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Autore: Thiliol    13/02/2011    4 recensioni
Seguire Legolas e Gimli ad Alqualonde non è servito a porre fine ai loro travagli e di questo Aeglos se ne rende conto presto: i Valar sono sempre più furiosi e non hanno intenzione di perdonare le disubbidienze della Noldo, nonostante il Silmaril sia sano e salvo, e Legolas non ha nessuna intenzione di assecondare l'egoismo della sua amica pur assicurandole la sua eterna amicizia... non rimane che partire, tornare ancora una volta nella Terra di Mezzo e rimettere insieme i pezzi di una storia che sembra impossibile. Ma cosa nasconde Alatariel? Perchè è così pallida e stanca? Nonostante tutto, Aeglos sa che lui e la sua sposa non riescono a toccarsi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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How can you see into my eyes like open doors
leading you down into my core
where I’ve become so numb without a soul my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home
[ Bring me to life - Evanescence]




Aeglos: the sleeping beauty


Entrai nella sesta Cerchia, camminando leggero e curioso, quasi che non fossi mai stato in quella Città prima, ogni cosa sembrava nuova e meravigliosa, il sole illuminava le strade e i palazzi bianchissimi e li rendeva irreali.

Mi sentivo giovane, potevo quasi respirare il sentore della brezza marina, portato dal vento del sud che soffiava lungo l'Anduin.

Minas Tirith era piena di vita, uomini e donne ridevano, chiacchieravano tra loro e si affrettavano nelle loro commissioni senza badare a me, senza curarsi della presenza di quello strano elfo che non faceva altro che guardarsi intorno e camminare.

Finarfin mi aveva chiesto di andare con lui, ma avevo rifiutato, preferendo camminare per le vie della Città, chiedendomi se Alatariel fosse effettivamente giunta lì nel suo vagare, se avessi potuto incontrarla per caso mentre camminava.

Svoltai l'angolo e mi ritrovai in una piccola piazza al cui centro una fontana faceva zampillare acqua fresca e cristallina.

Mi sedetti sul ciglio di marmo e immersi una mano, beandomi della sensazione dell'acqua contro la mia pelle. Il mare mi mancava più di quanto avrei potuto pensare e quando chiudevo gli occhi l'immagine delle onde che lambivano il bagnasciuga mi riportava alla mente Valinor.

Mi ritrovai assorto ad ascoltare le voci di due fanciulle sedute accanto a me; ridevano tra loro, erano giovani e spensierate.

< È una storia così affascinante! > stava dicendo una, prendendo la mano dell'amica tra le sue.

< Ti prego, Laèr, voglio sapere come finisce! >

< Davvero non conosci questa storia? Mia madre e la madre di mia madre la raccontavano quando ero bambina per farmi dormire! >

< Sai benissimo che mia madre non racconta altro che del ritorno del Re e delle storie sulla Regina! >

Le ragazze risero, ma quella che non si chiamava Laèr insistette per conoscere il finale della storia.

< Va bene, va bene! La principessa dormì per cento anni nel castello incantato, e i rovi crebbero alti e minacciosi, finchè un dì, un giovane principe che tanto aveva udito parlare della misteriosa fanciulla addormentata, giunse per caso al castello e riuscì a entravi, trovando lì colei che dormiva. > La giovane fece una pausa lunga e fui quasi tentato di spronarla a continuare, incantato a mia volta da quella fiaba.

< E poi? >

< Il principe la vide, così bella e dormiente, con i capelli color dell'oro e le labbra rosse come una rosa e se ne innamorò perdutamente. Si chinò per darle un bacio e non appena ebbe toccato le di lei labbra, ella aprì gli occhi e pronunciò il nome del principe. " Ti ho incontrato nei miei sogni" disse, per questo conosceva già il suo nome! >

< Che storia romantica! >

< Già, e alla fine i due innamorati si sposarono e vissere per sempre felici e contenti. >

Le due ragazze sospirarono sonoramente e mi ritrovai a sospirare con loro. La principessa dormiente aveva acquistato i capelli corvini e l'incarnato pallido di Alatariel, la voce bassa e leggermente roca che aveva quando era triste, la nota più acuta che assumeva nei suoi scatti d'ira... la immaginavo distesa su un letto di seta, mentre apriva gli occhi e mi guardava.

