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Autore: Barsine    02/01/2006    2 recensioni
Voglio tornare ad essere il Gran Re. Anzi, il Gran Re più potente del mondo!
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alessandro il Grande, Efestione
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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PREZZEMOLO, SALVIA, ROSMARINO E TIMO

PREZZEMOLO, SALVIA, ROSMARINO E TIMO

Capitolo 5

 

 

 

 

 

   Susa, Persia.

   Bahram gli sarebbe stato sempre fedele, lo intuiva facilmente dai suoi grandi occhi innocenti e dalla devozione con cui apriva le gambe per lui ogni notte. Non era petulante come Alessandro, che rimpiangeva solo per l’intraprendenza – forse troppa - che sfoggiava sotto le lenzuola; Bahram era assolutamente devoto, taceva se non interrogato ed era abile nel sottomettersi e nell’eseguire qualsiasi tipo di ordine.

Non provava alcun rimorso per aver fatto uccidere Alessandro, e non gli sembrava vero che la minaccia fosse ormai del tutto estinta. Sarebbe rimasto tutto così per sempre… lui, l’uomo più potente del mondo, con l’esercito più valoroso ai suoi ordini e tutto quello sfarzo riversato ai suoi piedi; nessuno avrebbe mai osato rovinare la sua pace, nessuno avrebbe mai osato sfidarlo, nessuno.

   Si staccò dal corpo caldo di Bahram per affacciarsi alla finestra. Le cime dei monti di Susa erano ricoperte di neve, il cielo era terso e il sole splendeva più che mai. Ora avrebbe potuto godersi tutte quelle meraviglie sgombro dell’ansia che lo aveva attanagliato gli ultimi giorni a Persepoli; persino i cortigiani si erano accorti che il loro re era diventato improvvisamente più attraente, il suo viso era rilassato e i suoi modi non più scattosi e irritanti, la sua voce era diventata pacata, quasi dolce, e soprattutto aveva smesso di ordinare balordaggini.

   «Buongiorno mio re.» Bahram trattenne un disonorevole sbadiglio.

Dario si voltò a guardarlo con un sorriso. «Buongiorno, mio leggiadro.»

«Il mio signore è rimasto soddisfatto ieri notte? Ha dormito bene?»

«Certo, dolce.» si sedette sul letto accanto a lui, scoprì lentamente il suo corpo e passò una mano sulle sue natiche «La tua pelle morbida è più appetitosa di una pesca.»

   Bahram sorrise compiaciuto e si allungò sul letto come un gatto. Da quando erano arrivati a Susa il suo re era cambiato radicalmente. Nessuno l’aveva mai paragonato ad una pesca, e invece Dario l’aveva considerato addirittura migliore!

Nella sua mente riaffiorò una zazzera bionda contro il rosso di un tramonto. Digrignò i denti. Ora era lui il favorito del re, e non avrebbe ceduto il posto a nessun altro. Se mai avesse trovato Alessandro da qualche parte, non avrebbe indugiato ad ucciderlo. E a gettarlo in un fiume.

   «Dimmi, mia deliziosa creatura.» riprese Dario avvicinandosi a lui, incurante dell’espressione pensierosa del giovane schiavo «Mi resterai per sempre fedele? Obbedirai a tutto quello che ti ordinerò?»

 

 

   «Ma certo, Iskander, che ti resterò sempre fedele. In quanto all’obbedirti, mi riserverò di valutare prima i tuoi ordini…» ridacchiò Bagoas.

«Bene.» Alessandro non si curò del tono del suo amichetto – che chiamare schiavo gli sembrava ormai del tutto fuori luogo, si lavò il viso nell’acqua di un laghetto vicino alla tenda con cui si erano appena accampati e osservò a lungo la sua immagine riflessa. Era ansioso di incontrare il soldato con l’orecchino. «Dici che siamo vicini al palazzo?»

Bagoas sorrise soddisfatto. «Certo, Iskander. Vieni con me.» afferrò il suo compagno per una mano e lo condusse con passo deciso attraverso la foresta fin su un’altura da cui si poteva godere di uno spettacolare panorama. Il giovane schiavo indicò con un dito un punto non molto lontano, da cui svettava orgogliosa la struttura di un’imponente reggia, la reggia di Susa.

«Meraviglioso» commentò Alessandro rapito.

   Bagoas sorrise. Era sempre fiero di mostrare agli stranieri le bellezze del suo luogo di nascita, l’antica capitale dell’Elam, e le sue splendide montagne. «Sentivo la nostalgia di questi monti.» sussurrò quasi tra sé e sé.

«Mi fa piacere di essere così vicino al palazzo. Volevo infatti chiederti di andare a vedere come se la passa Efestione.»

Bagoas annuì, rassegnato.

