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Autore: barbara_f    22/02/2011    20 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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carissime, ci siamo, questo è il penultimo capitolo di questa storia, è stato molto difficile da scrivere...scusate il ritardo con cui lo posto.


Cap. 50
 
Padri e figli
 
“Bella” la chiamai con dolcezza, ma  non ottenni risposta.

“Bella mi senti?” ripetei, ma il suo corpo era immobile, fissava con occhi sbarrati le foto segnaletiche di un ricercato...
non avevo idea di chi si trattasse, non avevo seguito il programma, troppo preoccupato dalla scomparsa di Alice.

“Amore, cos’hai?” ero terrorizzato, mi spaventava a morte la sua reazione, cosa le stava succedendo?

Cosa aveva visto su quel monitor da sconvolgerla a tal punto?

Mi avvicinai cercando di indurla a voltarsi verso di me ma non c’era verso di farla sedere o di spostarla. Sbiancò in volto poi, con gli occhi sbarrati scivolò a terra continuando a fissare il monitor.

Il tremito prese possesso delle mie membra, mi sentivo impotente ed incapace di aiutarla. Cercai gli occhi di mio padre implorandolo...

Cosa le stava succedendo?

No, no, no, no!!! Perché sta reagendo cosi? Perché... Bella!!! Urlai nella mia mente ma nulla, nessun suono uscì dalla mia bocca.

“E’ sotto shock” sostenne mio padre con un tono calmo e professionale guardandomi dritto negli occhi. Non c’era esitazione nella sua voce, non c’era tentennamento nei suoi occhi... riuscì a tranquillizzarmi un po’.

Cosa le stava succedendo? Non  capivo la ragione di tanta inquietudine.

“Forza Isabella!” la voce di Carlisle si fece più alta mentre con la mano la schiaffeggiava leggermente sul viso.  

Forza amore svegliati! pensai, mentre restavo immobile e agitato.

“Forza!” disse con voce ferma.

Bella batté gli occhi poi, lentamente ritornò tra noi, lo sguardo ancora terrorizzato,  il volto ricoperto di lacrime, i singhiozzi che le squassavano il petto. Si strinse a me, cercò me come ancora, come scoglio a cui aggrapparsi durante la tempesta... ne ero felice, si, nonostante tutto questo dolore, ero felice che lei  avesse scelto me per sfogarsi.

“Bella, piccolina...” cercai di mettere quanta più dolcezza possibile nelle mie parole e nel mio tono, quanta più tenerezza nei miei gesti.

“Bella amore...” sussurrai, la voce tremula e flebile.

“Edward...” pronunciò il mio nome con fatica poi, con il dito indicò il monitor.“James...”

Sussurrò  quel nome... il nome dell’uomo che l’aveva aggredita, il nome di quel mostro di cui non ricordavo il volto, solo gli occhi erano impressi a fuoco nella mia mente.

Occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, senza alcun amore né pietà.

Quell’uomo che avevo indotto a fuggire era di nuovo nella nostra vita...
Mi sentii ribollire di rabbia, quello stesso uomo minacciava ora Alice.

“Emmett, ti prego, trova su internet la foto di quel ricercato” ruggii.

Volevo vederlo bene in volto quel bastardo,ricordarne i tratti per inseguirlo ovunque, volevo ucciderlo quel maledetto... solo così avrei potuto lenire l’immensa, profonda sofferenza di Bella, sofferenza che mi dilaniava mente e cuore.

“Eccola!” la voce di Emmett mi riscosse dai miei pensieri “Trovata!”

Mi avvicinai al computer, il corpo ancora grondante di rabbia.
Quel che vidi mi raggelò, immobilizzandomi.

***********************************************************************
“Papà!” le parole fiorirono sulle mie labbra prima che potessi fermarle.

“Papà, sei tu?”

L’uomo di fronte a me, trasandato e sporco, lo sguardo di ghiaccio azzurro, duro e freddo, si bloccò e mi fissò disorientato.

