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Autore: Naoki_Hannya    08/02/2011    1 recensioni
Ogni tanto sentivo quel bisogno di staccare tutto e andare in quel posto per rilassarmi e pensare.
Dovevo ritagliarmi del tempo solo per me e quella figura silenziosa e quasi sempre immobile, mi trasmetteva serenità e pacatezza; sembrava quasi una statua messa lì per rassicurare i visitatori di quel posto, per non farli sentire totalmente soli ma tuttavia di assicurargli la privacy di cui avevano bisogno.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di lasciarvi leggere specifico che i personaggi da me trattati in questa storia non mi appartengono e tutto ciò che vi è scritto è frutto della mia fantasia, nulla di quello che leggerete è veramente accaduto.

Bene, buona lettura. ^__^

 

 

 

Quegli occhi gentili da subito erano riusciti a farmi sentire sereno e tranquillo.

Ogni tanto sentivo quel bisogno di staccare tutto e andare in quel posto per rilassarmi e pensare.

Dovevo ritagliarmi del tempo solo per me e quella figura silenziosa e quasi sempre immobile, mi trasmetteva serenità e pacatezza; sembrava quasi una statua messa lì per rassicurare i visitatori di quel posto, per non farli sentire totalmente soli ma tuttavia di assicurargli la privacy di cui avevano bisogno.

Questo lago mi era sempre piaciuto, la prima volta che l’avevo scoperto per caso stavo con una ragazza, cercavamo un posto isolato solo per noi; era già calato il sole e trovando questo posto romantico solo per noi, ne avevamo subito approfittato facendo sesso  su questa riva, poco lontano da dove ero seduto in quel momento.

A pensarci in quella serata non mi era sembrato poi così speciale, ma già dalla seconda volta in cui avevo deciso di tornare a fare visita in questo luogo incantato, incontrando quella figura, quegli occhi, mi aveva subito catturato e rapito un pezzo di cuore  curando la mia anima.

Non mi ero mai lamentato della vita che conducevo; le persone che incontravo e frequentavo, il lavoro che facevo, le ragazze che mi si offrivano. Tutto era come lo volevo; a volte però sentivo quel peso sul petto e quella voce nella testa. Scappa da questo schifo, come un bisogno di ripulirmi l’anima e per questo correvo qui da nascosto da tutto e tutti.

Sapevo ormai i giorni e gli orari in cui anche lei ci andava e quindi potevo vederla, anche da lontano, senza scambiarci mai una parola. Probabilmente non mi aveva nemmeno riconosciuto, non sapeva della mia identità popolare; difficilmente le persone, una volta che mi aveva riconosciuto come Jared il cantante dei 30 seconds to mars, se ne stava in silenzio e in disparte senza chiedere un autografo o una foto.

Per questo mi ero stupito quel giorno, la seconda volta che ero venuto qui; avevo incrociato i suoi occhi castano-verdi al riflesso del sole e subito mi era venuto un moto di angoscia; sicuro che mi sarebbe saltata al collo per via dello sguardo stupito che gli aveva alleggiato sul volto guardandomi in faccia; dopo un secondo però l’avevo vista abbassare lo sguardo e passarmi oltre sfiorandomi un braccio.

Ero rimasto interdetto a dire il vero per una manciata di secondi, ero rimasto immobile nella stessa posizione non so nemmeno io il perché e mi ero anche voltato a cercare la sua figura incuriosito.

Aimè non c’era più. Il giorno dopo ero tornato un ora prima della volta precedente e l’avevo trovata lì, seduta su quella roccia; si era voltata appena a guardarmi da lontano forse avendo notato una figura intrusa nel suo bellissimo e solitario panorama, dopodiché si era di nuovo voltata a mirare il lago; mi era sembrato avesse delle cuffie, chissà che musica gli piaceva ascoltare.

Nel passare dei giorni in cui ho continuato a vederla mi ero chiesto più volte chi fosse, perché andasse in quel posto sempre alla stessa ora, che vita facesse, come si chiamasse. Era una figura ormai quasi abitudinaria da vedere; mi recavo lì con la certezza di vederla; quella figura misteriosa e rassicurante. Ormai avevo quasi la sensazione di conoscerla da svariato tempo, di sapere tutto di lei quando in realtà non sapevo nulla.

 

Quel pomeriggio non fece eccezione; diedi un occhiata veloce all’orologio legato al mio polso, le sue lancette mi informarono che erano di già le 16:40, ero in netto ritardo.

