Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Segui la storia  |       
Autore: Anjulie    02/01/2006    1 recensioni
A volte si cerca nella vita qualcuno da amare e, a volte, non lo si cerca affatto ma capita... l'importante è che sia sempre l'altra metà del cielo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO IV

Per un istante d'estasi
Noi paghiamo in angoscia
Una misura esatta e trepidante,
Proporzionata all'estasi.

Per un'ora diletta
Compensi amari d'anni,
Centesimi strappati con dolore,
Scrigni pieni di lacrime.

(E. Dickinson)

 

Orlando si guardò attorno un tantino confuso e ricontrollò l’indirizzo che aveva scritto velocemente pezzetto di carta. Non c’erano dubbi, 127 Keeley Street era proprio quello, e lui aveva parcheggiato il fuoristrada proprio davanti alla porta di un oratorio!

Si chiese per l’ennesima volta se Sandra non avesse voluto prenderlo in giro ma l’amica di Dom gli era sembrata piuttosto seria, al telefono, quando lui le aveva chiesto notizie di Ashton e un indirizzo presso cui rintracciarla

- Perché la vuoi rivedere? – gli aveva chiesto a bruciapelo, sentita la sua richiesta.

Lui era rimasto un tantino interdetto. Che razza di domanda era? Quale è il motivo per cui di solito un uomo vuole incontrare una puttana?

Si era schiarito la voce, cercando un risposta che non la offendesse – Per la verità… avrei bisogno di parlarle –

Se Sandra si era accorta della sua esitazione il suo tono di voce era rimasto immutato e professionale

– Va bene, la troverai a questo indirizzo domani pomeriggio verso le quattro. –

Aveva dettato rapidamente e con sicurezza, indicandogli anche la via più breve da percorrere con l’auto, mentre Orlando accoglieva ogni numero con maligna soddisfazione, ma alla fine Sandra aveva esitato un istante

- Orlando, non è tutto come sembra. Ashton è… beh, te lo spiegherà lei. -

L’aveva ringraziata per l’aiuto e si erano salutati, dandosi appuntamento per una delle pazzesche feste di Dominic. Si era dovuto trattenere dal correre all’indirizzo indicatogli ma il giorno dopo si presentò puntuale in Keeley Street pronto a consumare la sua vendetta.

Adesso era lì, di fronte ad un cancello dalla targa piuttosto vecchia ed annerita sulla quale erano ancora visibili i caratteri sbiaditi che recitavano “Oratorio e Casa del Sacro Cuore”.

Sotto l’insegna un campanello portava il nome di Padre William Dowell.

Controllò l’indirizzo ancora una volta ma non c’erano dubbi e Sandra era stata parecchio precisa. Spinse il cancello ed entrò nel cortile dove un nutrito gruppo di ragazzini piuttosto malmessi, di età variabile tra i sette e gli undici anni stava tirando calci a un pallone su un campetto di terra battuta che si allargava alla sinistra dell’ingresso, mentre un gruppo di bambine, più o meno coetanee si rincorreva giocando a mosca cieca proprio davanti all’ingresso dell’oratorio.   

Dalla porta della canonica né uscì una suora con un vassoio di metallo pieno di fette di pane ricoperte di uno spesso strato di una crema scura che a prima vista sembrava marmellata e immediatamente tutti i bambini interruppero i loro giochi e le si affollarono intorno, allontanandosi poi, una volta ricevuta la propria preziosa merenda. Quando la donna ebbe finito di distribuire anche l’ultima fetta di pane si accorse di lui

- Buonasera – lo salutò con tono garbato - Desidera qualcosa? – 

Orlando rimase per una attimo interdetto – Io, per la verità… -

Con una veloce valutazione la suorina prese nota degli abiti firmati, gli occhiali scuri, la costosa giacca di pelle che lui indossava e lanciò un’occhiata al fuoristrada parcheggiato davanti all’entrata

- Immagino proprio che lei voglia vedere Padre Dowell – concluse senza aspettare una risposta, pienamente certa di avere di fronte un possibile benefattore – Si accomodi, sarà molto felice di riceverla –

Prima che potesse sottrarsi alla loro presa energica, le mani della suora lo spinsero verso la canonica, introducendolo in un piccolo e disordinato studiolo dove un uomo di mezz’età, dai capelli brizzolati, scriveva frettolosamente delle cifre, seduto dietro una scrivania di legno dozzinale. 

