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Autore: Many8    13/02/2011    11 recensioni
Bella afflitta da un trauma che ha segnato il suo presente e il suo passato,cercherà di dimenticare quest'ultimo, ma si sa dimenticare è difficile se quasi impossibile; un Edward umano, conoscerà la nostra protagonista e... Riuscirà il nostro invincibile supereroe a cambiare almeno il futuro della nostra piccola e dolce Bella? AH- OOC- raiting ARANCIONE.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Se dovessi parlare del rapporto con i miei genitori non la finirei più, cercherò di dirvi qualcosa. Preferisco parlare con mio padre, che con mia madre. Entrambi non sanno molto della mia vita 'privata', non sanno della mia passione per la scrittura, conoscono solo ciò che io voglio che sappiano. Ma nel complesso il rapporto con entrambi è buono :D.

Buona lettura.
Bella.
"Ti voglio bene, Bella." il cuore galoppava, sempre di più.
"Anche io, amico." risi, davanti ai miei occhi mille stelline, dovute alla felicità, scoppiarono.
Riattaccai, portando il telefono sul comodino. Mi si formarono lacrime agli occhi per le emozioni provate, tutte in un solo colpo, e come solo Edward sapeva donarle, anche con una sola parola.
Ancora seduta sul letto, portai le gambe al petto strigendole sempre più forte. Ero entusiasta, contenta, soddisfatta.
In qual momento la tempia non mi pulsava più, c'era solo il mio cuore, che veloce sembrava uscirmi dal petto, e le mie fantastiche emozioni.
Poggiai la testa sulle ginocchia, pensado alla nostra discussione.
Mi voleva bene, lo aveva detto lui.
Tra lui e Tanya non c'era nulla. Me l'aveva confessato. E forse avrebbe anche parlato con lei, glielo doveva.
Era il tredici settembre, il giorno del mio compleanno, e la telefonata di Edward era stato il mio regalo, inatteso, fantastico regalo di compleanno.
Speravo che tutto ciò non fosse solo stato immaginato dalla mia mente, a smentire questo pensiero era il continuo e doloroso dolore alle tempia. Mi portai una mano sulla lesione, e delicatamente constatai che era gonfia, mi diressi in bagno, e guardandomi nello specchio non feci altro che inorridirmi. Avevo pesanti occhiaie, violacee, e la
tempia sinistra era dello stesso colore. Al centro di quest'ultima un piccolo taglio. Presi del disinfettante, e mettendone un pò su un pezzo di garza lo passai sul taglio, chiusi
gli occhi quando iniziò a bruciare.

