Ed ecco il sesto capitolo! Come sempre grazie a tutti
quelli che hanno recensito e che continuano a leggere la mia ff e grazie anche
a chi si è aggiunto per strada, sono molto importanti i vostri commenti,
grazie!=)
Ah e volevo dirvi che sono sempre io, ho solo cambiato
il mio nickname=)
Buona Lettura!!!
CAPITOLO 6
Mi
tenne aperta la porta con una mano, invitandomi ad uscire con un ampio gesto del
braccio libero.
-Prima
le signore- non c’era cortesia in quella frase, l’ultima cosa che voleva era
imitare un galantuomo d’altri tempi.
Lo
sorpassai agganciandomi la giacca nera con fare nervoso mentre il terrificante
pensiero dell’irrimediabile imminente si faceva sempre più realtà. Cosa mi
preoccupava tanto? Il fatto che dovessi andarmene in giro con il vampiro che
più al mondo cercavo di evitare, lo stesso che una parte di me odiava ma l’altra
amava. Diedi una strattonata poco elegante alla portiera della Ferrari nera e
lucente che aspettava tranquilla il suo padrone appena mi accoccolai nel suo
comodo interno di pelle beige, lasciandomi cullare da tanto conforto. Non che
questo mi alleggerisse l’anima. Ero decisamente troppo vicina per i miei
standard a Damon, e anche se una micro millesima parte di me esultava per
questo, tutta l’altra malediceva il destino.
-Sai
streghetta, potresti anche essere più gentile col mio gioiellino, perché se le
fai anche solo un graffio ne pagherai care le conseguenze- disse mentre metteva
in moto il “gioiellino” in questione, che fece le fusa sotto il delicato tocco
del padrone.
Mi
limitai ad alzare gli occhi al cielo e puntare lo sguardo fuori dal finestrino,
dove i colori si mescolavano per diventare una grande macchia verde incorporea
e indistinguibile, frutto della sua guida da pazzo.
-Non
so quante volte hai portato in giro umani con quest’affare, ma tanto per la
cronaca se hai un incidente non credo di poterne uscire con tutti i pezzi al
loro posto se continui ad andare così- osservai con calcolato distacco.
-Tranquilla
streghetta non ho mai fatto incidenti- disse sarcastico continuando a non
posare lo sguardo su di me.
-C’è
sempre una prima volta, e io non vorrei esserci quando accadrà. Quindi mi fai
il favore di rallentare?-
In
tutta risposta sbuffò, ma con la coda dell’occhio notai che dai
Restammo
in un silenzio rotto solo dal mio respiro e dai battiti del mio cuore, per lui
udibili quanto un tamburo suonato a pochi metri di distanza, per molto tempo.
E
mentre contemplavo l’imminente e terrificante giornata non mi venne neanche in mente l’idea
di chiedere dove stavamo andando, almeno fin quando non notai che stavamo
rallentando di parecchio e ci stavamo dirigendo in un parcheggio occupato
soltanto da macchine di lusso, che però notai, con una certa punta di
soddisfazione e superbia che non era per niente da me, ingrigivano messe a
confronto con la nostra. Probabilmente non avevo schermato la mente perché sentii
Damon sorridere.
-La
tratti male ma ti piace viaggiarci a quanto pare- e prima che potessi ribattere
a tono, magari dicendo che i miei pensieri erano privati, girò la chiave e
scese con molta classe.
-Si
può sapere dove siamo?- gli chiesi appena riuscii a raggiungerlo, perché a
quanto pare avevo una guardia del corpo che andava per i fatti suoi invece che
fare da “guardia al mio corpo”.
-Se
te lo dicessi poi dovrei ucciderti- rise della sua battuta, che invece mandò me su
tutte le furie. Il mio sesto senso mi diceva che non avrei dovuto trovarmi lì,
e chissà perché ero pienamente d’accordo con lui. Forse per via della grossa
insegna luminescente che diceva “Hotel Luxor” seguita da cinque brillanti
stelline che facevano sfoggiò di tutta la loro scarsa modestia, forse per via
del fatto che tra le miriadi di cose che l’Hotel offriva a quanto pare c’era
anche un grande e famoso casinò o forse perché tutti quegli snob che entravano
e uscivano facevano sfoggio dei loro vestiti migliori e dei loro diamantini da
ricoprire mezzo dito come se fossero sciocchezze, fatto sta che già odiavo quel
posto che ritenevo invece perfetto per il bel vampiro che mi accompagnava con un
sorriso davvero poco rassicurante.
