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Autore: barbara_f    13/02/2011    13 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Cap. 49
 
Genitori
 
La casa era in penombra, regnava una strana calma, non sembrava esserci nessuno.

Presi Bella per mano e la guidai entro il grande salone in cui il mio bel pianoforte faceva bella mostra di se.

Mi avvicinai, accarezzandolo come a salutare un vecchio amico e ripromettendomi, al più presto, di scrivere la melodia che ormai mi ronzava in testa da un po’...

“Strano”, dissi staccandomi dal mio amico più caro.

“A quest’ora i miei dovrebbero essere a casa!”

“Ciao Edward!” la voce di Jasper emerse dalla penombra facendoci sobbalzare.
Mi voltai verso di lui registrando la sua espressione triste.

“Ciao Jasper!” salutai, Bella l’abbracciò baciandogli la guancia poi, si voltò verso di me con sguardo interrogativo.

“Cosa succede?” chiesi.

“Alice non mi parla!” rispose con malcelata agitazione, lo conoscevo da un po’, sapevo che dietro la sua maschera di tranquillità stava soffrendo molto.

“Mi dispiace Jasper... è colpa mia...” risposi mesto.

Ero consapevole che con le mie rivelazioni, l’avevo sconvolta.

Ora era sola, sola a fare i conti con se stessa, sola ad affrontare i ricordi.

Non potevo esserle d’aiuto, nessuno di noi poteva. Doveva capire, fare chiarezza nella sua vita, fare la pace con il passato, proprio come me...

“Troppo amore uccide *” dissi dando voce ai miei pensieri

 “Forse hai ragione, ma ora, ora mi sento un mostro ad averle rifiutato una spalla a cui appoggiarsi!” lo capivo perfettamente.

“Edward!” mi disse prendendomi per le spalle e fissandomi negli occhi.

“Non prenderti sempre la colpa di tutto, tu sei quello che ha sofferto di più in questa storia...” abbassò lo sguardo dal mio stringendo crollando sulla  poltrona alle sue spalle...

“Questa volta la colpa è mia! Alice si è sentita abbandonata da me, non l’ho sostenuta... forse, per la prima volta da quando la conosco, non l’ho appoggiata, non l’ho consolata...” sentivo la sua voce incrinarsi, non l’avevo mai visto così infelice da moltissimo tempo.

“L’ho lasciata sola con i suoi, con i tuoi demoni... e ora lei non mi rivolge la parola!” lo guardai comprensivo, sapevo cosa stesse provando mia sorella ma, al contempo, ero consapevole che alcuni dolori devono essere affrontati da soli, facendo forza soltanto su se stessi...

...Mai come ora le parole di quella vecchia canzone tornarono ad affacciarsi nella mia mente, mai come ora mi sembrarono tanto veritiere...

 
http://www.youtube.com/watch?v=MNWnhO1CDQg&feature=related

 
Troppo amore ti ucciderà come quando non ne hai affatto.
Prosciugherà la forza che c'è in te, ti farà gridare, implorare e strisciare.



“Jasper, smettila! Tu non hai alcuna colpa!” dissi mettendogli una mano sulla spalla come a confortarlo.

“Mia sorella ha bisogno di trovare in se la forza di combattere contro i suoi ...i nostri demoni, non c’è nulla che tu possa dire o fare per aiutarla! Dalle un po’ di tempo, sai che ti ama alla follia, non riuscirà a starti lontana per molto tempo!” Jasper mi sorrise dolcemente poi, alzandosi in piedi, mi abbracciò. Ricambiai la sua stretta con affetto, ero proprio fortunato ad aver trovato questa nuova famiglia.

“Non c’è nessuno in casa?” chiesi dopo che si fu staccato da me.

“Si, zia Esme e zio Carlisle sono in cucina...” fece una pausa guardandomi fisso negli occhi “ah, Edward.... sanno tutto!... mi dispiace, ho cercato di impedire ad Emmett di parlare a sproposito ma, prima che me ne accorgessi, aveva già sparato fuori una mezza verità... non ci è restato altro che raccontare il resto! Zia Esme stava già sbiancando, abbiamo dovuto rassicurarla sul tuo stato di salute!” mi sentii gelare, non avrei mai voluto che la dolce Esme sapesse del mio dolore, del mio passato così brutale e doloroso, non avrei mai voluto che lei venisse a sapere quanto male ero stato negli ultimi giorni.  