“Papà!” ripetei a quella strana, grottesca figura...

Avrei dovuto averne paura?

Non lo sapevo, stavo vivendo in una sorta di trance, immersa in un’aura di irrealtà.

I piedi si mossero da soli, affondando nel bianco manto che tutto ricopriva, mi muovevo verso di lui, verso colui che aveva ucciso mia madre, distrutto la vita a mio fratello... verso colui che mi aveva immensamente amata...

Mio padre.

La luce inondava la radura bianca di neve rendendo l’atmosfera ovattata e magica... stavo sognando?

Si forse stavo sognando....

*********************************************************************
Corsi in auto, le sirene spiegate, il cuore in gola, un unico pensiero nella mente: la mia piccolina in pericolo.

“Charlie, credo dovresti rallentare... la strada è ghiacciata!” Harold era visibilmente terrorizzato, ma io conoscevo le mie strade, ogni buca, ogni curva, ogni insidia...

In un attimo giungemmo a casa Cullen.

Scesi di corsa e, senza aspettare Harold, mi attaccai al campanello.

Un Carlisle dall’espressione preoccupata aprì l’uscio e mi guardò interdetto. Era sconvolto quanto me.

“Ispettore Swan... Charlie!” disse correggendosi con voce calma a dispetto della sua espressione.

“Carlisle...” risposi di rimando.

“A cosa devo la tua visita così... improvvisa?” il tono era sereno ma lo sguardo era lontano, guardava oltre le mie spalle, verso i boschi...

“Volevo avvisarvi che, un pericoloso ricercato si aggira nei boschi, proprio in questa zona e raccomandarvi di chiudervi in casa!” vidi il dottor Cullen sbiancare visibilmente e annuire.

Il suo sguardo mi trapassava andando oltre. Sapeva qualcosa, era preoccupato per qualcosa...

“Carlisle cosa succ....” mi interruppi, riconoscendo la voce di mia figlia provenire dall’interno dell’abitazione.

“Bella è qui?” chiesi sorpreso. Annuì.

“Charlie Bella... Bella non... Entra, ti prego...” attraversai la porta seguito da Harold, il cuore a mille, l’ansia e l’agitazione che si alternavano nella mia mente.

Perché proprio ora... pensai ritrovandomi nel lussuoso salone di casa Cullen.

Bella era a terra, in lacrime, stretta ad Edward come se lui fosse il suo unico appiglio con la realtà. Corsi dalla mia bambina chiamandola, non fece alcun cenno, le sue dita strette sulla camicia ormai distrutta di Edward.

“Cos’ha!” dissi rivolto a Carlisle.

“Ha riconosciuto il suo aggressore!” rispose come se io fossi al corrente della cosa. Aprii la bocca per dire qualcosa ma le parole rifiutarono di abbandonare le mie labbra. Ritornai a fissarla, era ancora stretta ad Edward ma le sue spalle avevano smesso di tremare.

Quale aggressore, pensai... perché Bella non mi ha mai raccontato nulla? Non si fidava di me? Di suo padre?

“Cosa!!!” esclamai. Perché non ne sapevo nulla? Tornai a guardarla, ora mi fissava sconvolta, Sapeva.

“Papà io....” si strinse nuovamente ad Edward che prontamente l’abbracciò.

“Dalla tua espressione deduco che non ne sapevi nulla... Bella non ti ha mai raccontato...” mi sentii gelare, Carlisle sapeva ciò che io ignoravo. Mi rattristai... non ero mai stato un buon padre per lei e ora ne pagavo le conseguenze, lei non mi considerava un padre.

“Sta bene, non le è successo nulla?” chiesi, timoroso di avvicinarmi a mia figlia.

“Si ma... Charlie, l’aggressore di tua figlia, il tuo ricercato ora sta mettendo il pericolo la mia!” Dilatai gli occhi.

“Come?” risposi incredulo.

