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Autore: Many8    10/02/2011    7 recensioni
Bella afflitta da un trauma che ha segnato il suo presente e il suo passato,cercherà di dimenticare quest'ultimo, ma si sa dimenticare è difficile se quasi impossibile; un Edward umano, conoscerà la nostra protagonista e... Riuscirà il nostro invincibile supereroe a cambiare almeno il futuro della nostra piccola e dolce Bella? AH- OOC- raiting ARANCIONE.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Il cioccolato bianco è quello mio preferito. Amo il suo gusto dolcissimo *sbava*.

Passiamo al capitolo.
Buona lettura.

Edward.
Il mio cuore volava alle sue parole. Non avrebbe potuto battere più veloce.
Un sorriso si aprì sulla mia faccia, uno normale, semplice, spontaneo; diverso da tutti gli altri che avevo fatto nascere sul mio volto durante la sua assenza, quelli erano di circostanza, spinti, falsi.
"Sono davvero contento, Bella."Le risposi.
Anche se amico non era ciò che desideravo. Io volevo di più da noi, volevo che ci fosse qualcosa di più tra di noi, qualcosa che andasse oltre l'amicizia; anche perchè c'era stato molto prima, non si poteva cancellare. Ma in quel momento essere suo amico mi sembrava una scelta giusta, era già tanto, un buon passo, un buon compromesso.
"Dove sei?" le chiesi, per rompere il silenzio creatosi.
"Sono... sono a casa." sussurrò balbettando. Era quasi indecisa su cosa rispondere, mi accorsi che in lei, nel suo tono c'era tristezza.
"Tu, invece? Sei in ospedale, vero?" domandò, schiarendosi la voce.
La mano destra che era rimasta a pugno sul tavolo incominciava a rilassarsi, le unghia non infilzavano più il palmo della mano.
"Sì, sono in ospedale, nel mio ufficio." incominciai. "Dimmi come è la tua casa, in che stanza ti trovi? Sei sola in casa?"
"Una domanda alla volta," disse ridendo, la sua risata cristallina, dolce, arrivò debole alle mie orecchie. C'era qualcosa che non andava in lei, ne ero sicuro, la sentivo come se fosse spenta. "Sono in camera da letto, seduta su quest'ultimo, la casa è abbastanza grande, anzi fin troppo, è completamente verde, tende, moquet, anche i rivestimenti dei divani e delle sedie, addirittura le mattonelle del bagno, mi piace il verde, ma è troppo monotono." concluse sorridendo.
"Sei da sola in camera?" le domandai, calmo. Sperai di essere abbastanza convincente e di sembrare non troppo interessato, anche se dentro di me morivo dalla voglia di
sapere.

"Sì, sono sola." disse, semplicemente.
"Jacob," sussurai,maledicendomi di averlo nominato. "Il tuo fidanzato non c'è?"
Sapevo che era lì grazie a sua madre, ma non credo che lei sapesse che la madre ,mi avesse detto di lei.
"No... aspetta, come fai a sapere di Jacob, chi te lo ha detto? Alice?"
"No, Alice non c'entra nulla," iniziai. "Me lo ha detto tua madre."
"Mia madre?" domandò scettica e sorpresa. 
"Sì, l'ho chiamata il giorno dopo, quando mi hai lasciato l'ospedale. Mi ha detto che eri a Chicago, che eri partita, con Jacob."
Passarono secondi di silenzio.
"Hai chiamato mia madre per rintracciarmi?" chiese infine.
"Sì, volevo parlarti, e non trovavo modo per farlo, quindi ho chiamato tua madre, ma mi ha detto che non eri a Seattle, che eri partita per Chicago. Avevi appena preso l'aereo, con lui, il tuo fidanzato." sospirai fermandomi più volte.
"Oh." le sfuggì.
Inconciai le gambe sotto la scrivania, portando la mano sulla stoffa dei pantaloni, asciugandola dal sudore che mi si era fomanto.
"Mi avresti parlato? Mi avresti dato almeno la possibilità di parlarti al telefono?" le domandai. "Sii sincera."
"No," un sospiro da parte sua, quella volta. "Credo che per quanto arrabbiata non ti avrei concesso nessuna possibilità."
I miei sospetti si erano rilevati esatti, avrebbe interrotto la chiamata.
"E perchè adesso hai risposto?" le parole uscirono velocemente dalla mia bocca, senza che me ne accorgessi realmente. Bella esitava, senza emettere alcun suono.
Poi improvvisamente:
"Perchè ti sei fatto sentire solo ora?"
Il mio cuore perse un battito. Aveva desiderato che la chiamassi? Anche sopo ciò che le avevo fatto?
Anche in quel momento che mi diceva che non mi avrebbe dato nessuna possibilità, mi chiedeva perchè non l'avessi contattata prima?
"Perchè avevo paura in un tuo rifiuto. Mi sono detto che avrei sofferto di più se tu mi avessi rifiutato che in questa situazione, senza sapere il responso se mai l'avessi fatto," ero sincero. "Sono stato un vigliacco."
"Meglio soffrire una volta che due?" domandò.
"Sì, meglio così." risposi. "E adesso, sei felice di sentirmi?" le chiesi.
"Sì, lo sono."
Iniziai a tremare per la felicità.
"Rispondi alla mia domanda, allora, perchè mi stai parlando?"
"Perchè..." iniziò. "Perchè adesso è diverso."
"In che senso diverso, Bella?" Pronunciare il suo nome era un'emozione unica.
"Nel senso che mi sei mancato." disse, tutto d'un fiato. "Ti sto dando questa possibilità perchè te la meriti, perchè forse quello che ho visto nel tuo studio l'ho interpretato
male. Perchè forse la mia scelta, quella di tornare qui con Jake è stata sbagliata."