Finii in fretta di asciugare la mia pelle, ancora decorata da mille gocce d’acqua accompagnate dalla classica leggera pelle d’oca che appariva sempre appena finita la doccia.

Mi vestii altrettanto in fretta capando a caso vestiti dalle ante spalancate dell’armadio. Jeans, felpa e scarpe da ginnastica.

Inforcai gli occhiali da sole e tirandomi sulla testa il cappuccio della felpa, mi fiondai fuori dal mio appartamento.

Per fortuna almeno trovai poco traffico per le strade, e alle 17:05 stavo parcheggiando; corsi verso la mia destinazione con il fiato in gola, non sapevo spiegarmi il motivo ma avevo paura di non trovarla e questo mi metteva a disagio. Dovevo vederla e solo al pensiero di arrivare lì davanti e trovarmi da solo mi sentivo in nodo stringermi lo stomaco.

Corsi fino alla riva e con stupore immenso me la trovai ad un centimetro dal mio corpo; sobbalzammo entrambi per la sorpresa e lo spavento, per poco non ci scontravamo ed ecco i suoi occhi puntati nei miei nascosti dagli occhiali da sole; me li portai subito sopra la testa rivelandogli le mie iridi color ghiaccio, ed io ebbi il privilegio di ammirare appieno le sue, così particolari. Con le lenti scure non avrei potuto saggiare quelle sfumature rese ancora più belle dalla luce del sole che piano scendeva verso il suo tramonto.

I suoi  occhi restarono per un secondo forse, incollati ai miei. Avevo la sensazione che ci stessimo parlando senza aprire bocca; poi li abbassò a terra scusandosi, di cosa poi …

“ no, aspetta … “ mi voltai in sua direzione.

Lei si voltò guardandomi semplicemente, senza dire nulla ma aspettando solamente che continuassi a parlare spiegandogli la motivazione della mia richiesta di attenzione; cosa volevo dirle? Mi sentivo leggermente confuso, imbarazzato e agitato e questo non era affatto da me, dal carattere spigliato ed estroverso. Amavo provocare e far imbarazzare le persone con i miei comportamenti buffi ed eccentrici; questa volta ero io l’intimorito. Sentivo come un peso strano alla bocca dello stomaco forse dato dal mistero che alleggiava intorno a quella esile figura di donna.

Le sue sopracciglia si aggrottarono leggermente in un espressione incuriosita; ero rimasto a pensare e a fissarla mentre mi perdevo nei miei pensieri, un leggero rossore le colorò le gote rendendola ancor più graziosa; dovevo averla imbarazzandola fissandola a quel modo.

“ s … scusa … ecco io … volevo solo sapere … ecco … ti da fastidio se vengo sempre nel tuo posto speciale negli stessi orari in cui ci vieni tu? “ non sapevo il motivo ma stavo parlando con un tono estremamente sommesso; sentivo come se dovessi preservare quella pace che mi avvolgeva e che mi infondevano i suoi occhi velati quasi da una tristezza innata. Mi sentii stupido per la domanda che le avevo rivolto.

La vidi scuotere la testa energicamente.

“ n … no figurati, anzi io … mi sento meno … sola … si mi fa piacere sapere che ci sei … che c’è anche lei qui … “

“ oh … “ non sapevo bene cosa dire, mi schiarii la voce e mi obbligai a non restare immobile come un pesce lesso; “ dammi del tu … non mi piace che mi si dia del lei, mi fa sentire vecchio … “ sorridemmo insieme e a quel gesto il cuore quasi mi scoppiò, lo sentii gonfiarsi di cosa? Felicità? Mi sembrava di aver ritrovato un vecchio amore perduto in quella ragazza, e non sapevo darmi una spiegazione plausibile a quelle domande che continuavo imperterrito a pormi nella testa; cos’era quella strana sensazione, quelle emozioni che mi facevano perdere il battito cardiaco naturale? Che fosse una creatura magica? Risi ironicamente dentro di me a quel pensiero.

“ senti, ti va per oggi se … “ all’improvviso mi mancarono le parole, rimaste aggrappate alle mie corde vocali senza voler uscire dalle mie labbra.

“ … se? “  la ragazza sorrise gentilmente.

“ se … ci facciamo compagnia stando … qui insieme … ma stavi andando via! “ alzai di poco il tono di voce accorgendomi che stavo dicendo una stupidaggine che poteva anche infastidirla. Mi sentivo una scemo.

