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Autore: NeverThink    17/02/2011    4 recensioni
Ferma, lì, persa nei ricordi, guardavo la sedia a dondolo, rovinata dal tempo e dall’umidità. Ferma, immobile, fredda.
L’immagine dai caldi e vividi colori fu rimpiazzata da quella realtà cruda, desolata e piena di struggente dolore e malinconia.
Mi avvicinai alla sedia a dondolo e la sfiorai con i polpastrelli. Sentii le venature del legno sotto la pelle.
Sorrisi, consapevole che non appena mi sarei rifugiata in camera, circondata dalle pareti che un tempo furono la sua dimore segreta, sarei scoppiata a piangere.
«E tu chi sei?»
«Importa?»
«Quello è il mio posto.»
«Oh. Non vedo scritto il tuo nome.»
«E’ il mio posto da sempre. Lo sanno tutti.»
«Ed io ti ripeto che qui sopra non c’è scritto il tuo nome. Finché non trovo scritto il tuo nome io non mi muovo di qui.»
Il sorriso, prima o poi, torna.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~Sometimes you have to be apart from people you love,
but that doesn't mean you love them any less.
Sometimes it makes you love them even more.~
When my world is falling apart, 
when there is no light to break up the dark 
that's when I look at you.
When the waves are flooding the shore and I 
can't find my way home anymore 
that's when I look at you.

 

 

Capitolo sedici.
David.

 

Con il mento poggiato sul palmo della mano, seduto al tavolo della cucina, osservavo Lily creare braccialetti e collane per Cassie e Diane.  Osservavo ciocche di capelli chiari carezzarle il viso, sfiorarle la pelle del collo. Le labbra schiudersi in un dolce e fine sorriso, gli occhi verdi, illuminarsi ogni volta che le bambine ridevano. Ascoltai la sua voce sottile, la sua risata cristallina riempire l’ambiente. Rimasi incantato da Lily, senza ombra di dubbio. Dal suo modo di parlare, di sorridere, di parlare, così diverso da quello che avevo conosciuto nei gironi di scuola. Lì, con Diane e Cassie, sembrava essere un’altra, smettendo probabilmente di fingersi ciò che non era, abbandonando l’aria fredda e gelida di cui si circondava. Era calorosa, era solare, era allegra, dolce, nel porsi con le due bambine, nel parlare con me, nel guardarmi con gentilezza, cosa che forse non era mai avvenuta, salvo una o due volte.
La sua risata, mi riposto alla realtà. Sorridendo, mi allungai sulla sedia, poggiandomi allo schienale.
Lei alzò il capo guardandomi con occhi sinceri. «Potresti anche aiutarci.» disse in un risolino.
«Nah, preferisco guardare.» risposi sorridente senza staccare i miei occhi dai suoi. Lei scosse il capo, prima di rivolgersi ancora a Cassie. Non cercò di mascherare. In quel momento era ciò voleva essere, era chi era. Lilian Hemsworth.

Cathy verso del thè caldo nella tazza di Amanda. Erano sedute sulla veranda, mentre l’aria frizzante del primo autunno li pungeva la pelle del viso.
David si avvicinò alle due donne correndo, il berretto gli ricadeva sugli occhi. Cathy rise e baciandogli la punta del naso, glielo sistemò, prima di esortarlo ad andare a giocare in giardino con Lily.
Ma le parole che David avrebbe ricordato per sempre, con estrema chiarezza, erano quelle di Amanda.
La donna gli sorride col dolcezza, con amore negli occhi azzurri, vivi e devoti. «Con i bambini non puoi fingere. Sarai sempre ciò che sei.»

