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Autore: Ely79    13/02/2011    5 recensioni
Harry è morto. Il doppiogioco di Piton è stato smascherato. Lord Voldemort ha trionfato ed i Mangiamorte con lui. Qualcuno però non si arrende e continua a mettere in difficoltà i seguaci del Maestro, aleggiando funesto sulle vite dei suoi adepti e sui sogni dei giovani Purosangue.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Rabastan Lestrange'
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3 agosto 2017
Camera padronale, Lestrange Hall, Cornovaglia

Era notte fonda quando Elanor aprì gli occhi sul letto vuoto. Si mise a sedere, passando una mano sul cuscino del marito, impensierita. Era da molto tempo che non le capitava di andare a dormire senza di lui. L’ultima volta era stata alcuni mesi dopo la nascita del loro bambino, la notte della Grande Battaglia di Hogwarts.
Ricordava bene quella notte, il silenzio denso che avvolgeva lei e suo figlio, un cielo di velluto senza stelle, il respiro quieto dei cani accucciati ai piedi del letto ed il russare sommesso di un elfo domestico nell’armadio. Quella notte il piccino aveva dormito beato, lamentandosi sommessamente al momento di reclamare la poppata notturna, quasi intuisse la solennità del momento. O forse, era stata l’attesa spasmodica di notizie che le aveva fatto vedere le cose sotto un’ingannevole luce.
Udì il suono dell’acqua che si muoveva nella vasca. Fu allora che scorse un debole baluginio filtrare dalla porta del bagno padronale.
Trovò il marito che si stava spogliando della divisa nera, assistito da un vecchio elfo domestico. Non aveva indossato la maschera, come d’abitudine quando faceva da scorta al Grande Lord.
Congedò l’elfo con un cenno del capo, decisa a prendersi cura del suo sposo. Faceva sempre molto per lei e i ragazzi, per la loro felicità. Coccolarlo dopo una lunga giornata al seguito del loro Signore era il minimo che potesse fare per dimostrargli quanto l’amasse ed apprezzasse la sua dedizione.
Rabastan restò immobile, osservando la moglie slacciare uno ad uno i bottoni della camicia.
«Perdonami. È molto tardi» disse, approfittando della vicinanza per baciarla.
«Perdonami tu, non ti ho sentito entrare. Sai che non mi piace che gli elfi di casa si arroghino i miei diritti di consorte» rispose, sorridendo dolcemente.
Rabastan terminò di svestirsi e s’immerse lentamente nella vasca, i muscoli indolenziti dalle ore trascorse sull’attenti, accanto al Maestro. Quel giorno erano stati nel luogo conosciuto come lo Scrigno, dov’era detenuto colui che aveva osato prendersi gioco dell’Oscuro Signore: Severus Piton. Bellatrix aveva più volte avanzato la pretesa di porre fine ai giorni di un essere tanto abbietto, ma aveva ricevuto sempre netti rifiuti. Lui desiderava che il più subdolo dei traditori restasse in vita a lungo, per poter vedere coi propri occhi la totale disfatta dei piani di Silente. Erano rare le volte in cui il Lord Voldemort rivolgeva la parola al prigioniero e quando lo faceva, il suo tono di scherno si faceva tagliente come una lama. Piton non replicava, chiuso in un ostinato mutismo, oppure si lasciava andare a risposte sarcastiche, che venivano immancabilmente ripagate con interminabili Cruciatus. S’intestardiva a voler credere in un mondo che non sarebbe mai esistito, se non nelle vuote parole di un vecchio ormai polvere.
«Che succede, mio buon signore? Non è da voi lasciarmi sola con Morfeo» scherzò, accarezzandogli i capelli.
La permanenza ad Azkaban li aveva ingrigiti, ma da quando era tornato da lei, dopo quella fuga rocambolesca, il tempo pareva essersi fermato. Non un solo filo d’argento era più ricomparso fra le ciocche bionde. Molti malignavano che i Lestrange possedessero una sorta di Elisir dell’Eterna Giovinezza, che sgravava il loro aspetto dei segni del tempo. In effetti nessuno avrebbe mai detto che l’indomani Rabastan avrebbe compiuto sessant’anni.
L’uomo non rispose, lasciandosi scivolare un poco sul fondo della vasca, fino a che i suoi occhi furono alla stessa altezza di quelli della moglie, accosciata sul pavimento. I suoi gesti gentili e la tenerezza con cui lo trattava erano preziosi e potenti quanto un raro balsamo orientale, capace di scacciare la stanchezza e i pensieri più tetri.
«Rabastan?» chiamò sottovoce.