“ a me farebbe piacere guardare il panorama con te … “ abbassò di nuovo lo sguardo in quel modo così dolce che ogni volta mi strappava un pezzo di cuore per tenerselo a se. Era quasi ingiusta.

“ ma non stavi andando via? Se hai da fare … “

“ stavo andando via perché lei non … tu! Scusa … “ si corresse notando il mio sguardo affilarsi alla parola lei. “ giusto Tu … scusa … perché tu non venivi e mi sentivo … a disagio  a stare da sola “

Se arrossiva di nuovo avrei anche potuto perdere la testa del tutto.

“ bene, fa piacere anche a me … oggi ho fatto tardi, mi sono addormentato dopo pranzo … ci sediamo … lì? Per te va bene? “ indicai un grande tronco poco lontano da noi.

Sorrise raggiante mascherando l’imbarazzo che la tradiva colorandole le guance magre. Annuì mentre si incamminava al mio fianco verso il nostro alloggio provvisorio.

“ comunque piacere … “ gli porsi la mia mano una volta accomodati; “ Io sono Jared “ mi prese la mano soffocando una risatina, “ lo so chi sei … io Sono Valentina “ mi strinse con energia e gentilezza la mano.

Sentii che aveva la mano fredda per via del sole che stava calando e della temperatura che quel giorno non era propriamente calda.

“ che bel nome che hai … mi piace, da dove proviene? “

“ Italia “ mi disse semplicemente. Annuii.

“ posso chiamarti creatura magica? “ scoppiammo entrambi a ridere come se fossimo vecchi amici, come se ci conoscessimo da sempre.

Mi soffermai a pensare sulla sua affermazione, sapeva chi io fossi tuttavia non si era avvicinata nemmeno una volta; probabile che fosse a conoscenza della mia identità ma che non fosse una nostra fan.

“ hai detto di sapere chi sono … “ iniziai soppesando ogni parola.

“ certo che lo so! Sono una tua …  vostra fan. “ ammise con naturalezza e gli si illuminò una luce quasi di orgoglio in quegli occhi che mi avevano da subito catturato. Continuò notando il mio silenzio sinonimo di attenzione; stavo aspettando che continuasse.

“ … non mi sono mai avvicinata per rispetto e anche un po’ per timidezza lo ammetto … ma, ho capito che se venivi  qui, era per lo stesso motivo per cui lo faccio anche io; per la pace e la tranquillità che questo posto magico riesce a donare. “

Non sapevo cosa rispondere, quella ragazza mi lasciò ancora senza parole.

Annuii cercando qualcosa da dire … “ grazie … “ una semplice parola ma era tutto ciò che desideravo dirle.

Mi rivolse un cenno con la testa e tornò a guardare l’orizzonte dove il sole si accendeva di un rosso vivo; era bellissimo, lei era bellissima. Minuta con quella gonna a fasciarle i fianchi, una maglietta nera a collo alto di cashmere e i graziosi stivaletti non molto alti. Era semplice ma ben curata, capelli raccolti e un leggero trucco che non appesantiva il suo dolce viso; in quel momento restai catturato dal suo profilo perso in chissà quali pensieri, il suo sguardo perso verso l’orizzonte.

Quel marrone con sprazzi di verde dei suoi occhi che catturavano la rossa luce calda del sole mentre si preparava a salutarci. Si voltò a guardarmi sentendosi osservata e mi trovò incantato a guardarla rapito dal suo viso; sbuffammo una risatina all’unisono imbarazzati.

“ che c’è? “ mi chiese quasi sottovoce; più in là un gruppo di anitre si stuzzicarono giocando tra loro rincorrendosi e picchiettandosi con il becco mentre la loro voce faceva l’eco fino a noi; l’unico rumore che ci giungeva oltre al rumore dell’acqua che piano si muoveva sinuosamente.

Spostai il mio sguardo cercando di non imbarazzarla ulteriormente, cercavo di rassicurarla in qualche modo; sentivo che era diversa da tutte le altre.

“ scusa ti stavo fissando, è che … hai degli occhi bellissimi che mi catturano … “ sorrisi, “ non volevo imbarazzarti perdonami … mi stavo chiedendo a cosa pensassi … “ gli confessai mentre guardavo gli ultimi sprazzi di giorno. Presto l’oscurità avrebbe reso tutto più misterioso e tenebroso; si sarebbe spaventata a stare da sola con me allora?

“ tranquillo, non chiedermi scusa … mi sento solo un po’ in … soggezione ad avere i tuoi occhi a guardarmi … “ la voce piena di emozione gli si piegò in quel momento e si schiarì la voce sorridendo.

