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Autore: JanisJ    29/01/2011    15 recensioni
Era doppiamente seccata: da un lato perché stava perdendo del tempo prezioso che avrebbe potuto impiegare in altro modo, dall’ altro odiava l’ idea che l’ avessero convocata senza darle la minima spiegazione.
Le porte del primo piano erano tutte aperte tranne una, la loro destinazione.
Quando la professoressa Vector spinse le ante, capì il perché di tutta quella segretezza. Quattro ragazzi sedevano al lungo tavolo: non erano studenti qualsiasi.
Un paio di iridi grigie corsero immediatamente alle sue. Quegli occhi sprezzanti e maligni, e il sorrisetto arrogante sul suo viso scarno, le fecero montare una rabbia istintiva, dettata dall’ abitudine.
Cercò immediatamente il familiare tintinnio al suo polso, che non riuscì però a calmare il suo disagio.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Wanna Be.'
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Salve a tutti, care lettrici e cari lettori. Rieccomi, con il sequel di Wanna Be Ordinary. *esulta per essere riuscita, dopo ben quattro giorni di travaglio, a partorire questo primo capitolo*
Normalmente preferisco ritagliarmi il mio momentino alla fine della pagina, ma oggi vi ruberò un po' di tempo pre-lettura, cercando di prepararvi a questa mia nuova produzione.
Che dirvi, questa storia sarà leggermente più complessa di WBO, che trattava principalmente dei mesi subito successivi alla fine della seconda guerra magica ed in particolare l' evoluzione del rapporto tra Ron ed Hermione. Risulterà incentrata - anche - su un personaggio della saga che ho sempre snobbato, l' ignavo Draco Malfoy. Niente Dramione, per carità, sarebbe fare eccessiva violenza a me stessa, ma voglio provare ad analizzarlo, aprirlo, scoprirlo, nella speranza che nasca qualcosa di decente. Non so esattamente dove mi porterà quest' intreccio, ma sarò entusiasta di farmi trasportare dal vento.
Per quanto riguarda i tre Caposcuola citati, sono di mia invenzione e perciò perdonate la poca originalità nei nomi; ho anche supposto che Septima Vector, insegnante di Artimanzia, prendesse il posto della McGrannit (preside) come Direttore Grifondoro.
Dovrei dire qualcosa sul titolo? Sì, Ari, direi proprio di sì!
Quel faithful è stato pensato, strapensato e ripensato, perchè, se era stata la parola ordinario ad ispirare la prima long, in questo caso mi sono trovata a dover estrapolare dal contesto. Comunque, la traduzione del termine racchiude quasi tutti i temi trattati in queste pagine. 
Bene, bando alle ciance gente, vi lascio leggere e giudicare in pace. 
Commentino? *occhioni persuasivi*
 


 

Wanna Be Faithful ~

 


Complicazioni.

 
 
