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Autore: Callie_Stephanides    19/02/2011    23 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Di quell’estate Lucius Malfoy ricorda un dettaglio – un solo, ridicolo dettaglio.
Come tutti i dettagli, è un’inezia che si lascia cogliere quando ha smesso di significare qualcosa, perché il significato è già in atto – e fa male.
Quell’estate – l’estate del suo quattordicesimo anno – il suo unico figlio, Draco Malfoy, non mostra mai le braccia nude.

***

05.06.1994, in un qualche luogo sperduto nelle desolazioni
dell’
Oblast di Murmansk – Lapponia russa

L’estate del Nord ha colori inaspettati.
Le zolle dure, venate di crepe polverose, lasciano spazio a piccoli fiori caparbi e profumati.
Driadi candide offrono cuori d’oro a un sole discreto.
Rispetto all’asprezza desolata di un inverno infinito, il lieve tepore che si avverte è consolante.
Il parco di Durmstrang offre allo sguardo un’idea d’infinito, vasto com’è e circoscritto appena, sul lato occidentale, da un’impenetrabile foresta di conifere – come crescano, a tali latitudini, è un mistero, ma stiamo pur sempre parlando di un luogo non luogo.
Il lato meridionale della conca in cui giace il collegio muore invece nello sfavillare accecante delle acque del suo splendido, terribile lago. D’inverno gli studenti sono costretti a bagnarvisi almeno una volta al giorno: è così che impari a vivere in apnea e a controllare il dolore bruciante che ti procura il gelo quando raggiunge la pelle.
Non puoi essere carne di Durmstrang senza portartela almeno un po’ addosso.

Draco Malfoy, di cicatrici da ustioni – anche il ghiaccio brucia: l’ha appreso sul campo – non ne ha poi molte, perché sua madre Narcissa gli invia con amorevole costanza la ielusanans, una miracolosa pomata che sana la pelle dalle ulcere che il freddo le procura. Gliene arriva una discreta fornitura ogni mese, per tutto l’inverno, come gli arrivano splendide pellicce e biancheria pesante.
Ogni settimana, inoltre, Artax – il falcone che si preoccupa di assicurargli notizie dal mondo civile – gli recapita una lettera piena di sollecitudine e di affetto, che amplifica – se possibile – la nostalgia di casa.
Draco Malfoy ha sperato per un anno intero che Lucius tornasse sui propri passi e lo liberasse dall’incubo di una bara di ghiaccio; alla seconda polmonite, si è arreso all’evidenza: resistere o morire.
Il bisogno di reprimere tutti i sentimenti più vivi e più scomodi – guai piangere, guai lamentarsi, guai mostrare terrore, perché i ‘cacciatori’ ti fiuterebbero subito – ha amplificato quello ch’è in fondo un talento di casta: avrà Eccezionale in Occlumanzia.
Il Preside l’ha fatto chiamare per complimentarsi, liquidandolo con una chiosa interessata.

“È un talento che in guerra riesce utile.”

Draco non vede l’ora che cominci, questa guerra, perché la sua rabbia e la sua paura e il suo risentimento non potranno tacere per sempre.
Karkaroff gli ha rivelato che anche suo padre è un Mangiamorte; quando l’Oscuro Signore tornerà, saranno fianco a fianco sotto il velo di una maschera d’argento. A differenza di un padre traditore, però, Draco Malfoy andrà sino in fondo, e gli insegnerà cos’è che ha imparato a Durmstrang.

Non avere pietà: neppure per te stesso.

È un pensiero molesto, questo, che storna via con una lunga ciocca dei suoi capelli biondissimi.
A Durmstrang è abitudine degli studenti rasarsi a pelle, perché quella che regola la vita comune è una disciplina da soldati: senza capelli è più facile asciugarsi e, soprattutto, sottrarre all’avversario un appiglio pericoloso. Da quando sono stati marchiati, però, gli eredi dei casati Malfoy e Von Kessel ostentano chiome oltraggiosamente lunghe: sono diversi, loro due, e ci tengono a farlo sapere.