Le avrei volentieri risparmiato questa sofferenza.

Bella si strinse a me carezzandomi dolcemente il braccio come a confortarmi, le baciai la guancia poi, stringendole la mano, mi apprestai ad entrare in cucina.
 
***********************************************************************
I ragazzi erano tornati dalla vacanza, li aspettavamo con ansia, Carlisle ed io.

 Ci erano mancati in quest’ultima settimana, la casa era così vuota senza di loro.

Aspettavo con ansia di sentire il loro allegro vociare invadere le stanze, le loro risate e i loro scherzi riempirmi il cuore...

La Jeep di Emmett annunciò sgasando l’arrivo  dei miei ragazzi, corsi fuori ad attenderli ma, ciò che vidi non era quello che mi aspettavo.

Il sorriso mi morì sulle labbra.

Gli sguardi erano strani, tristi, preoccupati, cupi. Cosa poteva essere accaduto? Alice, la mia piccola ninfa dei boschi, entrò in casa con un’espressione mogia, mi salutò con un piccolo bacio sulla guancia; nemmeno l’ombra di un sorriso ad aleggiarle sulle guance pallide. 

Si dileguò al piano di sopra senza parlare, senza alcuna spiegazione che potesse tranquillizzare il mio cuore di madre.

La guardai sparire poi i miei occhi si posarono su Jasper, anche i suoi occhi erano sfuggenti, per un istante li vidi posarsi sulla scalinata per poi tornare a fissarmi in silenzio in una muta richiesta  di aiuto.

Avevano avuto una discussione? Difficile dirlo, mio nipote era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, ma ora la sua preoccupazione era evidente...

Emmett e Rose, gli ultimi ad entrare in casa avevano lo sguardo basso e l’espressione tirata.

Non potevano aver discusso anche loro.

L’ultimo dei miei figli non entrò in casa, il mio cuore iniziò una furiosa corsa nel mio petto... mi guardai intorno alla sua ricerca, dov’era Edward?

“Oddio, è successo qualcosa ad Edward? dov’è Edward?”chiesi, la mia voce cambiò, scossa ancora da un tremito impercettibile, il cuore perse un battito...

Carlisle corse in salone richiamato dal tono isterico della mia voce e, in un attimo mi fu accanto abbracciandomi da dietro e rassicurandomi con il suo calore.

 “Ragazzi parlate per favore, prima di mandare vostra madre all’ospedale! Cosa è successo allo chalet?  Perché siete tutti così strani? Dov’è Edward?” intervenne risoluto mio marito.

La mia mente allarmata e ipersensibile era stracolma di domande e di supposizioni, una più angosciosa dell’altra.

“No mamma, stai tranquilla...” il mio tenero orso mi abbracciò baciandomi sulla guancia, “...ora Edward sta bene... è da Bella... e fra un....”  Rose gli pestò un piede ed Emmett si tacque.

Lo guardai per un lungo momento, era arrossito per la gaffe,  le parole gli erano morte in bocca nello stesso instante in cui le aveva pronunciate. e, dalla sua espressione capii che si stava pentendo della sua frase frettolosamente pronunciata.

“Cosa significa...ora! parla Emmett, non nascondermi nulla ti prego!” la mia voce assunse una nota stridula e agitata...

Jasper mi guidò verso la poltrona e, guardando male il povero Emmett, mi fece sedere, poi iniziò il  racconto dell’ultima settimana.

Il suo modo di fare e la sua calma innata ebbero il potere di rilassarmi era, insieme a Carlisle, uno dei pilastri della nostra famiglia... quasi riuscì a farmi accettare tutta la montagna di dolore che mi si rovesciò addosso, quasi riuscì a farmi sopportare l’idea di sapere i miei piccoli, indifesi e soli... quasi.

Lo guardai, mentre un senso di oppressione iniziò a farsi strada nel mio petto.

