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Autore: Stupid Lamb    06/02/2011    18 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So che molti di voi si chiedono cosa sia successo al matrimonio di Camila e che fine abbia fatto Umberto. Queste informazioni arriveranno al momento opportuno. Non posso anticiparvi nulla, ma come al solito tutto avrà una spiegazione.

 

Buona lettura.

---

 

Capitolo 10

 

Il lunedì di Davide è simile a quelli delle settimane precedenti. Sveglia alle sette e mezza, colazione in cucina con latte e biscotti (i suoi preferiti sono gli Abbracci del Mulino Bianco, in particolare la metà al cioccolato), coccole a Bilbo prima di uscire di casa, biblioteca dell’Università per studiare con i suoi amici.

Lo fa anche oggi, nonostante svegliarsi sia più difficile del solito. Ha dormito poco e male, Davide, e l’idea di mettere il naso fuori dalle coperte lo allieta ben poco.

Tuttavia non è intenzionato a rimanere indietro con lo studio né, tantomeno, a farsi condizionare da ciò che è accaduto la sera prima con Camila.

E’ una donna sposata, più grande di lui, che gli ha chiaramente fatto capire che non è interessata ad approfondire la sua conoscenza. Ha voluto ringraziarlo per la gentilezza che Davide ha mostrato nei suoi confronti a Carovigno ed è per questo che lo ha incontrato, punto.

E’ sposata.

Ha un marito.

Davide si ripete le due frasi mentre inzuppa lentamente i biscotti nel latte caldo, mentre gioca con Bilbo fino a farlo abbaiare per la contentezza, mentre si lava i denti e si prepara ad uscire.

La temperatura è bassa, ma per fortuna il sole riesce a riscaldarlo mentre sfreccia per le vie della capitale sul suo scooter, l’unico mezzo di trasporto che utilizza durante la settimana.

 

Una volta arrivato di fronte all’edificio della biblioteca, è sorpreso di trovare (proprio nel posto che sceglie ogni giorno per parcheggiare) Alessia ad aspettarlo.

“Ehi,” è tutto ciò che le dice, dopo aver tolto il casco ed essere sceso dallo scooter.

“Ciao,” risponde lei. “Buon lunedì.” Gli si avvicina e gli dà un bacio sulla guancia.

Lui pensa per un attimo di scostarsi, ma alla fine cede e ricambia il gesto.

“Buon lunedì anche a te,” dice Davide. “Come mai sei qui? Pensavo che studiassi a casa.”

“Che c’è, non posso farti compagnia?” domanda la ragazza, sistemando una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

“Certo che puoi farmi compagnia.”

In realtà vorrebbe evitare di cominciare la settimana in questo modo – con Alessia attaccata alla giacca – ma non vuole dirle di andarsene. Non vuole essere brusco con lei, in fondo Alessia non ha colpe. Ha solo pensato di fargli compagnia.

Dopo aver preso lo zaino contenente i suoi libri dal vano sottosella, Davide si affianca ad Alessia. Lei pensa che lui voglia prenderle la mano, per cui allunga la sua in anticipo.

Davide, ancora una volta, non intende essere brusco, per cui intreccia le dita ancora coperte da un guanto a quelle della sua amica.

“Che hai fatto ieri?” chiede lei, facendo dondolare le mani unite. “Non ti sei fatto sentire per niente…” aggiunge, rattristata.

“Sono stato a casa,” dice lui, scrollando le spalle. “Ho dormito, ho passato un po’ di tempo con mia sorella. Il solito.”

Non vuole inventare bugie, ma sa che non può dirle la verità. Non può raccontarle di essersi visto con Camila nel giardino del loro palazzo.

“Tu cos’hai fatto?” chiede.

