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Autore: JanisJ    13/02/2011    10 recensioni
Era doppiamente seccata: da un lato perché stava perdendo del tempo prezioso che avrebbe potuto impiegare in altro modo, dall’ altro odiava l’ idea che l’ avessero convocata senza darle la minima spiegazione.
Le porte del primo piano erano tutte aperte tranne una, la loro destinazione.
Quando la professoressa Vector spinse le ante, capì il perché di tutta quella segretezza. Quattro ragazzi sedevano al lungo tavolo: non erano studenti qualsiasi.
Un paio di iridi grigie corsero immediatamente alle sue. Quegli occhi sprezzanti e maligni, e il sorrisetto arrogante sul suo viso scarno, le fecero montare una rabbia istintiva, dettata dall’ abitudine.
Cercò immediatamente il familiare tintinnio al suo polso, che non riuscì però a calmare il suo disagio.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wanna Be.'
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Discussioni.
 

 

Quello doveva essere un sabato distensivo.
Aveva aspettato due mesi per gettare un bullone negli ingranaggi della macchina in cui si stava trasformando.
Sessanta, interminabili, giorni.
Doveva prevedere che le conseguenze non potessero essere positive e in un certo senso lo aveva fatto: aveva immaginato che la separazione da Ron sarebbe stata difficile e dolorosa. Pensava che ritagliarsi quell’ intervallo con lui, le avrebbe fatto odiare profondamente la scelta di concludere gli studi. O la sua di non seguirla.
Non poteva credere possibile però, che un problema di quell’ entità le si fosse abbattuto addosso.
Non nel suo unico giorno libero.
 
La Sala Professori era sempre stato un luogo velato di mistero. Quali che fossero gli argomenti discussi nelle frequenti riunioni indette dai docenti di Hogwarts, non potevano ridursi certamente a lezioni e osservanza delle norme scolastiche. Tutti sapevano che il castello era traboccante di segreti almeno quanto lo era di studenti e chissà per quale ragione, proprio questi ultimi avevano introdotto nell’ immaginario comune la leggenda che quei muri fossero impregnati, oltre della consueta umidità britannica, anche degli indecifrabili codici della scuola.
Le parole della professoressa McGrannit avevano penetrato fastidiosamente i suoi timpani, distraendola comunque a malapena dalla sua missione di mantenere il buon umore.
Chi invece aveva attentato deliberatamente alla suo meritato momento di felicità, erano quei quattro volti che non nascondevano il loro disappunto. Pansy Parkinson, Daphne Greengrass, Blaise Zabini e Draco Malfoy occupavano solo quattro delle decine di sedie, eppure sembravano riempire l’ intera stanza.
Indossavano le loro divise e sembravano indifferenti all’ indubbia anormalità della situazione. Come se li infastidisse essere in presenza di due nati babbani e un mezzosangue, ma fossero completamente disinteressati al perché si trovassero tutti nella stessa stanza.
Accellerò il passo, stringendo i pugni con rabbia.
Mai, in tutta la sua vita aveva mai pensato che si sarebbe trovata in una situazione simile.
Fare la baby-sitter a Malfoy, o da Supervisore, come aveva precisato solennemente la preside: fuori da ogni logica.
Dopo aver elencato le ragioni per cui i quattro Serpeverde tornavano a frequentare le lezioni, tra cui menzionava l’ importanza di ottenere quanti più M.A.G.O. possibile per reinserirsi in contesto sociale adeguato e l’ esigenza di avere modo di espiare le proprie colpe attraverso un contatto con la parte lesa, aveva specificato che avrebbero assegnato a ciascun Caposcuola il compito di trascorrere qualche ora al giorno insieme alla persona affidata.
Calciò violentemente un sassolino che disegnò un arco, per poi scomparire nella nebbia.
“Ahi! Miseriaccia che male!” Il lamento proveniva da un punto indefinito poco lontano.
“Ron?” Chiese lei, pur essendo sicura del proprietario di quella voce.
“Sono qui” Chiamò debolmente, agitando una mano che comparve improvvisamente dal nulla. Si massaggiava la testa dove la pietruzza lo aveva colpito.
“Perché mi hai tirato una pietra?” Si lagnò, lanciandole uno sguardo mortificato.
“Mi spiace” Rise. ”Non l’ ho fatto apposta!”
Corse ad aiutarlo e gli scoccò un bacio sui capelli. L’ euforia era tornata a pizzicarle la pelle e si sentiva nuovamente libera.
Ron sembrò apprezzare il suo gesto e si abbassò su di lei per rubarle un bacio.
“Allora mi spieghi perché ti hanno portato via?”
“Non dovrei ancora parlarne” Succhio l’ interno del labbro indecisa. “E sia! Malfoy e la sua banda sono stati mandati a ripetere l’ ultimo anno”
Ron sembrava stupito e molto confuso.
“L’ anno scorso non hanno dato gli esami” Aggiunse, riconoscendo nell’ espressione perplessa del ragazzo, la medesima che doveva averle deformato i lineamenti quando aveva sentito le parole della preside.
“Ognuno di noi Caposcuola dovrà studiare con uno di questi mancati galeotti”
Ora Ron sembrava divertito.
“Chi ti è capitato” Chiese, intuendo probabilmente la risposta.
“Malfoy, ovviamente” Hermione sospirò sconsolata, prendendosi la testa tra le mani.
“È sicuramente il più difficile e io sono più grande di lui, diversamente dagli altri. Non che faccia una grande differenza, ma la McGrannit…”
Professoressa McGrannit” La corresse Ron agitando in aria un dito, imitando il suo atteggiamento quando gli faceva una ramanzina.
“Sì, Ron, grazie” Borbottò lei, inacidita.
“Comunque, credono che possa far bene a farli pentire, credo. Non pensano che siano irrecuperabili come i loro genitori. Ma mi ascolti?”
“Uhm, sì certo!” Le aveva infilato una mano sotto la sciarpa, sfiorandole con i polpastrelli la pelle del collo.
“Credi” Deglutì, dopo un profondo sospiro. “Credi di potermi far vedere la  tua stanza nuova?”
 
