo Bella l’aveva capito, solo con lei si era aperto completamente, solo per lei si era svegliato dal suo torpore... era lei la prima di cui aveva chiesto.
Chiusi gli occhi, non avevo la forza di guardarmi allo specchio.
Come avevo potuto essere così cieca?
Come avevo potuto essere gelosa della sua vita?
Come avevo potuto trattare Bella con così poco rispetto?
Lei era la mia migliore amica, proprio come Rose...
Mi sarei dovuta mordere la lingua prima di parlarle in quel modo...
Anche lei mi aveva perdonata.
Tutti mi avevano perdonato, tutti tranne me.
Presi la borsa e indossai il giaccone, avevo bisogno di fare due passi per schiarirmi le idee.

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Il bosco nei dintorni di casa era magico, la neve rendeva tutto più puro e luccicante, come un sogno, un sogno di gioia.
“Dove vai da sola?” sobbalzai al suono di quella voce, un brivido di paura corse lungo la mia spina dorsale.
Lentamente mi voltai verso la fonte di quelle parole, gli occhi ancora dilatati dalla paura.
 
Un sorriso fiorì sulle mie labbra.
 
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Aprii gli occhi godendo della splendida vista di Bella, del suo corpo nudo stretto al mio...
La morbida curva dei suoi fianchi, l’arco della sua schiena, la tenerezza della sua carne, erano un richiamo, una calamita per le mie labbra....
Una parte di me aveva l’urgenza di tornare a casa dalla mia famiglia, l’urgenza di far leggere la lettera di mia madre ad Alice, una parte molto piccola...
Non volevo staccarmi da lei, non avevo la forza di lasciarla.
I suoi seni premuti sulla mia schiena erano un richiamo irresistibile, la sua intimità, calda d’amore era ancora palpitante, proprio come la mia.
Quando ero diventato così?
Quando la soddisfazione dei miei desideri era diventata la cosa più importante? “Dovrei far leggere ad Alice la lettera di mamma, lei ha diritto di conoscere le sue ultime parole...” sussurrai carezzandole il fianco e risalendo lentamente verso i seni.
Dio che bella sensazione la trama della sua pelle sotto le mie dita! Pensai eccitandomi.
Bella mi guardò intensamente, sul suo volto l’ombra di un sorriso, sulle guance ancora la traccia  di un leggero rossore...
Bellissima, pensai, perfetta per me!
“Dovresti andare allora!” sussurrò sulle mie labbra, la sua mano sul mio petto scendeva lentamente sfiorandomi appena.
Mi stava facendo impazzire...
“Io...”  non riuscivo a concentrarmi su nient’altro che non fosse lei.
“Io ho paura della sua reazione, mia sorella è una ragazza estremamente fragile, non so come la prenderebbe...” la mano di Bella proseguì il suo percorso sul mio ventre, trattenni il respiro quando sfiorò il mio membro ormai eccitato.
Mi guardò,  gli occhi ancora dolci di passione, il sorriso sulle labbra e negli occhi.
“Amore... mmmh” mugugnò sentendo la mia mano tra le sue cosce
Si avvicinò a me e, con deliberata lentezza, poggiò le sue labbra sulle mie.
La sentivo languida e calda mentre il suo corpo nudo si  strusciava contro il mio, chiedendo, esigendo....
“Edward” sussurrò al mio orecchio con voce quasi impercettibile ma carica di desiderio non ancora placato...
“Ti voglio!”
Alice avrebbe aspettato ancora un po’... volevo lei, volevo appagarla e appagarmi,  circondarmi e riempirmi soltanto di lei.
 
Bella mi lanciò un sguardo preoccupato, a dispetto di quanto avevamo detto ...e fatto, lei sapeva che la mia mente era altrove.
Quale reazione avrebbe avuto Alice nel leggere la lettera di nostra madre?
“Vengo con te!” così aveva detto Bella comprendendo immediatamente l’entità delle mie paure.
“Lascio un biglietto per mio padre, non vorrei farlo preoccupare!” Charlie era uscito con il signor Volt e non sapevamo quando sarebbero rientrati.
Non doveva essere facile per un padre sapere la sua unica figlia con me, un uomo dal passato ricolmo di dolore e violenza eppure, eppure aveva capito, ci aveva lasciati soli, sapeva che avevo disperatamente bisogno di lei...
La guardai, era così bella, con i capelli che le ricadevano lungo una guancia ad incorniciarle il volto...
Cosa potevo darle io?
Il mio amore... tutto l’amore di cui ero capace.
E l’avrei fatto, avrei dato tutto ciò che possedevo per lei.
“Ti ringrazio per aver deciso di venire con me!” dissi prendendola per mano, la sua calda e rassicurante mano.
Aprii lo sportello invitandola ad entrare in auto.
Dovevo averla vicina quando Alice avrebbe letto la lettera della mamma.
Non sapevo se sarei riuscito a sopportare altre lacrime, altro dolore... non senza Bella al mio fianco.
 