Rbbrividii e mi agitai sul posto, guadagnandomi un'occhiata stupita da parte delle giovani. Mi osservarono, probabilmente incuriosite del vedere un elfo camminare in città, e si affrettarono ad andare via, lasciandomi solo.

Quella storia mi aveva turbato, mi aveva dato l'impressione che qualcosa nella mia ritrovata serenità mancasse, qualcosa che non aveva solo a che fare con Alatariel ma con me stesso.

Mi alzai e ripresi a girovagare senza una meta precisa, perdendomi nelle viuzze strette dove persino il sole faticava ad entrare. Cosa avrei fatto se non avessi trovato lì la mia sposa e mio figlio? Dove sarei andato?

C'era la solida possibilità che passassero anni prima che Alatariel si rifacesse viva e non avevo la certezza che ciò che io avevo compreso bastasse perchè potessimo essere felici. Mi mancava immensamente, eppure non era più una sofferenza non averla accanto, non mi sembrava più di morire lentamente, giorno dopo giorno... era piuttosto come tanti anni addietro, quando eravamo solo amici, quando davvero sentivo che mi era vicina e nessun turbamento era ancora giunto, nessuna menzogna ci aveva separato.

Mi sentivo leggero, mi sentivo giovane e innamorato e fantastcavo sull'aspetto di mio figlio.

Se Legolas fosse stato lì, probabilmente avrebbe riso, offrendomi un bicchiere di vino, poi avrebbe iniziato a cantare una ballata della sua gente, una di quelle allegre che improvvisava quando era un ragazzo.

Eppure una nube si profilava all'orizzonte dei miei pensieri, ne velava leggermente il chiarore... in quella fiaba la principessa aveva un figlio? Probabilmente il principe l'avrebbe cercata lo stesso, senza curarsi di quanto lei lo avesse fatto soffrire, di quanto fosse arrabbiato. Un principe non si sarebbe vendicato della sua bella principessa dormiente.

Ma io non ero un principe.



C'era un uomo che veniva verso di me, uno strano uomo che mi fissava. Sembrava indeciso, come se in lui ci fosse una profonda lotta interiore, sentivo distintamente che avrebbe voluto far finta di non avermi visto, ma doveva venire da me. Alla fine si avvicinò cautamente, senza mai distogliere lo sguardo, fissando i suoi occhi nei miei. Era alto e slanciato, diverso dagli altri uomini che vedevo in Gondor, nonostante portasse la divisa dei Capitani della Torre Bianca.

Solo quando fu a pochissimi passi da me riuscii a riconoscerlo: erano passati forse cento anni, non avrei saputo dirlo esattamente, dall'ultima volta che avevo visto Finrod Felagund e mai avrei pensato che un elfo potesse cambiare tanto... invecchiare in quel modo! Aveva un accenno di barba e sottilissime rughe sulla fronte un tempo liscia e perfetta, solo gli occhi non avevano perso la loro luce, la luce brillante che lo aveva reso grande tra i Noldor.

< Sono felice di vederti, Finrod. > dissi inchinandomi leggermente non appena mi ebbe raggiunto.

< Non credo, > balbettò quasi, agitato, < non credo di poter dire lo stesso. >

Ora che mi stava di fronte evitava il mio sguardo.

< So che non saremo mai amici, eppure lo desidererei. >

< Credimi, nonostante tutto provo dell'affetto per te, Aeglos, più di quanto vorrei. Non vorrei vederti qui, ora, non vorrei dirti ciò che devo. >

Lo guardai, attendendo che si spiegasse, ma sembrava quasi che ne avesse paura.

