Libri > Il diario del vampiro
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Autore: Deademia    15/02/2011    7 recensioni
Una strega discendente da una stirpe potente che non crede nei suoi poteri...Un vampiro secolare il cui cuore sembra intrappolato in un'armatura di ghiaccio...Un amore impossibile il cui percorso sarà segnato da mille ostacoli...Un nemico nell'ombra pronto a cambiare per sempre le "tranquille" vite dei nostri protagonisti...
Una DamonxBonnie ovviamente, fatta da una fan che non vede l'ora di coronare l'amore di questi meravigliosi personaggi=)
Genere: Dark, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

Ce l’ho faaaaaattaaaaaaaaaaa!!!! Ragazzi mi dispiace tantissimo per questo mega colossale ritardo, ma tra una cosa e l’altra non riuscivo mai a scrivere questo benedetto capitolo. Vi chiedo perdono per avervi lasciato sulle spine così tanto.

Avevo pensato che per farmi perdonare vi avrei fatto un capitolo lunghissimo, ma alla fine ho preferito spezzarlo in  due, creando un po’ di suspance =)

Come al solito comunque ringrazio tutti coloro che continuano a recensire, non sapete quanto mi fate contenta!! E ringrazio anche chi mi ha aggiunta tra seguite/preferite. Grazie di cuore!! E ancora scusatemi per il ritardo.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 7

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A volte la gente non capisce i propri sentimenti, e allora come può pretendere di capire quelli degli altri? Come può essere così altezzosa e arrogante da pensare di riuscire a varcare il muro che protegge le menti altrui, e come può solo immaginare cosa nascondono le ferite di cuori che non battono all’unisono col proprio?

Io avevo la stessa arroganza e presunzione di quelle persone. Pensavo di conoscere ogni pensiero nascosto in quegli occhi d’onice, avevo la più completa certezza di cosa si celava in quel cuore freddo. Il che era veramente assurdo perché anche se ormai le sue reazioni le conoscevo così bene da poterle prevedere ad occhi chiusi mai mi ero trovata di fronte ad un mutismo assoluto. Infatti in quell’istante le mie convinzioni vacillarono pericolosamente, furono minacciate alla vista di un Damon furente ma anche rattristato. Lo fissavo e non sapevo cosa pensare. Rivangavo la nostra uscita e non mi veniva in mente niente. Ero confusa. Totalmente, imprevedibilmente, intollerabilmente confusa.

Quando tornammo a casa scesi dalla macchina senza voltarmi e solo quando raggiunsi la porta d’ingresso mi accorsi di un rombo potente che si allontanava a una velocità non consentita dai limiti.

Le ore passavano e il suo pensiero mi tormentava. Nella vana e disperata ricerca di capire il perché di una reazione simile non mi resi neanche conto che la mia frustrazione per il non capire, che la mia confusione si stava lentamente trasformando in qualcos’altro…rabbia forse? Alla fine della giornata, dopo che avevo sfogliato decine di libri senza vedere realmente le preziose parole che contenevano, dopo che avevo salutato distrattamente Elena e Stefan e avevo risposto alle loro domande automaticamente, senza davvero rifletterci, arrivai ad odiare quella sua non-reazione.

Davvero, mi sarei aspettata di tutto da lui, e tutto avrei preferito, anche che mi sbattesse contro un muro minacciandomi (perché era pur sempre una reazione accidenti!), pur di non vedere il suo silenzio. Era snervante, e pure umiliante. Insomma io mi ero esposta, avevo detto apertamente quei pensieri che per tanto tempo il mio cuore aveva ordinato alla mente di nascondere, e proprio quando mi ero liberata di una grossa parte del peso che portavo sulle mie spalle, lui che faceva? Restava zitto. Avrei preferito che mi deridesse o che mi picchiasse, perché erano le due solite reazioni di Damon, o una o l’altra, era fatto così. Ma il silenzio era peggio. Significava che non gliene importava niente, che le mie parole non meritavano neanche la sua attenzione. Sì, si era arrabbiato, ma dopo avergli sputato addosso quelle accuse non bastava tenere il muso e sparire per tutto il giorno. Damon era vendicativo, spietato quando voleva. E allora perché non lo era stato anche quella volta? Perché si era limitato a stringere i pugni e voltarsi?

