IMPORTANTE!
Salve a tutte!
Si, finalmente
ce l’ho fatta a
scrivere l’epilogo! Vi chiedo scusa per avervi fatto
aspettare un bel po’, ma
volevo che almeno l’epilogo fosse decente.
Prima di passare
alla storia vi
prego di perdere 2 minuti per leggere queste quattro righe.
Lo scorso
capitolo avevo detto che
in questo avrei detto il nome della seconda parte della storia ed altre
informazioni, bene, il problema è che non ho ancora niente
da dirvi xD Per
questo ho creato una pagina Facebook, dove vi comunicherò le
varie novità
riguardanti la storia man mano che penso a qualcosa: frasi spoiler, il
titolo
della seconda FF, foto, forse video, ecc.
Se siete
interessati quindi, vi
invito ad aggiungere questa page, cliccando QUI.
Inoltre voglio
che sappiate che ci
tengo tantissimo a questo epilogo e che sarei contentissima se anche
chi non ha
mai commentato, mi lasciasse una piccola recensione, un “mi
piace” o anche un
piccolo messaggio in bacheca su FB, fatemi felice vi prego *_*
Non voglio
trattenervi oltre,
quindi, ci vediamo alla fine per i ringraziamenti.
Buona lettura.
Epilogo
Tutto era rimasto uguale, come se i
domestici non fossero mai entrati lì, come se il tempo si
fosse fermato e fosse
tornato un anno dietro, quando tutto gli era sembrato così
semplice, quando era
stato veramente felice, per un po’.
Era tornato.
Dopo un anno di
viaggi, concerti,
conferenze ed interviste estenuanti, era tornato a casa.
La prima cosa
che aveva fatto
quando era entrato in casa era stato alzare il viso ed annusare
l’aria, quasi
sperasse di poter sentire l’odore costante di cibo che
c’era in quella casa,
quando ancora vivevano lì.
Non poteva
credere di essere
tornato davvero.
Richiamato da
qualcosa salì di
corsa le scale e percorse il corridoio altrettanto velocemente,
ritrovandosi di
fronte all’ultima porta a sinistra, quella che era stata la
sua stanza.
Prese un bel
respiro, consapevole
della valanga di ricordi che l’avrebbero assalito una volta
entrato lì, e girò
il pomello della porta aprendola lentamente.
Si sorprese
quando trovò la stanza
identica a come la ricordava, quasi si aspettava di trovare le pareti
bruciate,
il letto disfatto, i libri per terra.
Credeva di
trovarla devastata,
com’erano stati il suo cuore e la sua anima quando
l’avevano lasciata.
Tutto era
rimasto allo stesso posto
in cui l’aveva lasciato, una pila di libri giaceva sulla
scrivania, accanto al
mac, ed accanto al letto la sua chitarra.
Quella chitarra.
La chitarra con
cui era cominciato
tutto, con cui aveva decantato il suo amore per lei,
lei che era diventata l’innominabile.
Si
avvicinò al letto attirato da
quello strumento come una calamita, e non riuscì a
trattenersi dall’allungare
un braccio per sfiorare il legno liscio e lucido della chitarra.
Nel momento
esatto in cui le sue dita
la sfiorarono, nella sua mente, chiara e nitida, apparve la sua immagine.
Era seduta sul
suo letto e lo
guardava stralunata.
Ricordava ogni
minimo particolare
di lei, come se l’avesse vista fino al giorno prima,
ricordava perfettamente i
suoi occhi grandi del colore del mare, ricordava i suoi capelli lucenti
e quel
suo gesto di tirare una ciocca dietro l’orecchio quando era
in imbarazzo,
ricordava il suo sorriso, le sue gote che si arrossavano, lo scintillio
nei
suoi occhi quando si arrabbiava; ma più di tutto ricordava
perfettamente le sue
labbra lisce e morbide, ricordava le sensazioni che provava quando le
sentiva
muoversi sulle sue, e ricordava il suo battito accelerato quando
sentiva
sussurrargli il suo nome tra un bacio e l’altro.
“Dì
qualcosa” ricordò
di
averle detto quel giorno, mentre lo guardava con gli occhi spalancati.