Era sfatto e dall'aria stanca, come se fossero passati molti giorni dall'ultima volta che aveva dormito.

< Mio padre Finarfin mi ha riferito che eravate giunti qui insieme ma che non lo avevi voluto seguire. >

< Ho preferito lasciare che ti incontrasse da solo. >

Stava prendendo tempo, eludeva il discorso e mi spazientiva.

< Per favore, parla! Dimmi cosa succede! >

Trasalì e la colpa gli si dipinse in viso, chiara e netta.

< Non avrei dovuto parlare con lei, non avrei... > sospirò, < non porta che dolore e sofferenza ogni volta che si avvicina a me, mi confonde, mi rende debole... ed io sono stato sciocco e superficiale e crudele! >

Gli afferrai un braccio di scatto e lo sentii tremare. Era sconvolto e disperato come era accaduto tanti anni prima e vedevo nei suoi occhi che Alatariel era lì, che era a Minas Tirith e che aveva creduto che io fossi morto. Vedevo la morte aleggiare intorno alla figura luminosa di Finrod.

< Vai alle Case di Guarigione, > sussurrò, < la troverai lì. Finarfin veglia su di lei. >

Lo lasciai e iniziai a correre, correre e correre, come mai avevo fatto in vita mia. Mi sentivo come il principe di quella fiaba e i rovi intricati mi attanagliavano e mi ostruivano il passaggio.

Perchè stavo andando? Non sapevo se desìsideravo rivederla, se avrei preferito aspettarla... ma la stavo perdendo, mi dissi, la stavo perdendo da troppo tempo ormai, ci eravamo allontanati l'uno dall'altra, anche quando ci toccavamo, anche quando era mia, mai eravamo stati vicini. Mi sembrava che la nostra storia si riducesse a quel primo, disperato bacio sul Molo di Alqualonde, solo quell'istante e nient'altro se non solitudine, bugie e speranze sempre vane. Stava scivolando silenziosamente via da me, credeva di potersi permettere di abbandonare il suo corpo, me, suo figlio, il suo egoismo mi infiammava e continuavo a correre a perdifiato per le strade strette della Città.



Ansimavo, il respiro mi si mozzava in gola e il cuore mi batteva a ritmo forsennato tanto che mi rimbombava nella testa. La porta era socchiusa e mi bastò spingere leggermente per entrare nel giardino curato e profumato d'erbe. Lo attraversai velocemente ed entrai in un atrio su cui si affacciavano molte stanze, ma non avevo modo di sapere dove fosse Alatariel, nè se fosse viva.

Ero furioso, furioso per la sua incredibile testardaggine, per il suo stupido orgoglio e perchè ogni suo gesto doveva sempre essere estremo. Le avrei perdonato tutto, persino il sangue sparso ad Alqualonde, ma non avrei mai potuto perdonarla se avesse lasciato solo suo figlio... nostro figlio!

< Aeglos! > Finarfin mi chiamò da una stanza laterale.

Corsi da lui e la sua espressione seria, tremendamente in contrasto con il largo sorriso che lo aveva animato in quegli ultimi giorni, mi fece contorcere le viscere.

< Cosa accade, Finarfin? > la voce mi uscì in una supplica soffocata, una strana sensazione di fatalità che si faceva largo a forza in mezzo alla mia rinnovata serenità.

Perchè ci avevo messo così tanto a capire? Perchè eravamo stati così stupidi ed egoisti?