«E quando torni» riprese Alessandro schioccandogli un bacio sulle labbra «sappimi riferire qualche informazione interessante.»

Bagoas annuì nuovamente, sorridendogli, e discese dall’altura per riprendere il suo cavallo. Alessandro lo osservò allontanarsi per dirigere poi il suo sguardo verso la reggia. Inspirò l’aria fresca della montagna e poco dopo davanti a lui apparve la sagoma sottile e indistinta di Bagoas che si dirigeva verso le porte del palazzo.

 

 

   «Guardate quell’Efestione!»

«Caspita, un uomo più bello non aveva mai messo piede alla corte del re!»

«Ho sentito dire che è arrivato dalla Macedonia per dare servizio presso il Gran Re.»

«Oh, dev’essere un ottimo guerriero!»

«Beata quella che lo sposerà!»

   Efestione camminava a testa alta e a tre piedi dal pavimento nei corridoi del palazzo, attirandosi gli sguardi delle cortigiane che sembravano apprezzare oltremodo la sua presenza e soprattutto la disponibilità che dimostrava nei loro confronti. Abituato ad essere ammirato e vezzeggiato, rispondeva con calore ai sorrisi più o meno allusivi che gli venivano lanciati dalle donne più affascinanti della corte – meravigliandosi di quanto quelle femmine ritenute così pudiche in Grecia si rivelassero poi così audaci, intrattenendosi più che volentieri con qualunque di loro gli lasciasse intuire qualche allettante intenzione, e durante i banchetti seduceva anche più di due donne alla volta, conquistandosi così la fama di inguaribile libertino.

   Bagoas lo osservava da lontano mimetizzandosi tra i servi che lucidavano i pavimenti. Il regno di Persia godeva di un’incredibile armonia dettata dalla propria potenza: nessuno osava sfidare il Gran Re, e il giovane eunuco non aveva mai visto un Immortale aggirarsi tranquillamente tra i corridoi del palazzo distribuendo largamente sguardi maliziosi qua e là. Doveva ammetterlo, sì, quell’Efestione era veramente notevole, con quel fisico prestante e quella camminata altera.

   «Ah, Bagoas.»

Una voce profonda dietro di lui lo riscosse dai suoi pensieri. «Mio signore.»

Dario comparve dal nulla, accompagnato dal fedele Bahram. «Mi fa piacere vederti al lavoro. E’ da qualche tempo che, come dire… ti avevo perso di vista.»

«Sono solo un puntino in mezzo allo sfarzo di questa corte, mio signore.» si inchinò esageratamente per nascondere un sorriso sotto i baffi.

«Certo.» fece Dario con una smorfia «Spero che senza Alessandro tu non ti senta troppo solo. Mi dispiace molto per lui.»

Bahram impallidì.

«Anche a me, mio signore.»

«Bene, continua pure il tuo lavoro.» e gli diede una pacca sulla spalla.

«Grazie, mio re. Buona giornata.»

Dario si allontanò, seguito a ruota dal suo fedele schiavetto.

   Bagoas era a palazzo! E Alessandro dove avrebbe potuto essere? Perché erano tornati? O forse Bagoas era tornato da solo poiché Alessandro era morto per davvero? Bahram deglutì. Aveva come l’impressione che i suoi sonni da quel momento sarebbero diventati molto irrequieti.

   Bagoas osservò il re allontanarsi e rivolse di nuovo la sua attenzione su Efestione, il quale si era fermato a scambiare due parole in greco con un commilitone. Senza neanche accorgersene, Bagoas smise di lucidare il pavimento e nell’inutile intento di carpire qualcosa dal loro discorso prese a fissare intensamente l’ignaro macedone. Quando sentì una mano sottile posarsi decisa sulla sua spalla sobbalzò.

   Dietro di lui, una bellissima donna gli stava sorridendo. La riconosceva: era una delle cortigiane che aveva sorriso ad Efestione poco tempo prima. «E’ bello, vero?»

«Efestione? Ah, sì.»

La donna tirò ulteriormente le labbra, trasformando il sorriso in una smorfia maliziosa. «Se ti interessa, prima di sera va spesso a bagnarsi non molto lontano dal palazzo. Spesso ci siamo incontrati là.» i suoi occhi rotearono sognanti come per rievocare immagini di ardente beatitudine «E’ un laghetto poco profondo all’ingresso della foresta.»

Bagoas sorrise. «Oh, non so come ringraziarti.»

«Non ti preoccupare. Ma ti avverto» la sua voce assunse un tono altezzoso «a lui piacciono le donne.»

Bagoas sospirò.

 

 

   «Allora? Hai scoperto qualcosa?» Alessandro saltellò impaziente verso il suo servo non appena lo vide arrivare.