Aveva chiamato
il suo nome, prima
di poggiare per la prima volta le sue labbra su quelle di lei.
Staccò
le dita dalla chitarra con
violenza e scosse la testa.
Aveva appena
infranto la prima
della lunga lista di regole che si era imposto quando aveva lasciato
quella
casa.
Mai
pensare a lei.
Era stata dura
rispettare quella
regola, e lo era ancora, ma era stata essenziale per la sua
sopravvivenza.
Non doveva, non poteva, pensare a lei o non avrebbe
retto; se ne era accorto quella sera a Parigi.
Era una sera di
un luglio caldo ed
afoso, le strade erano piene di turisti ed abitanti del luogo che
sorridevano
felici, e lui passeggiava tranquillamente per le stradine del centro;
mentre
percorreva una di queste intravide una coppia di ragazzi seduti su una
panchina,
lui le sussurrò qualcosa e lei sorrise contenta gettando la
testa all’indietro,
un attimo dopo i due si lanciarono in un tenero bacio mentre si
tenevano le
mani.
Guardandoli non
aveva potuto fare a
meno di pensare a quanto fossero felici quei due ragazzi in quel
momento, ed a
come fosse stato felice anche lui, quando accanto aveva lei.
Neanche lui
sapeva bene come, ma si
era ritrovato all’aeroporto, nel bel mezzo della notte,
stringendo tra le mani
un biglietto per Los Angeles.
Per fortuna i
suoi fratelli lo
avevano trovato prima che riuscisse a fare il check in, e gli avevano
evitato
di mandare all’aria il concerto e di rovinare tutto.
Aveva preso
malissimo l’arrivo dei
suoi fratelli che l’avevano trascinato in un taxi quasi di
peso, mentre le sue
urla risuonavano nell’aeroporto praticamente vuoto.
Quella notte era
stato malissimo.
Si sentiva
vuoto, demotivato. Non
riusciva a capire perché i suoi fratelli fossero stati
così egoisti da dare più
importanza alla loro carriera che ai suoi sentimenti.
Il giorno dopo
erano saliti sul
palco senza quasi rivolgersi la parola, ma quando li vide, quando vide
le
centinaia di fan che sotto al palco urlavano i loro nomi, allora
capì.
Non poteva
continuare a trattarsi
così, basta fughe notturne, basta crisi isteriche, basta
lacrime, basta.
Doveva farlo per
tutte le persone
che gli volevano bene, ma anche per se stesso.
A questo
proposito si era imposto
delle regole ben precise.
La prima regola,
l’aveva infranta
parecchie volte, e quando nessuno lo guardava si rintanava dentro se
stesso
disperdendosi nel fiume di tristezza che lo trascinava via.
Le voci nella
sua testa
continuavano a tormentarlo, “lei
non c’è”,
gli ripetevano ed allora lui suonava, suonava forte per cercare di non
sentirle, ma loro
continuavano a rincorrerlo;
D’altronde
non si può scappare da
se stessi, non per sempre.
Ne aveva avuto
prova in quella
stanza, quando aveva toccato quella maledetta chitarra.
Ma infondo ce
l’aveva fatta, no?
Era riuscito a
sopravvivere per un
intero anno.
Sopravvivere,
già, perché vivere
non era neanche lontanamente quello che aveva fatto in
quell’anno.
Si svegliava
tutte le mattine
puntuale, faceva allenamento, dava le sue interviste, suonava e faceva
tutto
quello che le scalette gli imponevano di fare, da buona marionetta.
Aveva svolto
tutti i suoi doveri,
dal primo all’ultimo, senza fiatare o obiettare minimamente,
persino quando i
suoi fratelli si lamentavano di essere stanchi lui sembrava non esserlo
mai.
D’altronde
riempirsi di impegni era
l’unico modo che aveva per non pensare e ci era riuscito,
più o meno.
Eppure
nonostante il suo corpo
fosse in continuo movimento lui non si sentiva vivo.
Aveva smesso di
ridere.