C' era calma, finalmente. E nell' aria che sapeva di chiuso, annusò a pieni polmoni l' inebriante profumo di libertà.
Si sentiva incastrata in quelle infinite, logoranti e frenetiche giornate di via vai: dalle aule alla biblioteca, dalle riunioni con gli altri tre Caposcuola a quelle con i Prefetti. Studiare, seguire le lezioni, adempiere alle mansioni che implicava la sua carica, farsi indicare dai professori le parti degli enormi libri di testo che avrebbe dovuto imparare senza ausilio delle loro spiegazioni e di nuovo, correre a studiare. Ogni giorno, senza sosta.
Hermione si stupiva addirittura di riuscire a trovare il tempo di dormire. La mattina precedente aveva persino rischiato di assopirsi a Storia della Magia, comprendendo per la prima volta cosa intendessero Ron ed Harry, quando si ostinavano a ritenere soporifera la cantilenante voce del professor Rüf.
Non si sentiva così stanca e affaticata da quando il terzo anno, aveva avuto in dotazione la Gira Tempo. Se glielo avessero chiesto, avrebbe affermato, senza ombra di dubbio, che la ricerca degli Horcrux era stata più distensiva. O forse no, ma chi aveva tempo di pensarci?
Quella mattina però sarebbe stato diverso, pensò voltandosi tra le coperte. Aveva programmato una giornata di pausa da più di un mese e ne avrebbe assaporato ogni, singolo, istante.
Tra le mani stringeva ancora un pezzo di pergamena spiegazzato e una piuma spezzata, che la sera prima aveva utilizzato per scrivere parte del tema di Pozioni. Li lasciò scivolare sul pavimento, con un risolino euforico.
Lumacorno e la sua complicatissima Bevanda della Pace avrebbero dovuto aspettare; quel sabato si sarebbe dimenticata di qualsiasi impegno scolastico.
Sbirciò le lancette della sveglia e constatò con piacere che segnavano le otto. Aveva dormito più delle sue abituali sei ore scarse e le sembrava di poter sentire quei centoventi minuti in più rinvigorire il suo corpo magro ed incredibilmente fragile.
Si alzò in piedi e con un paio di goffi saltelli raggiunse il bagno, dove con calma si privò dei vestiti e si infilò nella grande vasca che occupava buona parte della stanza.
Assaporò a lungo l’ aroma della schiuma, massaggiandosi con una spugna. Ripensava rassegnata alle docce rubate alla frenesia delle sue giornate, negli orari più improbabili: alle due del mattino, mentre dettava ad una penna incantata il saggio di  Erbologia sulla Mimbulus mimbletonia e le proprietà della puzzalinfa; all’ alba mentre redigeva l’ ordine del giorno per l’ incontro pomeridiano con i Prefetti, oppure durante la pausa pranzo mentre ripeteva i Sigilli Aritmantici.
Indugiò nell’ acqua fino a quando le increspature sui polpastrelli furono troppo evidenti. Solo allora si avvolse in un morbido asciugamano e raggiunse la cassettiera che conteneva quasi tutti i vestiti che possedeva; non molti, effettivamente. Non aveva mai badato particolarmente a cosa le donasse di più, riconoscendosi soprattutto nella semplice e severa divisa di Hogwarts, che aveva sempre sfoggiato con orgoglio.
Da quando frequentava Ron aveva scoperto una parte di sé molto più frivola, individuando senza difficoltà le leggerezze con cui macchiava il suo rigore. Profumo e un rimmel erano comparsi nel suo Beauty Case, intimo di pizzo e profondi scolli a vu nel suo guardaroba.
Sorrise, recuperando dal fondo di un cassetto il suo completo preferito, di un delizioso color grigio perla.
Picchiettandosi il mento con un dito, scorse velocemente magliette e pantaloni che attendevano pazienti di essere scelti, perfettamente impilati e coperti da un leggero strato di polvere. Aveva escluso qualsiasi cosa le lasciasse nude le gambe, appena aveva notato la nebbia fitta che avvolgeva il paesaggio che si stagliava dalla sua finestra. Ron avrebbe certamente trovato il modo di vederle le gambe senza che lei si impegnasse per agevolarlo.
Senza mettersi fretta optò per un paio di jeans, camicetta e golfino, che infilò con cura, lisciando il colletto e sistemando i bottoni in modo che non facessero difetto. Un accorgimento inutile, pensò pratica, immaginando che quelle asole sarebbero state presto liberate.
Si voltò verso la specchiera e constatò soddisfatta che l’ effetto era piacevole. Si chiese se le varie tonalità di blu e azzurro con cui si sentiva tanto a suo agio, fossero un inconscio tributo agli occhi del suo ragazzo.
Sciolse i capelli, agitando la testa per far prender loro volume.
Quanto tempo era che non lasciava libera quella massa di ricci? Sembrava quasi riprendere fiato, scarcerata dalla prigionia della sua quotidiana e comoda crocchia.
Attraverso la superficie riflettente, notò le lancette dell’ orologio segnare le dieci meno un quarto. Con un brivido d’ eccitazione, afferrò la borsa che aspettava da tempo un' ora d’ aria appoggiata sul davanzale, e dopo averla riempita con un paio di oggetti inutili, un libro e la bacchetta, uscì di corsa dalla sua stanza.
 
