~Sometimes
you
have to be apart from people you love,
but that doesn't mean you love them any less.
Sometimes it makes you love them even more.~
When my world is falling apart,
when there is no light to break up the dark
that's when I look at you.
When the waves are flooding the shore and I
can't find my way home anymore
that's when I look at you.
Capitolo sedici.
David.
Con il mento
poggiato sul palmo
della mano, seduto al tavolo della cucina, osservavo Lily creare
braccialetti e
collane per Cassie e Diane. Osservavo
ciocche di capelli chiari carezzarle il viso, sfiorarle la pelle del
collo. Le
labbra schiudersi in un dolce e fine sorriso, gli occhi verdi,
illuminarsi ogni
volta che le bambine ridevano. Ascoltai la sua voce sottile, la sua
risata
cristallina riempire l’ambiente. Rimasi incantato da Lily,
senza ombra di
dubbio. Dal suo modo di parlare, di sorridere, di parlare,
così diverso da
quello che avevo conosciuto nei gironi di scuola. Lì, con
Diane e Cassie,
sembrava essere un’altra, smettendo probabilmente di fingersi
ciò che non era,
abbandonando l’aria fredda e gelida di cui si circondava. Era
calorosa, era solare,
era allegra, dolce, nel porsi con le due bambine, nel parlare con me,
nel
guardarmi con gentilezza, cosa che forse non era mai avvenuta, salvo
una o due
volte.
La sua risata, mi riposto alla realtà. Sorridendo, mi
allungai sulla sedia,
poggiandomi allo schienale.
Lei alzò il capo guardandomi con occhi sinceri.
«Potresti anche aiutarci.»
disse in un risolino.
«Nah, preferisco guardare.» risposi sorridente
senza staccare i miei occhi dai
suoi. Lei scosse il capo, prima di rivolgersi ancora a Cassie. Non
cercò di
mascherare. In quel momento era ciò voleva essere, era chi
era. Lilian
Hemsworth.
Cathy verso del thè caldo nella
tazza di
Amanda. Erano sedute sulla veranda, mentre l’aria frizzante
del primo autunno
li pungeva la pelle del viso.
David si avvicinò alle due donne correndo, il berretto gli
ricadeva sugli
occhi. Cathy rise e baciandogli la punta del naso, glielo
sistemò, prima di
esortarlo ad andare a giocare in giardino con Lily.
Ma le parole che David avrebbe ricordato per sempre, con estrema
chiarezza,
erano quelle di Amanda.
La donna gli sorride col dolcezza, con amore negli occhi azzurri, vivi
e
devoti. «Con i bambini non puoi fingere. Sarai sempre
ciò che sei.»
L’immagine
di Amanda non era
nitida, era confusa, come se osservassi il suo viso attraverso della
fitta
nebbia, ma potei rivedere i suoi lineamenti delicati sul viso di Lily.
Accennai, involontariamente, un sorriso che a lei non
sfuggì. Alzò il capo,
guardandomi negli occhi. M’immersi nel mare verdeazzurro
delle sue iridi,
chiedendomi cosa stesse pensando in quel momento, cosa provasse, a che
ritmo
batteva il suo cuore. I suoi occhi indugiarono nei miei, limpidi ma
impenetrabili allo stesso tempo. Per la prima volta, inspiegabilmente,
le sue
difese parvero crollare, prima che fossero erette ancora. Piano
abbandonava
quell’aria gelida che non le si addiceva affatto.
«Ne vuoi anche tu uno?» chiese con un sorriso
sghembo. «Se li faccio per loro,
non posso non farlo anche a te.» continuò.
Scossi piano il capo, ridacchiando. «Mi stai dando del
bambino?»
«Forse.» disse in un risolino prendendo delle
conchiglie.
«Sì, certo che ne voglio uno
anch’io.» dissi fingendomi offeso per la domanda
rivoltami.
«Cordoncino rosa?»
«Amo il rosa, ma desidero il nero.»
Lei fece spallucce, rivolgendomi una fugace occhiata divertita, prima
di
afferrare il cordoncino.
«Devi scegliere una conchiglia.» disse,
permettendomi ancora una volta di
osservare i suoi occhi chiari.