Ogni tanto, si,
sorrideva alle
battute dei fratelli ed era felice quando incontrava i suoi fan, ma
quel
formicolio allo stomaco, quel battito accelerato, quelle emozioni, non
le aveva
più sentite.
Ed ora, in
quella stanza, sentiva
qualcosa riaffiorare in lui.
Anche solo il
ricordo di quello che
era stato lo faceva sentire in un modo che non ricordava potesse
esistere.
Doveva uscire da
quella stanza,
prima che fosse tardi, prima che arrivasse ad un punto di non ritorno,
prima
che i ricordi lo devastassero, sapeva che doveva farlo.
Ma infondo che
male avrebbe fatto
fare un piccolo tuffo nel passato?
Scese di corsa
le scale ed afferrò
al volo le chiavi della macchina prima di uscire.
Vide
sott’occhio Joe lanciargli uno
sguardo preoccupato e lo ringraziò mentalmente per non
averlo fermato o fatto
alcun tipo di domanda in quel momento.
Sentiva solo il
bisogno di non
pensare più a nulla.
Per troppo tempo
era stato attento
a non pensare a quello e a quell’altro, ora basta.
Voleva solo
lasciarsi andare al suo
istinto.
Non sapeva dove
o a cosa l’avrebbe
portato questo suo lasciarsi trasportare dai ricordi, ma si sentiva in
grado di
poterli affrontare.
In quella
città dove la
presenza di lei
si sentiva così forte e tangibile, si sentiva invincibile,
niente
avrebbe potuto fargli male.
Persino le voci
che lo avevano
perseguitato per tutto quel tempo parevano essersi arrese.
Non le sentiva
più, e questo bastò
per convincerlo che stesse facendo la cosa giusta.
Meno di
mezz’ora ci aveva impiegato
per attraversare la città.
Non se ne era
neanche accorto, ma
probabilmente aveva violato di parecchio il limite di
velocità.
Guardò
fuori dal finestrino mentre
spegneva il motore, e pensò che le eventuali violazioni del
codice della
strada, in quel momento, erano il suo ultimo problema.
Era arrivato.
L’enorme
casa bianca gli si ergeva
di fronte, imponente.
Il sole era
appena calato e qualche
luce proveniente dalle finestre del piano terra indicava la presenza di
qualcuno al suo interno.
Al solo pensiero
gli tremarono le
gambe.
Ed ora cosa
faceva?
Non poteva di
certo presentarsi lì
dopo più di un anno, magari sventolando le mani ed urlando “sorpresa!”
L’avrebbe
cacciato a calci nel
sedere.
Aprì
lo sportello della macchina e
scese.
Eppure, doveva vederla.
Sentiva il
bisogno fisico di
rivederla, di sentire la sua voce, di sfiorarla per un istante.
Era inutile
prendersi in giro.
Aveva resistito
un anno senza di
lei solo perché a dividerli c’era un intero
oceano, era riuscito ad andare
avanti con la convinzione, con la speranza, che l’avrebbe
rivista un giorno.
Sapeva che non
appena avesse messo
piede a Los Angeles non avrebbe più resistito.
Si
avviò per il lungo viale con
mille pensieri per la testa.
Quello che
più lo tormentava, che
non lo faceva dormire la notte, era un unico e solo pensiero.
E se lei fosse cambiata?
Lui lo era, e
come; aveva sofferto
così tanto e così intensamente che era
impossibile anche solo somigliare
lontanamente alla persona che era stata.
Chi si sarebbe
ritrovato di fronte?
Nel momento in
cui si fece questa
domanda realizzò che in fondo non gliene fregava niente.
Lui
l’aveva amata, l’amava ancora anche se cercava di
nasconderlo persino a se stesso, e non gli importava
nient’altro.
Salì
gli scalini che lo dividevano
dalla porta con gambe tremanti e si fermò qualche istante
prima di bussare, per
prendere fiato.
Un lampo di
paura gli attraversò il
petto quando le sue mani toccarono il campanello e sentì il
suo suono
diffondersi per tutta la casa.
Ora doveva solo
aspettare, e
sperare che non gli sbattesse la porta in faccia.