Aveva riconosciuto che la sua scelta era stata quella sbagliata, se n'era pentita.
"Ti sei pentita di essere tornata a Chicago, con il tuo fidanzato?"
"Non sono pentita del tutto, qui ho fatto nuove conoscenze e ho preso al volo delle occasioni, che forse, a Seattle non mi avrebbero mai offerto."
"Ma non sei felice della tua vita, vero?" insistetti.
Sospirò profondamente, più volte, prima di rispondere.
"No, non lo sono." si schiarì la voce."Tornerò a Forks, tra una, o due settimane."
Volevo chiederle il perchè, forse il fidanzato le aveva fatto nuovamente del male? Si era pentita amaramente della sua scelta? Ripensamenti? Insoddisfazione?
"Pe-" cerco di dire 'perchè?', quando mi interruppe.
"Non va bene, questa vita non mi piace. Voglio ritornare con i miei genitori, ricapitolare velocemente la mia vita e ricominciare. Nuovamente, ma lo voglio fare."
Annuì, come segno d'intesa, anche se sapevo che lei non poteva vedermi.Era un segno di intesa più per me stesso che per lei.
"Posso fare qualcosa per te?" Era l'unica cosa che potevo dirle, darle.
"No, grazie Edward, del pensiero, ma no. Non puoi fare nulla per migliorare la situazione." il suo tono era ancor più triste, spento.
"Vorrei tanto fare qualcosa per te." dissi, un pò timido.
"Sii mio amico, mi basta questo."
Davvero le bastava un'amicizia tra di noi?
A me, no. Troppo poco.
"Lo sai vero che tra di noi non c'è solo un'amicizia, e non ci sarà mai solo quella, lo sai, vero?" raccimolai tutte le forze per dire ciò, tutto il coraggio che trovai nel mio corpo.
"Credo di saperlo," disse, tentennando."L'amicizia non fa parte di noi."
"Ma per adesso, voglio solo questo, Edward. Non affrettiamo le cose." continuò.
"Ti capisco." ammisi. La capivo, era naturale che volesse aspettare, dopo ciò che aveva creduto, e magari ancora credeva.
"Parliamo di qualcos'altro." pregò.
"Certo, dimmi tu, qualsiasi cosa." Qualsiasi cosa pur di parlare e sentirti parlare.
"Come hai passato questi tre mesi?" dimandò.
"Sono stati vuoti," ammisi. "Noiosi, monotoni. Vuoti."
Ed era vero. Erano stati i mesi più vuoti della mia vita, neanche quando Carlisle ed Esme mi avevano adottato era stato tanto vuota la mia vita. C'erano loro che me la riempivano, malgrado la mancanza dei miei genitori. Invece, in quei mesi non c'era nessun capace di tirarmi su il morale, niente e nessuno
"Ta-" si fermò, sapevo cosa volesse dire. Ma preferii che continuasse. "Tanya? Cosa le hai detto, se posso saperlo?" nel suo tono 'intravedevo' gelosia.
"Puoi saperlo, per la verità non le ho detto ancora nulla. Ho cercato in tutti i modi di scansarla, di fare in modo che non potessimo parlare, non ho voglia, in questo momento, di parlare con lei, anche perchè, per lei, non ci sarebbe buone notizie. Credo l'abbia già capito. Non c'era niente neanche quando tu eri in ospedale, Bella. Non c'è mai stato niente tra di noi, oltre a qualche bacio, mesi prima del tuo arrivo in ospedale." spiegai, riuscì a dirle ciò che volevo, magari fu troppo rissuntivo, ma in quelle poche parole poteva ben capire ciò che era la realtà.
"Devi parlarle, Edward. Ha bisogno di spiegazioni, che sinao chiare." il suo tono di voce era flebile, quasi a nascondere altre emozioni.
"Era già tutto finito prima, non trovo il motivo perchè io debba parlarle." dissi, era quasi irritato, prima andava via perchè l'avevo baciata, e poi voleva che le parlassi?
"Non spezzare anche il suo di cuore, così. Dalle delle spiegazioni, non farti sentire, evitandola non fai altro che farla soffrire. In questo momento che sia la tua ex-fidanzata poco m'importa, vorrei che le parlassi, davvero, come si deve e le spiegassi ciò che hai detto a me."
Era altruista, pur di fare del bene agli altri era capace di soffrire. Era la mia Bella.
"Me lo prometti?" disse infine.
"Non so se posso promettertelo, non mi va di parlarle." confessai. Odiavo vedere le persone che soffrivano per colpa mia, l'avevo fatto con Bella, l'avevo fatto ancor prima
con Tanya; sbagliavo sempre, e ripetevo i miei errori.