Ginny attendeva impaziente sotto le maestose porte di legno intagliato.
Nel momento in cui vide Hermione arrivare, affannata per la consapevolezza del ritardo, cominciò a battere il piede sulle piastrelle di marmo, enfatizzando il suo nervosismo.
“Dovremmo essere già lì!” La rimproverò, non appena fu abbastanza vicina da sentirla. Non potè che constatare che il suo aspetto era molto diverso: niente più pettinature austere, niente divisa chiusa fino a sotto il mento, niente aria stanca. Era così allegra che per qualche secondo non notò le occhiaie che cerchiavano i suoi intelligenti occhi castani, così come le ombre che le segnavano le guance, tirate in un sorriso spensierato.
Se c’ era una cosa che suo fratello era in grado di fare - se non l’ unica - pensò Ginny, era quella di trasformare rapidamente Hermione. Così come ne mutava le sembianze da stanca e abbattuta a rilassata e felice, era in grado di distruggerla con un gesto o una misera, stupida, parola sbagliata.
“Scusami, ci ho messo più del previsto” Si giustificò, non riuscendo a mostrare rimorso.
 Il suo sorriso contagioso finì con trascinare Ginny in quel vortice di vitalità.
Uscirono dal castello a passo spedito, entrambe troppo concentrate sulla meta, per potersi rendere pienamente conto del gelo che penetrava gli abiti e l’ aria satura d’ acqua che non permetteva loro di vedere ad un palmo dal naso.
Hermione giocherellava con il braccialetto che portava al polso; lo agitava per ascoltarne il rumore metallico, gesto che ripeteva nervosamente ogni volta che sentiva di voler gettare la spugna.
Con un plic quasi impercettibile, il sottile oggetto cadde per terra, costringendola a fermarsi per recuperarlo.
I piccoli otto ciondoli appesi si erano sparsi sull’ erba umida. Sorrise nel leggere ordinary seguire la linea della catenina dorata.
Il più bel regalo che avesse ricevuto per i suoi diciannove anni.
Ron l’ aveva stupita, doveva ammetterlo. Quando aveva scartato quel pacchetto tutto ammaccato, aveva quasi creduto di trovarci una spilla dei Cannoni di Chudley. Essere innamorata di lui, non la rendeva certo cieca. Sfatiamo questo mito, pensava, allacciando con qualche difficoltà il gancetto: l’ amore ammorbidisce, rende più tolleranti, ma non illude fino all' inverosimile.
La sua attenzione venne improvvisamente attirata da due uomini al fianco della professoressa McGrannit, che si stavano avviando al castello. I due avevano l’ aria seria e vagamente arcigna caratteristica di molti Auror.
“Perché credi che siano qui?” Le chiese Ginny.
Osservò le due sagome scure sbiadire, fino a scomparire nella foschia.
“Non ne ho idea” Rispose Hermione sincera. “Ma immagino ci sia qualche altro genitore sotto processo”
Da quando era cominciato l’ anno scolastico, molti studenti erano stati prelevati dalle lezioni per essere condotti al Ministero: interrogatori, deposizioni, ma soprattutto madri e padri sotto accusa. La preside aveva concesso permessi speciali per tutti i figli che desiderassero assistere a quelle che erano diventate veri e propri eventi. La Gazzetta del Profeta non faceva che riferire di intoppi dovuti al sovraffollamento delle aule, specialmente per i Mangiamorte più famosi.
Ricordava che, un paio di giorni prima, aveva letto che per Lucius Malfoy il giudice aveva dovuto vietare l’ accesso al pubblico, limitato alla giuria, avvocati e quattro corpulenti Auror che controllavano l’ imputato.
Poco potevano per lui i luminari della Magisprudenza che seguivano il suo caso, quando l’ accusa portava prove schiaccianti della sua colpevolezza. Pareva però che per la moglie e il figlio ci fossero attenuanti che avevano garantito loro netti sconti di pena.
Anche Harry era stato chiamato per il processo di Narcissa Malfoy. Si appuntò mentalmente di chiedergli esattamente quale fosse stato il suo ruolo, mentre superava un gruppetto di Serpeverde, guidati da Asteria Greengrass, una bella ragazza, piccola di statura, ma con l’ aria fiera e lucenti capelli castano scuro. Si stupì della sua andatura fiacca e l’ aria distratta. Non era da lei, ne risentiva il suo portamento nobile che aveva lasciato spazio ad un debole ciondolare.
Non ebbe modo di congetturare troppo a lungo su quali potessero essere le ragioni, perché un dito le picchiettò la spalla, facendola sobbalzare.
Quando si voltò, un ragazzo dai capelli rossi le rivolse un ampio sorriso.
“Ron!” Gridò lei gettandogli le braccia al collo.
Molti Serpeverde lanciarono loro occhiate disgustate, altri risero, ma Asteria li zittì, intimando loro di continuare a camminare.
Hermione baciò più volte Ron sulla bocca, prima di accorgersi di stare dando spettacolo: due Tassorosso che non potevano avere più di quattordici anni, li guardavano rapite.
“Circolare, circolare, qui non c’è niente da vedere!” Le apostrofò Ron, continuando a stringerla forte.
“Ti sei dato ai polizieschi?” Chiese lei ridendo.
“Alle serie tivù” L’ ammissione arrivò con timore non troppo velato. Ma quando notò che lei non cambiava espressione e la maschera di rimprovero non compariva magicamente sul suo viso, aggiunse che si era appassionato a C.S.I., uno dei telefilm sul crimine più famosi.
“I babbani sono veramente geniali, con tutte quelle cenfritughe e quelle lampade a luce blu, per incastrare gli assassini. È come se fossero riusciti ad ottenere anche loro un po’ di magia!”
“Ti sei proprio fissato eh!” Harry colpì la schiena dell’ amico, ridendo.
“Ciao Hermione” Esclamò abbracciandola.
 