Misi in moto la Volvo dirigendomi verso casa.
La mente persa in pensieri grevi, pesanti come le nuvole che, oscurando il cielo, minacciavano neve.
“Come stai?” la sua voce giunse dopo istanti di assordante silenzio, la sua mano sfiorava dolcemente la mia, ferma sulla leva del cambio, il suo calore mi infondeva coraggio mentre, la lettera di mia madre pesava come un macigno nella mia tasca.
“Bene se sei vicino a me!” risposi sincero con un filo di voce, la mia mente correva veloce elaborando tutti gli scenari possibili.
 
********************************************************************
 
Charlie rovistava freneticamente tra le pile di carte disposte poco ordinatamente sulla sua scrivania.
Il suo sguardo era attento e preoccupato.
“Masen, hai detto? Sei sicuro, davvero sicuro?”
Queste erano state le sue ultime parole, poi la corsa verso la stazione di polizia.
“Si può sapere cosa succede Charlie?” non riuscivo a capire la fretta e l’angoscia che trapelava dal suo viso. Cosa poteva saperne lui di EJ Masen?
“Aspetta...!” disse guardandomi e fermandomi con un cenno della mano.
Mi sedetti sulla scomoda poltroncina da ufficio e attesi, attesi che finalmente, mi rivelasse la ragione di tanta sollecitudine.
“... Ma dov’è... se prendo Henry...” borbottò tra se continuando a cercare, e cercare. Infine, sotto una pila di cartelle, trovò ciò che bramava.
Sorrise alzando lo sguardo su di me.
Mi avvicinai incoraggiato e incuriosito dal suo strano comportamento.
“Guarda!” mi chiese con una nota di urgenza nella voce.
“Guarda Harold!” continuò porgendomi un foglio A4 spiegazzato.
Il suo tono non ammetteva repliche.
Tesi la mano verso di lui afferrando ciò che lui aveva cercato per lunghi interminabili minuti
Rimasi per un istante senza parole di fronte a quell’immagine sbiadita e spiegazzata dal tempo e dall’uso.
“Lo conosci?” si, lo conoscevo... era lui, era EJ Masen.
“Edgar James Masen, 1968, figlio di Damon Masen, uno degli uomini più ricchi di Chicago. Implicato in traffico e spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione.... accusato di violenza privata e stupro....” elencò i crimini commessi da EJ con fare professionale poi mi guardò dritto negli occhi, un brivido mi percorse la schiena.
“Ti ripeto la domanda Harold, tu conosci quest’uomo?” sostenni il suo sguardo poi annuii impercettibilmente.
“Si, Charlie è lui, è il vero padre di Edward e Alice!” era inutile mentirgli, aveva capito la verità nel momento stesso in cui  gli avevo rivelato il suo cognome.
Crollò a sedere, distrutto da una notizia che cercava a tutti i costi di rifiutare.
“Bella, piccola mia!” sussurrò.
La testa tra le mani, le dita infilate tra i capelli torturavano i riccioli brinati dal tempo.
“Come è stato possibile, come puoi esserti innamorata proprio del figlio di un simile criminale...” borbottò disperato.
Mi avvicinai a lui poggiandogli una mano sulla spalla, aveva bisogno di conforto, proprio come me.
“Charlie, ti prego, non essere ingiusto con Edward, lui non ha colpa per i crimini di suo padre...” i suoi occhi nei miei, ricolmi di preoccupazione...
“Harold, io... io non voglio che lei debba soffrire...” fece una pausa.
“Charlie, Bella soffrirà se la separi dal suo ragazzo, e ti odierà se ti riterrà responsabile di questa separazione!” cercai di essere convincente, non volevo che uno dei miei migliori amici commettesse l’errore più irreparabile della sua vita.
“ Lo so, so che hai ragione ma, Harold, se il padre di Edward tornasse a cercarlo?” avevo pensato anch’io a questa eventualità ma evitavo di prenderla in considerazione
“Come potrei essere tranquillo vivendo con questa paura?”
Lo capivo perfettamente, non avevo mai avuto figli, ma potevo ben comprendere le paure di un padre...
“Ti prego, dai al ragazzo una possibilità, lui è diverso da suo padre, non privarlo dell’amore di Bella, tu non immagini nemmeno cos’abbia subito Edward da bambino...”
