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Autore: la ragazza delle viole    13/02/2011    0 recensioni
Racconto la reale storia d'amore di una ragazza ed un ragazzo che come nella storia, si sono amati, odiati, graffiati, spogliati, innamorati, persi, inseguiti e mai dimenticati.
"La viola senza petali viene buttata per terra. Lei non sorride. -Ma perché? perché siamo finiti così? ... senza neanche accorgercene...- Non lo dice nessuno, entrambi lo pensano. Lei gli si avvicina. Un bacio alle viole. Un altro, un altro ancora. Le mani si cercano, si toccano si spogliano. Si spogliano dentro. Si lasciano entrambi cadere sull'erba fredda continuando a baciarsi.
La luna li guarda invidiosa e compiaciuta che quello sia il loro ultimo incontro."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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È tarda mattina; il vento soffia.

Non si ferma sui capelli biondi di una ragazza che aspetta.

Li scompiglia e passa oltre facendo volare gli uccelli e sbattendo a volte contro i cartelloni pubblicitari della stazione.

Fa volare via le foglie per portarle chissà dove e non si preoccupa se nel frattempo ha rubato il palloncino di una bimba che adesso piange sconsolata.

Lei è lì, seduta sulla panchina blu del binario sei della stazione. Aspetta da mezz'ora. Sta pensando che a volte è come se il vento che intorpidisce le mani le entrasse dentro attraverso gli occhi. Come se le spostasse il cuore e le rimpicciolisse lo stomaco capovolgendo i polmoni, bloccando il respiro. Nulla torna più al suo posto

E nel frattempo lei aspetta. Non un treno. Immobile con un diario tra le mani, guarda davanti a se e aspetta. Aspetta qualcuno; poi come d'un tratto, lo vede.

Lo vede dall'altra parte della banchina, jeans chiari e tracolla in spalla.

I loro sguardi si incrociano, è questione di secondi, forse attimi.

Arriva il treno, si ferma pochi istanti, e se ne va, lasciandole davanti un binario vuoto con una banchina deserta.

Tira fuori il telefono, scrive un messaggio « trovato. »

Non aggiunge altro e preme invio.

 

 

Seconda fermata del treno, oggi è più affollato del solito, pensa lui facendosi spazio tra la gente in piedi nel vagone. Trova un posto, vicino al finestrino, e vi si siede.

Apre la tracolla verde militare, trova l'ipod; s'infila le cuffie.

Il cellulare vibra qualche secondo.

« trovato. » legge sullo schermo.

Risponde.

« io non ti ho vista; ti ho quasi cercata; ma non so se saprei riconoscerti. Non vale: concedimi di vederti e parlarti almeno una volta. »

Invio.

 

 

Un iPhone nero da 8 giga vibra sul tavolo della cucina di vicolo San Francesco a Ripa numero 17.

Artemisia è tornata a casa da qualche minuto.

Mangia uno yogurt alla pesca, le gambe incrociate sulla poltrona blu del salone, e la testa poggiata all'indietro. A casa non c'è nessuno, non ha nemmeno acceso le luci. La luce del giorno filtra attraverso le persiane chiude della finestra, disegnando i contorni degli oggetti nella stanza come nei chiaroscuri di Caravaggio.

Pensa al suo amore appena terminato; si domanda perché non riesce a provare dispiacere per una storia finita. È quasi felice di esserselo tolto di torno, quell'idiota.

Lo ricorda come una persona mediocre e nulla più, nonostante tutto.

L'orologio del salone indica le quattro e mezza. Sono passate ore, e Artemisia è sempre lì, davanti al computer, carica vecchie foto, scrive su facebook a qualche amica.

Un rumore fastidioso interrompe i pensieri di Artemisia, una finestra di msn si apre.

« spero tu abbia letto il mio messaggio. »

Lei sobbalza. È lui. Sì, il messaggio l'aveva letto, ma c'è qualcosa che non va. All'improvviso sente i muri restringersi come in una scatola, l'aria inizia a mancarle, quella casa la sta facendo soffocare.

« si, l'ho letto. Però ora non ho molto tempo, sto scappando; devo andarmene via di qui il prima possibile. »

« che significa? »

« significa che me ne devo andare, punto. Questa casa mi si sta stringendo addosso e se non me ne vado mi soffocherà. »

Lui non capisce, o forse capisce tutto « ti va di prendere un treno? » chiede senza vergogna.

« si » risponde lei, ancor più senza vergogna

« da stazione Trastevere passa un treno ogni 15 minuti, binario 5. Prendilo, scendi una fermata prima del capolinea. Ti aspetterò lì. »

« a tra poco... » fa lei prendendo la borsa e le chiavi di casa, mettendosi il cellulare in tasca.

« tu sei completamente matta... » scrive poi lui, ma lei è già scappata via chiudendosi il portone dietro alle spalle, correndo per la tromba delle scale, di quei gradini di marmo levigati che tante volte ha salito con fatica.

E ora corre via, vola leggera dal portone a vetri dell'atrio senza paura, verso la fermata dell'otto che sta per passare, verso la stazione in cui prenderà un treno; e non ha paura di perdersi non ha paura di cadere, non ha paura di lanciarsi in un gioco... D'altronde... Artemisia ama giocare.

 

 

  
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