Lo scostai ed entrai nella piccola stanza illuminata dal sole. Per un momento rimasi sorpreso di quello che vidi e non riuscii a muovermi, solo dopo parecchi minuti mi riscossi e andai verso l'ampio letto che si trovava  proprio sotto la finestra. Un raggio di sole illuminava il volto cinereo di Alatariel, metteva in risalto le occhiaie pesanti che le incorniciavano gli occhi chiusi, le labbra di un innaturale colore violaceo. Aveva una lunga veste  nera, di lino leggero e tremendamente femminile, il tipo di abito che, ne ero certo, non avrebbe mai indossato da sola; la sua abituale casacca e i calzoni erano appoggiati su una sedia, sporchi di sangue in più punti. Il nero scuro  della stoffa la faceva apparire evanescente e fragile, come un fantasma.

Rimasi lì a fissarla sbalordito e incapace di muovermi, pensando che era così diversa dalla mia amata Alatariel, che era più simile alla principessa dormiente di quella fiaba raccontata dalle due ragazze di Gondor.

Le toccai una mano e mi ritrassi di scatto: era gelida e sottile, magrissima.

< Finarfin, cosa le è accaduto? >

Non mi ero accorto di essere così spaventato. Avevo avuto tanti, troppi, progetti, avevo capito come poterla amare ed accettare, avevo capito persino che il mio bisogno di lei era totale e completo, ma non insano... non potevo aver perso la battaglia, non  poteva andare via così.

< Miriel si addormentò nei giardini di Lòrien e non si svegliò più, > disse Finarfin, < giace ancora lì, esattamente come lei. >

Mi voltai e le lacrime sul volto di Finarfin mi atterrirono più del pallore di Alatariel.

<  Non posso neanche addossarmi la colpa di tutto, > mormorai, < lei si è sempre allontanata da me, ed io ero tanto stupido da credere che averla significasse tenerla avvinta a me con ricatti e false promesse. Oh, Finarfin! Avrei dovuto capirlo prima e forse Alatariel lo avrebbe capito a sua volta! >

< Non dirlo, Aeglos, io la conosco a fondo e sono sicuro che lei lo ha capito. >

< Ma si è lasciata andare credendo che io l'attendessi, da qualche parte al di là del Mare... >

Finarfin mi afferrò e mi costrinse a guardarlo negli occhi.

< Non pensarlo, non pensarlo nemmeno! Solo pochi giorni fa eri felice e desideravi tuo figlio. Tuo figlio è qui, Aeglos, e non deve venirti in mente di lasciarlo solo! >

Mi sembrò di riemergere dall'apnea e respirare l'aria gelida dell'inverno. Mio figlio, il bambino di cui non conoscevo nè il volto nè il nome.

< Vieni, devi pensare ai vivi. >

Mi prese la mano e mi condusse in una stanza attigua. Lo seguii senza accorgermi di nulla, solo il volto di Alatariel davanti agli occhi e il vuoto nel cuore.

La stanza era piccola, ma anche lì il sole  splendeva luminoso e  cadeva  su una culla di legno finemente intarsiato.

Mi avvicinai cauto, impaurito quasi di ciò che avrei potuto vedere.

Il bambino era minuscolo, con un unico e folto ciuffo di capelli neri che non coprivano completamente la testa e mettevano in risalto  le delicate orecchie appuntite.  Mi sporsi su di lui e lo accarezzai dolcemente sulla sua piccola guancia morbida e lui si mosse, afferrandomi il dito e stringendo. Sentivo le lacrime bagnarmi copiose il volto, finchè non mi ritrovai in ginocchio, la testa poggiata sul petto di mio figlio, scosso da singhiozzi irrefrenabili.

Era così piccolo, così meraviglioso e indifeso. Mio figlio. Mi stringeva il dito continuando a dormire profondamente, il suo respiro simile a musica per me.

Piansi, piansi come non avevo mai pianto, bagnando di lacrime il piccolo elfo ignaro di tutto.

Potevano essere trascorse ore o solo qualche secondo, non avrei saputo dirlo, quando riuscii a riprendere il controllo di me stesso e ad alzare la testa per poter studiare fin nei minimi dettagli il visino di mio figlio:  aveva una bocca  grande e leggermente corrucciata come quella di Alatariel, ma il naso era sottile e  all'insù come il mio... era una perfetta fusione dei nostri aspetti e il fuoco del suo spirito brillava forte e lucente nonostante non avesse che poche settimane.