Forse ero cieca, anzi lo ero sicuramente. Infatti in quell’istante l’unica risposta che mi venne in mente era che lui non mi riteneva degna neanche di una sua qualche attenzione, fosse anche di odio puro. Sciocca e rassegnata mi addormentai sul divano cullata dal calore di un fuoco scoppiettante che inesorabilmente si consumava, mentre una piccola lacrima mi rigava silenziosa la guancia, racchiudendo la delusione e la rabbia che per l’ennesima volta si erano scatenate a causa sua. Ma forse questa volta prive di fondamenta solide.

 

Il rumore di una serratura che scattava mi ridestò improvvisamente, facendomi sobbalzare mentre aprivo di scatto gli occhi.

Alzai la testa ancora intontita e assonnata e mi voltai in direzione della fonte di quel suono, scoprendone la causa.

Damon era in piedi, mi dava le spalle e stava richiudendo la porta a chiave mentre dai suoi capelli bagnati e ancor più neri e lucenti scendevano goccioline di pioggia che inzuppavano ancor di più la camicia aderente e completamente bagnata, la quale gli si attaccava alla pelle con fare provocante.

Arrossii a quei pensieri e distolsi subito lo sguardo, lasciandomi cadere di nuovo sul cuscino. A quanto pare mi ero addormentata sul divano e a giudicare dalla brace che riscaldava a malapena l’abitacolo del camino ne era passato di tempo. Gettai uno sguardo all’orologio a pendola poco distante da me. Le 5.24.

Pregai con tutto il cuore che il bel vampiro non mi avesse notata, ma sapevo fin troppo bene che non si era fatto sfuggire il cambiamento del ritmo del mio respiro, ne il rumore, impercettibile a orecchio umano, che avevo fatto.

-Streghetta non dirmi che hai aspettato il mio ritorno?- disse ironico.

Per un attimo rimasi in silenzio, contemplando con astio la familiarità di quel suo modo di fare strafottente che miracolosamente era tornato parte di lui.

-Credimi, è l’ultima cosa che farei- dissi acida.

-Oh bene, perché vedi avrei potuto tornare molto più tardi, ma mi sono accontentato questa notte- sorrise malizioso mentre la mia rabbia cresceva di fronte a tutti i sottointesi facilmente capibili che trasudavano da quello sguardo –Non avrei voluto avere sulla coscienza le tue occhiaie questa mattina- aggiunse con ironia affilata.

-Tranquillo, niente di me ti può riguardare, neanche le mie occhiaie- mi alzai per dirigermi verso le scale con tutta l’intenzione di porre fine a quel fastidioso incontro. Possibile che ogni volta che lo vedevo finivo sempre per arrabbiarmi?!

Purtroppo però inciampai sul bordo del tavolino di vetro (tipico della sottoscritta) e persi l’equilibro. Mentre contemplavo l’imminente, rovinosa caduta a terra contavo i secondi che mi separavano da quelle dure e scure assi di legno. Non pronunciai nella mia mente neanche la parola uno che due braccia forti e muscolose mi agguantarono all’istante. Le sentii stringersi attorno alle mie spalle, delicate ma sicure, mentre il tessuto bagnato della camicia mi inumidiva il maglione verde. Rimasi senza fiato quando il suo profumo, accentuato dalla pioggia, si insinuò tra di noi. Sapeva di notte, non so come definirlo sennò. Era lo stesso profumo che sentivo quando spalancavo le finestre in una serata invernale e il vento pungente portava con se quel profumo seducente e fresco che solo le notti invernali hanno. Io lo definisco profumo di notte.

Damon mi rimise in piedi e mi lasciò subito, mentre io con gli occhi sgranati diventavo della stessa tonalità dei miei capelli. Accidenti a lui, possibile che il muro accuratamente creato per bloccare le mie emozioni venisse sistematicamente fatto a pezzi ad ogni suo tocco?!

-G-grazie- sussurrai distogliendo imbarazzata lo sguardo dai suoi occhi d’onice. Ecco come tutti i miei buoni propositi di tenergli testa andavano a farsi benedire.

-Streghetta, giuro che non ho mai visto una ragazza più imbranata di te- ed ecco come farsi odiare da una donna. Il suo sguardo era ironico e il suo tono arrogante.

Lo guardai furente e ancor più rossa, se questo era possibile.

-Ritiro quel che ho detto, va’ al diavolo!- sbottai arrabbiata, guardandolo male da tutta la mia bassezza mentre piegavo un po’ la testa all’indietro per poter incrociare il suo sguardo altezzoso e non i suoi pettorali (che comunque non mi dispiacevano affatto, pensai prima di auto scagliarmi tutte le maledizioni di questo mondo).

Senza aspettare la sua risposta lo superai e salii gli scalini con passo pesante, mentre l’eco della sua frase mi raggiungeva alle spalle.