“Alice è uscita per una passeggiata nei boschi... non è ancora rientrata!”

***********************************************************************
La ragazza venne incontro a me come una vergine va incontro al drago.

Mi chiamava “papà,” ma non poteva essere lei, non poteva essere la mia piccola Alice... non potevo avere la fortuna di rivedere mia figlia, non dopo quanto avevo fatto.

Ero rapito, pervaso da una luce magica... troppo biancore, davvero troppo.

Dove mi trovavo?

Stavo perdendo il contatto con me stesso e con la mia coscienza, persa in un mondo irreale fatto della stessa materia dei sogni...

“Papà sei tu?” chiese ancora riscuotendomi... i grandi occhi scuri mi fissavano imploranti ma non spaventati...

Perché non aveva paura di me? Ero io che avevo paura di lei.

Feci un passo sulla fredda neve... volevo guardarla più da vicino.

Perché non arretrava? Cosa mi stava succedendo...

Perché il suo sguardo non si abbassava? Non riuscivo a sostenere il suo sguardo.

Perché voleva che le facessi del male? Non volevo farle del male.

Allungai una mano a tracciare nella mia mente il contorno del suo corpo, non la toccai, non volevo rischiare.... si, avevo paura del mio autocontrollo.

“Papà!” continuò... stava avanzando verso di me, i piedi affondati nella morbida coltre di neve.

“Sta ferma!” le intimai con voce fredda e dura. Doveva spaventarsi.

I suoi occhi si dilatarono smisuratamente, le sue iridi scure penetrarono nella mia testa, rovistarono nei cassetti della mia memoria; cassetti impolverati dal tempo e dalla droga, cassetti nascosti che mai, mai avrei pensato di dover riaprire... un nome che non pensavo di dover più pronunciare si formò nella mia mente.

“Alice!” pronunciai con una nota di emozione nella voce... un calore sconosciuto mi invase il petto spingendomi verso di lei...

La mia piccola bambina era cresciuta, ora era una giovane donna... un perfetto mix tra sua madre e me.

Un altro passo... desideravo abbracciarla ma non ne ero degno...non dopo quanto avevo fatto a sua madre...

Mia figlia mi guardò piegando la testa di lato poi i suoi occhi si inumidirono...

“Perché!” pronunciò con la voce rotta.

“Perché ci hai fatto questo? Eravamo la tua famiglia...” una lacrima scese sul suo volto ed io mi sentii stringere il mio ritrovato cuore... l’avevo amata la mia bambina, amata tanto quanto avevo odiato suo fratello Edward... lui era un bastardo, frutto di uno sporco tradimento...

“PERCHE’!!!!” urlò poi proruppe in un pianto disperato!

Tentai di avvicinarmi ma il suo sguardo mi gelò, era carico di un odio tanto intenso che mi spaventò.

Puntò il dito verso di me poi proseguì con voce fredda e astiosa.

“Tu, bastardo, hai spinto mia madre al suicidio, tu, animale, hai picchiato Edward, hai trasformato tuo figlio in una persona chiusa, terrorizzata all’idea di essere come te, di somigliarti anche solo minimamente...”

“Edward non è mio figlio!!!” urlai in preda all’odio... nessuno doveva definirlo mio figlio...

I suoi occhi divennero ghiaccio, più freddi della neve che ci circondava...

“Come ti sei sentito a picchiare un ragazzino, ti sei sentito grande, ti sei sentito forte... come ti sei sentito a vederlo piangere distrutto, coperto di sangue, annichilito dalla tua violenza... era tuo figlio, era un bambino, proprio come me...ma io, io sono stata fortunata, risparmiata dalla tua furia e dalla tua follia...” non distolse il suo sguardo dal mio ma abbassò il tono della voce fino a renderlo appena udibile... avvertivo chiaramente il suo disgusto per me, per suo padre.

