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Autore: LelleLaFolle    18/02/2011    7 recensioni
Annaspai ancora, cercando di ingoiare meno acqua possibile.
- Dammi un bacio! –
- Va a quel paese! –
Mi rispinse sotto, ma dopo pochi secondi ritornai a galla.
- Allora, me lo dai questo bacio? -
- Stronzo! -
Proprio io dovevo venir rapita dai pirati nel XXI secolo?!
E, per di più, tutti don giovanni!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16                     NORMALITà ... O QUASI


Un lieve torpore, caldo, accogliente.
Era il paradiso, non volevo più andarmene.
Il vuoto in cui mi sembrava di galleggiare pian piano prese la consistenza di morbide lenzuola sotto le dita. La stoffa fresca mi avvolgeva delicatamente, sfiorando la pelle come una carezza.
Ripeto: il paradiso!
Un rumore basso interruppe il silenzio. Erano voci sussurrate, appena udibili.
I mormorii si interruppero per qualche secondo quando mi girai di lato, riprendendo subito dopo.
- Non possiamo permettere che ricapiti.
- E’ pazzo! Adesso la seguirà dovunque, dobbiamo fuggire per proteggerla. Lei ha la precedenza su qualsiasi piano di vendetta.
Stavano parlando di me?
- Quello che mi ha fatto imcazzare ancora di più è stato vedere Antòn nelle file del nemico. Maledizione! Era un nostro compagno ed ora gestisce i giri di prostituzione e gli affari di quel bastardo!
- Però anche noi abbiamo sfruttato dei traditori. Il mio informatore faceva parte del gruppo di Cesar; lo stesso vale per Eric e Sebastian, che adesso si sono uniti a noi. Non abbiamo alcun diritto di giudicare,
- Rimane ugualmente un…
- Falla finita, Tom! Ormai le cose stanno così, non basta imprecare come uno scaricatore di porto per cambiarle.
Lo consideravo piuttosto scorretto da parte mia ascoltare le loro conversazioni mentre pensavano che io stessi dormendo, ma probabilmente non avrei avuto altre occasioni per conoscere certi dettagli.
- Quindi da adesso in poi scapperemo sempre?
Un sospiro di rassegnazione.
- Non vedo altre possibilità.
- In realtà una ce n’è…
- Vuoi che la riporti indietro, a casa sua? Non puoi chiedermi questo, lo sai che non posso farlo.
- Dastin, ragiona! I suoi genitori sono ricchi, loro la proteggeranno in tutti i modi possibili e lei sarà molto più al sicuro che con noi.
Sussultai, non potendo fare a meno di sentire un nodo stringersi all’altezza del petto.
Non volevo allontanarmi da tutti loro, non proprio adesso che mi ero affezionata.
Li avevo conosciuti uno ad uno, avevo imparato a capirli, distinguendo i loro atteggiamenti e i significati che questi nascondevano. Con il tempo mi ero ricreduta su tutti i miei pregiudizi: avevo riscontrato una generosità immensa in chi appariva egocentrico e arrogante, quelli che a prima vista mi erano sembrati i più violenti del gruppo si erano poi dimostrati gentili e divertenti; persino i donnaioli che all’inizio disprezzavo per il loro comportamento avevano rivelato un’adorazione quasi divina nei confronti delle donne, e non solo per il fisico da modelle che potevano avere.
In un certo senso, ero finalmente in grado di amarli. E non volevo rinunciare a questo piacere.
- Credi che non ci abbia già pensato?! È da quando quel fottuto bastardo l’ha rapita che mi maledico per averla esposta a un simile pericolo. Ma non ce la faccio a rinunciare a lei, è più forte di me.
Seguirono minuti di silenzio. C’erano delle parole sott’intese in quel discorso e io non riuscivo a leggere fra quelle righe tanto intrecciate le une con le altre.
- Dastin, rispondimi con sincerità: tu la ami?
Quello fu un tuffo al cuore del tutto inaspettato.
Non volevo sentire la risposta, che questa fosse stata negativa o positiva, non m’importava.
Ascoltare qualcosa che proveniva direttamente dal cuore a sua insaputa avrebbe significato tradirlo categoricamente su tutta la linea.
Se un giorno avesse voluto confidarmi quel piccolo segreto era liberissimo di farlo, io sarei rimasta ferma ad ascoltare senza interromperlo. Ma fino ad allora avremmo continuato con la nostra vita come avevamo fatto nelle poche settimane trascorse insieme. Non doveva esserci nessun colpo basso fra noi due.