L’immagine di Amanda non era nitida, era confusa, come se osservassi il suo viso attraverso della fitta nebbia, ma potei rivedere i suoi lineamenti delicati sul viso di Lily.
Accennai, involontariamente, un sorriso che a lei non sfuggì. Alzò il capo, guardandomi negli occhi. M’immersi nel mare verdeazzurro delle sue iridi, chiedendomi cosa stesse pensando in quel momento, cosa provasse, a che ritmo batteva il suo cuore. I suoi occhi indugiarono nei miei, limpidi ma impenetrabili allo stesso tempo. Per la prima volta, inspiegabilmente, le sue difese parvero crollare, prima che fossero erette ancora. Piano abbandonava quell’aria gelida che non le si addiceva affatto.
«Ne vuoi anche tu uno?» chiese con un sorriso sghembo. «Se li faccio per loro, non posso non farlo anche a te.» continuò.
Scossi piano il capo, ridacchiando. «Mi stai dando del bambino?»
«Forse.» disse in un risolino prendendo delle conchiglie.
«Sì, certo che ne voglio uno anch’io.» dissi fingendomi offeso per la domanda rivoltami.
«Cordoncino rosa?»
«Amo il rosa, ma desidero il nero.»
Lei fece spallucce, rivolgendomi una fugace occhiata divertita, prima di afferrare il cordoncino.
«Devi scegliere una conchiglia.» disse, permettendomi ancora una volta di osservare i suoi occhi chiari.
«Uhm…», esaminai le conchiglie sparse sul tavolo, dalle mille forse, dai mille colori. Ne scelsi una, bianca, piccola, con striature azzurre.
«Questa.» dissi porgendogliela. La mia mano sfiorò la sua, lei la ritrasse immediatamente.
Osservò la consiglia con espressione indecifrabile.
«Non ti piace?» chiesi corrugando la fronte. Lo dissi senza pensarci. Volevo sapere a cosa pensava, poiché i suoi occhi era impenetrabili.
Un angolo delle sue labbra si sollevò verso l’alto, poi poggiò la conchiglia sul tavolo e si scoprì il polso. Legato ad esso vi era un braccialetto in cuoio con una piccola conchiglia ciondolante.
Sgranai gli occhi e la osservai dondolare, identica a quella che avevo scelto poco prima.
«Oh.» mormorai incapace di aggiungere altro.
Lei sorrise, abbassando poi lo sguardo. Prese due cordoncini neri ed uno verde, poi cominciò ad intrecciarli.
Poggiai il mento sul palmo della mia mano e la osservai armeggiare. Quando, con la coda dell’occhio, si rese conto del mio sguardo fisso su di lei, alzò il capo, inclinandolo.
«Il verde è il mio colore preferito.» mormorò sorridendo appena.
Involontariamente un angolo della mia bocca si sollevò verso l’alto, in un sorriso sghembo. «Anche il mio.»
«Bugiardo.» disse in un risolino, scuotendo il capo.
La guardai, finemente indignato, rivolgendomi poi a Diane. «Qual è il mio colore preferito, Diane?»
Lei alzò il capo dal piccolo mucchietto di conchiglie. «Il verde.»
Lily alzò il capo, poggiando lo sguardo sul mio viso. «Okay, d’accordo.» sbuffò prima di continuare ad intrecciare i cordoncini.
«Lily, possiamo usare anche i corallini? Mamma me li ha regalati per Natale!» esclamò Diane richiamando l’attenzione su di lei.
«Certo! Verrebbero braccialetti meravigliosi!» esclamò, sorridendo con dolcezza.
Mia sorella scattò in piedi. «Vieni con me, Cassie!» esclamò prendendo per mano l’amica e trascinandola per le scale.
Con lo sguardo ritornai sul suo viso, sugli occhi verdi illuminati dalla luce crepuscolare e dalla lampada accanto alla finestra. La osservai per attimi che parvero eterni e mi chiesi a cosa stesse pensando, cosa le frullasse per la testa. Si portò una ciocca di capelli chiari dietro un orecchio e si passò la punta della lingua sulle labbra.
«Sei per caso uno di quei ragazzi che, credendosi il sesso forte, pensa di essere esonerato da qualsiasi tipo di lavoro che non comprenda un’alta percentuale di virilità?» chiese con l’ombra di un sorriso sul viso.
«Beh, sì… in effetti cucinare, fare shopping con la sorellina, stirare e fare il bucato è davvero da uomo macho.» risposi poggiandomi nuovamente allo schienale della sedia ed incrociando le braccia, senza smettere di sorridere.