- Padre, questo signore era fuori in cortile. Immagino voglia parlare con lei. -

Il prete alzò lo sguardo verso di lui e smise immediatamente di scrivere

- Oh ma certo – esclamò alzandosi e andandogli incontro – Buonasera e benvenuto. Io sono padre Dowell. -

Orlando dette una rapida occhiata in giro e, non sapendo neppure lui che cosa rispondere, cercò di prendere tempo

- Buonasera, padre. Mi dispiace di averla disturbata. Vedo che era impegnato a fare i conti. – disse indicando la lunga fila di numeri che affollava i fogli sparpagliati disordinatamente sulla scrivania.

Il sacerdote alzò le spalle quasi con aria contenta – Non si preoccupi. – disse fregandosi le mani, sotto lo sguardo severo della suorina - C’è sempre tempo per aggiornare i conti. –

Entrambi udirono lo sbuffo seccato provenire da quest’ultima e il sorriso di padre Dowell si fece più ampio – Anche se suor Mary insiste sempre perché io mi dedichi con più precisione alla tenuta della contabilità. – precisò con una pia aria seria che lo fece apparire ancora più buffo. Gli strinse la mano con energia - Lei è? -

- Orlando Bloom. -

- E’ un piacere conoscerla, Mr. Bloom. Cosa posso fare per lei? -

Ad Orlando quel parroco dai modi spicci, che assomigliava terribilmente ad un semplice curato di campagna, piacque immediatamente.

- Per la verità stavo solo dando un’occhiata. – ammise un pochino imbarazzato

Padre Dowell gli fece cenno di accomodarsi – Non si preoccupi, suor Mary deve averla presa per un possibile benefattore e si è affrettata a condurla da me – rise di gusto il parroco, ignorando il nuovo sonoro sbuffo della suorina. Anche Orlando sorrise e si sedette sulla sedia indicatagli mentre suor Mary usciva dalla stanza borbottando che avrebbe preparato il tè.

Quando al porta si fu chiusa alle sue spalle padre Dowell intrecciò le mani sul ventre

- Mi deve perdonare ma non ci capita tutti i giorni di avere ospiti. – confessò con un sorriso – La nostra è una semplice struttura assistenziale dove forniamo vitto e alloggio a minori con situazioni familiari a rischio. I ragazzi che ha visto la fuori sono orfani oppure provengono da famiglie dove i genitori, drogati, alcolizzati o in carcere, non sono assolutamente in grado di occuparsi di loro. Noi cerchiamo di fornire un alloggio e di mandarli a scuola in modo che poi possano trovarsi un lavoro e abbandonare l’istituto. – Padre Dowell si interruppe – Ma forse a lei queste cose non interessano… - disse, osservando perplesso la costosa giacca di pelle, gli anelli che ornavano le mani eleganti e nervose, la bandana blu avvolta attorno al suo polso destro che spuntava da sotto il posino slacciato della camicia - Posso chiederle che mestiere fa? -

Orlando si dimenò sulla sedia un tantino a disagio sotto lo sguardo scrutatore del sacerdote

- Sono un attore. -

- Capisco. – Padre Dowell si raddrizzò sulla sedia puntandogli addosso i suoi occhi penetranti – Perdoni la domanda impertinente: è famoso? -

A Orlando venne quasi da ridere. Gli sembrava di essere sottoposto ad un interrogatorio in piena regola

- Quanto basta. – replicò divertito.