“ non devi sentirti a disagio con me, sta tranquilla … “  le passai una mano sulle spalle per rassicurarla e con piacere vidi la tensione legata ai suoi muscoli sciogliersi un po’. Un brivido la scosse leggermente anche se cercava di nasconderlo, capii che aveva freddo. Non avevo un giacchetto con me quindi le cinsi le spalle con un braccio e la strinsi a me. Dapprima si irrigidì, poi con un sospiro si legò alla mia vita come un piccolo Koala affettuoso.

La tenni così stratta a me, abbracciandola per un'altra ora buona; parlammo un po’ di tutto, di noi, delle nostre vite e mi sorpresi con quanta facilità riuscivo ad aprirmi con questa persona; sentivo che potevo raccontargli tutto di me e alla fine ebbi paura di essermi persino perso in sproloqui noiosissimi; furono i suoi occhi ancora una volta a parlare per lei e a smentirmi.

Un rumore sommesso ci destò da quella pace e nel silenzio che ci aveva avvolti; non era un silenzio imbarazzante o pesante, anzi era piacevole.

Lei sorrise al mio stomaco che continuava a proclamare cibo e alla fine la sua risatina mi contagiò mentre mi scusavo per l’inconveniente.

“ qualcuno ha fame … “ mi sorrise sul collo; un brivido mi attraversò la schiena.

Mi fermai a guardarla per qualche secondo negli occhi, puntando le mie iridi nelle sue; dischiusi piano le mie labbra per farvi uscire le parole che spingevano su esse per giungere al suo udito.

“ ti andrebbe se … se cenassimo insieme? “ era più forte di me; non volevo lasciarla, non volevo che quell’incontro terminasse.

La vidi annuire mentre si alzava in piedi sorridente; la imitai con estrema gioia. Ci avviammo per il piccolo sentiero che portava alla strada da dove già udivamo i primi rumori delle macchine che passavano; la sensazione che provai nel camminare con lei al mio fianco fu strana, mi colpì come un masso e non sapevo nemmeno come accoglierla. Il solito nodo intorno allo stomaco che non sapevo da dove provenisse e per quale motivo mi colpiva. Arrivammo davanti alla mia macchina ed io la indicai con la mano.

“ andiamo con la mia macchina? Che ne dici? “

“ dico che è una buona idea visto che io sono venuta a piedi … “ sorrise ancora.

Da bravo gentil’uomo le aprii lo sportello della macchina e una volta che vi fu salita lo richiusi aggirando poi l’autovettura per portarmi al posto di guida. Lo feci quasi correndo per abbreviare il tempo di distanza da lei; quando fui salito ed ebbi messo in moto, mi voltai per guardarla. Ormai era un gesto quasi incontrollato; già prima che ci conoscessimo, quando se ne stava in disparte a guardare il panorama del lago, continuavo a guardarla e a scrutarla; ora che ce l’avevo vicino da tutto il pomeriggio stava mutando in un bisogno impellente.

Con la sua figura semplice ma aggraziata, la risata simpatica e la voce gentile; aveva qualcosa che richiamava i miei sensi dal profondo. Stava risvegliando qualcosa che non capivo bene neppure io; non sapevo spiegarmi tutto quello che stava succedendo, forse perché non l’avevo mai provato davvero.

Distaccai lo sguardo dal suo quando notai che la stavo di nuovo imbarazzando con il mio sguardo fisso sulla sua figura; il rossore sulle sue guance me lo confermò.

“ scusa … ti stavo di nuovo fissando è? “ gli soffiai mentre mi immettevo nel traffico; con una spontaneità e una naturalezza incredibili, la mia mano dal cambio scivolò sul suo ginocchio; i suoi occhi su posarono su essa e sorridendo si voltò a guardare fuori dal finestrino.

“ non c’è bisogno che ti scusi già te l’ho detto. Mi devo solo esercitare a non arrossire quando ho i tuoi occhi ad un raggio di miglio dai miei … “

“ sarà un piacere aiutarti nell’esercitazione allora … “ mi concentrai del tutto sulla guida ed entrambi ci perdemmo nei nostri pensieri.

Raggirai il ristorante dove avevo intensione di portarla senza che ovviamente lei se ne accorgesse minimamente e mi fermai solo una volta arrivato sotto casa mia.

Sentivo il cuore che mi martellava nel petto quando la vidi guardarsi incuriosita intorno accorgendosi di non vedere locali o ristoranti intorno a noi. Rivolse il suo sguardo infine su di me con un aria interrogativa; sembrava chiedermi dove siamo? Attraverso i suoi occhi.