Il suo sguardo, ora vigile e attento, era lo sguardo di un poliziotto...
“Tu lo sai?” cosa potevo dire, sapevo? No, supponevo, immaginavo... si, sapevo.
“So cosa EJ faceva a sua madre...” Elizabeth non me ne aveva mai parlato, mai direttamente. I suoi lividi, le escoriazioni, i tagli nella zona inguinale parlavano per lei. Non avevo bisogno di altro per capire, per sapere...
“Immagino che Edward fosse vittima della stessa violenza, EJ lo credeva mio figlio!... non credo abbia avuto pietà di lui” no non lo credevo affatto.
Sentivo il bisogno di difenderlo, aveva sofferto troppo nella vita... e molta della sua sofferenza era colpa mia...
“Cosa sai... parla! Se vuoi che comprenda, tu devi essere sincero con me!” ancora il tono inquisitorio del poliziotto, ma potevo capirlo, era la sua deformazione professionale, come la curiosità e l’indagine era la mia.
Decisi di aprirgli il mio cuore rivelandogli la mia verità, la parte che conoscevo.
“EJ Masen  sapeva della mia relazione con la madre di Edward, la picchiava per questo... era convinto che il ragazzo non gli somigliasse, pensava che fosse frutto della nostra relazione adulterina.” abbassai lo sguardo, provavo vergogna; non per ciò che avevo fatto, non avrei mai rinnegato il mio amore per Elizabeth, ma per le conseguenze di questo amore.
“Edward è tuo figlio?” chiese all’improvviso. Brusco ma speranzoso.
“No!” risposi prontamente per fugare ogni dubbio dalla sua mente.
“No, Non poteva essere mio figlio, purtroppo, Dio solo sa quanto avrei desiderato avere un figlio da Elizabeth...” fissai Charlie sperando che non intendesse approfondire. Un suo cenno mi fece comprendere che non l’avrebbe fatto.
“A causa di questa convinzione, Edward è stato picchiato e brutalizzato fisicamente e psicologicamente... E’ anche colpa mia Charlie, se quel ragazzo ha sofferto le pene dell’inferno...” sentivo il peso della sofferenza gravarmi sugli occhi e sul cuore.
“E’ anche colpa mia!” confessai a bassa voce.
Il carico che avevo sul cuore era troppo, troppo grande da sostenere, non riuscivo più a reggerlo, stavo per crollare, lo sentivo... avvertivo tutta la gravità dei miei comportamenti, tutte le conseguenze...
“Charlie, ti prego... non prendertela con quel ragazzo, lui ha ritrovato un po’ di serenità con tua figlia. Tu non l’hai visto il giorno della morte di sua madre... “ Deliravo perso nei ricordi di quella maledettissima sera...
“Io ero li, tu non hai visto i suoi occhi... ero li, ero li, ero li” ripetei come una litania, il tono di voce sempre più basso, sempre meno certo...
 “...Ora invece il suo sguardo è limpido, sereno, innamorato... Edward e Bella sono una coppia bellissima... Charlie, ti prego, non togliergli anche questo!” annuì quasi impercettibilmente.
“Cercherò di starne fuori ma, se quell’uomo dovesse rifarsi vivo io...” ero sollevato. Le mie spalle cominciarono a tremare scosse da singhiozzi irrefrenabili.
Avevo per tanto tempo cercato di arginare il dolore, la disperazione e la sofferenza....
L’incontro  con Edward, con il figlio dell’unica donna che avessi mai amato, mi aveva gettato in un baratro, riaprendo tutte le ferite che disperatamente avevo cercato di sanare.
“Harold....” era senza parole, non osava dire altro, non mi aveva mai visto piangere,  io stesso ero stupito dalla portata della mia angoscia.
Avevo amato Elizabeth con tutta la mia anima...
Quando era morta avevo chiuso il mio cuore in una corazza inattaccabile, non avevo versato una sola lacrima per lei...
 
Ma la sofferenza, quando è profonda, non si può arginare in eterno.
Come una goccia d’acqua, scava e scava, fino a creare una falla nella roccia eretta a proteggere il cuore....
La mia personale goccia aveva lavorato lungamente... la falla aperta, era difficilmente richiudibile.
 
Le mie parole _ Samuele Bersani

 

   
 
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