"Io spero di sì." concluse.
Ancora una volta, Bella, mi stava insegando qualcosa. Mi stava invogliando a fare ciò che non volevo fare, a fare ciò che di mia spontanea volontà non avrei mai compito.
Chiamatemi come volete, falso, ipocrita, cattivo, credule, incapace di dare e ricevere amore.
Ma non ero così; da piccolo le persone che mi erano attorno avevano avuto tante volte per chiarirsi con me, come con gli altri, ma non lo avevano mai fatto, ed io avevo preferito così, per paura, per il timore di ciò che mi avrebbero potuto dire, tutto quello che stavo vivendo non era altro che il riflesso, il continuo di ciò che avevo subito da piccolo. Avevo imparato ad essere più timido, perchè gli altri, coloro che mi circondavano lo erano; e così via.
I miei pensieri furono destati da Bella, che parlò improvvisamente, malgrado la sua voce fosse sussurrata mi fece sussultare.
"Lo sapevi?-" iniziò a dire. Si fermò per qualche minuto, le mie dita, sulla scrivania seguivano i contorni di una delle tante cartelline. "Lo sapevi che Alice mi avrebbe
chiamata?"

"No," sembrò più un sospiro che altro."Mi ha passato il telefono, ma non sapevo che fossi tu." aspettai qualche altro secoondo, entrambi in silenzio. I nostri respiri accellerati erano la sola cosa udibile. "Ma ti avrei chiamata, presto, l'avrei fatto."
La sua debole risata. Il fruscio indistinto da parte della sua cornetta.
"Credo che con questo io possa andare."
Già. Era troppo poco. Era passato troppo poco tempo, quanto dieci minuti, quindici?
Volevo parlare con lei finchè la sua voce non avesse reclamato una pausa, avrei voluto continuare a ciarlare anche delle cose più stupide del mondo. Ma doveva andare.
"Quando tornerai a Forks, ti fermerai qui?" domandai, affrettandomi, come se i minuti fossero contati e ne avessimo a disposizione ben pochi.
"Non lo so, Edward. Non lo so. Noi intanto continueremo a sentirci tramite telefono. Credo che questo come inizio vada bene, no?!"
E' sempre troppo poco.
"Credo che inizialmente vada bene." sottolineai la parola 'inizialmente'.
"Allora ci sentiamo, Edward." sussurrò, sembrava che la sua voce stesse per spezzarsi.
Volevo starle accanto per abbracciarla a me, per dirle che tutto andava bene, per confortarla.
Io ci sarei sempre stato per lei. Sempre.
"Auguri ancora, buon compleanno."
"Grazie." rispose, chissà perchè immaginai le sue gote tingersi di rosso.
"Ti voglio bene, Bella." era tanto ridicolo il mio inutile tentativo di continuare a parlarle?
"Anche io, amico." Di nuovo la sua risata cristallina e riattaccò.
Rimasi immobile per qualche minuto, guardando il muro davanti a me. La mano ancora sul telefono sul mio orecchio, sentivano continui bip, quelli che mi fecero intendere che lei non c'era più, che avrei dovuto aspettare ancora un pò per risentirla.
Quei bip, che mi fecero comprendere che tutto non fosse stato soltanto uno stupido sogno. Ma la reltà. Nitida e perfetta.
Posai il cellulare di Alice sulla scrivania, ma prima diedi un'occhiata allo schermo che lampeggiava.
Sessantatre minuti. Non aveva parlato con me solamente, ma la maggior parte del tempo sì. Quel tempo che mi era scivolato tra le mani, ma che avevo gustato attimo per attimo, ognuno come se fosse il più bello, il più emozionante, quello più prezioso.
Aprì uno dei cassetti della mia scrivania, prelevandone il contenuto.
Il quaderno giallo, quello di Bella.
Lo strinsi al petto, e quest'ultimo sembrò scoppiarmi dalla felicità.
Dovevo ringraziare la 'malefica' creatiura che aveva organizzato tutto. Alice.