Mi schiarii la voce sempre più nervoso. “ ti va se mangiamo tranquilli a casa mia? Se non ti va non c’è problema io … “

“ mi va … “ mi interruppe con un filo di voce.

Eppure non era da me essere nervoso di fronte ad una ragazza; la mia reputazione ormai era rinominata per essere quella di un farabutto mangia donne. Ovvio che a volte esageravano, ma di certo il gentil sesso era sempre stato il mio punto debole e le mie conquiste erano di certo più della norma; con lei era tutto sottosopra. Tutto quello che sentivo non rientrava nella normalità dei miei incontri quasi tutti uguali tra l’altro; sin dal primo momento in cui l’avevo vista mi ero accorto che era diversa.

“ accomodati pure, fai come se fosse casa tua … “ cercai di creare un atmosfera gradevole in cui si potesse sentire a suo agio.

La vidi girare per il salone ed osservare con accuratezza ogni cosa; mi fece qualche domanda su qualche oggetto o foto appesa al muro che attirarono la sua attenzione stuzzicandone la curiosità innata.

Dopo circa mezz’ora in cui la guidai per le stanze continuando a parlare e scambiarci opinioni e domande, il feeling e la nostra sintonia divennero quasi perfetti; cucinammo aiutandoci l’un l’altro, un piatto creato a quattro mani; giocammo perfino mentre cucinavamo e le risa si espansero per le mura della casa che mi sembrava più calda e più mia.

Alla fine della cena mi trovai ad imboccarla dal mio piatto mentre ancora ridevamo e parlavamo davvero di tutto, della musica, della nostra vita passata, del mondo. Di certo non volevo che quella serata finisse; speravo che il tempo si fermasse e non arrivasse mai il momento del saluto, mi girava nella testa la domanda: la rivedrò dopo stasera?

“ ti aiuto a pulire … “ con la sua voce mi fece risalire dal profondo dei miei pensieri che mi affollavano la testa; la voglia di baciarla e di chiederle di non sparire dalla mia vita ma la paura di rovinare tutto come al solito. Sentivo che con lei dovevo usare i guanti di velluto; non potevo commettere errori.

Mi aveva davvero raccontato tutto di lei, della sua infanzia, i suoi mille cambi di domicilio e di paesi dove vivere; le sue sofferenze che la vita gli aveva inflitto; le sue debolezze, le sue paure … come io avevo fatto con lei; troppe cose avevamo in comune e troppe le affinità che ci legavano. Quell’incontro non era stato causale e io non potevo perderla.

Mi alzai quasi di scatto dalla sedia portandomi di fronte a lei; le presi piano i polsi guidandola in posizione eretta; con un gesto tenerissimo alzò la testa a guardarmi dritto negli occhi vista la differenza di altezza.

“ se faccio qualsiasi cosa di sbagliato mi fermi ok? “ semplicemente mi annuì; sentivo il cuore volarmi via dal petto e nel momento in cui il suo corpo si costò al mio, avvertii anche il suo fare eco al mio.

Catturai le sue labbra, il contatto mi donò una scossa che mi percosse dall’interno. Mi rispose aggrappandosi di più a me; mi cinse i fianchi con le sue braccia allacciandosi al mio corpo come in cerca di un appiglio. Boccheggiò appena sulle mie labbra per poi socchiudere le sue e saggiare quel bacio a pieno.

Iniziai a guidarla verso la mia camera; mi fermai solo quando sentii il letto a bloccarci il passaggio. con un gesto fluido si adagiò su esso guidandomi sopra di lei tenendomi per le braccia senza interrompere quel contatto, quel bacio.

Sentivo la sua lingua scivolare sulle mia, il suo respiro sulle mie labbra farsi sempre più frenetico insieme al suo cuore che martellava contro il mio petto. Sentivo la pelle andarmi a fuoco ad ogni contatto con le sue mani che vagavano per il mio corpo. Un gemito abbandonò le mie labbra quando le sue dita si insinuarono sotto la mia maglietta iniziando a tirarla disperatamente per liberarmene.