Sapeva che quando suo marito taceva tanto a lungo, significava che c’erano notizie difficili da narrare. Lasciò che meditasse sulle parole, prendendo a massaggiare il torace massiccio con una spugna. Nell’aria si diffuse profumo di mirto e noce moscata, che seguivano il lento muoversi della mano tra la pelle e l’acqua calda che l’avvolgeva.
«C’è stato un attacco. Vitalij è morto» rispose infine lui.
La spugna cadde con un tonfo molle nella vasca.
«Cielo… il… nipote del dottor Dolohov?»
Elanor doveva molto a quel mago, che le aveva indicato la cura con la milza di Opaleye quale soluzione alla sua cronica debolezza. Cura che si era rivelata fondamentale per la sua guarigione e la nascita dei loro figli.
«Sì. Non c’è stato nulla da fare».
«È stato… Griffinheart?» domandò titubante la donna.
Quel nome le dava i brividi pronunciare. Era a causa di quell’uomo se il paese non viveva in tranquillità. Lui e la sua banda di rinnegati, di delinquenti, si opponevano al governo di Lord Voldemort ed alle sue mire espansionistiche. Proclamavano la libertà delle unioni miste e l’assurdità secondo cui i NatiBabbani erano maghi come gli altri. Chiamavano il Grande Signore Colui-che-non-vincerà.
«No, alcuni dei suoi. Lui non era presente a quanto ne so».
«E Cesar?» chiese ansiosa.
Immaginare che il maggiore dei loro figli fosse rimasto coinvolto in qualche modo la spaventava a morte. Aveva sperato che non seguisse le orme paterne, nel timore che potesse accadergli qualcosa. I nemici si facevano più agguerriti e gli scontri cruenti. L’idea di perderlo, dopo averlo tanto atteso, la terrorizzava. Sarebbe corsa fuori dalla stanza se la calma olimpica del marito non le avesse suggerito che le sue erano preoccupazioni inutili.
«Sta bene, ma è molto agitato. Ora è in camera sua, ce l’ho portato poco fa. Per stanotte ha visto abbastanza» mormorò Rabastan.
La prima notte di servizio tra i Mangiamorte era stata ben lontana da ciò che aveva immaginato per suo figlio. Una battaglia tanto aspra era toccata a pochi e gli inesperti difficilmente tornavano a casa sani e salvi. I feriti tra le giovani leve erano frequenti. Ma al suo arrivo sul luogo della disgrazia, nonostante la paura e l’angoscia che aveva scorto negli occhi di Cesar, si era sentito orgoglioso. Era stato felice di sapere che grazie alla sua disperazione per la perdita del mentore si era riusciti a catturare alcuni pericolosi latitanti, tra cui George Weasley, spedito per direttissima ad Azkaban. Là avrebbe ritrovato quel sovversivo di suo padre che, insieme ad Amos Diggory, aveva tentato di sottrarre la Bacchetta di Sambuco alcuni anni addietro. Cesar si era buttato nella mischia, cieco e sordo a quanto accadeva attorno, deciso solo a far trionfare la giustizia, in nome di Vitalij Dolohov. Era molto più di quanto ci si attendesse da un giovane adepto.
Persino troppo. Doveva ammetterlo: in veste di Mangiamorte era fiero dello slancio guerriero del ragazzo, ma da genitore, percepiva un forte senso di disagio. Per cosa aveva combattuto? Non l’aveva fatto perché i suoi figli non fossero costretti a metter mano alla bacchetta per difendersi? Non l’aveva fatto per impedire che tante giovani vite venissero spezzate?
«Quando finirà, Rabastan? Quando ci lasceranno in pace?» fece Elanor, quasi indovinasse i suoi pensieri.
Sentì le dita umide dell’uomo sfiorarle il mento, facendole sollevare il viso.
«Finirà quando l’ultimo di loro sarà morto» la rassicurò.
Un grido riecheggiò nelle stanze.
«Cesar…» chiamò Elanor a fior di labbra, spaventata dal dolore che aveva percepito nell’urlo.
Fece per alzarsi, ma il marito la trattenne. Non disse nulla.

***

3 agosto 2017
Camera di Cesar, Lestrange Hall, Cornovaglia

Il giovane era steso fra le lenzuola disfatte. I capelli biondi erano scomposti quanto gli abiti che indossava. Un braccio era piegato dietro la testa mentre l’altro terminava con dita che tamburellavano nervose sul ventre. Tentava di dormire, seguendo il consiglio paterno, ma non c’era niente da fare. L’orrore cui aveva assistito era vivo nella sua mente, indelebile.
