Pretend that you
want it.
Call all your friends
Tell them I'm never coming back
'Cause this is the end
Pretend that you want it, don't react
The damage is done.
Losing your memory. Ryan Star
Tyler
si accovacciò nell’erba fresca, fissando il vuoto con aria inespressiva.
Il
silenzio della notte lo inebriava con rispetto, serbando devoto la presenza del
suo riservato ospite.
Uno
spiraglio di luna filtrava pallido attraverso le fronde degli alberi,
minacciando e vegliando al tempo stesso il giovanotto dagli occhi spenti che si
nascondeva da se stesso.
Il ragazzo
inspirò debolmente, quasi si fosse stufato di dover inalare aria per
rinvigorire il corpo.
Non
aveva risposte, Tyler.
Né
pensieri.
O un
posto dove andare.
Il
ragazzo si sollevò da terra ascoltando in frantumi il fruscio cospiratorio del
vento, tentando di trarre consiglio da quel vociare concitato.
Un
posto dove andare c’era, in realtà. Tyler lo sapeva.
Ma non era caldo. E non era
candido.
E
Tyler voleva il bianco: il bianco accecante del silenzio.
Il
bianco delle nuvole che vagano leggere e senza meta.
Tyler
desiderava il bianco di un sorriso: un ghigno affilato ma docile.
Bianco:
bianco come un foglio ancora privo d’inchiostro e
sbavature. Bianco, perché non aveva
voglia di soffermarsi a leggere. Non aveva voglia di riflettere.
Tyler
accantonò in silenzio il tremore di una lacrima che aveva sorpreso all’orlo di
una palpebra.
Realizzò che era giunto il momento di
andare e si sollevò da terra, volgendo le spalle alla luna e al bisogno
impellente di rifugiarsi fra le fronde di quegli alberi per il resto della
notte.
Voleva
andare a casa.
Cristo, desiderava solo quello.
Ma non funzionava più così.
Doveva
andare.
E pretendere:
pretendere di volerlo.
Un
leggero alito di vento s’insinuò nel colletto della sua felpa, ad accentuare il
gelo di quella notte:
la rigidità di un cammino che altri
avevano tracciato per lui.
Tyler
si voltò per l’ultima volta in direzione della radura, desiderando con tutte le
forze di trovarsi fra le mura pallide e sgretolate della sua tenuta.
Solo,
come lo era sempre stato.
Ma libero dalle intemperie e dal
freddo.
Libero
dal dolore che gli trafiggeva lo sterno rendendolo di vetro e vuoto: dannatamente
vuoto.
Tyler
chiuse gli occhi e immaginò per un istante cosa sarebbe successo se solo si
fosse sforzato di credere in qualcosa all’infuori della sua natura.
Se
avesse provato a combattere per tenersi stretta la sua vecchia vita.
Forse,
si ritrovò a pensare, sarebbe riuscito a recuperare un barlume di luce.
Forse
lei, gli avrebbe teso la mano.
E lui
l’avrebbe presa fra le sue.
Se le
stringeva al petto ora, quelle mani.
E
tremava, Tyler.
Perché
era tardi.
Troppo
tardi.
Le
lacrime ricaddero tremule su uno zigomo, mentre lo sguardo rassegnato di Tyler
individuava il grigio di un camper fra le fronde.
Era troppo
tardi per chiedere scusa.
Tyler: I
didn't know what to do.
Caroline: You help your friend. That's what you do.
Tyler:
I'm sorry.
Caroline: No. It's too late. Because we are not friends
anymore.
2x13. Daddy
Issues.
Nota dell’autrice.
Ed eccomi nuovamente
qui: a rompervi le scatole con l’ennesima one-shot.
Ma sappiate che la colpa non è mia: la colpa è della
spettacolare colonna sonora di questo altrettanto spettacolare telefilm che mi
riempie la testa di flash sui vari personaggi.
Questa canzone in
particolare, mi ha fatto commuovere sin dalle prime note e ho deciso
immediatamente che avrei dovuto scriverci qualcosa sopra. La mia scelta era
inizialmente caduta sia su Tyler che su Damon (volevo
dividere la storia in due con entrambi punti di vista). Ma
poi ho deciso di occuparmi solamente di Tyler (è il personaggio di cui mi viene
più facile scrivere). Chi lo sa, magari prima o poi
arriverà anche l’introsprettiva su Damon.
Come al
solito ringrazio tutte le splendide persone che hanno lasciato un commento allo
scorso capitolo (vi voglio bene <3) e tutti coloro che hanno inserito questa
raccolta fra le seguite, le ricordate e i preferiti. Ci terrei davvero tanto a
sentire anche il vostro parere, perciò vi aspetto!^^
Un abbraccio
Laura