Sentì
dei passi dietro la porta ed
il suo cuore cominciò a battere frenetico mentre la testa
gli girava
terribilmente.
Tutto
d’un tratto non era più così
convinto di quello che stava facendo, ma ormai era troppo tardi per i
ripensamenti.
La porta si
spalancò e per qualche
istante gli si bloccò il respiro.
Alta nella
norma, magra e bionda,
con il volto dipinto in una smorfia di superiorità, Joanne
Clarisse Knocks puntò i suoi occhi glaciali in quelli del
ragazzo, che si gelò
all’istante.
-buonasera
signora Knocks- salutò
lui educato ed un po’ intimorito
Joanne Knocks
socchiuse gli occhi
mentre studiava per bene il volto di Nick, probabilmente si stava
chiedendo
dove l’avesse già visto.
-buonasera, tu
sei…?- chiese senza un pizzico di gentilezza
-
N-Nick,
Nick Jonas- esclamò a disagio
La signora lo
guardò per qualche istante poi spalancò gli
occhi.
-Nick Jonas! Il
figlio di Kevin e Denise! Vieni entra- esclamò
facendosi da parte
Nick si morse il
labbro inferiore.
Entrare
lì dentro sarebbe stato ancora peggio che entrare
nella sua vecchia stanza, non avrebbe retto questa volta.
-Mi scusi
signora Knocks, non vorrei essere maleducato, ma
sono un po’ di fretta- cominciò il ragazzo temendo
che Joanne si offendesse –
sono solo passato a fare un saluto a…-
Deglutì.
Non pensava al
suo nome da troppo tempo, figurarsi
pronunciarlo!
Aveva troppa,
troppa paura che i fantasmi del passato
tornassero per terrorizzarlo.
Ma ora doveva
rischiare.
-…Ronnie- concluse con un sospiro
Il solo pronunciare il suo nome gli aveva riempito la bocca di un formicolio insolito, che si stava diffondendo per tutto il corpo.
Joanne Knocks lo
guardò accigliata, come se le avesse parlato
in un’altra lingua.
-Ronnie?!-
ripeté Joanne ed un brivido percosse la schiena
del ragazzo a sentire il suo nome.
-come, non te
l’ha detto?-
Detto cosa? Si
chiese Nick.
Cosa avrebbe
dovuto dirgli?
Subito una marea
di brutte ipotesi si fecero strada nella sua
testa e ben presto si fece prendere dall’ansia.
Cos’era
successo a Ronnie?
-E’
partita qualche giorno fa, è andata in Europa-
- in Europa?!-
sbottò Nick esterrefatto
Più
volte Ronnie e le sue amiche gli avevano detto che il
loro sogno era di fare un viaggio in Europa e sapeva
dell’intenzione di Ronnie
di andare lì per studiare e diventare
un’interprete, ma l’idea non si era mai
concretizzata.
-Si,
è andata in Spagna a seguire un corso di non so che-
spiegò con aria annoiata
Lui era appena
tornato dall’Europa e lei
era in Spagna.
Voleva morire.
-Per quanto
tempo starà via?- sussurrò fissando il vuoto
-Il corso dura
due anni, ma ha detto chiaramente che intende
rimanere lì a lavorare. Non credo che tornerà
presto, mi spiace-
Un pugno in
pieno petto.
Si sentiva
mancare; non era possibile, non poteva essere la
realtà.
Un sogno, si,
non doveva essere altro che un bruttissimo
sogno; tra poco si sarebbe svegliato e si sarebbe ritrovato nel suo
rassicurante tour bus con la convinzione che Ronnie sarebbe rimasta
lì ad
aspettarlo.
Quel pensiero lo
aveva consolato per mesi, sapeva che poteva
non essere così, ma come uno stupido, un illuso, si era
sforzato di credere che
lei sarebbe rimasta ad aspettarlo, per
sempre.
Ed ora la sua
più grande certezza era svanita, sfumata nel
nulla, e si sentiva sprofondare.
Niente, nulla,
riusciva a frenare la sua caduta verso il
dolore.
Era come se
avesse perso un organo essenziale del suo corpo;
il fegato, un polmone, il
cuore.