“Mi sei mancata” Mormorò Ron con il viso schiacciato nel cuscino.
“Me ne sono accorta” Indicò con un’ occhiata eloquente la camicetta che era atterrata sullo spigolo dell’ armadio; poi i piccoli bottoni celesti sparsi vicino alla porta.
Facendo attenzione a non cadere, si spostò su un fianco, aspettando che lui la accogliesse tra le braccia.
“Anche tu non ti sei risparmiata” Mostrò maliziosamente una spalla in cui brillavano i segni rossi delle unghie di Hermione.
Lei avvampò, trattenendo il respiro.
Quel gioco di risposte acide e frasi pungenti era diventato un’ abitudine di cui non sapeva liberarsi. Ognuno ha un modo suo di amare e il loro non era diverso da qualsiasi altro; o forse sì, ma niente e nessuno poteva giudicarlo, soppesarne il valore. Quel loro amore complicato nella semplicità di guardarsi negli occhi; sensuale nei baci acerbi, così innocenti; struggente nella leggerezza di una complicità forse incompresa.
Certo avevano ancora molto da imparare per esprimersi al meglio con quel linguaggio nuovo, fatto di gesti appena percettibili, di parole sussurrate e altre taciute.
Per quanto fosse la materia più difficile con cui avesse mai dovuto confrontarsi, era decisa ad applicarsi con tutta se stessa. Era naturale dopotutto, doveva solo essere fedele ad una scelta fatta molti mesi - o anni - prima.
Un po’ si vergognava ad ammettere che, contro ogni logica, pensava che nessun altro avrebbe preso il suo posto. Nonostante le probabilità di restare insieme per una vita intera fossero molto basse.
Insomma, quanti amori nascono quando si è giovani e non finiscono tragicamente appena ci si rende conto che si è troppo grandi per continuare a giocare?
Accarezzò dolcemente la guancia ruvida del ragazzo che la guardava. Uno sguardo delicato, come se temesse che la troppa insistenza potesse sgualcirla.
Un ricordo d’ infanzia emerse dalla nebbia della memoria.
Quando aveva nove anni, la maestra l’ aveva sgridata. Era la prima volta che le capitava: era sempre stata una bambina modello nella sua piccola divisa azzurra e le treccine che sua madre acconciava con cura ogni mattina. Ricordava di stare leggendo e che aveva dimenticato di andare a pranzo. Quando l’ anziana signora l’ aveva trovata accovacciata in un angolo della stanza dei giochi, aveva teso la mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei l’ aveva ignorata, rapita dalle pagine che soddisfacevano a sufficienza la sua fame. Quando la donna l’ aveva tirata da sotto le braccia, il libro era caduto sul pavimento con un tonfo sordo. Qualche secondo dopo però, aveva cominciato a sbattere violentemente sulla schiena della maestra che, spaventatissima, era corsa fuori. Ricordava quanto fosse stato difficile spiegare che non era stata colpa sua, ma che per magia il libro aveva cominciato a svolazzare per la stanza.
La magia non esiste, aveva dovuto scriverlo cento volte per punizione.
La maestra si sbagliava. La magia non era frutto della fantasia di una bambina.
Che per l’ amore non fosse diverso? Che esistessero eccezioni, casi in cui è possibile essere fedeli a quella scelta? Andare contro l' opinione comune e addirittura la legge della caducità delle cose che vorrebbe che l’ amore, come un fragile essere vivente, nasca, cresca, invecchi e poi muoia?
“A cosa pensi?” La voce di Ron la distrasse dal flusso di riflessioni che l’ aveva portata lontano.
“A troppe cose. Adesso a Draco Malfoy”
“Abbiamo appena fatto l’ amore e tu pensi a lui?” Pronunciò quelle tre lettere con disgusto, sapientemente mescolato con una buona dose di disprezzo.
“Oh per piacere, Ron. Puoi essere geloso di chiunque: di Mike Clever, del ragazzino del primo anno che mi è venuto a chiedere dove fosse l’ aula di Difesa Contro le Arti Oscure, persino del professor Vitius se vuoi, ma Malfoy no, te lo proibisco” Prese fiato, dopo aver pronunciato il breve discorso senza concedersi pause per respirare.
“Te l’ ho detto, io non sono affatto geloso” 
“Certo, tu non sei mai geloso” Fece eco lei, tendendo le braccia verso l’ alto per  stiracchiarsi. L' anima infuocata delle parole appena pronunciate, lasciarono spazio alla rassegnazione.
“Tra meno di un’ ora devo andare in Biblioteca per decidere il programma degli incontri, per questo mi è venuto in mente”
“Vedrai più Malfoy di me, non posso crederci” Aveva nascosto l’ ascia di guerra e Hermione potè nuovamente infilarsi con falsa noncuranza nel suo confortevole abbraccio.
“Comunque” Tossì, dopo qualche minuto di silenziose tenerezze.
“Hai detto un’ ora?” Chiese con la medesima indifferenza con cui aveva trovato posto tra le sue braccia.
Lei annuì ridendo, lasciandosi trasportare lontano da ogni preoccupazione. 
 