Dopo aver ripulito la ferita, misi del ghiaccio sulla parte indolenzita, sarebbe servita a ben poco, dato il fatto che ormai era già gonfio, ma almeno avrebbe fatto da anestetico.
Nel frattempo, con la mano sinistra che manteneva lo straccio con dentro dei cubetti di ghiaccio, presi il giornale del giorno prima, che Jacob aveva lasciato sul tavolo della cucina il giorno prima. Andai direttamente nella sezione "case&affitti", iniziando a cercare quella che più rispondeva alle mie esigenze.
Un attico con sette stanze (non guardai il prezzo per lo shock sicuro e perchè era poco interessante), un appartamento con tre terrazzi, e così via, finchè non leggendo gli annunci non mi ritrovai su uno che affittava un monolocale. Prezzo ridotto, una camera, e servizi. Perfetto.
Chiamai il numero che era segnato sotto, aspettando che rispondessero.
Parlai poco con la proprietaria dela casa, mi disse che il prezzo per due settimane sarebbe stato di ottocento dollari (il monolocale si trovava in una parte importante della città), che era già arredatoe che aspettava solamente che qualcuno lo abitasse. Le spese come l'elettricità e le telefonate erano pagate da lei. Mi disse che anche entro il pomeriggio mi avrebbe consegnato le chiavi, dopo aver messo una firma e anticipato il pagamento.
Era perfetto.
Per il pagamento non sarebbe stato un grosso problema, avevo a disposizione i soldi guadagnati lavorando al giornale. Erano più che sufficienti per la casa e la partenza.
Tenni sempre il ghiaccio sulla tempia quando incominciai a recuperare tutti i miei oggetti per casa. La tempia sembrava ormai del tutto anestetizzata, oltre al gelo non sentivo nulla. Sperai che il livido che mi si era formato, fin troppo evidente, scomparisse il prima possibile.
Recuperai con solo la mano destra il borsone dallo scaffale più alto della mensola del mobile della camera da letto, lì dove l'aveva conservato Jacob.
Ad un certo punto, quanto al posto della tempia iniziò a dolermi il braccio per la posizione scomoda che aveva preso, lasciai che i cubetti di ghiaccio si sciogliessero nel lavabo, poggiando lo strofinaccio bagnato sul piano cottura.
Iniziai a prendere tutti i miei vestiti e adagiarli sistematamente nella valigia, in poco tempo tutto l'armadio fu spoglio delle mie cose, quasi la maggior parte degli indumenti era mia.
Passai in bagno, racchettando, anche lì, i miei effetti personali, per poi passare per tutto il resto della casa. Feci attenzione ad ogni angolo, anche quello più nascosto, non volevo lasciare nulla.
Doveva essere come se non fossi mai rientrata nella vita di Jacob. Doveva avere il dubbio se la seconda possibilità donatagli fosse solo un'illusione. Non dovevo lasciare traccia.
Lasciai i fogli che aveva lasciato Jacob sul tavolo, non li toccai; non aveva nemmeno il motivo per farlo.
Mentre recuperavo le ultime cose da un cassettone il telefono squillò, erano le tre del pomeriggio.
"Pronto?" feci.
"Pronto, Bella?" Era mia madre.
"Mamma!"
"Auguri, tesoro!"fece una pausa. "Scusami se ti ho chiamata solo adesso, ma credevo che lavorassi oggi."
"Non preoccuparti! E grazie mille!" risposi, sedendomi in salotto sul divano verde.
"Allora, come festeggerete?" domandò, euforica.
Pensai per qualche secondo prima di rispondere. Verità o menzogna?
Avrei dovuto dirle le cose così come stavano, dovevo dire solamente la verità.
"Mamma... oggi-" mi interruppi, per la prima volta mi si formarono lacrimoni agli occhi.
Piangevo per le delusioni, che erano fin troppe. Pingevo per quest'ultima brutta notizia che avrei dovuto dire a mia madre, piangevo perchè dovevo liberarmi, dall'angoscia,
dal timore, ed anche dalla gioia che mi si era formta dentro.