Mi stiracchiai un po’, attirando l’attenzione dei presenti, e aprii finalmente gli occhi dopo averli stropicciati con le dita intorpidite.
La prima cosa che attirò la mia attenzione furono le numerose coperte che mi ricoprivano a strati. Ce n’erano quasi una decina, come se ogni singolo membro della ciurma avesse preso il proprio piumone dalla sua cabina, trascinandolo fino al mio letto.
Come avevo fatto a non soffocare là sotto era un mistero.
La seconda cosa che invece mi lasciò del tutto a bocca aperta fu vedere tutti, e con tutti intendo ogni individuo a bordo dello yacht, seduti sulla moquette della cabina ai piedi del mio letto.
Era incredibile, ma stavano aspettando proprio il mio risveglio.
- Ragazzi… - sussurrai flebile, avevo la voce roca e gracchiante ancora impastata dal sonno.
Dastin fu il primo a scattare in piedi, saltandomi letteralmente addosso per stringermi in un caldo abbraccio.
- Fai piano, così rischi di stritolarla – lo riprese Philip, abbozzando un sorriso.
Come per smentire quelle parole, lo strinsi ancora più forte a me.
Non me ne fregava niente se mi faceva male. Mi era mancato, la sua era sta stata un’assenza terribilmente dolorosa.
Immersi il viso nell’incavo del suo collo, inebriandomi di quel profumo di acqua salata ed estate che lo caratterizzava, distinguendolo dagli altri. Ora che ci facevo caso, il suo era l’odore più confortevole e dolce che avessi mai sentito.
Sospirò nel mio orecchio, causandomi una serie di brividi lungo la spina dorsale.
Da quando aveva una tale influenza su di me?
- Abituati a queste braccia – sussurrò, tendendo al massimo i muscoli dei bicipiti, - perché da adesso in poi le sentirai molto spesso.
Era nato qualcosa fra me e lui, qualcosa di estremamente potente che ci aveva legati con una catena invisibile; qualcosa creatosi senza il nostro consenso, ma che soddisfala i desideri di entrambi. Probabilmente se non avesse avuto origine da solo, quel “qualcosa” non sarebbe mai esistito perché io non avrei mai avuto il coraggio di fare il primo passo.
- Dastin, non ce la consumare. Vogliamo salutarla anche noi!
Ridendo, Tom mi sciolse da quella piacevole morsa.
- E’ un piacere riaverti con noi, Vivi.
- E vedi di non andartene più perché è stata una faticaccia riportarti indietro.
L’esile figura di Simon comparve dietro le spalle di Tomas, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
- Ragazzi, lo so che si è appena ripresa, ma potreste lasciarci un attimo da soli? Dovrei parlarle di alcune cose importanti – Philip mi appoggiò una mano sulla spalla, come se volesse valorizzare maggiormente la sua richiesta, - Ci metterò poco, per favore.
Uno ad uno, senza fare domane, uscirono dalla cabina dopo avermi scoccato un rumoroso bacio sulla fronte o scompigliato i capelli con fare amichevole.
Tutto mentre il loro capitano ringhiava peggio di un mastino napoletano, minacciandoli di staccargli le mani a morsi se non prendevano le dovute distanze da me.
Sbaglio, o era diventato ancora più protettivo di quanto non fosse già prima?
- Con “tutti” intendevo anche te…
Dastin lanciò un ultimo sguardo omicida a Philip, del genere: “prova a sfiorarla e ti uccido”. E si dileguò oltre la soglia, lasciando la porta chiusa alle sue spalle.
Si prospettava una futura convivenza moooooooooolto problematica.
- Come ti senti? – domandò vagamente Philip con lo sguardo sui pochi mobili presenti.
Mentalmente mi proiettai in un quiz televisivo a premi.
- Dunque, signor Philip, Può scegliere fra ben due pacchetti!- annunciavo nelle sfavillanti vesti di conduttore tutto sorrisi e occhiolini, - Pacchetto numero uno: conoscere la verità; ovvero che la sottoscritta si sente come l’unica superstite della terza Guerra Mondiale, reduce da un’esplosione atomica devastante, morta e resuscita un numero indefinito di volte e nell’oltretomba l’hanno anche investita con un camion di centocinquanta tonnellate, come se tutto il resto non fosse bastato.
Pausa ad effetto, necessaria per fargli capire come stava realmente la situazione e dargli il tempo di assimilare le informazioni.