Dopo aver
voltato le spalle alla signora Knocks, ed aver
corso per il viale, si era accasciato sul sedile della macchina,
prendendosi il
volto tra le mani.
Ed eccole tornare.
Quelle voci che
lo tormentavano di notte e di giorno, quelle
che aveva tentato di scacciare con tutte le forze, erano tornate.
Ed ora le
sentiva vicine e familiari.
Un nuovo dolore
si fece spazio nel suo petto quando si rese
conto che avrebbe dovuto imparare a convivere con quelle voci,
perché ormai era
troppo tardi.
Era troppo tardi
per incrociare i suoi occhi, per sfiorarle
le guance, le labbra, per sussurrarle all’orecchio, per
scostarle i capelli
dagli occhi.
“Lei
non c’è”
No, non
c’era, e non l’avrebbe mai più rivista.
*
*
*
“Ultima
chiamata per il volo A812, New York City - Madrid”
Era la terza
volta che sentiva quella voce metallica imporle,
in ben tre lingue diverse, di salire su quel maledettissimo aereo, ed
ogni
volta si era sentita sempre più male, sempre più
una…codarda.
Si
guardò in giro spaesata, sperando di trovare qualche volto
familiare, ma sapeva che non l’avrebbe trovato, come non
l’avrebbe trovato nel
posto in cui era diretta.
Quando quella
lettera era arrivata nelle sue mani per poco
non era svenuta.
Una borsa di
studio per una delle scuole più prestigiose di
traduttori ed interpreti, in Europa.
Quella lettera,
con sopra inciso il suo nome a caratteri
cubitali, era stata la prima ed unica cosa ad averle fatto battere il
cuore
dopo un intero anno in cui aveva creduto di essere morta.
Il preside della
sua vecchia scuola l’aveva già informata
dell’eventualità di una borsa di studio per lei
già qualche mese prima degli
esami.
Da gennaio la
sua media, già di per se buona, si era alzata
toccando i livelli più alti.
Si era
presentata agli esami con il massimo dei voti in tutte
le materie.
Tutte ad
eccezione di una; La sua B in trigonometria spiccava
tra tutte le A, ed quando l’aveva vista scritta in grassetto
sotto il suo nome
un senso di tristezza e rassegnazione si erano impadroniti di lei.
Solo lei sapeva
il significato di quella B.
Lei
però era l’unica che le aveva dato un significato
così
importante, tutti infatti si erano soffermati sulle sue eccellenze,
com’era
normale che fosse.
Non era stato
poi così difficile studiare per prendere quelle
A, insomma, cosa le restava da fare?
Tutte le cose
che amava fare prima ora le sembravano stupide
e senza vita, proprio come lei.
Non era andata
più ad un concerto;
Non osava
ascoltare musica, di qualsiasi genere si trattasse,
la sua libreria piena di romanzi era stata svuotata ed i suoi libri
erano stati
ammucchiati disordinatamente in scatoloni.
D'altronde come
poteva credere alle parole dei cantanti, alle
belle frasi di Shakespeare, dopo quello che era successo?
Sarebbe stato
troppo ipocrita da parte sua nutrire ancora una
qualche forma di speranza che l’amore, quello vero, esistesse.
Scosse la testa
con violenza, cercando di scacciare quei
pensieri ed afferrò il suo trolley con un sospiro,
avviandosi verso il suo gate.
Ad aspettarla
c’era un’hostess dall’aria impaziente ad
annoiata; quando la vide le rivolse un sorriso gentile allungando la
mano esile
e perfetta in cui Ronnie posò il suo biglietto, di sola
andata.
- buon
viaggio – le sorrise e lei mormorò un “grazie” teso ed
insicuro, spaventata
nel rendersi conto che probabilmente quelle sarebbero state le ultime
parole
che avrebbe sentito nella sua lingua madre.
Salì
sull’aereo e prese posto come in
trance, e mentre guardava fuori dal finestrino non poté fare
a meno di farsi
prendere da uno dei suoi soliti attacchi di panico.
Stava
davvero lasciando tutto per andare in
Europa?