Il tatuaggio prude sotto la fine camicia di batista, il che sta a dire che si avvicina il tempo della muta – ha usato quest’espressione, Florian. Häutungszeit: i serpenti cambiano pelle.
Negli ultimi sei mesi i loro poteri sono cresciuti in misura esponenziale, perché Karkaroff in persona si è preoccupato di istruirli. Non sono semplici studenti, ma soldati. Sono sicari.
Il Preside non ha concesso loro molte informazioni, ma a Draco basta sapere che avrà modo di mettersi alla prova. Il fatto che ad ospitare la sua epifania di combattente possa essere poi il luogo che ha sognato per anni, non fa che aumentare il desiderio; l’ansia prepotente di rivincita.

L’erta è faticosa.
In questa domenica di sole, Florian è uscito all’alba per immergersi nella folta vegetazione della taiga.

“Dove vai?” gli ha chiesto insonnolito, rotolando sul fianco.
Von Kessel era già vestito di tutto punto.
“A caccia,” ha detto. La sua voce non aveva colore, né calore.
Draco ha chiuso gli occhi e si è addormentato subito.

Florian è il miglior pozionista di Durmstrang, tant’è che ci sono studenti dell’ultimo anno che lo pagano – e bene – per qualche consiglio. Il suo talento straordinario è in buona parte legato al suo olfatto, sviluppato come quello di una fiera. È un dono di cui non ha merito, perché è nato Animagus, come tutti i membri della nobile famiglia cui appartiene. In realtà non sarebbe un termine proprio, poiché non è un incantesimo a renderli tali, quanto un’abilità genetica.
I fratelli di Florian – Draco rabbrividisce al loro semplice ricordo, perché erano tra i più feroci cacciatori di Imbolc – sono entrambi Thestral, come il loro padre e il fondatore del casato. Florian è invece un leopardo delle nevi, come sua madre – Leanor Wittgenstein, cugina di secondo grado di Axel Von Kessel.
Florian ha provato a spiegargli la linea ereditaria della metamorfosi, ma Draco – con infantile superficialità – si è sempre limitato a invidiarlo.
Chi non vorrebbe trasformarsi in una bestia sanguinaria e fortissima?
Florian preferisce liquidare il dono con il termine ‘seccatura’, benché negli anni abbia imparato a servirsene e ad approfittarne.

Florian è un veneficatore, e quando parla di ‘caccia’, intende il termine nella sua accezione più letterale.

La domenica mattina è il giorno in cui Von Kessel si dedica a raccogliere materia prima per i suoi esperimenti: sotto le spoglie di un grosso felino predatore, dunque, sprofonda nella foresta alla ricerca delle sue vittime preferite.
Sembra che dalle corna di una renna possa ricavarsi un addensante particolarmente docile alla lavorazione; dalla limatura degli zoccoli, una polvere irritante, dalla bile del fegato, invece, un antidoto al morso della viverna. Quel che non gli occorre viene offerto agli altri predatori, o trascinato sino alla torbiera perché mummifichi – la pelle così trattata è uno degli ingredienti base della pozione Senectus, soluzione alchemica che riduce il tempo biologico di chi l’assume, usurandone l’organismo come una precoce senescenza.
L’approvvigionamento, tuttavia, è solo una delle manifestazioni dell’istinto predatorio di Florian: la seconda è la messa in opera.
Karkaroff l’ha diffidato dal testare ancora qualcuno dei suoi filtri sulla comunità babbana limitrofa a Durmstrang, sicché Von Kessel è costretto a macinare chilometri verso nord, sino agli alloggiamenti dei nomadi subumani che si spingono alle latitudini più estreme per cacciare.
Quella del leopardo che anticipa la morte – spesso data da morbi orribili e sconosciuti all’uomo – è ormai leggenda nota anche alla comunità scientifica del mondo civilizzato.
Ne ridono insieme, loro due, come ridono della superstizione e della debolezza dei Babbani, così vulnerabili e così inutili. Quando Voldemort tornerà, al mondo resteranno poche migliaia di privilegiati: maghi purosangue e abilissimi si spartiranno in armonia quanto ora depredato da creature inutili e dannose.
Se non ci fossero i Babbani, pensa Draco, non esisterebbero luoghi come Durmstrang, prigioni che incatenano al freddo il corpo e lo spirito.
Se non ci fossero i Babbani, vivrebbe nel confortevole lusso del suo Manor.