“Non posso rimanere qui ancora questa notte? Chi vuoi che lo scopra?” Si lamentò Ron, infilandosi il maglione.
“Non mi sembra una buona idea” Hermione fece scorrere velocemente la zip della gonna che si chiuse con un rumore metallico.
Era affannata, in ritardo e doveva fare i conti con il conflitto che le crepitava nella mentre, tra la voglia di infrangere le regole, come per altro avevano già fatto, e il suo naturale senso del dovere.
Agguantò un paio di forcine e appuntò qualche ciocca che si era ribellata alla prigionia dello chignon.
“Ti aspetto ancora un po’, almeno” Implorò, guardandola balzare da un lato all’ altro della stanza, come uno Snaso in presenza di troppi oggetti luccicanti.
“Sì, si può fare” Borbottò, mentre spostava le coperte alla ricerca dell’ agenda che le aveva regalato sua madre per i suoi diciannove anni.
“Vado” Gemette, dando un’ ultima occhiata apprensiva alla stanza, in cui niente sembrava al suo posto.
Hermione spalancò la porta, percorse scale, Sala Comune e raggiunse in breve tempo il buco del ritratto, seguita da Ron che sembrava ignaro dell’ attenzione dei molti studenti Grifondoro che lo additavano stupiti e divertiti.
“Aspetta un attimo!” Urlò, non appena fu sicuro che non si sarebbe fermata. La velocità con cui aveva raggiunto il quarto piano era stato un segno piuttosto eloquente.
“Mi spieghi perché sei uscito?” Chiese lei agitata, guardandosi intorno furtivamente.
“Volevo fare questo” Le prese il viso tra le mani e le diede un bacio veloce, sorridendo.
Qualcuno alle loro spalle si schiarì la voce.
“Signor Weasley, lei non dovrebbe proprio essere qui” La preside aspettava a braccia conserte a pochi metri.
Si separarono velocemente e osservarono con orrore la professoressa McGrannit e Draco Malfoy addossati al muro, con due espressioni molto diverse, ma accomunate dalla poca cordialità: la prima sembrava contrariata, il secondo decisamente disgustato.
“Ho tollerato la sua presenza fino a questo momento, ma…”
“Aspetti un secondo” Chiese Ron incredulo. “Vuole dirmi che lei sapeva che ero nel castello?”
“Ma certamente” Lo disse come se fosse stata costretta a dire un’ ovvietà.
“Come fa?” Sussurrò ad Hermione che aveva il viso rosso e sbatteva le palpebre; sembrava che le avessero lanciato negli occhi una manciata di sabbia.
“Io so sempre quello che accade in questa scuola, signor Weasley” La pausa infuse solennità alla sua affermazione.
“Ora, la pregherei gentilmente di tornarsene a casa e di lasciare che la signorina Granger venga con noi” Fece un cenno con il capo e si allontanò a grandi passi lungo il corridoio, fermandosi a metà strada, per parlare con un Prefetto Tassorosso.
“Ci vediamo presto” Sussurrò Hermione che pareva aver recuperato un vago autocontrollo.
Lui annuì tristemente, stringendole una mano.
“Che quadretto rivoltante” Commentò acidamente Malfoy, con un fastidioso ghigno disegnato sul volto.