-E
se ti aspettassi in macchina?- esitai di fronte all’entrata, trattenendolo
involontariamente per una manica della camicia nera. Prima di guardarmi osservò
le mie esili dita avvinghiate al sottile tessuto, che immediatamente ritirai,
neanche avessi preso la scossa elettrica.
-Rilassati
streghetta- disse in un soffio,
stranamente privo di qualsiasi nota di sarcasmo che solitamente era una
costante sempre presente nella sua voce.
Alzai
uno sguardo indagatore troppo tardi, si era già voltato per dirigersi all’interno,
oltrepassando la brillante porta a vetri con stampate in una calligrafia
elegante dalle tonalità dell’oro le iniziale dell’Hotel.
A
malincuore lo seguii, cercando di non rimanere a bocca aperta di fronte a tanto
lusso e dandomi un certo contegno per quanto possibile.
Come
un cagnolino fedele e spaesato (il che era atrocemente umiliante con Damon)
seguii il vampiro senza parlare, stando a un passo di distanza da lui e
osservandolo mentre scambiava brevi cenni di saluto verso persone (il più delle
volte belle ragazze dalle scollature generose) a me completamente sconosciute.
Quando
alla fine ci trovammo di fronte a un’entrata oscurata da una tenda di velluto
rosso acceso e spalleggiata da due energumeni che incutevano timore solo a
guardarli lo vidi fermarsi di botto tanto che per poco non ci andai a sbattere.
-Stai
un po’ più attent…- iniziai a protestare, ma con mio grande disappunto e stupore
mi interruppe bruscamente.
-Adesso
io devo entrare qua dentro, tu però resta qui. Intesi?- mi guardò serio e capii
che non scherzava. Annuii altrettanto seriamente e per ribadire il concetto mi
sedetti sul comodo divanetto poco più distante mentre lui spariva oltre la pesante
tenda.
Passò
circa un quarto d’ora, un lungo, lunghissimo quarto d’ora nel quale non avevo
fatto altro che arricciarmi i boccoli ramati attorno all’indice. Sbuffai
esasperata, con la pazienza messa a dura prova, fin quando mi alzai per
dirigermi dove quel dannatissimo Damon
era scomparso. Quando però vidi i due buttafuori mi venne l’inspiegabile
dubbio che non mi facessero entrare, magari sotto direttive del vampiro. Poi
però mi diedi della sciocca, di certo non sarebbe arrivato a tanto, forse per
Elena si se lo riteneva rischioso, ma non per la sottoscritta. Mi avvicinai con
cautela ma quando gli passai accanto non accennarono a bloccarmi. Tirai un
sospiro di sollievo e scostai la stoffa vermiglia.
All’interno
c’era un sottofondo blues rilassante, coperto solo dai mormorii incessanti
della gente. L’aria sapeva di sigari e alcol, e le risate della gente
arrivavano attutite dalla nebbiolina nauseante che aleggiava indisturbata. Delle
scale portavano a un soppalco elegante dove si notavano tavoli da gioco
accerchiai da uomini, alcuni sorridenti forse perché la dea bendata li aveva baciati,
altri così seri che facevano quasi paura. Al bancone del bar, sulla mia
sinistra, donne dai lunghi abiti attillati e dagli spacchi pronunciati sedevano
tranquille, cullate dalla musica, sorseggiando un cocktail con occhi vacui, mentre
il rumore sordo delle palle da biliardo che cozzavano tra loro mi fece voltare
a destra, dove uomini e donne di tutte le età erano chini sui feltri verdi
pronti a giocarsela tutta con un unico, audace colpo di stecca. L’atmosfera era
quasi ipnotizzante, forse per via della tenue luce prodotta dalle basse lampade
che lasciavano l’enorme sala nella penombra.
Cominciai
a camminare in una direzione a caso (ero stata sul punto di fare ambarabà-ciccì-coccò
ma poi c’avevo ripensato, era davvero troppo infantile) sperando di incontrare
Damon al primo colpo, ma a quanto pareva non sarebbe stato così facile. Dopo
cinque minuti buoni in cui le avevo provate di tutte cominciai a temere che mi
avesse mollata lì, d’altronde da lui ci si può aspettare di tutto…
-Ehi
bella bambina…ti sei persa?- la voce impastata di un uomo sui dieci, quindici
anni più di me mi arrivò assieme a una zaffata d’alcol proprio vicino all’orecchio,
mentre un possente braccio mi cingeva le spalle a peso morto.