«Touchè.», schioccò la lingua, poi alzò il capo, puntando i suoi occhi nei miei. Il suo petto era immobile, poi prese a muoversi con più velocità. Inclinai il capo, corrugando la fronte. Che avesse trattenuto il respiro?
Subito chinò il capo e le sue ciglia fecero da sipario. Non potei non sorridere del sangue fluitole nelle gote.
«Po-posso aver un bi-bicchiere di plastica?» chiese.
«Di plastica?» chiesi confuso.
«D’acqua!» esclamò con enfasi alzando lo sguardo sul mio viso. Aveva gli occhi sgranati, gli occhi lucidi e le guance appena arrossate. Quell’immagine, ancora oggi, è impressa nella mia mente, come marchiata a fuoco. Il suo viso, sincero ed imbarazzato, così sottile e dai tratti infantili, mi strinse il cuore per la dolcezza. Sarei rimasto ore a guardare i suoi occhi limpidi le sue labbra piene appena dischiuse. In quel momento, la sua anima nuda davanti i miei occhi, mi mostrò quanto bella lei fosse e quanto fosse bugiarda. La finta corazza si sgretolò ed ebbi l’ennesima conferma che Lilian Hemsworth non era affatto come voleva far credere che fosse.
«Io… mi… sono confusa.» mugugnò corrugando la fronte e coprendosi il viso con le mani.
Sorrisi con dolcezza e sentii l’irrazionale ed improvviso impulso di scostarle le mani dal viso.
Senza smettere di sorridere poggiai le mani sul tavolo e, facendo perno, mi alzai per dirigermi in frigo. Riempii un bicchiere d’acqua fresca e quando mi voltai Lily abbassò immediatamente lo sguardo. Corrugai confuso la fronte.
«Pensavo ad altro.» disse con un filo di voce.
«Di cosa parli?» chiesi reprimendo un sorriso.
Un angolo della sua bocca si sollevò piano verso l’alto, in un sorriso timido che le colorò il viso. 
Il sole oramai era tramontato e voltando il capo verso sinistra potevo ammirare il cielo azzurro con spruzzi rosei. Mi resi conto che di lì a poco sarebbe arrivata mia madre.
Schioccai la lingua.
«Cosa c’è?» mi chiese Lily alzando lo sguardo su di me.
«La cena.»
«Si è fatto tardi.» rispose lei con voce indecifrabile, scattando i piedi e facendo strisciare la sedia.
«Oh, no, no, resta!» esclami alzando le mani e allungandole verso lei. «Devo solo cuocere un po’ di carne.» mi affrettai a dire.
I suoi occhi indugiarono imperscrutabili nei miei e, per alcuni attimi, rimase immobile dinanzi a me, poi chinò piano il capo e si sedette.
«Puoi fermarti per cena, se vuoi.» dissi aprendo il frigo.
«No, non mi sembra il caso.» rispose dopo alcuni attimi, senza guardarmi.
«Sicura?» chiesi sperando invano che cambiasse idea. «Non disturbi.»
«La nonna ha già preparato la cena.» rispose guardandomi e abboccando il sorriso. Questo atteggiamento pacifico e gentile, quella che doveva essere la vera Lily, mi fece fremere dall’eccitazione e sperai che alzasse il capo dalle conchiglie e esclamasse: “Ehi, resto!”, ma ovviamente ciò non accadde.
 «Okay.» mormorai prendendo quattro bistecche. «Sicura?» chiesi nuovamente voltandosi.
Lei rise, prima di mordersi un attimo e tornare seria, come se si fosse lasciata scappare quel momento di ilarità. «Sì, sicura.» disse con l’ombra di un sorriso sulle labbra piene e rosee.
Feci spallucce e la vidi reprimere un sorriso.
Pochi istanti dopo, con la forza di un tornado entrarono in cucina Cassie e Diane, che agitava il sacchetto di corallini in aria.
«Gli ho trovati, gli ho trovati!» urlò saltellando.
Mentre prendevo una padella da un pensile, volsi la testa per gaurdarle. Lily sorrise con dolcezza, mentre gli occhi le brillavano sotto la luce fioca della lampada. «Sono meravigliosi!» esclamò entusiasta, quasi quanto le due bambine che presero posto.
«Guarda, possiamo usare questi turchesi.» disse Lily esaminando i corallini e accostandole ad una grande conchiglia rosa.
