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Autore: Soul Sister    18/02/2011    3 recensioni
Dal primo capitolo:La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.
Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.
Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

-Spero vi abbia incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Lo so, è da un secolo che non aggiornavo.
Per questo, vi chiederò scusa all'infinto: scusate, scusate, scusate!
Avevo gia cominciato questo capitolo, ma dopo qualche riga sono andata in palla e non sapevo piu come fare... L'ispirazione è tornata, fortunatamente, quindi credo che non farò piu simili ritardi...O almeno spero! Ora non so quanto sia piacevole per voi, questo aggiornamento. Spero vi piaccia il chap, almeno un po'...Non è il massimo, ed è anche corticello...L'ho tagliato, in realtà, perchè c'era un'altra parte, ma il salto temporale era troppo, perciò l'ho tolto e la terrò, quella parte, per i prossimi chap U.U Spero di non aver deluso le vostre aspettative..
Un bacio.
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Capitolo 10- Bad Past
Erano passati tre giorni, dalla mia fuga dal bar, dal mio pianto isterico. Tre giorni da quando avevo riaperto la ferita del mio cuore, tre giorni in cui il passato aveva ricominciato a tormentarmi, passandomi davanti agli occhi senza pietà. Infilzando, spillo dopo spillo, una sofferenza all’organo che pensavo fosse guarito tempo fa. Credevo di aver chiuso per sempre con quel periodo, il più brutto della mia vita, credevo che i fantasmi fossero definitivamente spariti.
Non avevo tenuto conto che la lontananza aveva solo assopito il dolore, e non tolto realmente.
Ne avevo avuto la dimostrazione l’altro giorno, quando, incontrando quegli occhi cobalto, tutte le mie fatiche mi erano crollate addosso come un macigno. Erano state costruite su una base in pendenza, pericolante. E adesso tutto s’era distrutto. Quanto ero stata stupida.
Kim, dopo che Rose l’aveva avvisata –perché, ovviamente, doveva sbandierare che lui era tornato- mi stava addosso peggio di mia madre. Anzi, si comportava come Emily non faceva.
Scossi la testa, sospirando, e cercai di prestare attenzione alla lezione di scienze.
Ovviamente, era un tentativo vano.
-Nat..- mormorò, poggiando una mano sulla mia spalla.
-Kim, sto bene..- esalai. Le rivolsi un sorriso tirato, che non la convinse per nulla.
-Signorine, potete prestare attenzione?- ci richiamò il docente, con un’aria accigliata. Ci scusammo, e Kim mi fulminò con gli occhi.
Per fortuna, la campanella segnò l’intervallo, e io potei lasciarmi andare stancamente sul banco.
Rick Donagan, qui. Non riuscivo a smettere di pensarci.
Vidi Adam uscire dalla classe, non prima di avermi lanciato uno sguardo indecifrabile. Era strano che non l’avesse riconosciuto, anche perché veniva a scuola con noi, benchè fosse di un anno più grande.
Sentii lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa, mentre le immagini di quel giorno mi passavano davanti agli occhi come un film.
“Ah, che idiota! Non lo posso proprio tollerare! Vorrei tanto prendere quella zucca vuota e picchiarla contro il muro finchè non si apre a metà come una noce di cocco!” esclamai. Non riuscivo a smettere di sbraitare, dopo l’ennesima litigata con Brown. Perché, perché quel ragazzo doveva essere così dannatamente stronzo? Che gli avevo fatto per spingerlo a tormentarmi la vita? “Cioè,proprio non lo concepisco!” Bloccai il mio fiume di insulti, notando che il mio interlocutore era piuttosto assente.
Rick si guardava le scarpe, e non si era nemmeno accorto che lo fissavo preoccupata.
“Ehi..” lo richiamai. Lui mi guardò, incrociando i suoi occhi azzurrissimi con i miei. “Tutto okay?”
Lui tirò le labbra in un sorriso poco convinto, e annuì. “Sì, ero solo pensieroso.”
Annuii a mia volta, ma non mi fidavo della sua risposta.
Io e Rick stavamo insieme da otto mesi ormai, lo conoscevo bene quanto me stessa, e se qualcosa non andava lo capivo anche da chilometri. Senza contare che quell’adorabile ragazzo era leggibile quanto un libro aperto. Mi bastava guardarlo in quegli occhi celesti, per capire cos’aveva. Ma quello sguardo, oggi, era indecifrabile.
Arrivammo poco dopo a casa mia, e quando entrammo, trovammo Bryan e Rose abbracciati sul divano. “Guarda guarda, i due piccioncini!” esclamò il mio fratellone, vedendoci per mano.
Io arrossii, ma non potevo che essere felice di quel commento.