"Grazie." le sussurrai all'orecchio, stringendola a me. "Sei stata gentilissima, Alice. E' stato tutto perfetto." All'orecchio di qualche malizioso sarebbe potuto sembrare
qualcos'altro, ma non m'importava di nulla.

"Oh, Edward," disse, stringendosi ancor più forte."Non sai quanto sia contenta che tutto sia andato per il meglio."
"Non so davvero come ringraziarti."ribadii.
"Ci sarà un modo." e sorrise.
"Attento che la sciupi." disse scherzosamente Jasper quandò arrivò, lasciai la fidanzata del mio migliore amico, che le cinse i fianchi con un braccio.
"Allora come è andata?" chiese facendomi un occhiolino.
"Piuttosto bene, direi." rimasi sul vado. Un grosso sorriso si aprì sul mio volto, era un sorriso di ringraziamento, per tutti.
Mi accorsi di una persona che mi camminava di fianco, bionda. La seguì con gli occhi, rendendo le persone davanti a me confuse. Mi guardavano con espressione scettica.
"Devo cominciare a mettere a posto la mia vita, e credo di dover ricominciare da lei." dissi a me stesso, anche se i miei amici mi sentirono. Annuirono entrambi. Non so se furono sinceri o perchè volevano soltanto apporgiarmi senza accettare le mie scelte. Ma per me era giusto. Lo era anche per Bella. Glielo avrei dovuto promettere, in fondo possedevo un pò di coraggio.
Mi congedai dai miei amici, seguendola e fermando Tanya.
"Posso parlarti?" chiesi gentilmente. Mi guardò scettica, e con la sua solita espressione altezzosa.
"Credo che adesso dovrei rifiutarti io, ma voglio ascoltarti." mentre parlava aveva fatto diverse espressioni col volto. Rabbia, mista ad affetto. Lei non aveva le mie stesse intenzioni, non era ancora pronta a dirmi addio. Ed aveva ragione Bella, ne stava soffrendo.
La portai nel mio studio. Le dissi le stesse identiche parole che avevo ripetuto a Bella. Pianse, ma solo un pò. Non l'abbracciai, non mi avvicinai a lei, poteva intendere il contrario delle mie parole. Le sue lacrime furono pochissime, il tempo di ricomporsi e riprendere la sua espressione altezzosa e forte. Ma lo sapevo. L'avevo conosciuta abbastanza da capire quanto fosse debole e sensibile, anche se dall'apparenza nessun mai l'avrebbe detto. Tanya era sola apparenza.
Le augurai di trovare un uomo che davvero potesse amarla, davvero.
Io l'avevo trovata, e ormai avevo rimesso a posto anche un tassello dell'immenso puzzle che era la mia vita.


"I tuoi occhi sono un libro aperto, Edward. Sei ragginate. Non lo puoi nascondere." disse mia madre, quando alla sera, a casa di quest'ultima, stavo preparando insieme a lei la cena. Mio padre ancora doveva fare rietro dal lavoro. Stavo tagliuzzando del sedano, quando mia madre mi si era avvicinata e scrutandomi mi aveva detto che ero cambiato, che ero contento e che si notava da lontano.
"Sì, in un certo senso lo sono." risposi scrollando le spalle.
"Ti va di raccontarmi?" domandò. Esme, come Carlisle, conosceva tutto di Bella, ne avevo parlato con lei poco dopo averlo raccontato a mio padre.
"Ho parlato con Bella. Con la ragazza che ho conosciuto in ospedale." l'eccitazione si poteva ben capire dalle mie parole.
"E' tornata in città?" chiese, subito.
"No, ci siamo sentiti tramite telefono, in parte mi ha perdonato, le ho spiegato di Tanya, abbiamo chiacchierato abbastanza. Mi sento soddisfatto." dissi, orgoglioso di me
stesso.