Sospirò.
Si,
e sapeva perfettamente il perché; il suo
tutto era diventato un niente.
L’unica
cosa che ancora la legava a quel
posto erano le sue amiche, il resto era un mucchio di ricordi confusi,
che le
facevano male; il resto
era quello da cui stava scappando.
Le
sue amiche.
Per
un attimo i volti di Kate, Lexus e Jamie
le passarono davanti agli occhi, e sentì l’impulso
si scendere di corsa da
quell’aereo urlando.
Nell’ultimo
anno il loro rapporto era
inevitabilmente cambiato e si sentiva davvero un verme per quello che
stava
facendo.
Se
ne era andata senza dire loro niente.
La
sera prima aveva mandato un e-mail
identica a tutte e tre, sperando che capissero, ma sapeva che non
l’avrebbero
fatto.
Come
potevano capirla quando nemmeno lei
comprendeva a fondo il significato dei suoi gesti?
Sprofondò
nel sedile.
Si
sentiva terribilmente in colpa, ma per
sopravvivere, doveva allontanarsi da quel posto e, anche se a
malincuore,
doveva allontanarsi anche da loro.
Il
ricordo di quello che loro erano state,
la distruggeva; ricordare di essere stata così felice
assieme a loro e non
riuscirci più era una cosa che giorno dopo giorno le portava
via linfa vitale.
E
lo vedeva nei loro occhi, vedeva il loro
dispiacere, la loro apprensione, quasi a volte pareva di riuscire a
leggerle
nel pensiero; “Povera
Ronnie”
pensavano, e lei era stanca di tutto questo.
Voleva
andare in un posto dove nessuno
conosceva niente di lei e del suo passato, voleva andare in un posto
vuoto,
senza ricordi, era questo l’unico modo per andare avanti.
Un
aereo a qualche pista di distanza dalla
sua atterrò e lei sospirò profondamente.
Lui
sarebbe tornato tra qualche giorno.
Lo
sapeva perché Kate era rimasta in
contatto con Joe, che la informava su ogni dettaglio, e Kate distrattamente
informava anche lei; e lei avrebbe voluto urlarle in faccia che non le
importava niente, o meglio, che non voleva sapere
niente e invece stava zitta
ed annuiva fissando il vuoto.
Lui
sarebbe tornato, e questo era un altro
dei motivi che l’aveva spinta a partire, al più
presto.
I
suoi nervi erano già stati messi a dura
prova per quell’anno, vederlo tornare cambiato e magari con
una bella bionda,
come se l’era sempre immaginata, al suo fianco sarebbe stato
il colpo di
grazia; sarebbe impazzita.
Per
non parlare del suo cuore poi, se ancora
ne possedeva uno.
Non
doveva pensarci, assolutamente, doveva
lasciarsi tutto alle spalle, fingere di non avere un passato, la sua
vita
cominciava da quel preciso istante.
Ed
in quel preciso istante il futuro
le sorrise avvicinandosi.
-mi
scusi, è occupato?- chiese un bel ragazzo con un
accento spagnolo indicando il posto accanto a lei
Lei
fece un cenno negativo incapace di
pronunciare una singola parola.
Il
ragazzo le sorrise ancora e si sedette
accanto a lei, che si concesse un’occhiata verso lui.
Jeans
scuri attillati da cui scorse due
gambe lunghe e magre, una camicia a quadrettini blu e bianca lasciata
fuori ai
jeans, i capelli castani, un po’ lunghi, tirati in dietro in
modo da scoprire un
viso mozza fiato.
Un
filo di barba sulle guance, le
sopracciglia folte e le labbra carnose gli davano un aria tremendamente
sexy.
Sospirò,
la Ronnie di una volta non si
sarebbe fatta scappare un tipo del genere, ma quella Ronnie non
c’era più ormai
e lei al momento non era interessata ad alcuna forma di vita esistente
in
quella galassia.
Guardò
il ragazzo, che a sua volta la stava
guardando, e sorrise quando nei suoi occhi scuri non trovò
alcun segno di pietà
o dispiacere.