«Uhm…», esaminai le conchiglie sparse
sul tavolo, dalle mille forse, dai mille
colori. Ne scelsi una, bianca, piccola, con striature azzurre.
«Questa.» dissi porgendogliela. La mia mano
sfiorò la sua, lei la ritrasse
immediatamente.
Osservò la consiglia con espressione indecifrabile.
«Non ti piace?» chiesi corrugando la fronte. Lo
dissi senza pensarci. Volevo
sapere a cosa pensava, poiché i suoi occhi era impenetrabili.
Un angolo delle sue labbra si sollevò verso
l’alto, poi poggiò la conchiglia
sul tavolo e si scoprì il polso. Legato ad esso vi era un
braccialetto in cuoio
con una piccola conchiglia ciondolante.
Sgranai gli occhi e la osservai dondolare, identica a quella che avevo
scelto
poco prima.
«Oh.» mormorai incapace di aggiungere
altro.
Lei sorrise, abbassando poi lo sguardo. Prese due cordoncini neri ed
uno verde,
poi cominciò ad intrecciarli.
Poggiai il mento sul palmo della mia mano e la osservai armeggiare.
Quando, con
la coda dell’occhio, si rese conto del mio sguardo fisso su
di lei, alzò il
capo, inclinandolo.
«Il verde è il mio colore preferito.»
mormorò sorridendo appena.
Involontariamente un angolo della mia bocca si sollevò verso
l’alto, in un
sorriso sghembo. «Anche il mio.»
«Bugiardo.» disse in un risolino, scuotendo il capo.
La guardai, finemente indignato, rivolgendomi poi a Diane.
«Qual è il mio
colore preferito, Diane?»
Lei alzò il capo dal piccolo mucchietto di conchiglie.
«Il verde.»
Lily alzò il capo, poggiando lo sguardo sul mio viso.
«Okay, d’accordo.» sbuffò
prima di continuare ad intrecciare i cordoncini.
«Lily, possiamo usare anche i corallini? Mamma me li ha
regalati per Natale!»
esclamò Diane richiamando l’attenzione su di lei.
«Certo! Verrebbero braccialetti meravigliosi!»
esclamò, sorridendo con
dolcezza.
Mia sorella scattò in piedi. «Vieni con me,
Cassie!» esclamò prendendo per mano
l’amica e trascinandola per le scale.
Con lo sguardo ritornai sul suo viso, sugli occhi verdi illuminati
dalla luce
crepuscolare e dalla lampada accanto alla finestra. La osservai per
attimi che
parvero eterni e mi chiesi a cosa stesse pensando, cosa le frullasse
per la
testa. Si portò una ciocca di capelli chiari dietro un
orecchio e si passò la
punta della lingua sulle labbra.
«Sei per caso uno di quei ragazzi che, credendosi il sesso
forte, pensa di
essere esonerato da qualsiasi tipo di lavoro che non comprenda
un’alta
percentuale di virilità?» chiese con
l’ombra di un sorriso sul viso.
«Beh, sì… in effetti cucinare, fare
shopping con la sorellina, stirare e fare
il bucato è davvero da uomo macho.» risposi
poggiandomi nuovamente allo
schienale della sedia ed incrociando le braccia, senza smettere di
sorridere.
«Touchè.», schioccò la
lingua, poi alzò il capo, puntando i suoi occhi nei
miei. Il suo petto era immobile, poi prese a muoversi con
più velocità.
Inclinai il capo, corrugando la fronte. Che avesse trattenuto il
respiro?
Subito chinò il capo e le sue ciglia fecero da sipario. Non
potei non sorridere
del sangue fluitole nelle gote.
«Po-posso aver un bi-bicchiere di plastica?» chiese.
«Di plastica?» chiesi confuso.
«D’acqua!» esclamò con enfasi
alzando lo sguardo sul mio viso. Aveva gli occhi
sgranati, gli occhi lucidi e le guance appena arrossate.