Anche Padre Dowell sorrise

- Allora mi dice perché Orlando Bloom, l’attore famoso, è venuto nel mio oratorio? -

- Per la verità sto cercando una persona – ammise cauto – una mia … amica mi ha detto che avrei potuto trovarla qui. -

Il sacerdote sorrise comprensivo

- Forse posso aiutarla, allora. -

- Si chiama Ashton. –

Sul viso di Padre Dowell si allargò un sorriso compiaciuto

- La piccola Ashton! Si certo che è qui. Oggi dovrebbe essere di la a dare una mano in cucina. Quando torna suor Mary gliela faccio chiamare. - 

Orlando fece del suo meglio per non strabuzzare gli occhi.

Piccola? Quanto piccola?

Ripercorse brevemente i ricordi sfuocati di quella sera a casa di Elijah e il suo cervello iniziò a rotolare come un masso giù da una collina. Ashton era stata terribilmente seducente nel suo abito semi-trasparente, più bella e più misteriosa di tutte le altre donne presenti alla festa, e quando avevano ballato gli era apparsa genuinamente felice di essere lì con lui. Ma poi…

Nella sue orecchie si accavallarono le considerazioni di Dom su come Ashton fosse apparsa un tantino spaesata quella sera e contemporaneamente gli vennero in mente i tentativi di lei di sfuggirgli, una volta saliti in camera da letto. Al momento non vi aveva fatto troppo caso, pensando che fosse solo una ritrosia ben recitata ma era rimasto sorpreso quando Ashton non si era completamente abbandonata al suo bacio. La pressione di quel corpo flessuoso contro il suo e il candore eburneo del suo seno nudo, quando lo aveva scoperto slacciandole la spallina dell’abito, gli avevano fatto perdere completamente la testa. Poteva ancora ricordare la liscia compattezza della pelle di lei sotto le sue dita e il suo incredibile profumo.

L’aveva sentita ansimare di sorpresa quando le aveva posato il palmo della mano sul seno… 

Una ragazzina era l’ultima cosa che gli ci voleva.

Riusciva già a vedere i titoloni stampati sui giornali di gossip: “Festino a luci rosse a casa di Elijah Wood: l’attore Orlando Bloom in compagnia una ragazzina”, “Orlando Bloom denunciato per aver cercato di sedurre una ragazza”, oppure “Stella nascente di Hollywood abborda prostituta minorenne alla festa della casa di produzione per il lancio del suo ultimo film”. Di male in peggio.

Robin Baum, la sua agente, lo avrebbe impalato vivo e, se avesse potuto, Orlando l’avrebbe aiutata con le sue stesse mani.

Santo Cielo, cosa aveva combinato?

Improvvisamente si sentì soffocare.

Il sacerdote si era nuovamente rilassato sulla sua poltrona e gli stava chiedendo qualcosa. Orlando scosse leggermente la testa, cercando di concentrarsi ma, prima che potesse mettere insieme un commento sensato, la porta alla sue spalle si aprì e un vassoio con tazze, zuccheriera e teiera fumante fece il suo ingresso, abilmente sostenuto da piccole mani capaci.

Orlando si voltò, grato per quel piccolo diversivo, e Padre Dowell sorrise compiaciuto.

- Eccoti qui, Ashton cara, c’è una persona che ti sta cercando. - 

Il vassoio venne posato bruscamente sul tavolo e Orlando si trovò a fissare un paio di sbalorditi occhi color zaffiro che lo fissavano sconvolti.

Ashton era lì, di fronte a lui ma, al posto del luccicante abito di seta bianca, indossava un paio di jeans e un maglione blu, al quale aveva rimboccato provvisoriamente le maniche. Aveva i capelli raccolti in una grossa treccia che le penzolava sulla schiena e alcune ciocche sfuggivano ribelli, arricciandosi ai lati del viso minuto.

Sembrava terribilmente giovane e anche parecchio imbarazzata.

- Tu… - la udì mormorare.