-io
sono Angel- si presentò lui allungando
una mano verso di lei; si, doveva essere proprio un angelo
Aprì
per un istante la bocca pronta a dire
il suo nome, poi si bloccò.
-Veronica-
sospirò in fine rivolgendogli un
sorriso tirato
-
è la prima volta che vai in Spagna?-
chiese lui rivolgendole un sorriso luminoso
-
si, tu sei di lì invece?- provò ad
indovinare sentendo il suo accento spagnolo
-
in realtà io sono cresciuto a New York, ma
tutti i miei parenti sono a Madrid, ora però penso di
trasferirmi lì per un
po’-
-per
lavoro?- chiese lei, non che le
interessasse, ma le serviva qualcosa su cui concentrarsi per non badare
alle
ruote dell’aereo che sotto di loro si stavano muovendo, stava
lasciando la sua
vecchia vita.
-si,
sono un modello- disse lui passandosi
una mano dietro il collo con fare imbarazzato –e tu?-
-per
studio, mi piacerebbe diventare
interprete- e sentì l’aereo alzarsi dal suolo
-che
bello- sorrise lui con finto entusiasmo
–beh, siccome è la tua prima volta a Madrid potrei
farti da guida, che ne
dici?-
Ronnie Veronica, lo
guardò per qualche
istante e colse uno scintillio malizioso nei suoi occhi.
Gli
rivolse un sorriso tirato e senza
rispondere si voltò verso il finestrino.
Guardò
in basso, mentre la terra sotto di
loro si faceva sempre più lontana, ed il terreno faceva
spazio al mare.
Un oceano.
Si,
un oceano era che voleva tra lei ed i
suoi ricordi.
Era
la scelta giusta, nel profondo del suo
cuore lo sapeva, ma questo non impedì ad una piccola lacrima
di correrle lungo
la guancia.
Sapeva
che niente sarebbe stato più uguale,
e questo la spaventava a morte.
Nonostante dietro di se stesse lasciando la sua famiglia e le sue amiche, l’unico volto che le venne in mente prima di cadere nel sonno, fu il suo.
Lui che era stato il suo primo vero amore, lui che se ne era andato, spezzandole il cuore.
E
nonostante stesse per cominciare una nuova
vita; nonostante il ragazzo accanto a lei fosse di una bellezza
disumana,
nutrisse un evidente interesse nei suoi confronti, e fosse la prima
persona che
non la faceva sentire una povera vittima, sapeva che non era lui.
E
nessuno mai
lo sarebbe stato.
* *
*
O
mio Dio, è finita davvero T_T
Vi
giuro che mi viene da piangere! Ma ci
sarà la seconda parte quindi su con la vita *_*
Beeeeeeene
con questo ultimo capitolo mi
sento in dovere di ringraziare tutte le persone che hanno seguito la
mia
storia, dandomi l’ispirazione e la forza di scrivere, anche
quando non ne avevo
affatto voglia.