-No,
grazie per l’interessamento- con una smorfia cercai di sgusciare via,
allungando nel frattempo il collo per riuscire a vedere oltre la folla se quel
vampiro sbucava miracolosamente fuori.
-Oh
non c’è di che. Vuoi un drink?- continuò imperterrito, con un sorriso ebete
sulla faccia e nemmeno una buona intenzione nella mente. Il braccio era sempre
lì, sulle mie spalle, e per quanto mi sforzassi di levarmelo di torno era
troppo forte. Una piccola punta di panico cominciò a farsi sentire quando vidi
che anche un suo amico si stava unendo alla “conversazione”, affiancandomi dall’altro
lato e spingendomi verso dei divanetti più appartati.
-Lasciatemi
andare, subito!- cercai di protestare ma era inutile. Più tentavo di levarmeli
di torno più la loro presa si rafforzava. La disperazione prese il sopravvento
mentre una lacrima mi rigava la guancia. Ma guarda te in che razza di guaio mi
ero cacciata! E tutta per colpa sua! Appena l’avessi visto l’avrei preso a
calci nel…!
-Signori,
non credo che la ragazza gradisca la vostra compagnia- una voce, fredda come la
morte e dura come la pietra, li fece voltare. Ma non ce n’era bisogno, avevo
già capito a chi apparteneva senza che incrociassi quei due occhi d’onice che,
notai con stupore, sembravano davvero infuriati.
-E
tu cosa vorresti?- chiese tra i due quello più sbronzo, strascicandosi le
parole in un impasto quasi del tutto incomprensibile. La stretta sul braccio mi
faceva male e il cuore mi batteva a mille.
-La
mia ragazza- quelle parole ebbero il potere di mandarmi a fuoco le
guance, che
divennero di un paio di tonalità più scure dei miei
capelli. La mia ragazza?
Doveva aver preso una bella botta in testa… Poi capii che se non
avesse detto così quelli l'avrebbero ignorato, pensando
che stesse solamente facendo l'eroe del giorno.
I
due si guardarono un attimo, poi osservarono meglio Damon, che in tutta la sua
altezza faceva sfoggio del suo lato più temibile e, avendo ancora un briciolo
di sale in zucca, lasciarono la presa. Tirai un sospiro di sollievo e mi
massaggiai i punti in cui ero certa avere dei segni rossi, mentre mi avvicinavo
al vampiro con una gioia che non avrei mai creduto possibile.
-Sembrava
disorientata, le volevamo dare solo una mano- disse il più sobrio prima di
allontanarsi come un razzo trascinandosi dietro l’amico.
-Certo…-sussurrò
Damon con un sorrisetto tirato e falso.
-Grazie...-
lo guardai negli occhi per la prima volta senza coprirmi il volto con una
maschera. Per la prima volta lo osservai senza scudi, senza difese, proprio
come un tempo.
Certo
quel che vidi non mi tranquillizzò. Era a dir poco furioso.
-Streghetta,
che ti avevo detto riguardo all’aspettarmi fuori? Cosa non hai capito della
frase?! Perché mi era sembrata abbastanza chiara, no?!- mi trascinò via,
dirigendosi verso l’uscita con passo arrabbiato.
-Io…-
rimasi spiazzata. Da quando in qua l’autocontrollo di Damon vacillava così
tanto? Non l’avevo mai visto tanto arrabbiato con me. Insomma, mi aveva preso
in giro miliardi di volte, mi aveva evitato altrettante, ma mai si era
arrabbiato, mai aveva usato tanta rabbia nelle parole. Solo quando c’era di
mezzo Elena si arrabbiava così, e mai avrei creduto di vederlo in quello stato
se lei non c’entrava niente.
Forse è ancora una volta
per lei. Se mi succedesse qualcosa lei non glielo perdonerebbe mai. Si, è
sempre per Elena.
Pensai
amareggiata, mentre la minuscola speranza che per un attimo mi era nata nel
petto senza che neanche me ne accorgessi
veniva schiacciata dal peso dei miei ingarbugliati pensieri.