Il suono di quella voce dolce ed esitante lo riscosse, facendogli riguadagnare immediatamente la padronanza di sé. Evidentemente quell’imbrogliona non pensava ricontrarlo così presto!

- Sì, io. – disse con una punta di maligna soddisfazione vedendola impallidire.

Padre Dowell si fregò le mani contento – Uhm, bene, vedo che vi conoscete. E’ uno dei tuoi clienti Ashton? -

- Ehh? – Orlando si voltò di scatto verso il sacerdote a metà strada tra l’incredulo e lo sbigottito. Come poteva quell’uomo di chiesa essere a conoscenza del “mestiere” della ragazza senza biasimarla?

Ashton fissò il sacerdote e rispose senza battere ciglio – No, padre Dowell. E’ solo… un conoscente. – disse dopo un attimo di esitazione.

- Capisco. – l’uomo di Chiesa fissò prima l’uno e poi l’altra con il suo sguardo penetrante – Immagino che se Mr. Bloom è venuto qui a cercarti abbiate qualcosa di cui parlare perciò… - fece per alzarsi dalla sua poltrona ma Ashton lo fermò terrorizzata all’idea di rimanere sola in una stanza con quell’uomo.

- No! – disse precipitosamente – No, la prego, padre. Noi… noi faremo un giretto nel chiostro. -  

Padre Dowell alzò le mani in segno di resa, lanciando un’occhiata dispiaciuta alla pila di conti – Come volete. – disse, mentre Ashton si precipitava verso la porta. Dopo un breve cenno di saluto Orlando la seguì ma si rese immediatamente conto che la ragazza sembrava aver messo le ali ai piedi.

- Perché sei venuto qui? – lo apostrofò bruscamente, attraversando il campetto da calcio senza minimamente rallentare il passo – Chi ha dato il mio indirizzo e soprattutto che cosa vuoi? -

Il tono di voce e l’atteggiamento sbrigativo di lei gli fecero montare immediatamente il nervoso.

- Finire quello che abbiamo cominciato la sera della festa, direi. – le rispose brutalmente.

Ashton boccheggiò sconvolta e si fermò di botto. Quelle parole erano state dette con una calma incredibile ma dato il loro significato le parve che fossero state urlate ai quattro venti. Erano arrivati al limitare meridionale del chiostro attorno al quale si estendeva la canonica, nel punto più solitario dell’intero oratorio ma Ashton si guardò attorno con circospezione quasi temesse che qualcuno potesse avere udito.

- Tu sei pazzo! – esclamò, ma Orlando incrociò le braccia sul petto e un sorriso sarcastico prese ad aleggiare sulle belle labbra

- Forse a volte faccio cose un po’ strane ma pazzo direi proprio di no. – replicò serafico. Il sorriso scomparve repentinamente dal suo volto facendo posto ad un espressione dura – E ti assicuro che in questo momento sono terribilmente serio. - Si chinò leggermente su di lei e Ashton si sentì mancare la terra sotto i piedi mentre le sussurrava all’orecchio – Ho appena assaggiato le briciole, Ashton, e le ho trovate deliziose. Adesso voglio gustare tutto il resto. -

Lei si allontanò di scatto spaventata dalle sue parole e dal luccichio pericoloso dei suoi occhi scuri. Fece un profondo respiro cercando le parole adatte per placarlo e ricondurlo alla ragione ma dalle sue labbra uscì solo un confuso balbettio

- Ti prego, hai davvero frainteso. Io… io non faccio quello che fa Sandra. Mi trovavo lì per caso e

dispiace per l’altra sera, non volevo colpirti. – disse notando il leggero segno che era ancora visibile sul suo naso.