La aiutai nella manovra e un brivido mi accolse quando mi ritrovai a petto nudo; ci pensò lei a riscaldarmi subito notando la mia pelle d’oca anche se essa non era propriamente data dal freddo ma dall’emozione. Mi cinse i fianchi con le sue gambe quando la sollevai dalla sua postazione per portarla al centro del letto avvolgendola nelle coperte. La liberai  dei suoi vestiti con estrema lentezza mentre continuavo a baciare la sua pelle che scottava sulle mie labbra; le mie mani continuavano a saggiare ogni centimetro del suo corpo; mi alzai e mi spogliai davanti ai suoi occhi lucidi che mi chiamavano a loro.

Mi si sciolse il cuore quando la vidi sporgere le braccia in mia direzione come una bambina che vuole la sua bambola preferita, sorrisi intenerito e senza aspettare oltre mi portai su di lei che mi accolse fra le sue gambe che profumavano di pesca; la sua crema per il corpo preferita mi spiegò.

Presi a baciarla ovunque, la mia bocca e la punta della mia lingua scorrevano su di lei come pioggia sulla seta; lei intrecciò le sue dita affusolate fra i miei capelli e un gemito dietro un altro seguivano le mie attenzioni. Con un gesto secco che mi sorprese guidò la mia testa a voltarsi di lato così da avere il mio orecchio all’altezza delle sue labbra; le dischiuse poco dopo averle inumidite con la sua labbra, mi prese il lobo fra i suoi denti riempiendo il mio corpo di brividi ed un gemito soffocato mi sfuggì dalle labbra; si ancorò ancora di più a me cingendomi di nuovo la vita con le sue gambe che profumavano di buono; il contatto della mia erezione con il suo corpo mi mandò del tutto in estasi e presi inconsapevolmente a muovermi su di lei mente leccava e mordicchiava piano il mio orecchio.

Entrai in lei piano, la sensazione fu ancora più intensa di quello che mi aspettavo; trovai come un senso di pace misto a sconvolgente passione; come mille fuochi che mi bruciarono da dentro incendiandomi i sensi. Iniziai a muovermi dentro quel corpo perfettamente incastonato al mio dapprima piano poi la passione e la nostra natura selvaggia prese il sopravvento e il ritmo divenne quasi frenetico. Una danza sconvolgente e famelica; entrambi chiedevamo di più, sempre di più, avevo le sue unghie piantate nella schiena a donarmi scariche di dolore e piacere, i suoi denti che piano stuzzicavano la pelle del mio collo, i nostri respiri che si incontravano e si fondevano in baci intensi e profondi e fu così fino a che il culmine del piacere non ci accolse all’unisono e ci avvolse nelle sue braccia di soddisfazione e completezza.

Mi accasciai piano sul suo corpo minuto senza uscirne. Fu lei a trattenermi ancora in lei, come a non voler lasciarmi andare così da non perdere quelle emozioni. Entrambi volevamo trattenere quel momento dentro di noi come in una fotografia da appendere alle pareti della nostra anima.

Solo dopo un tempo indefinito che a me sembrò eterno ci separammo controvoglia, ma solo per dirigerci nel bagno dove una volta entrati nella calda doccia, ci lavammo l’un l’altro; io insaponavo la sua pelle e lei faceva altrettanto con me. Ci asciugammo persino con lo stesso metodo e tutto mi sembrò perfetto; le sue gote colorate di una graziosa sfumatura rosea per via del calore che alleggiava nel bagno, i nostri sorrisi, tutto era al suo posto, tutto era come doveva essere ed io stavo davvero bene, ero felice.

Ci recammo di nuovo sul letto che ci aveva accolti fino a poco fa e abbracciandola la tenni più stretta che potevo a me.

Il suo respiro caldo sulla mia pelle mi solleticava appena e la cosa mi piaceva e anche parecchio. Non parlammo del futuro, di cosa ci attendeva il nostro domani, se la cosa poteva continuare o se invece sarebbe rimasto solo un bellissimo ricordo di quel giorno, se il panorama del tramonto sul lago lo avremmo continuato a vedere insieme o separatamente. Anche se nella mia testa si affollavano tutti questi pensieri e domande e probabilmente anche lei si stava domandando le stesse mie cose, decidemmo di goderci il momento in silenzio fino a che le braccia confortanti di Morfeo non ci accolsero esausti ma felici.

Quel che importava era che in quel momento eravamo l’uno al fianco dell’altra e per il futuro ci avremmo pensato vivendolo.

 

FINE.

Almeno per ora, non so se ci sarà un continuo, per ora resta una one shot.

La mia nuova creaturina è tutta per te amore che riempie le mie giornate e la mia vita. E’ per te e non c’è bisogno ch specifichi il nome.

Spero ti sia piaciuta tesoro

Ti adoro! <3

   
 
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