Probabilmente
mi ero scordata di schermare la mente, perché per un attimo, un solo istante
tanto breve da rendermelo quasi invisibile, lo sguardo di Damon saettò su di
me, illeggibile come sempre, per poi ritornare fisso davanti a sé, e la presa
vacillò un secondo prima di rafforzarsi come prima.
-E
ringrazia il cielo che ho sentito la tua voce, altrimenti a quest’ora non
saresti qui a raccontarlo- continuò con un sibilo furioso. Lo sbalordimento di
poco prima, mischiato alla delusione scaturita dalla mia convinzione, mi diede
la forza per ribattere. Perché non sia mai detto che Bonnie sta zitta per una
volta in vita sua, riconoscente per l’aiuto che le è appena stato dato…
-Beh
ti ho già ringraziato mi pare! E se non fosse stato per te carino a quest’ora non
sarebbe accaduto proprio un cavolo di niente! Tu e le tue idee di trascinarmi
in un posto del genere…- borbottai mentre uscivamo dalla sala, lasciando dietro
di noi una scia di fumo che sapeva di sigari.
-Io
ti avevo avvertita di startene ferma e buona,
ma ovviamente tu devi fare sempre di testa tua vero?!-
-Si!
Almeno io faccio ciò che voglio, non ciò che mi viene ordinato dagli altri! Non
sono un cagnolino, io!- forse esagerai un po’, perché lo vidi bloccarsi
immediatamente e voltarsi verso di me fremente di rabbia.
-Piantala
Bonnie! Piantala di giocare col fuoco! Piantala di dire certe assurdità! Smettila
per una volta!- mi ringhiò in faccia, con tutta l’intenzione di spaventarmi.
-Stai
forse dicendo che non ho ragione? Mi fai da “guardia del corpo” perché te l’ha
ordinato Elena, mi sopporti perché sono amica di Elena, mi hai appena salvata perché
se quei due idioti mi avessero fatto del male allora Elena se la sarebbe presa
con te! Tutto per lei! E allora smettila di farmi questo! Smettila e va da lei,
aiuta lei non me, perché io non ne ho bisogno, non ho bisogno di un falso aiuto!
Lo capisci?!- urlai con quanto più fiato avevo e solo quando sentii le calde
lacrime solcarmi le guance capii ciò che avevo fatto. Mi ero messa a nudo,
completamente. Tutti i pensieri che avevo nascosto davanti a lui, tutte le
convinzioni e i sentimenti imprigionati con le catene in un baule accatastato
in un angolo sperduto della mia mente, avevo tirato fuori tutto e l’avevo messo
in bella mostra. Sgranai gli occhi e mi coprii la bocca con una mano. Lui mi
guardava in silenzio, un espressione che non riuscivo a capire dipinta su quel
volto perfetto e indurito dalla rabbia.
-Davvero…-
stava per dire qualcosa, poi scosse la testa, si voltò, tirò fuori le chiavi
della macchina e si avvicinò a quella pantera nera, aprendo lo sportello.
-Muoviti,
sali- la sua voce era priva di espressione, un blocco duro e freddo di marmo.
Lo
guardai allibita, aspettando ancora una reazione mostruosa che però non arrivò
mai.
-Sali-
ripeté con severità e non osai controbattere.
Per
tutto il tempo del viaggio di ritorno non osai aprire bocca, avevo già parlato
troppo. Mi ero persino dimenticata che dovevo comprare alcune cose. Solo la mia
mente lavorava a una velocità doppia. Il mio più grande dubbio era il perché della
sua reazione, o meglio non-reazione, perché mi sarei aspettata di tutto, ma
proprio di tutto, tranne che rimanesse in silenzio, con un espressione così…non
sapevo neanche come.
Una
sola domanda aleggiava tra di noi: che cosa era successo al Damon arrogante e presuntuoso
che conoscevo?
-
- -angolino dell’autrice- - -
Ciao
a tutteee!!!
Che
ne pensate??? Vi piace??
Questo
capitolo ha dato una bella scossa ai nostri due piccioncini, e a quanto pare le
cose sono più ingarbugliate del previsto=) Però non voglio assolutamente
anticiparvi niente. Mi raccomando recensite, recensite e recensite!!=)
Baci
a tutte!!