I Tre Manici di Scopa era il locale preferito dagli studenti di Hogwarts e le visite ad Hogsmade stipavano all’ inverosimile le sue salette anguste. Quando Madama Rosmerta aveva visto entrare nel suo pub Harry, Ron, Ginny ed Hermione, era riuscita immediatamente a trovare loro un tavolo e a servir loro quattro fumanti Burrobirre.
“I privilegi degli eroi” Dichiarò Ron, scolandosi metà della sua bibita, riuscendo per la fretta, ad ustionarsi la gola.
“Ma insomma, vuoi morire soffocato?” Hermione gli battè la schiena, aspettando che il suo attacco di tosse cessasse.
“Adesso basta!” Riuscì ad esalare fievolmente.
“Scusa, ma ci vediamo dopo mesi e tu non fai altro che sgridarmi per qualsiasi cosa” Aveva ancora la voce roca per l’ esofago scottato.
“Non è vero!” Asserì lei con decisione.
“Ah sì?” Chiese con sguardo di sfida. “Vediamo; prima, quando ho fatto lo sgambetto a quell’ idiota di Serpeverde, mi hai dato del deficiente, nonostante mi fosse parso di sentirti chiamare schifosa Mezzosangue
“Appunto Ron, ti era sembrato. E lui è finito faccia a terra, senza che tu ne fossi sicuro”
“Poi” Continuò. “Appena siamo entrati qui mi hai picchiato perché ho buttato giusto un’ occhiata a Madama Rosmerta!”
Nessuno dei due sembrava intenzionato a cedere.
“Un’ occhiata? E tu quella la chiami occhiata? A momenti dovevo raccoglierti la lingua dal pavimento!”
“Esagerata! E poi non ti facevo così gelosa!”
“Gelosa, io? Ma se prima quando il Caposcuola di Corvonero mi è venuto a chiedere un’ innocua informazione, tu eri sul punto di spaccargli il naso!”
“Tu non l’ hai visto come ti fissava quel Clever! Ti mangiava con gli occhi!”
“Ma se è cieco!” Sbottò lei esasperata.
“È un modo di dire!”
“Va bene, va bene, basta” Disse Hermione, sventolando in aria le mani. “Non ho proprio voglia di litigare”
“Non chiedo altro” Aggiunse lui tornando a bagnarsi le labbra con la densa bevanda, rivolgendo gli occhi altrove.
“Comunque” Si inserì Harry, avvertendo l’ atmosfera farsi tesa. “Non volevi sapere del processo a Narcissa Malfoy?”
Hermione dimenticò immediatamente l’ irritazione, trovato l’ espediente per interessarsi a qualcosa di più produttivo.
“Ecco, come mai ti hanno convocato?” Chiese, spingendosi impercettibilmente in avanti, come ogni volta che qualcosa catturava la sua attenzione.
“Volevano che testimoniassi in suo favore”
“E l’ hai fatto?” Chiese lei, studiando la sua espressione.
“L’ ho fatto” Harry sembrava combattuto tra l’ odio che provava verso la famiglia Malfoy e la gratitudine per la donna che aveva avuto il coraggio di mentire a Voldemort, quel lontano due maggio.
“Mi spiace solo per quel verme di Malfoy” Soffiò Ginny tra i suoi bei denti bianchi.
“Draco” Specificò, quando tre paia di occhi le rivolsero uno sguardo perplesso.
“Mi sono persa qualcosa?” Chiese Hermione.
“Si è beccato solo due anni” Spiegò Harry, divertito dall’ impeto della sua ragazza.
“Malfoy ad Azkaban! Sembra un sogno” Rise Ron.
“Qui sta il problema, non andrà ad Azkaban” Disse Ginny stizzita. “Pare che i suoi avvocati abbiano fatto un accordo”
Lisciò rabbiosamente una ciocca rossa e la portò dietro l’ orecchio. “Anche se non se ne conosce l’ entità”
“Mi stupisce che tu non ne sapessi nulla, Hermione” Harry sembrò accorgersi in quel momento del suo aspetto stanco.  
“I M.AG.O. sono più impegnativi del previsto” Rispose, alzando le spalle. “Non ho molto tempo per leggere il giornale”
“Hermione sta esagerando con lo studio”  C’ era una nota di sincera preoccupazione nelle parole dell’ amica, ma non permise a sé stessa di commuoversi.
“Oh, per favore, Ginny. Sto benissimo! Come procede il lavoro al negozio di scherzi?” Sorrise a Ron, sperando che abboccasse al tranello.
“Cosa vuoi dire?” Chiese lui a sua sorella, ignorando il tentativo di sviare il discorso.
“Non la vedo in Sala Grande più di una volta al giorno e sembra così, così…”
“Stanca?” Concluse, rassegnata all’ idea di render conto della sua situazione. “E va bene, sono stanca. Niente di insopportabile però. Magari ho saltato qualche pasto, ma solo se era assolutamente indispensabile”
Ron la guardò preoccupato. Tanta era stata la felicità di rivederla, che non si era accorto di quanto fosse spenta. La pelle del viso era di una tonalità meno brillante e aveva le borse sotto gli occhi; persino la sua voce era smorzata, meno acuta.
“Non starai esagerando?” Le domandò. “Potresti sempre chiedere alla  Vector di aiutarti a ridurre gli impegni”
“La professoressa Vector, Ron. Comunque, non ho bisogno d’ aiuto, ce la faccio tranquillamente da sola” Gonfiò fieramente il petto.
“Facciamo una passeggiata?” Chiese Harry a Ginny, dopo un breve silenzio, nel malcelato tentativo di avere un momento solo con lei.
“Ci vediamo dopo” Li salutarono, sparendo tra gli schiamazzi della folla, prima che potessero rendersene conto.
“Facciamo un giro anche io e te?” Le chiese Ron, dopo aver pazientemente atteso che finisse la sua Burrobirra.
 