“Zia Esme, ti prego, calmati! Edward ora sta meglio, ha avuto dei problemi seri, devo ammetterlo, ci siamo spaventati ma ora sta bene!  te lo assicuro...ha solo bisogno di affetto, infinito affetto!”

“L’affetto di Bella, l’affetto della sua famiglia, l’affetto di Alice, la piccola fragile Alice” sospirai, giocando con una ciocca di capelli... il mio istinto materno mi diceva di correre da lei, di abbracciarla e consolarla, la razionalità mi imponeva di restate al mio posto e rispettare i suoi tempi.

Vinse la razionalità.

Quando li avevamo presi con noi, eravamo consapevoli che quei ragazzi avessero dei gravi problemi ma, soltanto vivendo con loro, percepimmo a pieno la differenza tra i due fratelli. Alice era triste, ma di una tristezza normale, vista la situazione. Ma Edward... cos’era successo al mio piccolo tenero Edward... quale immenso dolore l’aveva portato a chiudersi in un doloroso silenzio? Ora lo sapevo.

 
“Esme?” Edward era appena entrato in casa, Bella gli teneva teneramente la mano, erano così incantevoli insieme, così innamorati...

In loro rividi me stessa e Carlisle quando, timorosi ma felici, decidemmo di allargare la nostra famiglia...

“Esme!” la sua voce, la voce del mio tesoro, il suo tenero sorriso, i suoi occhi velati di tristezza, mi riscossero dai miei pensieri.

“Piccolo mio!” quasi urlai correndogli incontro e abbracciandolo stretto, gli occhi umidi di lacrime represse.
Non potevo pensare a quanto fosse stato male negli ultimi giorni, non potevo pensare di non essergli stata vicina...

“mi dispiace, mi dispiace tanto... piccolo mio” scoppiai in lacrime, non riuscivo più a trattenere tutte le emozioni accumulate. Carlisle si allontanò lasciandoci soli, così fece Bella.... quel momento era soltanto nostro.

Saperlo immobile, in catalessi, disperato per aver riscoperto il suo passato, saperlo in lacrime, triste, angosciato, mi distruggeva il cuore.

Non sopportavo di veder soffrire nessuno dei miei figli ma sapere Edward sofferente era davvero troppo.

Fin dal primo giorno, suo dolore pur non dichiarato, era troppo forte, troppo tangibile per restarne indifferenti.

Affondai le mani fra i capelli di mio figlio, desideravo alleviare tutta la sua amarezza, lenire tutto il suo dolore, fargli capire che non sarebbe stato solo. Mai più.

“Mamma!” pronunciò quell’unica parola come la cosa più tenera del mondo.

“Non piangere mamma, ora sto bene!”

********************************************************************
Non so da quanti giorni e ore vagavo nei boschi nei dintorni di Forks, mi sentivo braccato, inseguito... avevo paura ed ero affamato e stanco, tanto...

Non ero abituato alla vita da fuggiasco, al lerciume, alla puzza, al dormire in motel di quart’ordine e a frequentare donne a pagamento, di quart’ordine anch’esse.

Certo, qualche boccata d’aria me l’ero concessa; qualche tenera fanciulla che mi scaldasse il letto a ricordarmi l’uomo che ero stato, l’attraente e corteggiatissimo rampollo di una ricca famiglia.

Mi guardai le mani screpolate, rosse di sangue, osservai i miei vestiti a buon mercato...
Cos’ero diventato? Un vagabondo, uno stupratore, un drogato... l’ombra di me stesso, del me stesso che avrei voluto essere ma che, per pigrizia o noia, non ero mai stato.

La mia foto segnaletica era in ogni stazione di polizia, avevano messo persino una taglia sulla mia cattura, una taglia elevata... mi voltai indietro, ormai il mio istinto era affinato come quello di un lupo, avvertivo il pericolo alle mie spalle.

Avrei voluto tornare indietro, rivivere il passato, cambiarlo... ma indietro non si torna e il male fatto prima o poi presenta il conto.

 
La mia mente volò a quei giorni, ormai troppo lontani... a mia figlia, alla mia bellissima moglie, una moglie che non mi aveva mai amato, una moglie che avevo comprato con la complicità di suo padre, una moglie che, con il mio comportamento avevo ucciso...