Mentre mettevo a cuocere la carne e tagliavo i pomodori le osservavo. Osservai il modo in cui lei sorrideva, in cui si rivolgeva alle bambine, la dolcezza e la tenerezza dei suoi sorrisi, sinceri e contagiosa. Al centro c’era lei, bella e radiosa come il sole a mezzogiorno. Poi si alzò e posizionandosi dietro le bambine, legò le collane ai loro piccoli colli, lasciando ricadere i ciondoli di conchiglia sui loro petti. Alzò il capo ed incontro i miei occhi. Per alcuni istanti la sua espressione mi fu imperscrutabile, poi sorrise flebilmente e mormorò: «Finito. Qui c’è il tuo bracciale.»
Fece penzolare l’oggetto.
Un angolo della mia bocca di sollevò verso l’alto. L’ascia i mestolo per l’insalata ed alzai il braccio, tendendolo verso lei.
Abbassando lo sguardo si diresse verso me, poi lo alzò sul mio viso, rivelandomi occhi verde smeraldo. Sorrise.
«Così va bene? Troppo stretto?» chiese alzando ancora lo sguardo su di me, questa volta senza distoglierlo.
Scossi il capo, incapace di proferire parola, mentre le sue dita sottili legavano il braccialetto al mio polso, mentre la sua pelle chiara e vellutata sfiorava la mia, con gesti naturali e delicati, tanto leggeri da sembrare petali di rosa su acqua fresca.
«Ecco.»
Le sua dita scivolarono sotto il mio palmo, mentre i suoi occhi, così chiari da apparire cristallo, trasparente e fragile, ma così impenetrabili da sembrare una foresta immersa nel buio, brulicante di vita, vite ed esistenze che non vedi, ma di cui ne avverti inevitabilmente la presenza.
«E’ bellissimo.» dissi con vice calda. «Grazie.» sorrisi.
Lei fece spallucce. «Fare braccialetti e collane per i bambini è un nobile gesto, non credi?»
Schioccai la lingua, annuendo piano col capo.
«Tre a uno per me, David.» sorrise inclinando il capo di lato e facendo un passo indietro.
«Comincio a perdere colpi.» sospirai riducendo gli occhi a due fessure.
Sorrise, ma ero certo che la sua voleva essere una smorfia. Per interminabili secondo i suoi occhi rimasero fissi nei miei, ed osservai la fioca luce della lampada riflettersi nelle verdi iridi.
«Ora è meglio che vada.» mormorò, sbattendo un paio di volte le palpebre, come a riprendersi da un momento di trans.
«D’accordo.» risposi a malincuore.
«Te ne vai?» chiese Diane avvicinandosi.
«Di già?» continuò Cassie.
Lily rise, carezzando i capelli delle bambine. Poi si abbassò sulle ginocchia e parlò piano, con estrema dolcezza.
«Possiamo continuare domani, se vi va. Possiamo preparare i pancakes.»
Non potei guardare l’espressione del suo viso, poiché era di spalle.
Diane e Cassie la salutarono, abbracciandola. Poi corsero su per le scale, dirette in camera di Diane.
«Ti accompagno alla porta.» dissi facendole segno col capo di seguirmi.
«Verrai domani, quindi?» chiesi porgendole la giacca.
Fece un cenno col capo. «Per Diane e Cassie.»
«Sì, per Diane Cassie.» ripetei guardandola negli occhi.
«Alle cinque?»
«Alle cinque.»
«Allora ci si vede, David.»
«Allora di si vede, Lily.» ripetei con l’ombra di un sorriso. Quella prospettiva non mi dispiaceva affatto.
«Puoi smetterla di ripetere tutto ciò che dico?» chiese corrugando la fronte e voltandosi per aprire la porta.
«Potrei.»
«Certo, certo.» sbuffò scendendo gli scalini e imboccando il vialetto. Affondò le mani nella tasche della giacca.
«Sì, Lily, passa una buona serata anche tu!» esclami alzando la voce di un’ottava affinché mi sentisse.
Alzò una mano in segno di saluto e uscì dal cancelletto in legno, girando verso sinistra e dirigendosi verso casa.
Una cosa era certa:ero attratto da lei più di quanto credessi possibile.



*

Eccomi qui. Capitolo non molto lungo che spero comunque vi piaccia.
Ringrazio di cuore coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e, come al solito, risponderò di volta in volta… sempre che ce ne siano.
J

Un bacio,
            Panda.

   
 
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