Alessia non aspettava altro che lui si interessasse alla sua domenica. Gli racconta degli appunti ricopiati e studiati, del pranzo preparato con Ida (“Abbiamo fatto la pasta al pomodoro e poi l’abbiamo passata nel forno dopo aver aggiunto le sottilette: era buonissima!”), del pisolino pomeridiano, e degli altri appunti studiati e ricopiati.

“Pensavo che non volessi sentirmi,” dice alla fine, prima di entrare in biblioteca. “Per questo non ti ho chiamato.”

Indossa un paio di jeans scuri e un paio di scarpe con tacco alto, che le consentono di arrivare quasi a Davide. Indossa anche un giubbotto bianco perlato, con una cintura stretta in vita. La zip del giubbotto è aperta a metà, così come i bottoni della camicia rosa che spunta appena.

Ad Alessia piace mettere in mostra il proprio seno, e a Davide piace il seno di lei.

“Perché non dovrei volerti sentire?” chiede lui, osservando la piega dello scollo muoversi grazie al respiro della ragazza.

“Non lo so…” dice lei a bassa voce. Compie un passo nella sua direzione, arrivando a sfiorare il suo naso con quello di lui. “Mi sei mancato,” dice.

Il profumo che indossa è dolce, molto dolce. Sa di biscotto, di cioccolato, di vaniglia. Davide ne viene attratto immediatamente, come se fosse una calamita.

E un po’ perché Alessia sa come stuzzicarlo, un po’ perché gli sembra un bel modo per iniziare la giornata, un po’ per evitare di pensare ancora a Camila, le cinge la vita con un braccio e la bacia.

Con passione, senza freno. Lo fa nonostante Alessia abbia sulle labbra uno strato di lucidalabbra (Davide non è un fan delle labbra truccate). Alessia si scalda subito. Si avvicina ancora di più, gli accarezza i capelli biondi. E’ appassionata come lui, se non di più.

Molti studenti passano loro accanto, ma a nessuno dei due importa.

Continuano a baciarsi fino a che Davide non sente il tonfo del suo zaino caduto a terra e si stacca dalle labbra di lei.

“Andiamo a studiare?” le chiede, dopo averlo raccolto dal marciapiede.

“Ok,” risponde Alessia, prendendo di nuovo la sua mano.

 

Davide non è uno stupido. Sa che Alessia ha una visione del loro rapporto molto diversa rispetto a quella che ha lui.

Lei pensa di aver trovato un fidanzato. Lui non è intenzionato ad essere il suo fidanzato.

Lei spera che dal sesso possa nascere altro. Lui non sente per Alessia alcun sentimento profondo.

Davide è anche un ragazzo, però. Un ragazzo che ama divertirsi, che non riesce a dire no ad un bel corpo, a due belle gambe che sanno avvinghiarsi al momento giusto attorno ai suoi fianchi, ad una bella bocca, ad un meraviglioso e rigoglioso decolleté.

Per questo (anche per questo) non gli importa che Alessia si consideri la sua quasi-ragazza.

Per questo non si oppone quando lei gli chiede di studiare insieme.

Lo fanno fino all’ora di pranzo, quando vengono raggiunti da Ida e da alcuni amici di Davide; decidono insieme di mangiare un panino al bar della biblioteca. Alessia siede accanto a Ida, e Davide ne è contento: dopo tutte le ore passate con lei ha bisogno di una pausa

 

Ripensa a Camila mentre addenta il suo panino con pomodori e cotoletta.

Sta lavorando, adesso? Sta pranzando? Ha da mangiare?

L’ultima domanda è la più stupida, si dice. Certo che ha da mangiare, non è più la ragazzina di diciassette anni fa.

E’ adulta, adesso, e sa badare a se stessa. E’ perfino sposata. E quindi inarrivabile. Impossibile. Off limits.

Tale consapevolezza suscita in lui un’ondata di fastidio, di nervosismo.

A fine pasto, è Davide ad avvicinarsi ad Alessia e a baciarla. Lei risponde subito, ovviamente, e non dice di no quando Davide le chiede di appartarsi in una delle aule studio vuote.