Non ero innamorata di Rick, ma c’ero molto vicina. Quello che provavo era grande, e ormai avevo l’abitudine di vederlo intorno a me. Adoravo la sua presenza quasi quanto quella di mia sorella. Insomma, era importante. E sapevo che anche io lo ero per lui, e non mi avrebbe mai fatto del male. Rick odiava vedermi triste, me lo ripeteva sempre.
Ma non era l’unico; anche io non amavo particolarmente vederlo giù, anche perché contagiava anche me col suo umore.
Salimmo in camera mia, e dopo esserci tolti i cappotti mi sdraiai sul mio letto accoccolata al petto del mio ragazzo fantastico. Lui era sempre perso nei suoi pensieri, la fronte leggermente aggrottata, gli occhi persi nel vuoto in fronte a lui.
“Deve essere interessante la parete della mia stanza” osservai, richiamando la sua attenzione. Infatti, portò immediatamente i suoi zaffiri nei miei occhi.
“In effetti, sì.” mi fece una boccaccia, e gli diedi un buffetto sul petto, ridacchiando appena. Lui si allungò per posare le sue labbra sulle mie in un dolce bacio. Sorrisi contro la sua bocca, e mi strinsi maggiormente a lui. Adoravo stare tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro, come quando lo faceva Bryan. Protetta.Rick non mi avrebbe mai fatto del male.
Il giorno dopo era un sabato, perciò non c’era scuola, e pensai bene di accettare l’invito del mio ragazzo per uscire. Era tanto che non facevamo delle passeggiate. Solitamente, ci vedevamo a scuola, e talvolta nel pomeriggio a casa dell’uno o dell’altra -come ieri.
Camminavo velocemente per non essere in ritardo all’appuntamento, peccato che fosse tutto contro di me. Per strada, incontrai la banda dei barbari, e il capo –ovviamente- non si perse a far commentini.
“Guarda Smith come corre da Donagan..!” I suoi amici si persero in commentini e schiamazzi, come giusto che fosse per dei poveri idioti come loro. Brown scese dal suo motorino, attraversò il marciapiede e mi sbarrò la strada con un sorrisino di sfida.
“Ma cos’ho fatto di male per averti sempre tra le palle?”chiesi retorica, mentre il suo sorriso si allargava. “Oh Smith, ammettilo che sei felice di vedermi.”
“Sì, come sarei felice se avessi un palo nel culo..” ribattei. “Ora, levati.” Adam mi fece da specchio, con un ghigno stampato in faccia. Avrei tanto voluto tirargli in testa uno delle querce nel parco lì vicino-dove, per altro, mi stava aspettando il mio ragazzo. “Non tanta fretta, Smith”.
Espirai profondamente, stringendo i pugni nel tentativo disperato di calmarmi.
“Senti. Sono già in ritardo. Mentirei se dicessi che mi piacerebbe rimanere a chiacchierare amabilmente con te e i tuoi amici zotici, perciò sarò sincera.” Lo fulminai con un’occhiataccia. “O ti togli di mezzo, o ti spacco la testa.” Lui rise, seguito a distanza dai suoi compari, dall’altro lato della strada, al parcheggio dei motorini.
“Credi davvero di potermi anche solo sfiorarmi?” ridacchiò ancora, “povera illusa..”
“Ma vai a quel paese, Brown, e lasciami proseguire.”
“Va bene...” concesse, facendosi da parte con un inchino. “Au revoir, mademoiselle.”
“Ma fottiti!” fu la mia risposta educatissima e chic. Proseguii imperterrita, mentre sentivo i ragazzi-ricongiunti con il loro boss- sparlare di Rick.
Giudicavano sempre il mio ragazzo, credendosi migliori. Ma non avevano nemmeno il diritto di farlo: Rick era cento volte meglio di loro, in tutto. Era carino, dolce, simpatico, intelligente; mentre Brown e Co. erano il completo contrario. Rick era un bravo ragazzo, e gli volevo molto bene.
“Brown, lui è mille volte meglio di voi!” urlai in loro direzione, per poi accelerare e svoltare l’angolo. Diedi una fugace occhiata al mio orologio, che segnava le quattro e un quarto. Ero in ritardo di dieci minuti buoni, e se Rick si fosse arrabbiato, per lo meno gli avrei potuto dire che non era la mia pigrizia, quanto un fattore problematico chiamato più comunemente come Adam Brown.
Raggiunsi il punto di ritrovo di me e Rick. Lui era scuro in volto, teso, irritato.
“Scusa, Rick..Ho avuto un contrattempo..”
“E di che genere, sentiamo?” Rimasi perplessa dalla sua risposta acida.