Mi abbassai alla mia destra, dove c'era mia madre, schioccondole un bacio sulla guancia.
Ero talmente felice che avrei potuto scalare il mondo, in quel momento.
"Ma... qualcosa mi preoccupa." continuai. A lei avrei potuto parlarne.
"Cosa, ti preoccupa, Edward?"
"La sua voce, mi sembrava contenta, ma allo stesso tempo vuota."
"Forse sta passando un brutto periodo, dalle tempo, vedrai che potrà tornare quella di un tempo. " Presi con la lama del coltello i tantissimi pezzettini di sedano, spostandoli in un contenitore.
"E' sicuramente così," dissi, annuendo.
Fummmo interrotti dal rumore della porta, Esme si pulì le mani sul grembiule che aveva legaro alla vita e corse da Carlisle. Si amavano davvero tanto.
"Buonasera a tutti," trillò, quest'ultimo entrando in salotto.
Anche lui aveva un sorriso raggiante.
Esme, gli si avvicinò e si baciarono teneramente sulle labbra. Presi la ciotola dal bancone, portandola vicino ai fornelli. Immersi il contenuto nel resto della zuppa calda.
"Devo darvi una buona notizia." annunciò, Carlisle, sorridendo e dirigendosi in bagno per lavarsi le mani. "Ve lo dirò a tavola, con un piatto colmo davanti." gridò dalla stanza adiacente.
Io e mia madre ci guardammo negli occhi, scrollando le spalle e sospirando all'unisono.
Mi sciacquai le mani sotto il getto potente del lavabo, mentre mia madre girava la zuppa.
Quando fu pronta la versò in tre piatti differenti, tandomene due a me ed uno a lei. Li portammo a tavola. Carlisle aveva già preso posto a capo tavola.
Iniziammo a sorseggiare con un cucchiaio, in silenzio, ognuno dal proprio piatto la zuppa, che scottante mi bruciò il labbro.
Guardavo Carlisle, che osservava il suo cibo.
"Allora? Questa notizia?" domandai, impaziente.
"Non è nulla di che. Ma potrebbe essere una buona occasione per me." disse, scrollando le spalle.
Io ed Esme lo guardavamo entusiasti e impazienti, in attesa.
"Posso partecipare ad un concorso internazionale, che mi farà avere 'crediti' per aumentare il lavoro, per la 'fama', ed anche se questo non è la prima cosa che ho pensato quando sono diventato medico, mi piace molto." si giustificò.
" Mi sembra bellissimo!"parlai, seguito da mia madre.
"Sì, è un'occasione da non perdere." iniziò. Spostando i capelli dietro l'orecchio e sorridente continuò. "Tu," disse, indicandomi,"hai l'oppurtunità di diventare primario così giovane, mentre tu," continuò rivolgendosi a Carlisle. "Hai quest'altra opportunità. Ho paura di diventare la pecora nera della famiglia." ammise, scherzosamente.
Scoppiammo tutti in una sonora risata.
Continuammo a cenare insieme, parlando, discutendo un pò di tutto. Prima che Carlisle si alzasse da tavola disse:
"Allora, visto che siete d'accordo, io devo preparare le valigie."
Io e mia madre lo guardammo straniti. Valigie? Non aveva accennato a nessuna partenza. Ma secondo lui era sottointeso.
"Ah, non ve l'ho detto." disse, corrugando le sopracciglia."Il concorso è a Chicago."
Chicago. Bella. Chicago. Bella.
Erano le uniche parole che si susseguirono nella mia mente nei minuti successivi.
Carlisle andava a Chicago, quindi da Bella.
Andava da lei. Anche se non lo sapeva. Non avevo mai parlato ai miei genitori che Bella stesse a Chicago.
"Edward, tutto bene?" mi chiese Esme, stringendomi la mano sul tavolo.
La sua era caldissima, mentre la mia il contrario.
Sentivo impallidirmi. Feci un respiro pronfondo e poi le risposi.
"Va tutto bene, non preoccupatevi."
"Sicuro?" chiese mio padre." Sei sbiancato improvvisamente."
"No, sto bene." presi un bel respiro prima di continuare. "Hai detto Chicago, giusto?"
"Sì, Chicago." rispose mio padre, sempre con la stessa espressione confusa.
Annuì.
"Vengo con te."


Avete un buon rapporto con i vostri genitori? Meglio parlare con mamma o papà? :P


Il prossimo aggiornameto non arriverà presto, devo dedicarmi ad un progetto. Sorry :S.

   
 
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