< Alatariel si sveglierà, vedrai, lei... lei non è morta... >

< Ne sei convinto, Finarfin? In fondo non voleva questo figlio, non voleva questo legame con me, qualcuno con cui si sentiva in trappola. >

< No, non dire così, sai che non è vero, sai che Alatariel dice e fa tante cose che non pensa sul serio, lei ama questo bambino... > Finarfin esitò e io mi voltai a guardarlo. Aveva gli occhi chiusi e sembrava tremendamente triste.

< Lei lo ha chiamato Silevril. >

Spalancai gli occhi. Silevril, come il Silmaril che aveva sempre governato la vita di Alatariel, il maledetto Silmaril che l'aveva allontanata inesorabilmente da me , che aveva scavato il fosso in cui lei era caduta senza che io facessi nulla, senza che nemmeno me ne accorgessi.

Ma forse non era troppo tardi, forse Alatariel si era resa conto di quanto la sua vita gli si stesse chiudendo attorno, di quanto era difficile entrare in contatto con lei. Forse Silevril rappresentava la sua nuova vita, rappresentava la vittoria contro se stessa, contro un'ossessione che la stava conducendo alla morte.

< Non è troppo tardi, Finarfin, > dissi, < non è tardi. >



Avevo capito ed era stata come un'illuminazione. Ero io il principe della fiaba e Alatariel non era morta. Avrei afferrato la sua mano sul ciglio del nero abisso e l'avrei risollevata. Nella fiaba il bacio del principe risvegliava la fanciulla dai capelli d'oro e la labbra rosse... ma la mia principessa aveva labbra esangui e capelli d'ebano ed io non ero sicuro di ciò che avrebbe fatto una volta sveglia. Probabilmente non saremmo mai vissuti felici e contenti, probabilmente Alatariel sarebbe stata ancora lontana, o forse avremmo capito e lei avrebbe potuto vagabondare nella Terra di Mezzo per poi tornare a casa, da me e da suo figlio, e avremmo potuto amarci davvero.

Silevril dormiva ancora nella sua culla, tranquillo, completamente ignaro di tutto. Il pensiero di lui mi scaldava, rendeva meno duro il vedere Alatariel stesa sul letto bianco.

Finarfin stava in disparte, nell'ombra, e bisbigliava nell'orecchio di suo figlio Finrod, come se preferisse non pensare a noi.

Mi avvicinai e sedetti sul letto; scostai una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso e l'accarezzai sulla guancia gelata.

< Vuoi andartene ancora, Alatariel? Non mi importa se vaghi per la Terra di Mezzo, se ogni cento anni sparisci per poi tornare di notte e fare come se non fosse accaduto nulla... non mi importa più, non ho bisogno di questo per amarti, ma non puoi lasciare il tuo corpo, non puoi andare via e abbandonare tuo figlio. Mi senti, Alatariel? Sono vivo, sono vivo e sono qui per riportarti alla luce! >

Mi chinai e la baciai sulle labbra. Era il bacio del principe, il bacio che l'avrebbe risvegliata.

Spalancò gli occhi e gridò. Non sorrise, non si guardò intorno, gridò e basta. Era un urlo terrorizzato e i suoi occhi sbarrati non vedevano nulla.

Finarfin scattò in avanti e fece per avvicinarsi, ma lo fermai con un gesto della mano e strinsi Alatariel al petto.

< Alatariel, Alatariel, non c'è più tenebra, calmati! >

< No! > si divincolò, < Non mi avrai, maledetto! Lasciami in pace, non vedi il sangue che ci imbratta? E ora ti sei fatto come lui per costringermi a venire con te! >

Mi spinse via e si alzò dal letto, magra e scarmigliata, con gli occhi folli che si guardavano intorno.