La nebbia era diventata ancora più fitta e si infilava tra le pieghe dei vestiti, provocando una spiacevole sensazione di bagnato.
Si intravedevano i bagliori delle candele nelle zucche intagliate, ma nessuna delle splendide decorazioni che incrostavano la cittadina vinceva l’ aria caliginosa. Un ulteriore lugubre dettaglio ad enfatizzare l’ atmosfera di Halloween.
Hermione si strinse più forte a Ron, nascondendo il volto contro il suo petto, infastidita dall’ aria fredda che le gelava le retine.
“Duvstimondand?” Borbottò lei.
“Eh?”
“Dove stiamo andando?” Chiese, affrontando il gelo che le faceva lacrimare gli occhi.
“Non so” Ron sembrava imbarazzato. “Tu cosa hai voglia di fare?”
“Non so” Le sue guancie rosse per il freddo pungente, assunsero una tonalità ancora più accesa.
Le veniva da ridere. Avevano fatto l’ amore molte volte, eppure non riuscivano ad ammettere di desiderarsi profondamente, smaniosi di poter rivivere quell’ esperienza così appagante.
Percorsero ancora qualche metro, prima che Hermione si decidesse a spingersi sulle punte dei piedi, per godersi quelle labbra che per due, lunghi, mesi, era riuscita solo ad immaginare.
Non passò molto tempo prima che l’ assenza prolungata di contatto fisico reclamasse un po’ d’ intimità.
Anche un angolo appartato, nella stretta intersezione tra due case, sembrava una crepa tra il mondo reale e quello dei sogni. Era bello baciarsi, stringersi, sentirsi, dopo tanto tempo.
“Sei dimagrita” Disse, allontanandola da sé.
Le ossa del bacino spuntavano dal suo ventre, puntellando le palme di Ron, che strofinavano lentamente quell’ ampio lembo di pelle.
“Te l’ ho detto, ho saltato qualche pranzo di troppo” 
“Come stai davvero? Dimmelo, dai” Chiese, accarezzandole il volto.
Era indecisa se distruggere l’ argine già incrinato, liberando il fiume di preoccupazioni e debolezze, o negare semplicemente l’ evidenza, sperando che Ron si bevesse la versione io-me-la-cavo-sempre-benissimo. Non che temesse il suo giudizio, ma pensava che se avesse reso partecipe qualcun altro del suo malessere, sarebbe crollata definitivamente.
“Signorina Granger? Scusi signorina, potrebbe uscire di lì, per favore?” La voce autoritaria di Septima Vector, la esentò dal rispondere, facendola schizzare da quel cantuccio fuori dal mondo.
“La stavamo cercando” Disse, quando dietro di lei apparvero anche il professor Vitius, la professoressa Sprite e Horace Lumacorno, che aveva tutta l’ aria di essersi imbattuto in un Berretto Rosso, senza avere il tempo di metter mano alla bacchetta.
 