Non riuscivo più a dormire, i suoi occhi verdi e intensi mi perseguitavano ancora, e ancora.  

Dieci anni non erano bastati per cancellarne il ricordo dalla mia mente.

Sia nei momenti di veglia che nei rari momenti di riposo, quando l’effetto delle droghe di cui ero oramai schiavo, lasciavamo, per un istante la mia mente vagare nei ricordi, gli occhi di Elizabeth e di suo figlio Edward tornavano a perseguitarmi.

Un altro passo nella radura imbiancata, un raggio di sole a rischiararla... mi appoggiai ad un enorme tronco, il fiato corto, i sensi tesi come una corda di violino.

Ero invecchiato più dei miei 43 anni, ero stanco, stanco di tutto, stanco della vita, stanco della violenza che la mia presenza portava sempre con se... volevo solo che il buio mi inghiottisse dandomi finalmente pace.

 
Mi guardai attorno godendomi, per la prima volta da tempo, lo spettacolo della natura che mi circondava.

Il bosco, bianco di neve risplendeva nella luce di mezzogiorno e, in mezzo a quel biancore una figura minuta e sola, la solidificazione dei miei ricordi, delle mie paure, dei miei desideri...

Mi avvicinai lentamente, il rumore dei passi attutiti dalla neve... volevo sorprenderla, ninfa dei boschi d’inverno, allucinazione indotta dalla droga...

Chiunque fosse, ammesso che esistesse davvero, non doveva scappare via da me, volevo guardarla in volto, toccarla, sfiorare quella pelle diafana e rilucente.

...la sua stessa pelle.

Immergere le dita fra i suoi capelli corvini.

...come quelli di lei.

La sentii rabbrividire, il suo inconscio aveva registrato la mia presenza. Mi feci sentire avanzando con circospezione alle sue spalle.

“Dove vai da sola?” chiesi con una voce che risuonò aspra persino alle mie orecchie.

La ragazza sobbalzò poi, lentamente si voltò rivelandomi il suo volto spaventato.

Mi incantai mentre un sorriso fiorì sulle sue labbra.
 
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 Una telefonata improvvisa risuonò nel silenzio dell’ufficio... un’altra rogna improvvisa... pensai guardando Harold con il volto ancora intriso di tristezza...

“Pronto?”  la voce di Henry aveva una nota di urgenza.

“Charlie abbiamo ricevuto una segnalazione per  il ricercato Edgar Masen... è stato avvistato nei boschi a nord di Forks nei pressi della tenuta  ...Cullen mi pare...” sbiancai, improvvisamente le gambe cedettero sotto il peso dell’agitazione. La mia paura più grande si stava concretizzando.

Harold silenzioso alzò lo sguardo su di me poi fissò le mie mani.
Non riuscivo a fermarne il tremito....

“E’ tornato...” disse semplicemente, non l’ombra di sorpresa ad offuscargli lo sguardo pieno solo di rassegnata consapevolezza.

“Si!” risposi “Si sta dirigendo nella zona dove abitano i Cullen!” pronunciai l’ultima parte della frase con un filo di voce.

Alzai la cornetta e chiamai casa, bella aveva lasciato un messaggio in segreteria nel quale mi avvisava che era andato a casa di Edward.

“Perché!” proruppi con l’agitazione nella voce e nei gesti “perché non siete rimasti a casa!” Harold si alzò di scatto.

“Andiamo!” disse guardandomi con sfida, quasi ad impedirmi di controbattere. Annuii. Avevo bisogno di lui, avevo bisogno di un appoggio...

Presi la pistola di ordinanza e con lui al mio fianco mi diressi verso casa Cullen.

********************************************************************
“Dov’è Alice?” chiesi guardandomi attorno.

Jasper sembrava disorientato, non era da lui... lui e Alice erano come due calamite, si muoveva lei si muoveva lui....

Uno strano presentimento si fece spazio nella mia mente.

Non ero mai stato un uomo istintivo, la mia professione mi imponeva calma, razionalità, riflessione, qualcosa che travalicava la mente si dilatò espandendosi dalla testa al cuore e un brivido risalì lungo la mia colonna vertebrale.
“Non lo so, sono rimasto qui tutta la mattina ma non l’ho vista uscire” la sua voce aveva ancora quella nota triste... mi sentii stringere il cuore per lui.