Orlando la guardò con un espressione incredula dipinta sul bel viso che pareva dire: raccontalo a tua nonna!, ma Ashton continuò imperterrita cercando di spiegargli il suo comportamento

- Avevo bisogno di soldi – confessò, distogliendo gli occhi dallo sguardo di lui che pareva incenerirla – e Sandra mi aveva promesso trecento sterline se fossi andata con lei a quella festa. So che Sandra e le altre ragazza a volte hanno dei comportamenti più… liberi ma lei mi aveva promesso che non ci sarebbero stati problemi. – Fece una pausa in preda alla vergogna – Mi dispiace se ti ho… rovinato la serata, non era mia intenzione. -

Orlando la fissò, irritato da tanta sfacciata ipocrisia.

Quell’accenno al bisogno di soldi aveva spazzato via ogni altra giustificazione e con una rapida occhiata valutò brevemente gli abiti della ragazza. Se prima aveva potuto nutrire qualche dubbio adesso la verità gli balzava agli occhi come un’insegna illuminata da luci al neon.

- Trecento sterline! Certo che la tua amica si è tenuta un bel gruzzolo dal momento che ha spillato a Dom mille sterline a ragazza per la festa – esclamò sarcastico – E ti assicuro che era molto chiaro il motivo per cui vi trovavate lì – Si batté l’indice sul mento con fare derisorio - Chissà perché mi sembra piuttosto improbabile che una ragazza venga ad una festa come quella, agghindata con un vestito come il tuo, se non desidera trovarsi una compagnia per la notte. – replicò duramente.

Ashton scosse la testa costernata -  Io non sono un’accompagnatrice e il vestito mi è stato prestato da Sandra – replicò con voce soffocata.

Orlando tirò indietro la testo di scatto: improvvisamente Ashton gli parve molto giovane e incredibilmente fragile.

Un pensiero lo colpì alla mente come una stilettata.

L’afferrò per un braccio facendole alzare lo sguardo verso di lui - Quanti anni hai? – le chiese all’improvviso

Lei sussultò come se fosse stata scottata

- Lasciami! Non vedo cosa… - esclamò, cercando di divincolarsi ma egli le strattonò il braccio imperterrito scrutando i lineamenti di lei quasi potessero fornirgli una risposta.

Non quattordici. Ti prego non può avere quattordici anni.

Con una brusca tirata Ashton riuscì a liberarsi dalla sua presa

- Diciassette – ringhiò massaggiandosi il braccio, certa di aver lasciato nelle dita di lui qualche brandello di pelle – Vado per i diciotto, fra un paio di mesi. - 

Lui la fissò un tantino più sollevato. Certo sembrava molto più giovane ma, perlomeno, a diciassette anni non gli dava l’impressione di aver cercato di sedurre una bambina.

- Sembri più giovane. – mormorò stupidamente.

Gli occhi di Ashton lo fulminarono  – Fortunatamente non lo sono, per bontà tua – rispose tagliente - Altrimenti avresti dovuto giustificare le tue malsane tendenze nei confronti di una ragazzina. -

Orlando si irrigidì

- Rimane il fatto che tu dovresti spigare a quel sacerdote che sembra averti così tanto in simpatia le tue tendenze da sgualdrina – ribatté crudele – Anzi forse è il caso di andare a chiarire questa cosetta una volta per tutte. -

Ashton arrossì di colpo, infuriandosi – Sei… sei un bastardo – balbettò, in preda ad una collera crescente – Non sai quello che dici! -

Lui la squadrò beffardo da capo a piedi – Credo, invece di saperlo molto bene.- disse con un tono di sufficienza – Ma scommetto che quel brav’uomo di padre Dowell non sa niente delle tue feste a luci rosse in compagnia di Sandra. – Si chinò leggermente fino a guardarla negli occhi – Di giorno tutta pia all’oratorio e di sera a fare l’accompagnatrice a pagamento alle feste. Credi che sarà orgoglioso di te? -

Il colore defluì dal volto di Ashton che divenne terreo

- Non avrai intenzione di raccontargli di quella sera, vero? – gli chiese agitata.

Orlando assunse volutamente un’aria pensosa

- Uhm… per la verità… non saprei… - mormorò come se stesse valutando la cosa.