Quell’immagine, ancora
oggi, è impressa nella mia mente, come marchiata a fuoco. Il
suo viso, sincero
ed imbarazzato, così sottile e dai tratti infantili, mi
strinse il cuore per la
dolcezza. Sarei rimasto ore a guardare i suoi occhi limpidi le sue
labbra piene
appena dischiuse. In quel momento, la sua anima nuda davanti i miei
occhi, mi
mostrò quanto bella lei fosse e quanto fosse bugiarda. La
finta corazza si
sgretolò ed ebbi l’ennesima conferma che Lilian
Hemsworth non era affatto come
voleva far credere che fosse.
«Io… mi… sono confusa.»
mugugnò corrugando la fronte e coprendosi il viso con
le mani.
Sorrisi con dolcezza e sentii l’irrazionale ed improvviso
impulso di scostarle
le mani dal viso.
Senza smettere di sorridere poggiai le mani sul tavolo e, facendo
perno, mi
alzai per dirigermi in frigo. Riempii un bicchiere d’acqua
fresca e quando mi
voltai Lily abbassò immediatamente lo sguardo. Corrugai
confuso la fronte.
«Pensavo ad altro.» disse con un filo di voce.
«Di cosa parli?» chiesi reprimendo un sorriso.
Un angolo della sua bocca si sollevò piano verso
l’alto, in un sorriso timido
che le colorò il viso.
Il sole oramai era tramontato e voltando il capo verso sinistra potevo
ammirare
il cielo azzurro con spruzzi rosei. Mi resi conto che di lì
a poco sarebbe
arrivata mia madre.
Schioccai la lingua.
«Cosa c’è?» mi chiese Lily
alzando lo sguardo su di me.
«La cena.»
«Si è fatto tardi.» rispose lei con voce
indecifrabile, scattando i piedi e
facendo strisciare la sedia.
«Oh, no, no, resta!» esclami alzando le mani e
allungandole verso lei. «Devo
solo cuocere un po’ di carne.» mi affrettai a dire.
I suoi occhi indugiarono imperscrutabili nei miei e, per alcuni attimi,
rimase
immobile dinanzi a me, poi chinò piano il capo e si sedette.
«Puoi fermarti per cena, se vuoi.» dissi aprendo il
frigo.
«No, non mi sembra il caso.» rispose dopo alcuni
attimi, senza guardarmi.
«Sicura?» chiesi sperando invano che cambiasse
idea. «Non disturbi.»
«La nonna ha già preparato la cena.»
rispose guardandomi e abboccando il
sorriso. Questo atteggiamento pacifico e gentile, quella che doveva
essere la
vera Lily, mi fece fremere dall’eccitazione e sperai che
alzasse il capo dalle
conchiglie e esclamasse: “Ehi, resto!”, ma
ovviamente ciò non accadde.
«Okay.»
mormorai prendendo quattro
bistecche. «Sicura?» chiesi nuovamente voltandosi.
Lei rise, prima di mordersi un attimo e tornare seria, come se si fosse
lasciata scappare quel momento di ilarità.
«Sì, sicura.» disse con
l’ombra di
un sorriso sulle labbra piene e rosee.
Feci spallucce e la vidi reprimere un sorriso.
Pochi istanti dopo, con la forza di un tornado entrarono in cucina
Cassie e
Diane, che agitava il sacchetto di corallini in aria.
«Gli ho trovati, gli ho trovati!» urlò
saltellando.
Mentre prendevo una padella da un pensile, volsi la testa per
gaurdarle. Lily
sorrise con dolcezza, mentre gli occhi le brillavano sotto la luce
fioca della
lampada. «Sono meravigliosi!» esclamò
entusiasta, quasi quanto le due bambine
che presero posto.
«Guarda, possiamo usare questi turchesi.» disse
Lily esaminando i corallini e
accostandole ad una grande conchiglia rosa.
Mentre mettevo a cuocere la carne e tagliavo i pomodori le osservavo.
Osservai
il modo in cui lei sorrideva, in
cui
si rivolgeva alle bambine, la dolcezza e la tenerezza dei suoi sorrisi,
sinceri
e contagiosa. Al centro c’era lei, bella e radiosa come il
sole a mezzogiorno.
Poi si alzò e posizionandosi dietro le bambine,
legò le collane ai loro piccoli
colli, lasciando ricadere i ciondoli di conchiglia sui loro petti.
