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Autore: bannie    13/02/2011    4 recensioni
Lanciare bicchieri in testa a Squalo è divertente. Lanciare boccali di birra lo è ancor di più. Magari non per Squalo, ma questo non è importante. Per qualcuno poi bere un bicchiere d'acqua la notte non sarà più tanto divertente.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Superbi Squalo, Xanxus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bicchiere~

Le possenti mani stringevano saldamente il bicchiere in vetro ormai quasi vuoto. La sua unica occupazione, in quei noiosi giorni che si succedevano l’un l’altro come una lenta e monotona melodia infinita, era quella  di trangugiare qualsiasi tipo di alcolico trovasse nei mobili - bar della residenza. Alcune volte, a sommarsi a quella, vi era il rituale del ‘lancio del bicchiere contro Squalo’, purtroppo -in particolare per i nervi di Xanxus- lo spadaccino era un po’ che non si vedeva: probabilmente, dopo l’ultimo boccale di birra che aveva ricevuto vicino ad una tempia, stava cercando di evitare qualsiasi contatto con il suo superiore.

Il boss dei Varia poggiò il bicchiere sul tavolo posto accanto alla poltrona su cui, stravaccato, sedeva; il rumore poteva essere paragonato ad uno sparo, oppure alla rovinosa caduta di un oggetto pesante sul pavimento. In realtà era soltanto il nervoso che saliva: la noia lo stava torturando, e l’unico modo che conosceva per distrarsi era dare fastidio e, non essendoci il secondo in comando in giro, optò per il bicchiere. Essendo ancora integro dopo lo schianto, non contento, lo lanciò contro la porta.

Gli mancava, in fondo.

 

Girava il sottile anello continuamente, muovendolo intorno all’anulare, sfilandolo e rindossandolo. Erano ormai ore che si dedicava soltanto a quel silenzioso movimento, con lo sguardo perso nel vuoto. Superbi Squalo, non si curava di nessuno, immerso nella perpetua confusione creata da Belphegor e Lussuria che, per sua fortuna, neanche ascoltava. Sul suo volto troneggiava una benda bianca che gli cingeva la fronte, coprendo il livido procuratogli da Xanxus. Odiava quell’uomo, tutte le volte che lo vedeva, sia che fosse nervoso o semplicemente annoiato, gli lanciava qualcosa in testa, in particolare fungevano da ‘proiettili’ i bicchieri dal pregnante odore di alcool che aveva perpetuamente in mano. Subito dopo, naturalmente, il povero Squalo urlava sempre lo stesso monosillabo «VOOOOOIII!».

Quella volta però il dolore che aveva causato il boccale lanciato contro il suo volto aveva superato la soglia della sopportazione. Lo spadaccino, dopo aver gridato, era sgattaiolato, iracondo, fuori dalla stanza del Boss, e si era rifugiato nel salotto dove aveva iniziato a maledire il suo superiore.

“È andata bene che non mi ammazzato, quel cretino!” e quello stesso ‘cretino’ era fortunato ad essere un gradino più alto nella scala gerarchica dei Varia, altrimenti sarebbe stato sicuramente trapassato dal vero amore di Squalo: la sua spada.

In quel momento però, si sfilò l’anello della pioggia, e lo lanciò contro Lussuria. Maledetto, maledetto Xanxus, lui ed i suoi stupidissimi bicchieri puzzolenti di Vodka! Quanto lo detestava, lo avrebbe soffocato a mani nude, se solo lo avesse avuto a portata di mano. Se solo non gli fosse affezionato. Dio, se gli mancava, in fondo!

 

Il volto abbandonato sul poggiatesta della morbida poltrona, gli occhi socchiusi e le gambe allungate sul tavolinetto, tanto per sporcare un po’ con i suoi stivali terrosi tutto ciò che vi era sopra. Xanxus sonnecchiava, dondolando un braccio penzoloni, mentre l’altro, abbandonato sulla pancia, sorreggeva l’ennesimo bicchiere vuoto. Stava cercando l’inesistente voglia di alzarsi e trascinarsi in cucina, quegli idioti dei suoi sottoposti non gli avevano portato niente di decente da mangiare, prima o poi si sarebbe mangiato loro. Dov’era squalo quando serviva? Lui era effettivamente l’unico che riusciva a tenerlo ‘buono’, o almeno a non farsi uccidere per un filetto di manzo troppo cotto.

Come un felino stanco si alzò, stiracchiandosi leggermente le braccia, ed uscì dalla stanza, aprendo la porta con un calcio, poco importava se era notte e magari la gente voleva dormire.

La fioca luce del corridoio, sommata a quella pallida lunare, illuminavano il cimitero nella stanza del Boss dei Varia: bicchieri frantumati, bottiglie aperte, vuote o quasi, sparse sul pavimento, cartacce e qualche libro aperto sul pavimento, tutti sporchi della fanghiglia che lui si portava dietro da giorni, residuo della passeggiata mattutina in giardino.

Xanxus sbuffò e si voltò, osservando quel paesaggio devastato, poi attraversò la porta per andare a prendere la bottiglia di Rhum che stava bevendo fino a poco prima, per utilizzarla come bevanda durante lo spuntino di mezzanotte. Mentre vi si avvicinava, calpestando quell’insieme di oggetti sporchi, i suoi occhi incontrarono il profilo del bastone di un vescovo, spezzato a metà. Le sue labbra si incresparono in un ghigno. Quella volta Squalo aveva afferrato il bastone e lo aveva troncato a metà, affermando soddisfatto che non aveva bisogno di andare a sentire qualcuno parlare di una seconda vita pacifica o di un’eterna dannazione, lui aveva già entrambe. Xanxus lo aveva lasciato fare, tanto non avrebbe saputo cosa farne di quello scettro consacrato, e, quella stessa volta, non aveva capito minimamente le parole dello spadaccino, pensando che fossero effetto dei troppi bicchieri di alcolici bevuti.