“Ho incontrato quell’idiota di Brown che mi ha sbarrato la strada.”
“Ah, ora capisco tutto..” Mi accigliai. Che intendeva dire?
“Prego?” chiesi, confusa.
“Sai Natalie, mi stupisco ancora di come ti comporti.” Rick alzò la testa, e incrociai il suo sguardo di ghiaccio. Ghiaccio perché era gelido, freddo. Cattivo.
“C’è sempre lui in mezzo. Sempre.” Proseguì. “Perché, a questo punto, non ti metti con lui?”
Lo guardai allucinata. Ma che diamine stava blaterando, quel cretino?
“Rick, stai scherzando spero. Io odio Brown, mi pareva fosse chiaro”, gli ricordai.
“Odi.. A me pare più che ne sei cotta. Non so se te ne sei mai accorta, ma parli solo di lui. Anche se lo insulti, lui c’è sempre, in ogni tuo discorso. Lo nomini di continuo, e poi..Dio, Natalie, non mentirmi..Davvero, piuttosto di tormentarmi, lasciami.”
Io non riuscivo a crederci, non era concepibile. “No..no, ascoltami bene: io non ti ho mai mentito.” Poi capii. “Qui, forse, sei tu quello che vuole realmente lasciarmi..”
“Non è vero. Non è vero, Natalie.”
“Forse..forse è meglio che torno a casa.” Mormorai, prendendo a camminare nella direzione inversa. Mi veniva da piangere, non riuscivo a credere di aver litigato con Rick. Non per Adam Brown. Non era minimamente ammissibile che Rick pensasse quelle cose di me.
Mi conosceva, sapeva che davvero odiavo Brown, che non avrei mai potuto né illuderlo né ferirlo.
Quella sera non mangiai, rinchiusa a chiave nella mia stanza. Lasciai libere le lacrime di scorrere sul mio viso, senza fermarle, per sfogarmi.
Non riuscii nemmeno a dormire, se non per due orette scarse.
Quella domenica pomeriggio decisi che sarei andata a casa sua per chiarire quella situazione. Volevo chiudere quel malinteso, e far pace. Era orribile star così distante da lui.
L’abitazione di Rick era piuttosto distante dalla mia. Per raggiungerla, avrei dovuto attraversare tutto il parco del giorno prima- quello era la via di mezzo tra le nostre case.
Camminavo piuttosto velocemente sul sentiero tra le piante, quando le gambe improvvisamente smisero di seguire i miei comandi, e presero a tremare.
Pensai di trovarmi nel bel mezzo di un incubo, quando i miei occhi incontrarono la figura di Rick, affascinante e inconfontibile, stretta ad una completa sconosciuta, e si baciavano. Si baciavano appassionatamente, anzi, si mangiavano.
Forse il mio sguardo puntato su di lui lo faceva sentire osservato, e quando si staccò da quella ragazza, alzando la testa, mi incontrò. Sul suo viso passarono diverse emozioni, tra cui sorpresa, rammarico e pentimento. Presi a correre, sentendolo immediatamente dietro di me.
“Natalie, aspetta, ti posso spiegare!” mi afferrò il polso, e appena mi girò per guardarmi in faccia gli tirai uno schiaffo in pieno viso, con tutta la mia forza e il mio dolore. Le lacrime ormai mi annebbiavano la vista, e i singhiozzi mi scuotevano. Ma riuscii a sibilargli un ‘Ti odio’ con tutto il mio sentimento, nonostante la voce incrinata.
Ripresi a camminare spedita,pensando ormai che non mi avrebbe più importunata. Ma la sberla non gli aveva fatto capire che non lo volevo più vedere, e cercò di chiamarmi nuovamente, continuando a seguirmi. Mi riprese nuovamente per le spalle, questa volta mi tratteneva in modo che non potessi più picchiarlo. “Calmati, lasciami spiegare..!”
“No! Lasciami stare, Rick!”
“Natalie, guarda..”
“Ehi! Nat!” mi voltai verso Bryan, dall’altra parte della strada. Ormai eravamo usciti dal parco, e il mio fratellone aveva notato le mie lacrime. Si catapultò in mezzo alla strada, senza badare all’auto che stava arrivando. “Bryan!” urlai, spaventata. La macchina inchiodò in tempo, ma urtò comunque Bryan, che venne sbattuto a terra. Prima che potessi correre a controllare come stesse si stava già rialzando. Io mi divincolai da Donagan e volai da lui.
“Bry, Bry, come stai?”Lui mi ignorò, cercava sempre di rialzarsi.
“Io lo uccido..che ti ha fatto?”
“Non importa, tu piuttosto stai bene?”