«Come ci riesci?» domandò al genitore. «Come fai a riposare senza pensieri, senza domande? Non riesco ad essere tranquillo come te, papà».
Si girò sul fianco, puntando lo sguardo nella serenità notturna oltre la finestra spalancata. Dal giardino arrivava lo stormire delle foglie e il profumo pungente delle siepi potate di fresco.
Foschi pensieri gli rosicchiavano la mente, impedendogli d’assopirsi. Dubbi, ansie, paure. E l’odore del sangue e della polvere appiccicato addosso, nonostante si fosse lavato più volte.
«Cesar?» chiamò una voce.
Spiò alle sue spalle, scoprendo una figura sulla porta, illuminata dalla tenue luce di un Lumos. Una ragazza, dai lunghi capelli bruni, sporgeva il capo nella camera.
«Dovresti essere a letto, Portia» le disse.
La sedicenne sbuffò, roteando gli occhi azzurri.
«Vuoi farmi ramanzine anche tu? Non bastano mamma e papà?» chiese, saltando sul letto del fratello maggiore. «Che ti è successo, Mangiamorte? Prima ti ho sentito gridare. Mi hai spaventata».
Il giovane rivolse un’occhiata fugace alla divisa, ammonticchiata in un fagotto deforme.
«Cesar?» insisté lei, notando il suo estraniarsi.
Tornò a coricarsi, lo sguardo sui cassettoni del soffitto, dov’erano intarsiati una rosa e un serpente intrecciati. Lo stemma dei Lestrange.
«Vitalij è morto».
Lei trasalì, nascondendo la bocca spalancata per l’orrore dietro ad un cuscino.
«Il… signor Dolohov? Il padre di Ruslan?»
«Sì» gemette. «Non riesco a crederci, Portia. Vitalij. Morto! Davanti a me!»
Chiuse gli occhi, rivivendo attimo per attimo l’accaduto. Una donnina minuta e dagli enormi occhi acquosi scagliava uno Stupeficium. Il lampo superava la spalla di Vitalij, puntando verso il basso. La saetta s’infrangeva su un vecchio palazzo. Vetri piovevano come scintille. Un suono cupo, di ossa sbriciolate, legni spezzati, pietre che stridevano. La facciata si gonfiava. Polvere e schegge ruscellavano nell’aria. Tutto cedeva con un fragore inaudito. Ogni cosa veniva cancellata dalla mano pallida dei calcinacci. Compreso Vitalij, che gli stava gridando d’allontanarsi.
«Non doveva succedere» fece Cesar, non riuscendo a trattenere un singhiozzo.
Aveva imparato fin da bambino a mascherare i suoi sentimenti, seguendo gli insegnamenti di suo padre, ma ora il dolore era troppo grande per essere taciuto.
«Sono certa che il Grande Lord gli darà una medaglia e gli onori che merita» commentò Portia.
Dopo la Grande Battaglia di Hogwarts era capitato raramente che un Mangiamorte subisse tale sorte. In genere, erano le vite degli oppositori ad essere mietute.
«Che se ne fa un morto di una medaglia?» sbottò Cesar. «Una medaglia non risusciterà Vitalij, non potrà farmi sentire di nuovo i suoi consigli, i suoi insegnamenti! Ai morti non servono le onorificenze» concluse irritato.
Vitalij Dolohov era stato istitutore del giovane Lestrange, prima di assumere la cattedra di Arti Oscure. Mai però aveva abbandonato il servizio nei Mangiamorte, allo stesso modo di suo padre e suo nonno, il celebre Antonin.
«Ne parlano già come se fosse un martire, ma la verità è che la sua è solo una morte accidentale. E ingiusta» riprese seccato Cesar, celando l’indecoroso lusso di una lacrima dietro al braccio.
«Lui diceva che è grazie a questi sacrifici, se il potere di Milord è integro e si accresce giorno dopo giorno» sentenziò la sorella.
Anche Portia aveva avuto Vitalij come docente, conosceva i suoi insegnamenti sulla superiorità dei Purosangue e sul male portato dai NatiBabbani e dalle unioni miste. Era a causa di quegli abomini se la magia aveva rischiato di scomparire.
«Le persone come Vitalij non dovrebbero morire per queste cose» rimbrottò il giovane Mangiamorte. «Chi amiamo non dovrebbe mai abbandonarci. Le persone sagge e coraggiose dovrebbero sempre rimanere con noi, per guidarci».
Lei rimase in silenzio, scrutando il fratello. Vederlo così sconfortato era qualcosa che le faceva male. Cesar era come loro padre: forte, deciso, nobile. Non poteva vederlo in quello stato.