Ashton gli afferrò il braccio con entrambe le mani – Non puoi farlo! Per favore! -

Lui le afferrò entrambe le mani allentando la stretta sul braccio, fissando l’espressione sconvolta sul volto di lei

- Be… dipende. -

Ashton ammutolì. La testa iniziò a girarle vorticosamente. Era esausta. Dalla morte di nonna Martha non era più riuscita a dormire bene e iniziava ad avvertire un certa spossatezza fisica. Adesso quell’uomo che si faceva avanti con le sue allucinanti pretese, era davvero troppo!

- Senti – disse, cercando di riacquistare un po’ di calma – Non so cosa ti sia messo in testa ma ti assicuro che sei completamente fuori strada. Conosco Sandra perché vado a fare le pulizie nel suo appartamento ma è stato un puro caso che io sia andata a quella festa. -

- Un puro caso, eh? -

- Sì. Io non faccio quelle cose. Frequento l’ultimo anno della scuola superiore e al pomeriggio faccio le pulizie per mantenermi gli studi. -

- Le pulizie, eh? -

Di fronte alla sua ennesima retorica domanda Ashton perse le staffe

- Si, le pulizie! – esclamò esasperata – E non me ne frega un accidente se non mi credi. Mi dispiace per l’altra sera ma adesso voglio solo che tu te ne vada e che la pianti di angosciarmi! -

Un rumore di passi alle loro spalle li fece voltare e Ashton si girò come una furia e si trovò a guardare negli occhi stupiti di Peter O’Toole che aveva assistito alla scena

- Ashton… - Peter li squadrò entrambi, soprattutto Orlando. Sembrava quasi imbarazzato dall’aver assistito all’esplosione di lei – C’è qualche problema? -

Il viso di Orlando da stupito assunse un’espressione di ironico divertimento

- Ecco un valoroso paladino in tua difesa. Dimmi Ashton, quanti altri ne sbucheranno fuori? -

Lei si volse verso Peter, fulminando Orlando con un’occhiataccia.

- Non c’è nessun problema Peter, davvero – rispose ma il giovane medico stava guardando Orlando con un’espressione di profondo stupore dipinta sul viso

- Ma lui è… - balbettò

- Lo so chi sono – Orlando liquidò bruscamente il giovanotto e inforcò gli occhiali scuri – Salvata in extremis a quanto pare. – disse chinandosi leggermente su di lei – ma non pensare che questo chiuda la questione. Hai detto che ti occupi di fare le pulizie, vero? Direi che in questo momento ho giusto bisogno di una cameriera. -

Ashton sgranò gli occhi sorpresa dalle sue parole ma Orlando non vi fece caso. Aveva agito così,  d’impulso e, dopotutto, perché no? Due piccioni con una fava!

Forse con lei era solo una questione di tempo. Dovevano imparare a conoscersi un po’ meglio, giocare ancora per un po’ i loro ruoli e poi gli si sarebbe concessa come tutte le altre. Mentalmente si fregò le mani compiaciuto di se stesso: aveva trovato il modo di riagganciare Ashton e con la casa in ordine Samantha avrebbe smesso di dargli il tormento.

- Stai scherzando? -

Lui le gettò un’occhiata di sfuggita – No, affatto. - Con fare noncurante estrasse una penna e un sottile cartoncino bianco dalla tasca interna della giacca e vi scribacchiò velocemente su qualcosa – Questo è l’indirizzo di casa mia, ti aspetto domani pomeriggio. – Fece una piccola pausa studiata ad arte che le fece correre un brivido lungo la schiena – Credo che tu possa immaginare le conseguenze se non verrai… e ah, dimenticavo: porta stracci e spazzolone. – concluse con una punta di sarcasmo, ficcandole il biglietto in mano.   

Ashton lo prese meccanicamente e prima che lei o Peter potessero ribattere Orlando si allontanò senza neppure voltarsi indietro.