Gli sfugge un breve sospiro, mentre la sommità del fiordo si rende finalmente visibile.
Prossimo al confine più estremo, Florian scortica un sottile garretto di renna.
Ha la pelle candida, Von Kessel, e capelli nerissimi; gli occhi, color del ghiaccio, non sono tuttavia né freddi, né privi di sentimento. Come tutti gli occlumanti capaci, Draco è un eccellente legilimens, ma l’accordo su cui si fonda la loro amicizia è che non tenti mai di leggergli dentro.
Draco si è piegato volentieri a tale patto, visto che a Florian deve la vita – e non per dire. È stata anche la circostanza in cui ha scoperto la natura ferina dell’altro.
Sono molto diversi, loro due, almeno quanto sono simili: lo raccontano le loro bacchette.
Quella di Draco ha un cuore d’unicorno.
Quella di Florian, Thestral.

“Che combini?”
Von Kessel solleva lo sguardo nella sua direzione. Non può sorprenderlo, perché avrà senz’altro avvertito il suo odore per tempo – ammesso che sia in grado di distinguerlo dal puzzo del sangue di quella bestia sventrata.
“Sfilo i tendini.”
“Per farne cosa?”
Draco siede su un masso levigato dal vento, mentre l’odore salso del mare che s’incunea nella roccia gli riempie i polmoni.
Florian si passa l’avambraccio contro la fronte, per detergerne il sudore. Si è denudato il torso per evitare che i suoi abiti possano macchiarsi, sicché il marchio spicca più evidente che mai.
“Una variante della Fractoriduco. Voglio vedere se funziona anche con le lesioni muscolari.”
“Hai già trovato compratori, scommetto.”
Florian sorride – ha denti piccoli e appuntiti. Canini evidenti, come quelli di un leopardo. “Ho ottimi clienti a Imbolc.”
“Krum?”

Florian contempla soddisfatto il suo capolavoro: ha sezionato il garretto della renna con abilità chirurgica, separando i fasci muscolari dai tendini e resecando questi ultimi senza corromperli.
I Von Kessel hanno l’albero genealogico pieno di alchimisti e curatori. Suo padre, Axel Von Kessel, è il Primo Chirurgo del Sankt Petri, il magico ospizio di Lübeck, nonché medico ufficiale del Ministro della Magia tedesco.
Draco ha provato qualcosa di simile a un agonistico compiacimento nel sottolineare come invece il suo, di padre, viva di rendita. Nessuno dei Malfoy ha mai dovuto piegarsi al lavoro, né toccherà a lui.

“Vuole vincere la Coppa del mondo di Quidditch. Probabilmente ce la farà.”

Draco si limita a sollevare le spalle, perché il tema non lo tocca più di tanto. Sulla scopa se la cava in modo discreto, ma ha il buongusto di non mettersi a confronto con Viktor.
È la bandiera della scuola, il bulgaro, il miglior atleta che Durmstrang abbia mai avuto la fortuna di allevare: è agile, veloce e resistente come un toro. L'attuale Czar di Imbolc – Ivan Tolov – lo considera un proprio pari, e i loro amichevoli duelli sono leggenda.
Al contrario di chi ha nelle vene sangue di cacciatore – sangue bollente e feroce – Viktor è benvoluto anche per il suo ottimo carattere. È timido, piuttosto riservato e non ha mai abusato del potere che gli deriva dal suo status. C’è chi dice che se Krum fosse stato presente nel dormitorio di Imbolc, il pomeriggio in cui Stein si è ammazzato, quella tragedia non ci sarebbe mai stata.
Draco pensa che ha comunque più stoffa di Viktor, se Karkaroff ha scelto d’iniziarlo come Mangiamorte in luogo del miglior Cercatore della storia del Quidditch – e tanto gli basta.