Prese a dondolare con forza le gambe, come faceva da bambina.
«Sai, Silver è stato qui» disse distrattamente.
L’espediente funzionò. Gli occhi turchesi del fratello riapparvero da sotto il braccio.
«Silver Greyback?»
Dalla morte del padre, era lui a guidare il branco dei Licantropi di Londra. Dalla Seconda Guerra Magica il loro numero era andato incrementandosi considerevolmente, includendo i Babbani che si erano uniti a maghi o streghe, o che li avevano generati. Era una delle punizioni che spettava loro per aver insozzato e frantumato la Magia Primigenia.
Portia annuì, fissando con attenzione la pantofola che teneva in bilico sulla punta del piede.
«C’era anche la sua compagna. Non l’avevo mai vista prima, è molto graziosa. Bionda, occhi azzurri, ben proporzionata, cammina eretta. Un po’ melanconica forse. È aggraziata nei movimenti e molto docile. Pensa che si è lasciata accarezzare! Addirittura mi ha sorriso e mi ha salutata! Se fosse Babbana direi che è ben educata. Ha persino un nome delizioso: Lavanda!» trillò.
«Perché sembra che tu stia scartando i regali di Natale?»
«Oh, non saprei…» cantilenò divertita.
«Portia?»
La fanciulla rise, raggomitolandosi vicino alla sua spalla.
«Silver ha detto di sì» gli bisbigliò all’orecchio.
«E papà lo sa? O è come l’ultima volta, quando tu hai deciso e nessuno ti aveva dato il permesso?» la canzonò.
Portia gli schiacciò il cuscino sulla faccia.
«Questa volta papà ha detto che ci penserà» sospirò soddisfatta. «Ti rendi conto, Cesar? Avrò un mannaro tutto mio! Un cucciolo da addestrare, coccolare, portare a spasso…»
«Piano, non ti ha detto di sì» l’ammonì, proseguendo dopo averla sentita sbuffare. «Sono animali in forma umana. Ci vuole polso con loro, o diventano come la bestiaccia della zia»
«Blue è stato trasformato quando aveva tredici anni, era troppo grande per essere educato a dovere. Il mio non sarà così, perché nato Licantropo. Lo addestrerò ad essere obbediente, garbato, rispettoso,…»
«Pretendi troppo da un animale» bofonchiò, ricevendo una gomitata nelle costole.
«Lavanda ha partorito diversi cuccioli in questi anni. Silver ha detto che hanno un maschio di cinque anni e una femmina di sei. Papà mi porterà a vederli, vuole accertarsi che siano sani. Sto già pensando al nome da dargli».
In realtà non le importava molto d’avere un piccolo Licantropo: desiderava solo che suo fratello si riprendesse e mettere di mezzo quel suo capriccio era un ottimo stratagemma.
«Se proprio devi, prendi il maschio» consigliò Cesar. «Le femmine s’innervosiscono quando sono mestruate e non possono essere addestrate alla caccia».
«Ma io voglio un mannaro da compagnia!» protestò.
«Io vorrei sapervi a dormire entrambi» li interruppe una voce.
Elanor, avvolta in una lunga vestaglia damascata, rimproverò i figli con lo sguardo e i due si limitarono a fissarla, colpevoli.
«Tuo fratello è stanco, lascialo riposare».
Dopo aver dato un bacio al fratello e alla madre, la ragazza tornò nella sua camera.
La donna attese di sentire la porta chiudersi, prima d’avvicinarsi al primogenito. Le pareva ancora molto turbato, nonostante le frivolezze della sorella l’avessero distratto.
«Come ti senti?» domandò preoccupata, sedendogli accanto.
Lui fece spallucce, abbracciando le ginocchia.
«Papà dice che passerà, imparerò a conviverci e mi renderà migliore» sospirò abbattuto.
«Tuo padre ha ragione, Cesar. A volte il dolore è l’unica via per crescere» lo consolò, abbracciandolo.
«Perché Vitalij è dovuto morire, mamma?» chiese, con una vena di disgusto nella voce.
«Per renderti più forte» rispose con dolcezza.


So di essere un po' in anticipo sui miei soliti invii, ma tengo troppo a questa storia per resistere e non pubblicarla tutta in tempi brevi.
Vorrei ringraziare che ha recensito lo scorso capitolo e chi mi ha messo tra le storie da seguire/preferite: Ariel_Malfoy, Nocticula_Nott, Alicia84, darklady2012, eleonora96 e Malika. Ovviamente attendo i vostri commenti!
   
 
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