"Tutto bene?" mi chiese, non sentendomi più parlare.
"Sì, va tutto bene." cercai di dire, ma il nodo in gola fece uscire la voce storpiata. "Non ci saranno festeggiamenti, oggi, mamma."
"Ma... come?" chiese, incredula. Tirai su col naso.
"Ci siamo lasciati, è successo ieri."la mia voce non era ancora tornata alla normalità.
"Mi dispiace, Bella. Non sai cosa farei per essere lì, in questo momento."
"Non preoccuparti. Sto bene." sussurrai.
"Quanto mi duole questa situazione, Bella. Vorrei tanto poterti abbracciare." disse, con la sua voce intristita.
"Anche io vorrei abbracciarti," sbiascicai. Non era mai stata brava ad evidenziare e mostrare le mie emozioni, c'era stato sempre qualcosa che mi non mi facesse mai sentire a mio agio nei contatti fisici. "Presto, molto presto ci rivedremo."
"Come presto?" chiese.
"Torno a Forks, mamma. Tra massimo due settimane." continuai. La voce si era ristabilita.
"Oh... e adesso, dove sei?" domandò.
"Sono a casa. Jacob non c'è però. Mi ha concesso alcuni giorni per prepararmi." spiegai. Dopo un pò le chiesi:
"Mamma, posso farti una domanda?"
"Certo, amore, tutto quello che vuoi."
"Edward, voglio dire il dottor Cullen ti ha chiamato quando sono partita?" la mia voce si fermò due volte nel corso della domanda.
"Sì, mi ha chiamata, te lo ha detto lui?" domandò confusa.
Portai una mano alla bocca, torturando un'unghia, prima di rispondere.
"Ci siamo sentiti, e già sapeva che fossi qui a Chicago, con Jacob, quando glielo ho chiesto mi ha detto che sei stata tu a dirglielo. Quindi è vero." quest'ultima frase non era una domanda ma un'affermazione.
"Sì, è vero. Mi ha chiesto di te perchè voleva raccomandarsi su delle medicine da prendere. Ma sinceramente dal suo tono di voce non si sarebbe detto."
Un sorriso involontario si aprì timido sul mio volto.
"Mi piaceva molto come ragazzo, e, sinceramente, " ripetè. "Pensavo ci fosse qualcosa fra di voi. Era sempre insieme a te quando venivamo a trovarti, e di certo da come vi guardavate qualcosa deve essere successo fra di voi." a quelle ultime parole le mie guance si colorarono di rosso. "anche da come insistette quando ci disse che dovevi essere subito ritirata dalla clinica. Incredibile."
Aspetta, aspetta, aspetta. Cosa aveva fatto?
"Come hai detto?" domandai incredula, sorpresa.
" Non me ne volere, Bella, ma tu non avevi ancora ricominciato a parlare, e non quando siamo arrivati in ospedale, dopo aver saputo che era caduta non pensavamo di riportarti a casa con noi. Avevamo paura dei tuoi comportamenti, eri assente, non parlavi, a stento riuscivi a sopravvivere. Credevamo che con l'aiuto di psicologi, delle infermiere che lavoravano in quella clinica ti avrebbero aiutato. Ma invece no. Da come ci aveva detto Sam, quel medico che ti ha ritrovata, " lo ricordavo fin troppo bene. Era la prima persona da cui mi aveva difesa Edward. "diceva che l'idea del dottor Cullen non era delle migliori, diceva che tu avresti ancora dovuta restare in quel posto. Ma è stato il dottor Cullen a farci ragionare. E' stato lui che ci ha detto che tu eri normalissima, e che avresti ripreso la parola ben presto, e che a te serviva solo qualcuno con cui parlare, sfogarsi. Aggiunse che noi eravamo gli unici." confessò.
Durante il suo discorso i miei occhi si erano sgranati, tanto che la tempia aveva ricominciato a pulsare. Era sorpresa. Non pensavo che fosse stato lui a convincerli. Credevo che da soli avessero preso tale decisione. Ma non era così. Edward mi aveva salvata, anche in quello.
"Ho capito." balbettai.
"Adesso devo andare," disse, improvvisamente.
"ok." sussurrai, ancora intontita.
"Bella, per qualsiasi evenienza chiamami, ok?"
"Non preoccuparti, sto bene." la rassicurai.
"Tuo padre ti chiamerà questa sera, adesso è al lavoro."
" Va bene. Ci sentiamo, allora, mamma." iniziai. " A presto."
E riattaccai.
Quando mi ripresi dal mio stato di completo intontimento, finì di preparare le mie cose, e quando fui certa che tutto ormai era nelle valigie, misi la giacca (era settembre, le temperature stavano nuovamente incominciando ad abbassarsi) e un cappello, che essendo più grande di qualche taglia della mia testa, mi copriva la tempia, e faceva in modo che il livido non si notasse.
Chiamai un taxi, che dopo pochi minuti bussò al citofono, presi le valigie, una borsone lo misi in spalla, una valigia in una mano, ed un'altra nell'altra mano. Le chiavi appese ad un ciondolo erano mantenute dalle mie labbra.
Aprì la porta con un gomito, e successivamente con il piede. Una volta fuori guardai per un'ultima volta il salotto; la tappezzeria verde, la moquette verde, tutto verde. Quel verde, di sicuro non mi sarebbe mancato.
Chiusi la porta, e misi le chiavi dietro il vaso di una pianta, dove c'erano anche altre chiavi, se in tal bisogno ci sarebbero servite. Le lasciai lì, e con l'ascensore, arrivai al pian terreno, dove salutai il custode.
Sussurrai un 'addio'.
Mi guardò male e scollando le spalle ricambiò con un 'arrivederci'.
Il tassista mi aiutò a caricare le mie valigie nel portabagagli, sedendomi in auto gli sussurrai la meta.
Dopo pochi minuti eravamo a destinazione. In fin dei conti il monolocale non era poi così distante dall'appartamento di Jacob.
Pagai l'autista, che mi estrasse i bagagli e facendomi aiutare fino all'entrata del palazzo in cui avrei dovuto risiedere per due settimane.
"Grazie mille." dissi, passandogli la mancia.
"Arrivederci, signorina." sussurrò, abbassando il capo.
Presi le mie valigie e salì al primo piano, dove c'era il monolocale.
Bussai, ed ad aprirmi venne una ragazza, molto alta, e bionda.
"Io sono Bella," mi presentai.
"Ciao, Bella, " salutò. " Io sono Irina."
"Piacere." sussurrai entrando in casa.
Chiamarla casa era troppo. Il corridoio era un, piccolo, a stento ci passavo con le valigie.
C'erano tre porte, una che portava alla cucina, un'altra alla stanza ed infine una al bagno.
Mi fece vedere le stanze, il giro d'iscursione fu molto breve, vista la 'grandezza' della casa, ci sedemo in cucina, intorno al tavolo che poteva ospitare al massimo tre persone,
e mi fece firmare, dopo aver spiegato dei punti, il contratto. Le presi i soldi, passandoglieli.