 

***

 

Davide, Alessia e i rispettivi amici restano in biblioteca fino alle quattro del pomeriggio. Piace a tutti divertirsi, ma quando si tratta di studiare Davide diventa un vero e proprio secchione. Non vede l’ora di laurearsi e per questo lavora sodo sui libri, in visione della preparazione della tesi.

Quando offre ad Alessia un passaggio a casa, la ragazza non rifiuta. Davide ha sempre un casco in più nel vano sottosella, e lei lo indossa immediatamente.

Si aggrappa a lui più del necessario, sentendosi felice al pensiero di rimanere con Davide ancora per un po’.

Il ragazzo frena sotto casa di Alessia mezzora dopo. Il sole è ormai tramontato, e il freddo è pungente.

“Ti va di salire?” chiede lei, passandogli il casco. “Puoi cenare qui, se vuoi.”

“No, Ale. Meglio di no. Devo tornare a casa, ho un impegno con i miei.

Non ha nessun impegno. La verità è che non vuole rischiare di ritrovarsi nella stessa casa con Camila. Non è ancora pronto a rivederla.

“Va bene,” risponde Alessia, imbronciata. Si avvicina per dargli un bacio sulla guancia, un bacio che lui trasforma subito in un bacio sulle labbra. Il lucidalabbra è completamente andato via, fortunatamente per lui. “Ci vediamo domani?”

“D’accordo,” risponde Davide. “Alla biblioteca alle 10?”

“Perfetto. A domani, allora.”

 

Davide mette piede in casa alle cinque e mezzo, stanco e infreddolito.

Bilbo gli fa le feste e saltella fra i suoi piedi mentre cerca di attraversare il corridoio.

“Sono tornato! Mamma? Priscilla?”

“Siamo qui!” risponde sua sorella.

Le raggiunge in cucina, dove le due donne sono intente a decorare una torta.

“Non toccare,” dice Priscilla. “E’ per questa sera, abbiamo ospiti.”

“Ugh,” mugugna lui, notando tutti i fornelli occupati da pentole e padelle. “Chi sono?”

“Giancarlo ha invitato un vecchio amico e sua moglie,” risponde Simona, sua madre. “E me l’ha detto solo oggi a pranzo! Ho dovuto preparare tutto in fretta e furia, e tua sorella è tornata solo poco fa dall’ospedale per darmi una mano.

Priscilla svolge il tirocinio come chirurgo pediatrico presso il San Camillo, un importante ospedale di Roma.

“Non possiamo andare al ristorante?” chiede Davide, prendendo una manciata di scaglie di mandorle prima che Priscilla riesca ad impedirglielo.

“No,” risponde sua madre. “Non possiamo. Qualche anno fa siamo andati a cena da loro, e la signora Giovanna,” dice, sottolineando il nome con sarcasmo, “ha preparato un menu degno del Re Sole. Non voglio che pensino che non sono in grado di stare ai fornelli.”

“Ma è vero,” ribatte il ragazzo. “Tu non sei in grado di stare ai fornelli.”

Priscilla e Simona si voltano verso di lui nello stesso momento. Sua sorella sussurra unSmettila, idiota’, mentre Simona gli lancia un’occhiata di fuoco.

“Non voglio offenderti, mamma,” rimedia lui, “ma quando si tratta di cucinare per tante persone vai sempre in crisi.” Ignora le mandorle e le va accanto. Le dà un bacio e l’abbraccia. “Posso aiutarti in qualche modo, mammina?”

“Sparisci,” dice lei, dandogli una leggera sculacciata. “E tieni l’orecchio teso per il campanello. Sto aspettando una persona.”

“Chi?”

“La nuova donna delle pulizie,” dice, sollevando un coperchio per girare il sugo di pesce.

“Mamma pensa che si chiami Camila, con una L,” interviene Priscilla. “Dille anche tu che sbaglia.”