“Io sono stata solo fortunata ma non amata... non veramente!” feci un altro passo verso di lei, quella piccola creatura che mi parlava con disprezzo; nessuno aveva mai osato tanto... nessuno mi aveva mai sfidato così apertamente... mi sentii ribollire dalla rabbia, avevo una voglia folle di picchiarla, di cancellare dai suoi occhi quello sguardo che mi trapassava come una lama.

Un altro passo verso di lei. Non indietreggiò.

“Edward è TUO FIGLIO, proprio come lo sono io, e tu hai distrutto la sua vita per sempre!” no, non poteva essere mio figlio, non poteva essere carne della mia carne...

“Ti sbagli! Tu non sai nulla!” urlai dando finalmente sfogo alla mia frustrazione.

L’afferrai per le spalle, potevo udire il suo cuore battere furioso, aveva paura...paura di me... poi i suoi occhi tornarono a incatenarsi ai miei, freddi, duri come diamante...

 “No, sei tu quello che non sa nulla!”

Poi il suono di uno sparo lacerò l’aria.

********************************************************************
Mio padre aveva saputo dell’aggressione, era terrorizzato da quanto avrebbe potuto succedermi ma, al contempo, lo leggevo nei suoi occhi, era deluso, triste.

Lo avevo tenuto all’oscuro della mia vita, di un episodio così importante e duro, l’avevo fatto per lui, per risparmiargli un dolore, per impedirgli di agire scioccamente o con leggerezza... ma lui non avrebbe mai agito così, era un poliziotto, sapeva quali erano le procedure, come perseguire e arrestare un criminale... l’avevo sottovalutato, l’avevo fatto spesso.

Mio padre non era Carlisle Cullen, uomo brillante, ricco, colto... mio padre era una persona semplice, goffa e tenera ma dotata di intuito e acuta intelligenza... ma era a Carlisle che mi ero affidata e, a Edward...

Loro avevano compreso le mie paure e le mie ansie, avevano compreso le ragioni del mio silenzio, loro non mi avevano giudicato.

Guardai gli occhi tristi di mio padre, avrei dovuto avere più fiducia in lui e nel suo giudizio ma non era facile, non dopo ciò che aveva fatto a mamma, non dopo che aveva tentato in tutti i modi di allontanarmi da Edward... non dopo quello che Jacob aveva tentato di farmi...

“Papà io....” tentai di dire ma le parole rifiutavano di abbandonare le mie labbra..

Mi strinsi ad Edward, il suo calore mi faceva sentire al sicuro, protetta... chiusi gli occhi, mi estraniai dal mondo, solo il cuore del mio amore a cullarmi...
 

“Alice è uscita per una passeggiata nei boschi... non è ancora rientrata!” la voce di Carlisle mi riscosse... Alice, dov’era Alice...non con James...

Edward mi fece sedere sulla poltrona poi si alzò raggiungendo Carlisle, mi sentii fredda e vuota senza di lui.

La sua voce mi riscaldò e terrorizzò allo stesso tempo.

“Carlisle, il ricercato, il criminale che ha aggredito Bella e che ora è nei boschi qui vicino.... ecco lui...è..”

“è tuo padre, il tuo vero padre... giusto ragazzo?” continuò Charlie al suo posto.

Carlisle lo guardò stupito

“Da quando... da quando lo sai...”

“Da quando Bella ha visto l’immagine del suo aggressore in tv...” abbassò gli occhi, lo vedevo tremare, il suo incubo peggiore si rifaceva vivo con la forza di un treno in corsa... il viso era impallidito, sapevo che il crollo era prossimo... questa volta non avevo la forza di aiutarlo...

Mio padre venne in suo soccorso, mise una mano sulla sua spalla come a rassicurarlo poi, inaspettatamente, l’abbracciò.

“Lo prenderemo Edward, vedrai, non farà più male a nessuno! Stai tranquillo ragazzo!” lo sentii singhiozzare mentre si abbandonava a quel conforto di cui aveva disperatamente bisogno.