Mi ringraziò e andò via, lascindomi sola in casa.I mobili erano molto belli, tutti di un color legno chiaro, la stanza era arancio, c'era il letto matrimoniale, e dei mobili. La cucina era altrettanto piccola, tutta in legno chiaro, il bagno era tutto di color rosa, tutto.
Mi sistemai al meglio, senza togliere tutti gli indumenti dalle valigie, non sarebbe valsa la pena, estrassi dal groviglio di tessutto solo alcuni completi che mi sarebbero serviti in
quei giorni.

La prima tappa era conclusa, la prossima era licenziarmi.

Il girono dopo era in ufficio, da Sue.
"Buongiorno,"dissi, mentre entravo e successivamente mi accomodavo.
"Buongiorno, Bella."
"Come va?" chiese.
"Tutto bene grazie."
" A cosa devo questa tua visita?" domandò.
"Signora Sue," era così che la chiamavo. "devo trasferirmi, a Seattle." spiegai.
La sue espressione, solita, solare cambiò. Il sorriso scomparve, gli occhi si intristirono.
"Oh," fece. "Mi dispiace molto, Bella. Ne sei sicura?" domandò.
"Sì, purtroppo sì. Mi sarebbe piaciuto continuare a lavorare qui, ma devo trasfermi."
Sospirò pesantemente guardandomi negli occhi.
"Quindi devo iniziare le partiche? Quando hai intenzione di partire?"
"La settimana prossima devo partire, ma prima lo faccio meglio è. Credo che il mio lavoro sia teoricamente finito."
Scrollò le spalle.
"Sei molto brava, Bella. Coltiva questa passione, dedicati alla scrittura, ai fiori e a ciò che ti piace di più. Hai un talento naturale, non sprecarlo."
"Oh, grazie mille." dire che mi emozionai potrebbe essere definito un eufensmo.
"Allora io vado, ci vediamo quando tutta la documentazione sarà pronta... mi chiama lei?"domandai.
"Sì, ti chiamo io appena pronti." e sorrise.
"Posso rimanere pochi minuti per salutare tutti?" chiesi.
"Sì, fa con comodo."
"Arrivederci, è stato un piacere lavorare per lei." le porsi la mano che accetto ben volentieri.
"Lo stesso è per me, Bella."
Abbassai il capo come per ringraziarla di tutto, e uscì.
Salutai Emily e Leah, entrambe erano dispiaciute almeno quanto me per la mia partenza.
Le dissi che ci saremmo riviste presto, e comunque tenute in contatto.

5 giorni dopo.