Percorrevano veloci i corridoi che conducevano alla Sala Professori, i quattro Direttori e i rispettivi Caposcuola. Melanie Honey, Mike Clever, Venenia Macmillan ed Hermione si scambiavano sguardi interrogativi, rassegnati a non conoscere la ragione di quella corsa, dopo aver tentato inutilmente di scucire qualche informazione.
Erano stati trascinati via da Hogsmade con la promessa che la questione si sarebbe risolta velocemente e senza intoppi, ma, pur rifiutandosi di credere a quelle che aveva sempre reputato stupidaggini, dovette ammettere di avere un brutto presentimento.
Era doppiamente seccata: da un lato perché stava perdendo del tempo prezioso che avrebbe potuto impiegare in altro modo, dall’ altro odiava l’ idea che l’ avessero convocata senza darle la minima spiegazione.
Le porte del primo piano erano tutte aperte tranne una, la loro destinazione.
Quando la professoressa Vector spinse le ante, capì il perché di tutta quella segretezza. Quattro ragazzi sedevano al lungo tavolo: non erano studenti qualsiasi.
Un paio di iridi grigie corsero immediatamente alle sue. Quegli occhi sprezzanti e maligni, e il sorrisetto arrogante sul suo viso scarno, le fecero montare una rabbia istintiva, dettata dall’ abitudine.
Cercò immediatamente il familiare tintinnio al suo polso, che non riuscì però a calmare il suo disagio.


   
 
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