< Silevril! > singhiozzò, < devo tornare dal mio Silevril! >

Mi avvicinai tendendo una mano, cauto come quando si tenta l'approccio con un animale ferito. Mi guardava con sul viso una maschera di terrore e lessi nei suoi occhi che mi avrebbe attaccato, che desiderava uccidermi.

< Aeglos, attento! > gridò Finarfin appena prima che Alatariel si avventasse su di me.

La bloccai, ma mi sbilanciò e caddi trascinandomela in terra.

< Non è Fëanor, Alatariel! >

Finarfin la fece alzare a forza e la strinse a sè e lei si aggrappò a lui come una bambina.

< Oh, mio caro Arafinwë, Aeglos è morto. >

< Non sono morto, Alatariel, ti prego smettila! >

Sembrò bloccarsi, rigida tra le braccia di Finarfin, e si voltò, trafiggendomi con il suo sguardo. Era uno sguardo limpido, fiero e mi diede i brividi. La mia mente tornò a quando l'avevo vista ritta e fiera al mescolarsi delle luci. Sei tu Aeglos il cantore?  la sua voce era alta per farsi sentire sopra il suono delle onde e ne ero rimasto folgorato. Avevo amato i suoi occhi e la sua voce e li amavo ancora come allora.

< Sei tu, Aeglos? > mi chiese, sciogliendosi dall'abbraccio di Finarfin per mettersi di fronte a me. Mi scrutava proprio come quel giorno, con un misto di stupore e curiosità.

< Sono Aeglos il marinaio, Alatariel, non mi vedi? > tremavo.

Alatariel si avvicinò ancora di più e mi poggiò una mano sul petto, incrociando i suoi occhi con i miei. Era seria e concentrata e sembrò riflettere.

< No, sei Aeglos il cantore. > disse.

E improvvisamente mi sorrise.

Avevo quasi paura di toccarla, ma lei mi si fece incontro e mi baciò, affondando le dita tra i miei capelli. La strinsi e mi persi in quel bacio e mi parve di non averla mai baciata davvero. Non c'era la passione disperata, non c'era la paura, non c'era più niente.

< Dov'è Silevril? > chiese infine, senza allontanarsi, le braccia ancora intorno al mio collo.

La condussi nella stanza accanto e la guardai mentre prendeva il piccolo tra le braccia, lo stringeva e lo baciava. Era talmente bella che avrei potuto piangere di commozione, la mia Alatariel e nostro figlio, proprio davanti ai miei occhi. Ed erano miei per sempre.

< Hai visto, Aeglos? > sorrise alla mia volta, allegra come una fanciulla, < ho prestato fede al Giuramento, ho conquistato il più prezioso dei Silmarils > .

Mi tese la mano e la presi, intrecciando le nostre dita. Improvvisamente mi accorsi che là dove vi era stato un guanto di seta a coprire una bruciatura, c'era ora unicamente la pelle liscia e intatta.

< Mi avevi promesso che saresti tornata da me. > le dissi.

Si tese per sfiorarmi le labbra con le labbra.

< Sono tornata. >

< Come sempre? >

Alatariel sorrise e guardò fuori della finestra. Il cielo era limpido e azzurro e Finarfin stava uscendo in quel momento dal cancello delle Case di Guarigione, agitando la mano alla nostra volta in segno di saluto.

< No, per la prima volta. >







Ed eccolo qui, l'ultimo capitolo della storia! Spero che vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato il riferimento alla Bella Addormentata, fiaba che ho sempre amato e che mi sembrava particolarmente esplicativa sia della situazione che dell'intera storia di Aeglos e Alatariel.


Vi posto qui gli ultimi "volti" che ho scelto per interpretare Finarfin e Finrod: rispettivamente Alexander Skarsgard e Ben Barnes, vi piacciono? Proponetemi i vostri!

Sabato 20 Febbraio non mancate all'epilogo definitivo!

   
 
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