Mi guardai nel piccolo specchio, in bagno. Il livido alla tempia si era rimpicciolito e schiarito, ma ero lo stesso evidente. Camminavo sempre con un cappello, malgrado fosse settembre, era color beige, di stoffa.
Era da più di sei giorni che non andavo in biblioteca, sul terrazzo. E quella era la sera giusta. Non aveva più timore di tornarci, visto che a casa non c'era nessu ad aspettarmi e ad insospettirsi della mia mancaza. Ero libera, senza vincoli.
Mi sistemai il colletto della camicia bianca che indossavo, la mia pelle era quasi dello stesso colore, così pallida...
Destai il mio sguardo dallo specchio, e m diressi verso la porta, uscendo di casa.
Percorsi il tragitto fino alla biblioteca, entrai e mi diressi al piano in cui di solito incontravo Paul; ed anche quella volta lo trovai allo stesso punto. Quando mi vide gli si illuminarono gli occhi.
"Ciao, Bella." mi salutò.
"Ciao, Paul." ricambiai.
"Tieni, queste sono le chiavi ne ho fatte una copia anche a te, finalmente." disse, mostrandomi una chiave piccola, ma robusta.
Porsi la mano fino a prenderla.
"Grazie mille, Paul!" iniziai."Non dovevi! Anche perchè questa sono le ultime volte che vengo, ho aspettato per dirtelo, ma la settimana prossima partirò per Seattle."
Il suo viso, come quelli di tutti gli altri a cui avevo dato la notizia, si intristì.
"Ti ridarò le chiavi tra pochi giorni, quando ci saliteremo..."
"Perchè parti?" domandò, la sua voce era incupita.
"E' difficile da spiegare, comunque nel complesso poichè tornò nella mia città natale, dai miei genitori." spiegai, iniziai a gesticolare, non ero a mio agio.
"Io domani non ci sono, come tutte le settimane. Ci vediamo dopo, allora."
"Ciao, Paul." dissi, incamminandomi verso la porta che portava al terrazzo.
Quella sera pensai poco, e restai pochissimo. Mi sedetti sul muretto, guardando davanti a me, ero come vuota. Pensai un pò ad Edward, ma la tristezza mi invase poco
dopo. Avrei dovuto di nuovo lasciare una città, ricominciare una nuova vita. L'avevo fatto troppe volte, fin troppe. Ed ero stanca dei cambiamenti, anche perchè ogni volta andava sempre peggio, ero sempre meno
felice, meno entusiasta della mia vita. Erano alti e bassi, ma i secondi prevalevano i primi.

Con Edward avevo passato dei momenti magnifici, ma era fin troppo presto.
Ed invece, con Jacob era stato un disastro, completamente.
Quando un'ora dopo aprì la porta che portava alle scale e quindi alle stanza del persone trovai Paul.
Lo guardai stranita, non era mai salito lì su, quando c'ero io, o almeno che io sapessi.
"Paul..." mormorai, vededolo.
"Posso chiederti una cosa?"mi chiese, calmo.
"Certo, dimmi." la chiave passava da una mano all'altra. Ero nervosa.
"Perchè sali qui sopra? Come facevi a conoscere questo posto? Eri così sicura la prima volta che mi hai parlato, e pure mi hai detto che era la prima volta che sei venuta qui, come se qualcuno te ne avesse parlato... sbaglio?"
Sospirai.
"Salgo qui sopra perchè mi piace guardare il panorama, mi piace poter vedere le persone che camminano sotto, vedere la vita che continua, e tu sei in alto. Come se guardassi la vita da un punto di vista diverso, come se qui sopra il tuo modo di pensare cambia, muta."
Durante le mie parole Paul si era avvicinato pericolosamente a me, ed io avevo indietreggiato. Eravamo in un corridoio stretto, presto lo spazio per indietreggiare ssarebbe finito. Iniziare ad avere paura, doveva fermarsi. Dovevo scappare. Non poteva avvicinarsi a me, non poteva permettersi di toccarmi, di sfiorarmi, o come temevo di baciarmi.
"Paul, per favore." dissi, mettendo una mano tra di noi. Uno stop, per lui.
E si fermò fortunatamente.
"Bella, sei bellissima." sussurrò. Le mie spalle erano al muro, la testa cercava in tutti i modi di indietreggiare, anche se c'era del cemento ad impedirlo.
"Per favore, Paul." gridai.
"Sei così bella." sussurrò. Ricominciò ad avvicinarsi, ormai pochi centimetri ci dividevano.
La sua mano destra stava arrivando al mio fianco, quando lo fermai.
"Basta! Per favore." lacrime calde invasero il mio viso, sempre più copiose, furono la mia scialuppa di salvataggio, Paul di arrestò, la sua mano non mi sfiorò.
"Scusami, non so cosa mi è preso." sussurrò, indietreggiando ed allontanandosi il più possibile da me.
Feci per andarmene, ma mi fermò gridando. "Aspetta!"
Mi fermai, ma non mi voltai verso di lui.
"Domani non ci sarò, però torna, non volevo farti del male, torna se vuoi."
Mi girai, e lo guardai negli occhi, era sincero. E forse sarei ritornata.
Tornai a casa in metà del tempo che impegavo di solito.
Mi stesi sul letto, iniziando a piangere.
Quando si era avvicinato avevo avuto paura che mi toccasse, che le sue mani vagassero sul mio corpo, avevo avuto paura che riaccadesse, che i fantasmi del passato potessero tornare.
Quando violano il tuo corpo hai paura di tutto, delle persone che ti si avvicinano, anche di coloro che hanno un'espressione bonaria. Hai paura che anche se per caso una loro mano ti finisce su un fianco possano andare oltre. Magari è stato solo uno sbaglio, ma ti viene da spostarti, come se quel gesto fosse di fuoco. Ogni volta ti senti sempre più sporca, lurida. Ti senti complice di quelle persone che ti hanno fatto del male gratuitamente, perchè in fondo se sei bella, affascinante e seducente è solo colpa tua, di nessun altro. La mente cambia, quando vedi un uomo vederti fai di tutto per nascondere le tue curve, ti danno fastidio quelle occhiate, che hanno tutto furchè di innocente. Gli uomini, tutti gli uomini diventano una minaccia, ti da fastidio il loro interesse per te. Gli uomini in generale diventano una categoria dalla quale puoi aspettarti solo sofferenze.
L'aggressione dura poco, la mia non so neanche quanto fosse durata, ma i segni restano per tutta la vita.
Tremavo all'idea di quello che mi avrebbe potuto fare, volevo solo una persona affianco a me in quel momento. E fu quella persona a spingermi, il giorno dopo, a tornare sul terrazzo. In quel posto mi sentivo sempre più vicina a lui, come se anche lui fosse presente, come se i suoi racconti non risalissero al passato, ma al presente.
Restai tutto il giorno a letto, sporadicamente delle lacrime di spavento, e quelle dei ricordi, quelle
che facevano male, scendevano irrigando le mie gote.
Erano le sette di sera, quando misi la giacca, il mio solito cappello, e scesi, andando verso la biblioteca. Paul non ci sarebbe stato e quella sarebbe stata l'ultima volta che
fossi andata lì.