“Come è possibile che nessuno l’abbia vista uscire...” Edward mi si fece vicino fissandomi con i suoi intensissimi occhi felini.

“Ragazzi! Io l’ho vista uscire, si è diretta verso il bosco!” intervenne Rose indicando un punto imprecisato a sud della casa.

“Cosa!” urlai facendo sussultare i miei ragazzi, il cuore in tumulto, il respiro corto, la vista appannata.

“Che succede Carlisle!” Esme allarmata mi si fece vicina, una mano sul mio braccio a calmare il mio tremito, i suoi occhi nei miei.

Ero preoccupato, moltissimo...

“Allora?” chiese ancora

“C’è un pericoloso criminale che si aggira nei dintorni di Forks... l’ho appena sentito al notiziario!”dissi indicando il maxi schermo che Bella fissava quasi imbambolata.

“Speriamo che non venga da queste parti!” sussurrò Esme stringendosi a me.

“Bella” Edward chiamò con dolcezza la sua ragazza non ottenendo risposta.
“Bella mi senti?” niente.

La ragazza restava immobile, lo sguardo fisso sul monitor.

“Amore, cos’hai?” la voce di mio figlio era angosciata anzi, terrorizzata mentre si avvicinava a lei cercando di indurla a voltarsi.
Mio avvicinai, incuriosito da quello strano comportamento.Bella sbiancò.

Corsi da loro aiutando mio figlio a sorreggerla mentre, con gli occhi sbarrati dal terrore scivolava a terra.

“E’ sotto shock” sentenziai guardando Edward negli occhi. Il suo sguardo era vacuo, le mani tremavano convulsamente, non riusciva a staccarsi da lei.

“Forza Isabella!” presi immediatamente il controllo della situazione, Edward era troppo spaventato per muoversi
“Forza!” dissi con voce ferma e sicura dandole leggeri colpetti sul viso per farla riavere.

Batté gli occhi una, due tre volte poi si voltò verso di me fissandomi terrorizzata poi, con uno scatto si rifugiò tra le braccia di Edward prorompendo in un pianto dirotto.

“Bella, piccolina...” provò a chiamarla con dolcezza carezzandole i capelli, “Bella amore...” sussurrò. Una nota di terrore ancora incrinava la sua voce.

“Edward...” pronunciò quel nome come se le costasse un’enorme fatica poi, con il suo esile dito indicò il televisore.
 
 
To much love will kill you _Queen
 
Sono solo i frammenti dell'uomo che ero solito essere
Troppe lacrime amare si stanno riversando su di me
Sono molto lontano da casa e sto affrontando tutto questo da solo da troppo tempo
Mi sento come se nessuno mi avesse mai detto la verità
Su come crescere e sullo sforzo che avrebbe comportato, nella mia mente piena di confusione
Sto guardando indietro per scoprire dove ho sbagliato
Troppo amore ti ucciderà, se non riuscirai a deciderti
Diviso tra l'amante e l'amore che lasci indietro, vai incontro ad un disastro
perché non hai mai letto le indicazioni, troppo amore ti ucciderà - ogni volta
Sono solo l'ombra dell'uomo che ero solito essere
E sembra che per me non ci sia alcuna via d'uscita da tutto ciò
Ero solito ridarti la felicità, adesso tutto ciò che faccio è deprimerti

Come sarebbe se tu fossi nei miei panni?
Non vedi che è impossibile scegliere?
Non c'è alcun senso in tutto questo, qualunque strada io intraprenda, devo perdere
Troppo amore ti ucciderà come quando non ne hai affatto
Prosciugherà la forza che c'è in te, ti farà gridare, implorare e strisciare
E il dolore ti renderà pazzo, sei la vittima del tuo crimine
Troppo amore ti ucciderà - ogni volta
Troppo amore ti ucciderà, renderà la tua vita una farsa
Sì, troppo amore ti ucciderà e non riuscirai a capire il perché
Daresti la tua vita, venderesti la tua anima ma sarà di nuovo così
Troppo amore ti ucciderà alla fine...
Alla fine.

   
 
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