Bryan si era slogato una caviglia, e gli erano uscite delle botte violacee su tutto il fianco sinistro. Ovviamente, Rose se n’era accorta, e aveva notato l’espressione di entrambi quando eravamo rientrati. Se non fosse stato che Bryan si era fatto male e voleva stargli vicino, avrebbe cercato lei stessa Rick per dargli una lezione.
Agli occhi di tutti, Bryan era caduto dal motorino a causa del ghiaccio sulla strada, facendosi male al piede. E le botte erano inevitabili.
Io ero caduta in una brutta depressione, e passai più di sei mesi a pensarci. A pensare a Rick.
Il giorno dopo non lo rividi a scuola, e più tardi scoprii che nonostante l’infortuneo, Bryan era andato a casa sua e dopo la sua minaccia, quello stronzo se n’era andato, a maggior ragione, non aveva obiettato per il trasferimento di lavoro del padre di cui non mi aveva resa partecipe tempo prima. Mi consolavo, almeno sapevo che in un modo o nell’altro ci saremmo lasciati. Anche se avevo trovato proprio il peggiore, per farlo, tra i due.
Dopo di Rick, ero diventata allergica ad ogni individuo di sesso maschile che non fossero mio padre o Bryan. In quei mesi bui, il mio odio per Adam era diventato palpabile, e non si trattava solo di semplice antipatia e dispetti. Lo ritenevo la causa di tutti, dei litigi di me e Rick. Poi avevo capito che non era colpa sua, nonostante tutto, e che Donagan non mi meritava.
-Ehi..- mi voltai verso Adam, sussultando.
-Ehi..- risposi, cercando di accennare un sorriso.
-Non volevo spaventarti.- Si scusò, accomodandosi al posto di Kim, che era fuori.
-Non fa niente.- Adam rimase a guardarsi le mani, a disagio, per un po’.
-Volevi dirmi qualcosa?- incalzai, piegando la testa come per incoraggiarlo.
-Sì, in verità..Il ragazzo dell’altro giorno era..- storse il naso, -era lui? Donagan?-
-Sì- fu il mio sussurro.
-Caspita, non l’avevo riconosciuto all’inizio..- commentò. -Ma poi ho pensato che lui era l’unico a poterti fare un effetto simile, dopo che ti aveva lasciata per andarsene..Perchè è così che è andata, giusto?- chiese, accigliato.
-No, veramente..Però, non amo molto parlarne..- Adam mi sorrise in modo rassicurante, forse per la prima volta nella nostra vita. E in quel momento, fu normale ripetere il gesto con gratitudine.
-Non preoccuparti. Magari più avanti.- Allungò la mano, fino a sfiorarmi i capelli. Trattenni il fiato, mentre lui cincischiava imbarazzato, forse per il gesto avventanto. Poi lo fece: mi scostò i capelli dal viso, portando la ciocca spettinata dietro l’orecchio.
-Mi ha tradita.- Dissi solo, mentre Adam si accigliava. Non si aspettava che fossi così schietta. Tutto qua.-
-Tutto qua? Io l’avrei infamato.- Ribattè, scioccato.
-Ci ha già pensato Bryan- commentai, con un sorrisino. La sua fronte si corrugò ancora, e un lampo di comprensione gli attraversò lo sguardo.
-La caviglia..-
-Già. Ha avuto un incidente; ha attraversato la strada, senza guardare, pur di mettere a posto le manacce di Donagan..Però stava arrivando la macchina..Il giorno dopo ha avuto il coraggio di andare a casa sua per minacciarlo.-
-In questo momento stimo mio fratello più del solito.- Commentò, con un sorrisino.
-Ah..ti prego, non farne parola con nessuno..- lo implorai, mentre si rialzava al suono della campanella.
Lui ridacchiò: -E a chi potrei dirlo? Al mio riflesso nello specchio?- poi mi scompigliò i capelli, e si abbassò fino a trovarsi faccia a faccia con me, a pochi centimetri. -Sei l’unica persona di cui mi fido, in questo momento, e l’unica che sento vicina.-
Adam tornò al posto, ma non aveva idea di come mi avesse alleggerito il cuore. Era incredibile che il mio peggior nemico fosse in grado di tirarmi su il morale con una frase.
Ma ormai, avevo capito che Adam sarebbe sempre stato una sorpresa per me.
La prof entrò, e si mise subito a chiedere delle nostre ricerche. Ovviamente, chiamò per primo il nostro gruppo –quello che al 99% credeva il più problematico, avendo unito Brown e Wilson. Mi alzai, raggiungendo i miei compagni alla cattedra, e ansiosa cercai lo sguardo smeraldino di Adam. Mi sorrise, e io ricambiai, incapace di far altro, mentre grazie a lui, sentivo il cuore leggero.
  
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