Alzò il capo
ed incontro i miei occhi. Per alcuni istanti la sua espressione mi fu
imperscrutabile, poi sorrise flebilmente e mormorò:
«Finito. Qui c’è il tuo
bracciale.»
Fece penzolare l’oggetto.
Un angolo della mia bocca di sollevò verso l’alto.
L’ascia i mestolo per
l’insalata ed alzai il braccio, tendendolo verso lei.
Abbassando lo sguardo si diresse verso me, poi lo alzò sul
mio viso,
rivelandomi occhi verde smeraldo. Sorrise.
«Così va bene? Troppo stretto?» chiese
alzando ancora lo sguardo su di me,
questa volta senza distoglierlo.
Scossi il capo, incapace di proferire parola, mentre le sue dita
sottili
legavano il braccialetto al mio polso, mentre la sua pelle chiara e
vellutata
sfiorava la mia, con gesti naturali e delicati, tanto leggeri da
sembrare
petali di rosa su acqua fresca.
«Ecco.»
Le sua dita scivolarono sotto il mio palmo, mentre i suoi occhi,
così chiari da
apparire cristallo, trasparente e fragile, ma così
impenetrabili da sembrare
una foresta immersa nel buio, brulicante di vita, vite ed esistenze che
non
vedi, ma di cui ne avverti inevitabilmente la presenza.
«E’ bellissimo.» dissi con vice calda.
«Grazie.» sorrisi.
Lei fece spallucce. «Fare braccialetti e collane per i
bambini è un nobile
gesto, non credi?»
Schioccai la lingua, annuendo piano col capo.
«Tre a uno per me, David.» sorrise inclinando il
capo di lato e facendo un
passo indietro.
«Comincio a perdere colpi.» sospirai riducendo gli
occhi a due fessure.
Sorrise, ma ero certo che la sua voleva essere una smorfia. Per
interminabili
secondo i suoi occhi rimasero fissi nei miei, ed osservai la fioca luce
della
lampada riflettersi nelle verdi iridi.
«Ora è meglio che vada.»
mormorò, sbattendo un paio di volte le palpebre, come
a riprendersi da un momento di trans.
«D’accordo.» risposi a malincuore.
«Te ne vai?» chiese Diane avvicinandosi.
«Di già?» continuò Cassie.
Lily rise, carezzando i capelli delle bambine. Poi si
abbassò sulle ginocchia e
parlò piano, con estrema dolcezza.
«Possiamo continuare domani, se vi va. Possiamo preparare i
pancakes.»
Non potei guardare l’espressione del suo viso,
poiché era di spalle.
Diane e Cassie la salutarono, abbracciandola. Poi corsero su per le
scale,
dirette in camera di Diane.
«Ti accompagno alla porta.» dissi facendole segno
col capo di seguirmi.
«Verrai domani, quindi?» chiesi porgendole la
giacca.
Fece un cenno col capo. «Per Diane e Cassie.»
«Sì, per Diane Cassie.» ripetei
guardandola negli occhi.
«Alle cinque?»
«Alle cinque.»
«Allora ci si vede, David.»
«Allora di si vede, Lily.» ripetei con
l’ombra di un sorriso. Quella
prospettiva non mi dispiaceva affatto.
«Puoi smetterla di ripetere tutto ciò che
dico?» chiese corrugando la fronte e
voltandosi per aprire la porta.
«Potrei.»
«Certo, certo.» sbuffò scendendo gli
scalini e imboccando il vialetto. Affondò
le mani nella tasche della giacca.
«Sì, Lily, passa una buona serata anche
tu!» esclami alzando la voce di
un’ottava affinché mi sentisse.
Alzò una mano in segno di saluto e uscì dal
cancelletto in legno, girando verso
sinistra e dirigendosi verso casa.
Una cosa era certa:ero attratto da lei più di quanto
credessi possibile.
*
Eccomi
qui. Capitolo non molto lungo che spero comunque vi piaccia.
Ringrazio di cuore coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e,
come al
solito, risponderò di volta in volta… sempre che
ce ne siano. J
Un bacio,
Panda.