Una chiamata al cellulare indusse mio padre a sciogliere l’abbraccio...che ironia, la sua suoneria era quella canzone di Cat Stevens*...

“Devo rispondere... potrebbe essere importante...” borbottò imbarazzato.

“Sono l’ispettore Swan...” disse accostando il telefono all’orecchio.

Richiuse in fretta poi guardò Carlisle, nell’aria una tensione palpabile...

“L’hanno avvistato e... Carlisle, Alice è con lui!”

*******************************************************************
“Edgar James Mason, allontanati dalla ragazza molto lentamente e alza le mani!” una voce sconosciuta e dura mi fece sussultare.

“Cazzo, sono in trappola!” sussurrai.

“Sappi che sei circondato quindi non fare mosse false! Allontanati lentamente dalla ragazza!” no, non mi sarei fatto catturare tanto facilmente, non avevo alcuna intenzione di finire il resto della mia vita in galera.

“NO!!!” urlai estraendo velocemente la pistola e puntandola alla tempia di mia figlia... la sentii tremare questa volta, sentii chiaramente il suo cuore battere furioso ma la mia libertà era più importante di qualunque cosa, non avevo alcuna intenzione di scendere a compromessi con la vita, non l’avevo mai fatto e certamente non avrei iniziato ora.

“Ascoltatemi” dissi a voce abbastanza forte da farmi sentire da tutti i poliziotti che mi accerchiavano...

“Ascoltatemi, ora io e la ragazza andremo via e voi ci lascerete andare altrimenti...” puntai più forte la canna della pistola alla sua tempia... non volevo farle del male, era la mia piccola... il sacrificio della sua vita forse poteva essere evitato se quei poliziotti di periferia se ne fossero stati buoni...

“Altrimenti la uccido!” L’avrei rilasciata fuori città e sarei fuggito... non mi avrebbe rivisto mai più.

Il capo della polizia fece un cenno e i suoi uomini si allargarono leggermente poi, inaspettatamente la sua voce vibrò con una nota di tenerezza.

“E’ tua figlia... non farle del male!” disse all’improvviso.

Lo guardai stupito, cosa poteva saperne dei miei rapporti con Alice...

“Ti lasceremo andare ma, ti prego, non fare del male a tua figlia... ha già sofferto troppo...!”

Feci un impercettibile cenno con la testa e trascinai Alice con me... tra poco sarei stato libero, tra poco lei si sarebbe liberata di me... per sempre.

“EJ Masen!” urlò una voce alle mie spalle, una voce conosciuta, la mia voce...?

Sussultai fissando l’uomo di fronte a me come in uno specchio, uno specchio che mi mostrava più giovane di vent’anni...

Eccoli, i miei fantasmi erano di nuovo con me, a perseguitarmi, a distruggermi la mente, il corpo, il cuore... se ancora avevo un cuore.

Eccola, rilucente di giovinezza, terribile come il peggiore degli incubi, la mia coscienza.

L’immagine di tutto ciò che avrei potuto diventare e avevo distrutto, il me stesso che avevo ripudiato, il me stesso che avevo lacerato, si materializzò di fronte a me fissandomi, gli occhi negli occhi... la mia coscienza aveva gli occhi verdi, gli occhi di Elizabeth.

“...O dovrei chiamarti papà....” pronunciò con disprezzo.
Non ascoltai...

Non avrei aspettato, non potevo più convivere con quella parte di me, non potevo più convivere con quella piccola parte della mia anima che mi ricordava come sarebbe potuta essere bella la mia vita....

Non avrei aspettato.....

Spinsi Alice di lato e feci fuoco.

“EDWARD!!!” la sentii urlare, poi un dolore accecante si fece in strada nelle mie viscere...

Avevo ucciso una parte di me, avevo sparato a mio figlio...
 
Cat Stevens father and son
 http://www.youtube.com/watch?v=Q29YR5-t3gg



aspetto commenti ma... non mi uccidete please!

un bacio a tutte Barbara
   
 
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