Bagoas scese da cavallo con un’espressione indecifrabile. «Ne parlano tutti, a palazzo. Ha la fama del libertino. Le donne lo adorano.»

«Ah sì, eh? Le donne lo adorano? E lui adora le donne?» Alessandro non amava essere paragonato ad una donna, specialmente negli affetti di un uomo. Era fiero di sé, ed era convinto che il suo fascino fosse irresistibile per entrambi i sessi.

«Così sembra.»

«Staremo a vedere. E’ affascinante?»

«Sono sicuro che ti piacerà. E ho una buona notizia per te: una donna a palazzo mi ha rivelato che viene spesso da queste parti a bagnarsi.»

Gli occhi di Alessandro si illuminarono. «Non dirmi… al laghetto qui vicino?»

«Esattamente.»

Alessandro già si sentì smanioso. «Ti ha detto anche in quale momento della giornata si reca lì?»

«Prima di sera.»

«Bene.» sorrise deciso «Sarò lieto di aspettarlo.»

«Io starò qui. Non vorrei trovare qualche sorpresa nel caso in cui ci allontanassimo entrambi.»

 

 

   Efestione amava rilassarsi nell’aria quieta e pura delle montagne di Susa.

Il caldo afoso di Persepoli lo sgualciva, era terribilmente fastidioso; il tenero vento di Susa era rilassante, i suoi boschi tranquilli gli regalavano una particolare serenità, una pace che non aveva mai provato prima, un senso di totale fusione con la natura circostante. Quanto gli piaceva bagnarsi nell’acqua fredda di quel laghetto, rabbrividire e lasciarsi in ammollo, pensando all’incredibile svolta che aveva preso la sua vita. Viveva alla ricchissima corte del Gran Re di Persia con la carica di Immortale, attorniato da donne bellissime e vogliose, e nessuna guerra a turbare quel sogno meraviglioso, di cui non riusciva ancora a capacitarsi.

   Scese da cavallo e cominciò a spogliarsi lentamente, facendo scivolare i suoi abiti sull’erba umida. Lasciò che il venticello carezzasse il suo corpo nudo e si scosse leggermente in un brivido, dopodichè si immerse lentamente nell’acqua.

Era solo, immerso nel profondo verde di una foresta che pareva incantata, sgombro da ogni pensiero, da ogni preoccupazione, da ogni armatura.

   Inspirò profondamente.

 

 

   Si spogliò silenziosamente e saggiò l’acqua con la punta del piede, rabbrividendo per tutto il corpo.

L’istinto guerriero di Efestione percepì una presenza incombente alle sue spalle e di scatto il soldato uscì dall’acqua, raggiunse i suoi abiti e prese un pugnale che portava sempre con sé, per non permettere a nessuno di coglierlo alla sprovvista, nemmeno durante il bagno. Quando si girò per puntarlo addosso al suo presunto aggressore, però, si fermò improvvisamente. Davanti a lui si stava immergendo un giovane che pareva avere all’incirca la sua età, non molto alto, snello, che lo fissava coi suoi grandi occhi grigi in modo decisamente imbarazzante. Brandì il pugnale contro di lui con non molta convinzione, indeciso sul da farsi. L’uomo era nudo, senz’armi, e non sembrava avere intenzione di combattere. «Chi sei? Chi ti manda?» disse in persiano stentato.

   Alessandro si allungò con qualche agile bracciata e fece scorrere l’acqua su tutto il suo corpo, osservando l’uomo davanti a lui, cercando di nascondere il suo indecoroso eccitamento, come gli era stato insegnato prima di entrare alla corte del Gran Re. Efestione era sfacciatamente bello, nudo, solido, con un’espressione di insolenza stampata sul viso glabro, e quell’adorabile smorfia del labbro inferiore, un misto tra tensione battagliera e ingenua sorpresa.

   «Non hai sentito?» riprese Efestione, avvicinandosi minacciosamente.

Alessandro sorrise, ergendosi davanti a lui, quasi sfidandolo. Efestione si meravigliò: quel giovane disarmato, e a giudicare dalla pelle completamente liscia nemmeno avvezzo ai combattimenti, non sembrava aver alcun timore del suo pugnale.

«Non mi manda nessuno» rispose Alessandro in greco «Sono di un villaggio vicino, vengo spesso qui a bagnarmi.»

   Efestione lo osservò più attentamente: c’era qualcosa di strano nel suo aspetto quasi etereo, in quella cascata di capelli biondi, in quegli occhi luminosi che non si abbassavano mai, in quella pelle chiara e levigata. Se l’occhio non lo ingannava, poteva avere all’incirca venticinque anni, non era castrato, e non aveva segni di alcun tipo sul corpo, pareva quasi finto. E i lineamenti rilassati, l’energia che sprigionava il suo corpo e uno spruzzo roseo sulle sue guance facevano chiaramente capire che quel giovane non era avvezzo nemmeno alla miseria. Si chiese che posto potesse avere nella società. «Tu… sei greco?»