Il ghigno cadde, mentre le gambe superavano con un solo passo quell’oggetto infranto, e le mani strinsero la bottiglia fredda. Xanxus si voltò, e con decisione uscì per la seconda volta dalla stanza per recarsi nella cucina.

 

Alla fine si era addormentato, e nessuno aveva avuto il coraggio di svegliarlo e ciò non perché facesse particolarmente tenerezza, o fosse così carino mentre dormiva, ma semplicemente perché tutte le volte che qualcuno lo disturbava iniziava a sbraitare ed a cercare di uccidere lo sfortunato. Perciò Squalo, aprendo lentamente le palpebre, sbattendole un paio di volte, cercò di capire dove fosse. Si mise a sedere, constatando che Morfeo lo aveva trascinato nel mondo dei sogni sul divano del salotto, anche piuttosto scomodo. Fu per questo che si alzò dopo qualche minuto, camminò con lo stesso passo traballante ed assonnato di un ubriaco, nonostante non avesse bevuto un sorso di alcolici da giorni;  piano piano la sua camminata acquistò sicurezza, così come il suo umore nero. Si stava calmando, e pensava alla dormita che si sarebbe fatto,  ed alla missione del giorno dopo, finalmente non avrebbe passato il tempo ad annoiarsi.

Soltanto una pallida luce illuminava il corridoio che lo spadaccino stava percorrendo. “Quegli idioti devono cambiarle le lampadine quando non fungono! Domani mi sentirà, quella feccia!” I suoi pensieri furono però interrotti dalla visione di una figura che usciva da una stanza. Una figura ben nota.

 

I loro occhi si incontrarono, uno sguardo neutro, piatto, l’aumento della camminata da parte di entrambi, il pensiero delle parole dell’altro nella mente del moro, il rumore del pulsare del sangue nella tempia dell’albino. La tensione che si tagliava con un coltello. Un movimento rapido di uno, verso il lunghi capelli dell’altro, una mano che si serrava sul lembo del soprabito del primo.

Fra le dita di Xanxus scivolavano lisci come seta i capelli candidi di Squalo, che, a sua volta, stringeva la stoffa calda dell’indumento del suo Boss. I loro occhi si incrociarono, uno sguardo profondo, sprezzante, dispiaciuto, triste e, in un certo senso affettuoso. «Ti odio, Boss» affermò il secondo in comando, fermandosi. «Tsk, l’hai già detto che sono il tuo inferno, feccia» ribatte l’altro, immobilizzandosi, e passando la sua mano fra i lunghi capelli setosi. Le labbra di Squalo si incresparono in un sorriso «allora, in fondo, un po’ di memoria e cervello li hai anche tu». Xanxus si voltò, lasciò i capelli dell’altro e con quella mano andò ad allentare la stretta sulla sua giacca, fino ad annullarla, poi, con la sua solita delicatezza, abbandonò la testa sulla spalla di Squalo, e cinse il suo busto con le braccia.

«Puzzi di rhum» il volto del moro aveva quell’odore, lo stesso odore di sempre, Squalo ormai non ci faceva più caso, ma non si lasciava comunque mai scappare il momento di rinfacciarglielo; l’altro sbuffò, e chiuse gli occhi «sei noioso, guarda che ti leggo la bibbia, se non la smetti» ribatté, prima di sorridere, quando il fruscio dei capelli dell’albino gli giunse all’orecchio, e sentì il suo volto ed il suo respiro sulla sua guancia.

«Te l’ho già detto, non ho bisogno di morire per andare all’inferno o in paradiso, li ho già, entrambi, qua».

Xanxus abbozzò un sorrisetto «e allora smettila di lamentarti, non ti ho fatto poi così male, era solo un boccale di birra, in fondo». L’interpellato scosse con un piccolo movimento la testa, in segno di dissenso, poi strappò dalle mani dell’altro la bottiglia ancora abbastanza piena, la lasciò cadere a terra e si girò.

Le loro labbra si incontrarono, i due si baciarono, con ardore, e la luce fioca di quelle inutili lampadine morì definitivamente, forse spenta da qualcuno, mentre i loro volti erano illuminati dal chiarore della luna.

Levi, sconvolto, da quella sera non osò più alzarsi per andare a bere un bicchier d’acqua di notte.



writer's place~

Questa è stata la mia prima fanfiction, ok, non porpio la prima, avevo scritto una paginetta su Kuroshitsuji, e ne avevo iniziata una di un paio di pagine sempre sullo stesso, ma giacciono in un quaderno, e dubito verranno mai riscritte X°°D Quindi considero questa SansaSqualo la prima FF  >w< scritta su costrizione di mia sorella. Praticamente dovevamo scrivere qualcosa su Xanxus e Squalo che contenesse questa parole: vescovo, mano, soprabito, tavolo, anello.
Probabilmente i poveri Sansa e Squaro (?) sono OOC.
Ringrazio chi avrà il coraggio di leggerla ♥

Bannie
  
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