-Alla fine mi stancherò di avvertirti che non devi giocare col fuoco streghetta-

 

Arrivai in camera sbattendomi la porta alle spalle, noncurante di svegliare qualcuno.

Oh se era odioso! Arrogante e presuntuoso! Che caratteraccio, proprio non lo sopportavo! E se gli piaceva tanto vedere tutte le gaffe che facevo perché diavolo non mi ha fatta cadere?! Così si faceva quattro risate!

Presi un lembo della coperta e con un solo strattone lo tirai giù. Mi infilai sotto le lenzuola e tirai su il piumone fin sotto il collo, girandomi nervosamente su un fianco e facendo tremare tutto il materasso. Mi addormentai inventando nuovi aggettivi per niente carini adatti proprio a quel vampiro che inutilmente cercavo di odiare col cuore e non solo con la mente.

 

Il profumo del caffè mi svegliò dolcemente, entrando tra le fessure della porta e aleggiando indisturbato per la camera. Un richiamo a cui non potevo rifiutare.

Mi alzai stiracchiandomi e presi la vestaglia che era appesa in bagno. Spazzolai i miei ricci color fragola e mi sciacquai la faccia con l’acqua gelida così che gli ultimi residui della notte scivolassero via con essa.

Quando arrivai in cucina trovai Elena seduta al bancone che sorseggiava una tazza di caffèlatte fumante e nel contempo sfogliava distrattamente il giornale.

-Buongiorno- le sorrisi e mi versai del caffè, scaldandomi le mani gelate.

-Ehi, ‘giorno. Passata bene la nottata? Ho sentito dei rumori…-

-Oh si benissimo- sorrisi falsamente, non avevo voglia di raccontarle l’ennesimo incontro-scontro con il più grande dei Salvatore.

Mi sedetti accanto a lei e presi l’altro giornale.

-Stefan?- chiesi mentre leggevo la prima pagina e sorseggiavo il caldo liquido scuro dal retrogusto amaro.

-E’ uscito con Damon. Credo che siano andati a cercare notizie su quel vampiro che ti ha attaccata. Sai Stefan continua a fare domande in giro a delle sue “conoscenze”, come le definisce lui- mimò le virgolette e mi sorrise.

-Già, vi sto causando un bel po’ di disturbo con questa faccenda…- sussurrai sconsolata.

-Non dirlo neanche per scherzo Bonnie- si fece improvvisamente  seria.

-Grazie- il mio tono era carico di gratitudine mentre la abbracciavo con affetto. Ero davvero fortunata ad avere degli amici così, pronti a rischiare la vita per me se ce ne fosse stato bisogno.

-Su, adesso devo uscire anche io. Mi zia deve andare a comprare dei mobili che non ho ben capito a cosa le servano e mi ha chiesto di accompagnarla. Tu non ti muovere da qui, mi raccomando- mi ammonì con fare materno.

-Ai suoi ordini!- risi mentre lei usciva dalla stanza alzando gli occhi al cielo.

Quando, dopo aver riposto la tazza nel lavandino, richiusi il giornale notai con la coda dell’occhio la data del giorno. Ero così presa da tutti gli avvenimenti che erano capitati da dimenticarmi che giorno fosse: l’anniversario della morte di mia nonna. Una tristezza incolmabile mi assalì mentre piccole lacrime mi pizzicavano agli angoli degli occhi tentando l’ardua impresa di straboccare. Inspirai ricacciandole dentro e tornai di sopra pensando a come potevo andare al cimitero senza la mia affascinante guardia del corpo.

Già vedevo Elena, infuriata e spalleggiata da Stefan, che me le diceva di tutti i colori, facendomi una paternale degna di un Oscar, mentre Damon indifferente osservava la scena con una spalla appoggiata allo stipite della porta. Quella scenetta era così reale nella mia mente da poter essere scambiata per la realtà.

Mentre tiravo fuori dall’armadio un maglione a collo alto bianco e un paio di jeans un lieve senso di colpa mi si affaccio alla mente ripensando alla preoccupazione che avrei fatto passare ai miei amici se avessero scoperto le mie intenzioni, ma d’altronde dovevo andare al cimitero, almeno in quel giorno dovevo salutare mia nonna. Così continuai ad architettare il mio piano.