Ringrazio
quindi per aver messo la mia
storia tra le preferite:
1 - Aesial
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2 - annaritaa86
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3 - annina94
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4 - baby
jonas [Contatta]
5 - camyenick4ever
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7 - Dreamer_girl
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rebeLLe
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9 - FreNick
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10 - frey
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11 - il
phard di
biancaneve [Contatta]
12 - Ila96
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13 - ILoveJoeDanger
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14 - Ithil_Elendil
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Vampire
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44 - _GneGne
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45 - _Rose_Garden_
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46 - _TheDreamer_LoveXD
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Per
averla messa tra le seguite:
1 - 102luna
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2 - Aesial
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3 - Anna_Bel
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4 - annina94
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5 - baby
jonas [Contatta]
6 - bika95
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7 - blinkina
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8 - bluettina96
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9 - camyenick4ever
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10 - cccc
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11 - Crystal
Radke
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12 - cussolettapink
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13 - DarkSwan
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14 - debby95
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15 - demimylove
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16 - ElyCecy
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17 - ffdipendente
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18 - FreNick
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19 - glokky
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20 - ILoveJoeDanger
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21 - JonasDreamer
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22 - jotica90
[Contatta]
23 - JustFriend
[Contatta]
24 - Kykka96
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25 - Lady
Arwen [Contatta]
26 - LadyJonas
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27 - Let
It Be [Contatta]
28 - lia1993
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29 - liz14
[Contatta]
30 - lovebug
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31 - morettinahouse96
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32 - ost37
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33 - pandora_vampire
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34 - Rammy
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35 - Reden_
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36 - Sarocchio97
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37 - sbrodolinalollypop
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38 - Scars94
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39 - sissiniessie
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40 - Sofyjbthebest
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41 - Stero_Love96
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42 - Veronica91
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43 - xitsbenny
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44 - xsmile__
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45 - _Frah
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46 - _GneGne
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47 - _IAmWhatIAm_
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e
quelle che l’hanno messa tra le ricordate:
1 - annaritaa86
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2 - baby
jonas [Contatta]
3 - fleur
rebeLLe
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4 - FreNick
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5 - ILoveJoeDanger
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6 - JonasDreamer
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7 - JustFriend
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8 - lulucry
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9 - Rammy
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10 - Reden_
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11 - sel4ever
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12 - Sophiaa
[Contatta]
13 - _____Jo_____
[Contatta]
Vedere
quei numeri aumentare giorno dopo
giorno è stata un immensa soddisfazione per me, grazie di
cuore a tutte!
Grazie, grazie, grazie.
Per
non parlare delle tredici menti folli
che mi hanno messa tra le autrici preferite!
1 - Aesial
[Contatta]
2 - baby
jonas [Contatta]
3 - bika95
[Contatta]
4 - FreNick
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5 - Ila96
[Contatta]
6 - ILoveJoeDanger
[Contatta]
7 - itsnichy
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8 - Ryry_
[Contatta]
9 - SamCrush
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10 - Will_Gilmour
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11 - xsmile__
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12 - _Devonne_
[Contatta]
13 - _GneGne
[Contatta]
Non sapete
che onore è stato per me!
Ovviamente
un mega-grazie va a chi ha
recensito anche solo un capitolo della mia storia, e mi ha strappato un
sorriso
sincero, siete state voi, con le vostre recensioni a spingermi a
scrivere
capitolo dopo capitolo.
Un
grazie particolare però va a SamCrush,
che segue
la mia storia dal primo capitolo e che, anche se ne ha saltato qualcuno
xD, è
stata sempre presente, grazie! (ps. Sto ancora aspettando la statua in
oro
bianco!)
Ed infine,
un grazie va a questa storia, che è stata l’unica
cosa che ho portato a termine
nella mia vita fino ad ora, e che mi ha dato
l’opportunità di conoscere gente
magnifica come: Ryry_
senza la quale questo epilogo forse non sarebbe mai esistito, e grazie
alle sue
recensioni stra-pazze che mi hanno sempre strappato un sorriso e
c’è da dire
che nonostante i suoi gusti musicali più che discutibili,
è una persona
fantastica(puzzi, sappilo); Sophiaa
che con le
sue recensioni chilometriche ed approfondite mi emoziona sempre *__* e
che con
la sua disponibilità ha conquistato il mio cuore u.u; Clarii
che ha creduto
tanto nella mia storia al punto da metterla sulla sua pagina FB e
pubblicizzarla, Clarii che puzza, ma che amo immensamente.
Ed
ovviamente tutte quelle persone fantastiche che mi hanno aggiunto su FB
e che
mi hanno sempre sostenuto.
Grazie alla
mia Veronique (frey)
senza la quale questa storia non sarebbe mai esistita, ti amo amor mio
<3
Ed
eccoci qui, alla fine.
Sicuramente
avrò dimenticato di ringraziare
qualcuno o di dire qualcosa, e mi scuso preventivamente con voi.
Grazie
a tutte per avermi accompagnato in
questo splendido viaggio, con la speranza che continuiate a seguirmi.
Spero
inoltre di essere riuscita a farvi
innamorare di Ronnie, Nick, Lexus, Jamie, Kate e tutti i personaggi di
questa
storia, proprio come me ne sono innamorata io.
Vi
amo,
a
presto.