- Pacchetto numero due: Sta bene, ma questa è solo una bugia e lei lo sa bene. Allora, quale sceglie?
A quel punto, nella mia fantasia, Philip si gettava in ginocchio per terra implorandomi di dargli il secondo pacchetto e io, da brava conduttrice compassionevole qual’ero, glielo concedevo.
Scossi bruscamente la testa. Dovevo aver preso proprio una brutta botta.
- Sto bene, meglio di quanto credi.
Annuì, poco convinto.
Era palese che stavo mentendo: nessuno usciva indenne, sia fisicamente che psicologicamente, da una situazione del genere.
Ma, probabilmente, neanche lui aveva la forza o la volontà per controbattere.
Si sa, la verità a volte è troppo pesante per poterla reggere. Ma, anche se ne conosciamo l’esistenza, preferiamo di gran lunga vivere nella consapevolezza che quello che ci circonda non è del tutto reale.
Prese un profondo respiro, passandosi una mano fra i capelli annodati, e mi guardò dritto negli occhi.
- Mi odi, non è vero?
Silenzio.
Ok, questa non l’avevo capita.
Era successo qualcosa per cui dovevo odiarlo?
- Credo di essermi persa – ammisi.
- Non fare finta di niente, Vivi, è inutile.
Così ci stavo a capire ancora meno.
Prima che aprisse di nuovo bocca, mi sporsi verso di lui sul letto e gli presi il viso fra le mani.
- Mi faresti la grazia di spiegarmi di che diavolo stai parlando?
Le sue iridi azzurre vagarono vacue su di me.
- Se io ora provassi a fare una cosa, tu ti spaventeresti?
Inarcai un sopracciglio, sospettosa.
Dall’odiare era passato allo spaventare, senza lasciarmi afferrare il filo logico del discorso.
Io stavo male, e su questo non ci pioveva, ma forse neanche lui era proprio in ottima forma.
- Non muoverti, ma se hai paura puoi spingermi via.
Senza darmi il tempo di capire, avvicinò la sua bocca alla mia. Vicina. Vicina. Vicina…..Troppo vicina.
C’era qualcosa di sbagliato in tutto questo. Qualcosa che mi attorcigliava lo stomaco dal senso di colpa.
Non provavo paura, affatto. Quello di fronte a me era Philip, non Jerald, non avevo alcun motivo per spaventarmi. Semplicemente non era giusto.
Lo spinsi via, rannicchiandomi in un angolo del letto, tra i cuscini e le lenzuola.
Lui probabilmente se l’aspettava, l’espressione che aveva era tutt’altro che delusa.
- E’ colpa mia se ti è accaduto tutto questo con…mio padre. Spero mi perdonerai.
Si alzò in piedi e uscì.
Dovetti aspettare un bel po’ prima che la nebbia nella mia mente si diradasse del tutto.
Portai l’indice alla bocca, delineandone i contorni. Avevo quasi l’impressione che ci fosse rimasto un segno o un’impronta.
Le nostre labbra si erano appena sfiorate, ma la scarica c’era stata lo stesso.
Philip mi aveva baciata.
E io ero capace di pensare solo a Dastin.


Angolo dell'Autrice:
Ok, prima di ammazzarmi lapidandomi o fucilandomi o torturandomi in qualsiasi altro modo possibile, le volete sentire le mie spiegazioni?
In questo periodo, da dicembre, ammetto che non ho la più pallida idea di cosa mi sia successo. So solo che quando vedevo una pagina bianca sul pc mi sentivo male, ma tanto male da avere l'impressione di dover vomitare da un momento all'altro (non è per niente bello, lo so). Non ho la più pallida idea se questo sia il blocco dello scrittore o meno, so solo che ho contratto il virus più brutto in tutta la mia vita. Ho scritto tante cose si pezzetti di carta, sparsi qua e la, frasi mischiate di varie fan fiction che ho incorso oppure capitoli di un futuro molto anteriore; ma niente di serio e niente che mi convincesse realmente. Vi dico solo che la maggior parte di quel fogli che ho scritto a mano, e sono quasi una decina, la maggior parte ho intenzione di cestinarli. Anche questo capitolo noterete che è piuttosto arrugginito, pesante, poco scorrevole. Infatti se sono riuscita a buttarlo giù è stato perchè mi sono sforzata, e parecchio, ma non è venuto naturale come tutti gli altri.
Diciamo che mi considero ancora in fase di convalescenza.
Spero che una cosa del genere non mi ricapiti più.
Un saluto a tutti voi.


   
 
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