Elena era uscita e combinando lei, sua zia, e il centro commerciale si poteva facilmente arrivare alla conclusione che avrei avuto tutta la mattina libera, mentre Stefan e Damon erano usciti per andare non so dove e quindi non avevo la più pallida idea di quanto potessi essere graziata, ma a fare due conti di solito lui stava fuori come minimo un paio d’ore quando andava a caccia di notizie, almeno così avevo potuto osservare dagli ultimi giorni. Quindi avrei avuto tempo fino alle undici per uscire e tornare senza che nessuno scoprisse niente.

Certo la mia imprudenza superava tutti i limiti, ma sinceramente in quel momento me ne fregai altamente. La prigionia mi aveva dato così alla testa che tutto il mio buon senso aveva deciso di prendersi una vacanza alle Fiji, non c’era altra spiegazione al fatto che stavo tranquillamente scendendo le scale diretta alla mensola delle chiavi col giubbotto in una mano, la borsa nell’altra e un sorrisetto compiaciuto verso l’astuzia con cui avevo progettato il mio incredibile piano di fuga.

Si può dire che il mio sorrisetto si congelò quando spalancando la porta mi trovai di fronte una figura alta e slanciata.

-Matt?! Che ci fai qua?- chiesi con un’espressione angelica e qualche acuto di troppo.

-Sono venuto a trovarti. Non ti ricordi? Te l’avevo detto ieri al telefono- disse altrettanto sorpreso di vedermi uscire. Anche lui era a conoscenza dei miei ordini restrittivi.

-Ah già…scusa me ne sono completamente dimenticata- sorrisi sforzandomi di apparire calma mentre dentro di me mi stavo mandando al diavolo per essermi fatta sfuggire un simile dettaglio. Il mio piano stava per essere compromesso…

-Ma stai uscendo? Da sola?- Ecco appunto…

-Ehm…sai sono tutti fuori e io…oggi è l’anniversario della morte di mia nonna e insomma volevo andare al cimitero…ma non c’è nessuno così ho pensato…si insomma…- accidenti so proprio esprimermi non c’è che dire…

-Ti accompagno? Non penso sia molto sicuro che tu ci vada da sola- sorrise e placò il mio fiume insensato di frasi sconnesse tra loro.

-Davvero? Grazie , mi farebbe molto piacere-

Fìu, salva! Tirai un sospiro di sollievo vedendo che non mi obbligava a rientrare dentro tenendomi sotto controllo fino all’arrivo dei Salvatore, facendo poi un resoconto dettagliato del mio piano di fuga e procurandomi la ramanzina del secolo.

 

Il sole splendeva alto nel cielo e l’erba curata e ancora bagnata per il temporale di quella notte veniva mossa appena dal venticello fresco. Camminavo in silenzio, fiancheggiata da Matt, per non disturbare la pace che solo un cimitero poteva accogliere. Le lapidi bianche riflettevano la luce, abbaglianti come specchi al sole, e le cime degli alberi ondulavano con un movimento quasi ipnotico, mentre l’odore di erba tagliata, fresco e pungente, si diffondeva lentamente nell’aria mattutina.

Da lontano riuscii a scorgere la foto di mia nonna, sorridente, che sembrava mi stesse aspettando. Affrettai un po’ il passo, fino a trovarmi di fronte a quel blocco di marmo bianco con venature rosate. Matt rimase indietro, rispettoso, e mentalmente lo ringrazia di quel gesto premuroso.

Gettai via i fiori secchi e riempii il vaso con quelli che avevo appena comprato, freschi, colorati, vivaci, proprio come piacevano a lei. Sorrisi e carezzai il vetro freddo della sua foto. Le raccontai di cosa mi era accaduto, di come stavano andando le cose, dei miei amici, delle mie paure, delle mie gioie e sì, anche di lui, perché io le avevo sempre parlato di tutto. Passò un quarto d’ora, o forse di più, quando alla fine mi alzai e mi voltai verso quell’amico che paziente aveva aspettato tutto il tempo in piedi, lontano, per non disturbare i miei racconti, per non origliare.

Mi avvicinai sorridente ma prima che potessi aprir bocca lo vidi sbiancare e sgranare gli occhi. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che qualcuno mi spinse con una forza tale da farmi cadere un paio di metri da dove mi trovavo.

-Ma cosa diavolo…-

-Scappa Bonnie!- sentii il mio amico urlare prima di avventarsi contro una figura alta… Assottigliai lo sguardo, ancora stordita, per capire di chi si trattasse a quando misi a fuoco il sangue nelle vene mi si ghiacciò. Era lui!

Non riuscii ad avvertire Matt che era troppo forte per lui, non riuscii a dirgli di allontanarsi, perché era già stato scaraventato contro un albero, così forte da fargli perdere i sensi.