“Weasley, non pensavo che arrivassi a portartele a letto, quelle come lei” Rivolse lo sguardo verso la professoressa McGrannit, assicurandosi che non fosse a portata d’ orecchio.
“Sei diventato peggio di tuo padre”
Le pupille di Ron si dilatarono e balzò su di lui; le braccia protese in avanti, le mani pronte a colpire. Riuscirono a fendere solo l’ aria, però: un Sortilegio Scudo, lo fece rimbalzare indietro, travolgendo chi l’ aveva evocato.
“Ma ogni tanto pensi a quello che fai?” Sbraitò Hermione, cercando di rialzarsi in piedi.
“E tu?” Chiese lui di rimando, evitando lo sguardo divertito del suo obbiettivo mancato.
“Lo hai protetto!”
“Ronald Weasley! Io non ho protetto lui, ho protetto te! Possibile che tu non capisca che se gli avessi messo le mani addosso, avresti fatto il suo gioco? Tu non frequenti più qui, vuoi che ti impediscano di entrare ad Hogwarts? È meglio se vai, ora” Era infuriata, vibrante di rabbia.
“Sì, Weasley, tornatene dalla tua mammina e dal tuo papino traditori del proprio sangue”
“Tu invece non puoi andare da mammina e papino, vero Malfoy? Azkaban è troppo lontana!” Ruggì, mettendo a dura prova la debole resistenza di Hermione, che gli bloccava gli avanbracci.
Questa volta fu lui ad avanzare e rimbalzare sulla parete trasparente.
“Cosa succede qui?” La McGrannit era accorsa, gli occhi ridotti a due fessure.
“Niente professoressa” Grugnì Ron scoccando un' ultima occhiata infuocata all’ avversario. “Me ne vado. Io qui non c' entro più nulla”
Si allontanò di fretta, ignorando lo sguardo ferito di Hermione.
“Vedi Granger, anche quello stupido coi capelli rossi non pensa che valga la pena salutarti”
“Attento a te Malfoy” Sibilò, avvicinandosi al suo naso sottile. “Mettiamo le cose in chiaro: vedi di non mettermi i bastoni tra le ruote, o io ti faccio spedire a far compagnia ai tuoi genitori!”
“Adesso basta”  Scandì sonoramente la preside.
“Signorina Granger, la prego” Una mano le si posò sulla spalla, facendo poi segno al ragazzo di raggiungere la Biblioteca.
“La aspettiamo lì, se ha bisogno di un paio minuti”
Rimase sola.
Appoggiò le palme al davanzale di una delle grandi finestre e si perse nel paesaggio sottostante: la foschia si era diradata e le chiome dei sempreverdi della Foresta Proibita erano scosse dal vento.
Rivolse lo sguardo nella direzione in cui aveva visto Ron allontanarsi e sussultò quando una folata più violenta fece vibrare le vetrate.
Il loro rapporto era così affine al vento inglese.
Un momento prima, con il sole, l’ aria fresca rende sopportabile il calore ed rende la luce pulita, nitida, facendo sì che l’ occhio umano colga le più leggere sfumature di colore; ma quella brezza costante che tanto si apprezzava nelle giornate d’ afa, ecco portare con sé nuvole nere, cariche di pioggia.
E quando piove in Inghilterra, si ha la spiacevole sensazione che ogni piccola, insignificante gocciolina possa lei sola tingere il mondo nella tonalità più deprimente di grigio. 