*****

- Che succede darling? – Melissa rotolò sul materasso e con la mano sinistra gli sfiorò la coscia muscolosa – Sei stato incredibilmente silenzioso per tutta la sera. -

La camera da letto della ragazza, arredata negli eleganti toni del panna e del ciliegia, era illuminata dalla morbida luce proveniente da una lampada velata da un drappo di seta leggera, quasi a conferire all’ambiente l’intima atmosfera di un harem orientale. L’alta figura, indubbiamente maschile, dell’uomo disteso sul letto sfatto sembrava quasi un’intrusione con la sua ruvida e nuda bellezza in quel delicato gineceo.

Al delicato tocco di lei sulla gamba Orlando si sedette sul bordo del letto e si infilò i boxer – Non è nulla, Lissa. Sono solo un po’ stanco. – disse, raccogliendo da terra i jeans. Non era vero ma quella stanza, quell’ambiente e soprattutto la presenza di lei gli risultavano per la prima volta fastidiosi.

- Tu lavori troppo. – commentò Melissa - Perché non vieni a stenderti qui? – lo invitò gentilmente, accarezzandogli il braccio – Ti faccio un bel massaggio rilassante e vedrai che dopo una buona notte di sonno ti sentirai come nuovo. -

Orlando si sottrasse alla sua stretta con dolcezza, non aveva voglia di rimanere. Non riusciva quasi ad ammetterlo neppure con se stesso ma, mentre si trovava a letto con lei nel culmine della passione, dietro le palpebre chiuse dei suoi occhi, i capelli biondi della ragazza erano diventati color mogano e le sue iridi azzurro cielo si erano scurite fino a raggiungere un’incredibile sfumatura blu, il colore degli zaffiri.

Ashton. Di nuovo lei. Si incupì un tantino per quell’intrusione indesiderata.

- Grazie Lissa, ma è tardi ed è meglio che vada. – disse, evitando di guardarla in volto.

Melissa gli passò l’unghia curata sulle costole magre – Potresti dormire qui da me. – disse, facendogli inarcare un sopracciglio.

Orlando si sottrasse al suo tocco e lei lo fissò allontanarsi un po’ dispiaciuta ma non insistette.

Si riadagiò tra i cuscini e lo osservò alzarsi con l’agile eleganza di un felino e attraversare la stanza per recuperare i propri indumenti, ammirandone in silenzio le larghe spalle e il dorso abbronzato, che andava assottigliandosi fino alla vita stretta e alle natiche solide. Lui le diede la schiena, allacciandosi la cintura dei jeans, e la ragazza poté vedere la perfetta simmetria di quel corpo statuario sfregiata dalla lunga cicatrice che correva parallela alla sua colonna vertebrale, in ricordo di quel terribile incidente di qualche anno prima, su cui tutti i giornali avevano speso mari di inchiostro, raccontandolo in mille differenti versioni. Era proprio quella vistosa imperfezione che rendeva l’altrimenti irraggiungibile Orlando Bloom più umano e meno invincibile ma Lissa sapeva quanta sfrontata tenacia e l’inflessibile ostinazione che si nascondevano dietro quel sorriso cortese e quelle maniere da perfetto gentiluomo inglese.

Lei, una tipica bellezza californiana tutta bionda con gli occhi azzurri, era rimasta affascinata da quell’uomo enigmatico, fin dal loro primo incontro, durante le riprese di “Haven”, un film che avevano girato ai Carabi l’estate precedente e di cui lui era stato anche produttore.

Da un attore che già veleggiava nell’olimpo delle star Melissa si sarebbe aspettata molto più distacco ma Orlando era apparso immediatamente come una persona molto affabile, che disdegnava gli atteggiamenti da primadonna che avevano certi suoi colleghi e che si piazzava sempre in prima fila quando c’era da combinare qualche casino. Il suo forte senso di cameratismo, condito da un’esuberante entusiasmo e dal suo fascino devastante, l’avevano letteralmente conquistata ma all’epoca Orlando era ancora fidanzato con Kate Bosworth e lei era solo una giovane attrice esordiente. 