Era un saluto. Un addio.
Quando arrivai in biblioteca, salì pian piano fino al piano che poteva essere visitato da tutti i visitatori, attenta a non farmi vedere varcai la soglia che mi avrebbe portata al
terrazzo. Salì di soppiatto le scale, attenta a non far rumore. Arrivata al grande portone, mentre infilavo le mani in tasca in cerca della chiave,mi accorsi che la porta era già aperta. Era solo accostata.

L'aprì pian piano, senza far rumore, il sangue mi si era raggelato nelle vene dalla paura, ma questo non mi fermò.
Ero sul terrazzo, e mi guardai intorno. Dove era solito che mi sedessi io c'era una figura, per quanto mi sembrò maschile. Le luci erano spente, non il contrario di come, quando c'ero io. Non si poteva vedere il volto della persona a pochi metri da me, eri illuminata dalla flebile luce della città, ma non bastava per riconoscerlo.
Mi avvicinai piano, quando funno a due metri di distanza l'uno dall'altra il mio cuore iniziò a battere più forte.
Non per la paura, ma bensì per l'emozione.
La perona davanti a me era fermo i suoi capelli rossicci sembravano castano scuro. La pelle chiara sembrava più scura nel buoio della notte.
Mi avvicinai di più a lui, eravamo ad un metro di distanza.
Vedevo i suoi lineamenti dolci, la sua bocca carnosa, i suoi capelli spettinati dal vento leggero e fresco che soffiava lì su.
Sussurrai il suo nome. E le farfalle inondarono il mio stomaco vuoto.
Sussurrai il suo nome,e le parole volarono via con il vento, le portarono via.
Lo ripetei, incredula.
Sembrava un sogno, ma non lo era. O forse lo era.
In qualunque caso Edward era lì, davanti a me.


E' un sogno, o no?! Secondo voi?
Ringrazio infinitamente coloro che leggono, e ancor di più coloro che recensiscono. Continuate a farlo mi date sempre più forza e carica.

Il prossimo aggiornamento non so quando, ho trovato del tempo per scrivere questo, ma non ho "fatto" il mio progetto. Quindi da domani si lavora!!
In qualunque caso metterò il teiser appena pronto nel mio blog (nel mio profilo troverete l'indirizzo.).

Un bacione.
Many.

   
 
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