-Matt!- urlai il suo nome con quanto fiato avevo in gola, correndogli incontro. Ma fu inutile. Il vampiro mi si parò di fronte, gli occhi cremisi puntati su di me, la bocca piegata in ghigno orrendo.

-Ci si rivede, bambolina. Devo dire che il giochetto del paletto l’altra volta non mi è piaciuto granché, vedi di stare più calma questa volta, o sarò costretto ad usare le maniere forti- mi si avvicinò con lentezza, minaccioso. Cominciai a correre come una disperata, ben sapendo che era folle pensare di seminarlo. E infatti voltandomi indietro non lo vidi più, perché mi aspettava a un paio di metri di fronte a me. Mi fermai di botto, fissandolo con paura e con rabbia allo stesso tempo.

-Chi sei? E che cosa vuoi da me?-

-Se curiosa…vabbè ormai non vedo che ragione c’è di tenertelo nascosto. Il mio nome è Pierre- si strinse nelle spalle continuando a sorridere, mi aveva in pugno e lo sapeva

–Vedi tu sei una strega, discendente non solo da una stirpe molto potente ma anche da uno stregone che qualche secolo fa ha fatto un incantesimo piuttosto seccante, che può essere tolto solo da coloro che portano il suo stesso sangue. Quindi ci servi- concluse senza troppi giri di parole.

-Ci? Quanti siete?- dissi seria, la paura si stava trasformando in una pazza sfrontatezza.

-Complimenti, sei acuta. Siamo…abbastanza. Ma tu ci farai aumentare…- aggiunse con un ghigno complice.

-Cosa vuoi dire?- una parte di me tentava di prendere quante più informazioni possibile, un’altra cercava disperatamente di escogitare un piano per sfuggirgli.

-Sai, le tue domande mi stanno facendo perdere tempo. Basta giochetti-  diventò improvvisamente seriò e si scagliò contro di me. Non ebbi il tempo di muovermi che mi ritrovai al suolo, con lui che tentava di tenermi ferma. Scalciai in tutti i modi possibili e alla fine, non so bene neanche io come, riuscii a divincolarmi dalla sua presa. Mi alzai di scatto pronta a scappare, mi voltai e feci i primi tre passi ma lui mi spinse con tanta violenza da farmi finire in aria.

Avete presente quelle scene a rallentatore che si vedono nei film? Ecco, tutto mi sembrò a quel modo. Sentii l’aria sferzarmi i capelli, sentii il mio corpo staccarsi da terra, percepii il dolore nel punto in cui mi aveva colpito e vidi il suolo dall’alto. Ciò che mi fece ingoiare a vuoto, che mi fece sudare freddo e capire che ero spacciata fu il punto su cui stavo per atterrare. Sotto di me c’erano dei tubi e delle aste di ferro, residui che accentuavano il cartello poco distante che diceva “lavori in corso”. Di certo mi sarei fatta male, ma niente più di qualche livido. Niente in contrario se non avessi visto un’asta in particolare, la cui punta affilata lunga una decina di centimetri spuntava minacciosa e letale dal fogliame secco, pericolosamente rivolta verso l’alto.

Non ebbi il tempo di gridare, di muovermi, di fare qualsiasi cosa. Fissavo con terrore puro quell’arnese mortale, che inesorabilmente si avvicinava troppo velocemente. Quando sentii il metallo freddo perforare la stoffa della giacca e del maglione, quando sentii quella lama appuntita penetrate nella pelle del mio fianco, capii che non avevo speranze. Da quel momento non sentii più niente se non un dolore lancinante che aumentava sempre di più. Forse piansi, forse no, sinceramente non lo so.

Vidi Pierre scurirsi in volto e imprecare con rabbia, vidi Matt ancora privo di sensi, vidi sul mio maglione bianco lo sbocciare di una rosa rossa, scarlatta. E l’ultima cosa che vidi, prima che l’oblio mi accogliesse, fu un corvo nero, dal piumaggio lucente, sfrecciare in picchiata verso di noi. E chissà, forse il dolore mi provocava le allucinazioni, ma dai suoi occhi, puntati su di me, avrei giurato fossero uscite lacrime.

 

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Ecco qui, che ne dite?? Vi piace?? Spero tanto di non avervi deluso perché l’ho scritto un po’ in fretta. Mi raccomando recensite e fatemi sapere che ne pensate, aspetto con ansia i vostri commenti!=)
E questa volta giuro solennemente di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo =)

A presto, tanti baci!!

  
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