“Come? Camila?” Davide saltella con lo sguardo fra le due donne.

“Sì,” risponde Simona. “E non ho capito male,” dice a Priscilla. “Si chiama davvero così.”

Quante donne delle pulizie esistono a Roma con il nome Camila? si chiede Davide. Poche, pochissime.

Può essere davvero lei? C’è solo un modo per scoprirlo.

“Beh, se non avete bisogno di me vado in camera mia,” dice, indietreggiando verso la porta.

“Va bene, va bene,” risponde sua madre. “Cerca di tenere a bada Bilbo, però: oggi è più agitato del solito.”

 

“Sei agitato, eh?” chiede al cane mentre salgono le scale. “Siamo in due.”

Dal momento che Bilbo non può entrare in camera da letto e Davide non intende farsi vedere in casa se la Camila in questione dovesse rivelarsi la sua Camila, il ragazzo si sistema con il portatile sulle ginocchia proprio sull’ultimo gradino delle scale a chiocciola. In questo modo può giocare con Bilbo, navigare in internet e tenere d’occhio la situazione al piano inferiore.

Il citofono suona poco prima delle sette, quando Davide ha perso ormai la sensibilità delle gambe e delle natiche.

Bilbo scappa di sotto, come al solito quando sente il citofono, e sua sorella va a rispondere. La sente dire: “Oh, sì. E’ mia madre. Salga all’ultimo piano, le apro,” e il cuore inizia a battergli in maniera strana, veloce.

Vorrebbe che si trattasse della sua Camila, della ragazza di Carovigno, ma allo stesso tempo sa che se così fosse, sarebbe letteralmente spacciato.

Davide sente sua sorella richiamare Bilbo all’ordine e poi presentarsi. “Ciao, io sono Priscilla.”

Tende l’orecchio e la sente. La sua voce. La voce di Camila.

Si presenta anche lei. Priscilla le chiede il solito chiarimento sul nome, e Camila le dà la solita risposta. La stessa risposta che diede anche a lui quando era solo un bambino che giocava a pallone in un campetto di calcio.

Chissà se Camila ha capito. Chissà se ha collegato il nome di mia sorella a me.

Priscilla invita Camila a seguirla verso il salone e chiama sua madre, che sfreccia dalla cucina per accogliere l’ospite.

Per una decina di secondi Davide non sente alcuna voce, ma poi quella di Priscilla lo fa piombare nella semi-disperazione. “Quello è mio fratello, Davide.”

Deve aver visto la foto che la mamma ha scattato quel giorno, dopo la partita in cui ho segnato il mio primo gol. Ha capito. Ha capito che sono io.

“Adesso però è cresciuto,” dice Simona. “Vieni, Camila. Accomodati.”

Alcune sedie vengono spostate, Bilbo continua ad abbaiare.

“Bilbo, calmati,” dice Priscilla. “Scusalo, Camila; fa sempre così quando abbiamo ospiti.”

“Non c’è problema,” risponde Camila. “A me piacciono i cani. Posso accarezzarlo?”

“Certo.”

Lo sta accarezzando, pensa lui. Sta accarezzando il mio cane.

“E’ molto carino,” dice Camila.

Davide non può vederla e può a malapena sentirla, ma sa che sta sorridendo. Immagina le sue labbra piene curvarsi verso l’alto, e all’improvviso il nervosismo che l’ha accompagnato per tutto il giorno svanisce.

Perché sei sposata? Perché te ne sei andata da Carovigno? Perché non posso frequentarti come vorrei?

“Bilbo è un gran furfante,” dice Simona. “E un gran giocherellone. Proprio per questo sarebbe il caso che ci lasciasse da sole per un attimo, in modo da farci fare quattro chiacchiere. Davide, scendi?! Perché non vieni a prendere Bilbo?”

Oh. Cavolo.

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Il prossimo capitolo sarà molto interessante.

 

   
 
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