La loro relazione era iniziata esattamente tre settimane dopo che Orlando si era piantato con l’attrice americana e Melissa trovava estremamente divertente che, dopo essere stata la causa ingiustificata della rottura del loro rapporto, Orlando fosse finito proprio nel suo letto.

L’attrazione tra loro era stata molto forte e Melissa l’aveva voluto con tutta se stessa; grazie anche alla continua frequentazione di lavoro, si erano visti spesso. Non c’era nessun accordo fra loro, nessuna promessa, nessun vincolo. Si vedevano quando capitava, per trascorrere un paio di piacevoli ore entro i confini intimi di una stanza da letto, senza ipocrisia e paranoie varie. Andava bene così.

Lissa adorava stare con Orlando. Era un amante appassionato ed esigente e le piaceva assaporare con lui quella strana sensazione di complicità che porta l’avere condiviso i gemiti e le lenzuola, ma sapeva benissimo che fra loro non avrebbe mai potuto esserci nulla di serio.

Orlando l’aveva messo in chiaro fin dal principio: si erano incontrati in un momento particolare della loro vita e trovavano piacevole la reciproca compagnia finché i rispettivi impegni lavorativi non li avessero allontanati. Punto.

Non avevano nessun legame e, nonostante ci fosse tra loro una certa complicità, lui non le aveva mai permesso di addentrarsi a scoprire le sue emozioni più vere e profonde. Era come se al di là dell’intimità artificiale che condividevano ci fosse una barriera oltre la quale solo poche e selezionatissime persone erano autorizzate ad andare. E lei non era una di quelle. Se a volte capitava che si azzardasse a sconfinare, cercando di portare alla luce qualcosa di Orlando, l’uomo, una maschera di bonario distacco calava immediatamente sul bel viso dell’attore, con la conseguenza di farla rientrare immediatamente nei ranghi. Non le era mai importato molto eppure, a volte, in momenti come quello, Melissa avrebbe pagato qualsiasi cosa per riuscire a comprendere cosa passasse per la mente di Orlando, quali pensieri nascondessero i suoi impenetrabili occhi scuri.

Fece un altro tentativo.

Si alzò da letto nuda e gli si avvicinò, catalizzando l’attenzione di lui sul suo corpo dalle forme generose

- Davvero non posso proprio fare niente per convincerti a rimanere? – gli chiese, passandogli le braccia attorno al collo e accarezzando i corti riccioli sulla nuca. Lui la fissò con uno sguardo impudente e un mezzo sorriso gli sfiorò le belle labbra

- No, Lissa, grazie. – le rispose gentilmente, sfiorandole la guancia con un dito e voltandosi a prendere la giacca.

Lei incrociò le braccia sul petto, incurante della propria nudità.

- Chi è? – chiese con formidabile intuito

Orlando si voltò confuso – Eh? -

- Su, Orlando – Lissa si mise a ridere – non prendermi in giro. Sei distratto, immusonito: tutti sintomi piuttosto evidenti. Ti piace qualcuna e vorrei sapere chi è e dove l’hai incontrata. -

Lui si infilò la giacca di pelle – Non so di cosa stai parlando. -

Lissa gli si strinse contro, sfiorandogli le labbra con un bacio – Vorrei sbagliarmi, – mormorò scrutando con attenzione lo sguardo ombroso di lui – perché questo significa che i nostri incontri sono destinati a finire presto. - 

Orlando non rispose e lei, indossata una leggera vestaglia di seta lo accompagnò fino alla porta. Si salutarono e Lissa rimase a guardarlo, fino a che il capo bruno di lui non sparì dietro la tromba delle scale.

Si chiuse il pannello della porta alle spalle.

Sinceramente non avrebbe saputo dire se in futuro si sarebbero rivisti ma una cosa era certa: Orlando aveva per la testa un’altra donna e lei avrebbe dato qualsiasi cosa per conoscere il nome di colei che popolava i suoi pensieri.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: Anjulie