«I miei genitori erano greci… ma sono morti quando io ero molto piccolo. Vivo qui praticamente da sempre. Mi chiamo Erodione.»

Efestione gettò il pugnale a terra. «Io sono macedone. Mi chiamo Efestione.»

«Piacere di conoscerti, Efestione.» i suoi occhi scorrevano sul corpo del soldato macedone più rapidi e fluenti dell’acqua. «Sei un soldato?» e si immerse nuovamente, lentamente, lentamente, esibendo la flessuosità del suo corpo ad ogni singolo movimento.

   Efestione non si era mai sentito così imbarazzato, immobilizzato dagli occhi e dalle movenze di quello strano ragazzo che sembrava saper fare le fusa meglio di un gatto. «Faccio parte degli Immortali.»

«Oh.» fece Alessandro, affondandosi completamente nell’acqua e riemergendo poi subito dopo, gettando i capelli all’indietro «Quindi… sei al servizio del Gran Re. Devi essere un ottimo guerriero…»

Efestione spalancò gli occhi, incredulo. Dall’orecchio di quel ragazzo, prima nascosto dai capelli… pendeva il suo stesso orecchino!

   Alessandro si mise a giocherellare malizioso con il gioiello d’oro, tenendo lo sguardo fisso su Efestione. «Ti piace? Oh, che coincidenza… a quanto pare tu ne possiedi uno uguale…»

   Efestione non credeva ai propri occhi. La sua anima gemella, la persona che da tempo desiderava conoscere, la bellissima donna dei suoi immaginari… era in realtà un uomo. Un maschio come lui. Per un attimo avvertì un senso d’asfissia, ma non riuscì a staccare gli occhi da Erodione. Deglutì.

   «Anche a te è stata detta la stessa cosa?» continuò Alessandro mentre si sedeva accanto a lui.

«Cosa?» rispose confuso il soldato. Non voleva assolutamente sentire dalle labbra di quello strano individuo quello che purtroppo già sapeva!

«A me è stato detto che non sarei riuscito a sfilarmi questo orecchino fino a che non mi fossi unito con la mia anima gemella, l’unica persona al mondo che possiede l’altro orecchino del paio.»

Unito. Sì, dannazione, anche a lui era stata detta la stessa cosa! Unito. Erodione era dunque la sua anima gemella? Avrebbe dovuto unirsi con lui? Con un uomo? Un uomo come lui?

   Alessandro si sentì offeso. Efestione sembrava riluttante nei suoi confronti, privo del tutto dell’entusiasmo che si era aspettato di vedere. Sapeva di essere bello, e si sentiva irrimediabilmente ferito ogni volta che veniva rifiutato.

«Ma guarda un po’ com’è meschino il Fato!» Efestione sdrammatizzò la situazione con una leggera risata. «La mia anima gemella, la persona a cui penso tutte le notti prima di addormentarmi, sei tu!»

Alessandro si strinse tra le proprie braccia. «Cosa c’è di male?»

Efestione sembrava cominciare a divertirsi. «Ti sei visto? Sei un uomo!»

«E allora?»

Efestione gli si avvicinò e protese una mano fino a toccare il suo petto «Hai un bel corpo.» e la fece poi scivolare lungo l’addome scolpito. «Ma sei duro.»

Alessandro si sentì avvampare al tocco della sua mano, fece per afferrarla ma Efestione fu più rapido di lui a ritirarla.

«Non mi piacciono gli uomini come te… come me. E per giunta non sei neanche castrato! Se proprio dovessi finire a letto con un uomo, sceglierei un morbido eunuco!»

   Alessandro non credeva alle proprie orecchie. Quel soldato, la sua anima gemella, l’unica persona al mondo a possedere l’altro orecchino del paio, l’aveva apertamente rifiutato, deriso! E lui che aveva seguito la corte del Gran Re, vivendo nelle foreste come una fiera, lui, che mai aveva conosciuto la miseria e che mai in vita sua si era trovato a inseguire un animale per assicurarsi il pasto; e l’unico motivo per cui aveva fatto tutto questo si era rivelato tristemente vano.

   «A me piacciono le donne! Soffici, sensuali, calde…»

Alessandro si ritrovò incapace di ribattere. Guardò Efestione che si chinava a raccogliere i suoi abiti e si rivestiva velocemente, per poi girarsi verso di lui con un sorriso strano a fior di labbra. «Addio, Erodione! Vivrò una vita senza l’amore, forse, ma ne ho sempre saputo fare a meno, e preferisco che sia così.» e montò sul suo cavallo per avviarsi lesto verso il palazzo.

  
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