 
 

***

 
 
Ma salve gente! Che bello tornare a pubblicare dopo due settimane (-.-’)!
Mi sarebbe tanto piaciuto riuscire a finire prima di partire per Londra **, ma alla fine credo che si sia dimostrata una scelta intelligente, perché ho scritto buona parte di questo capitolo nell’ aeroporto di Stanted lunedì notte e credo che il risultato non sia male (ma lo lascio giudicare a voi, miei cari).
Gli aeroporti sono posti davvero pieni di ispirazione e così mi è bastato batterlo al computer - e sistemarlo - una volta tornata a casa ( e appena la febbre è scesa. Sì, ho avuto l’ influenza D:)
Che dirvi, mi sono divertita a scrivere questo capitolo, un po’ perché è carico di emozioni contrastanti e io mi faccio molto, ehm, trascinare, un po’ perché ho avuto modo di far fare la pignatta a Ron (“passione” che chi ha letto WBO, avrà probabilmente intuito ù.ù) e ovviamente perché ho potuto capire un po’ meglio cosa vuol dire gestire una storia che non è solo una Ron/Hermione (anche se per il momento è ancora quasi del tutto una Ron/Hermione).
Grazie a tutti i lettori ed in particolare i recensori, affezionati e new entry (Gillywater *_____*)!
Spero abbiate voglia di lasciarmi un commentino piccino picciò anche questa volta!
Aspetto con ansia di sapere cosa ne pensiate!
A presto, tanti baci :*
   
 
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