Praeservo,” sibila Florian, prima di raccogliere la matassina incantata in un sacchettino di velluto.
“Hai finito?”
Von Kessel annuisce, sedendo al suo fianco. L’aria profuma di sole.
“Tra due giorni torniamo a casa. Sei contento?”
Draco solleva sarcastico un sopracciglio. “Domanda retorica. Certo che sono contento. Non ne posso più di questo posto.”
Florian ride e strappa un ciuffo d’erba. “Alla fine ti abitui, penso. Io non ho voglia di tornare a Lübeck.”
Se avessi per fratelli due mostri sadici come i tuoi, non ti darei torto, pensa Draco, ma evita di dividere quella riflessione tutt’altro che corretta.
“Io non penso di poterlo fare,” ammette. “Tutto quello che conosco è migliore di questo posto.”
Florian abbassa lo sguardo.
“Mamma mi ha mandato dei dolci per il compleanno. Ne vuoi un po’? Per me sono troppi.”
Von Kessel stira le labbra – e quello non è il ringhio di un leopardo, né il ghigno di un avvelenatore, ma il sorriso di un bambino.
Com’è anche Draco Malfoy, quando se ne ricorda.

***

06.06.1994, Hogwarts

“È questa, la notte.”
Sulla lucidità di Sibilla Cooman non c’è un solo mago che scommetterebbe un penny – men che mai Harry Potter, che pure è legato a doppio filo a una ciarlatana fortunata.
Ha ben altro di cui occuparsi, il Prescelto, ma qualcosa nel tono della professoressa lo costringe a voltarsi.
Se ne sta là, la sua interlocutrice, rigida su una sedia e con l’espressività di uno stoccafisso stecchito.
Harry non sa cosa pensare, perché l’istinto gli suggerisce di restare in ascolto, mentre il buonsenso lo porterebbe in volata dalle parti dell’infermeria.
Non vale granché come docente, la poveretta, ma se morisse…
Non hai la stoffa dell’eroe se permetti agli scrupoli di rallentarti: Harry ha deciso che la Cooman non creperà, anche se ha rovesciato gli occhi e gorgoglia come un calderone impazzito.
È un valido scommettitore e i dadi del Destino sono dalla sua, perché lo sconnesso rantolio si spegne per far strada a un vaticinio come – ne è certo – questa poveretta mezza cieca non potrebbe mai concedersi lucida e sobria.
È un vaso, la sfortunata Sibilla: quel che ne esce, però, sa di veleno.
“È triste la solitudine dell’Oscuro Signore, perché la sua disgrazia è senza amici e l’unico suo servo è rimasto in catene per dodici, infiniti anni. Questa notte, tuttavia, i ceppi si scioglieranno e chi ha servito tornerà a servire. Il Signore Oscuro attende compiaciuto, poiché l’alba della resurrezione si appressa, e sangue giovane e caldo segnerà la sua rinascita. Accadrà a mezzanotte: a mezzanotte batterà il tempo del ricongiungimento.”
Harry apre la bocca, sgomento, ma non riesce ad articolare un suono.
La professoressa Cooman si affloscia su se stessa come una marionetta cui abbiano reciso i fili.
La profezia si è conclusa; non resta che la spoglia inutile di una ciarlatana ubriacona.
Harry deglutisce a fatica, poiché già intuisce che scioglierà il vaticinio: e farà male*.

***

07.06.1994, Aviemore

Fierobecco spiega le remiganti e fende le vorticose correnti ascensionali con invidiabile sicurezza.
Sirius – gli occhi chiusi, il cuore a battere lento nel petto – respira profondamente, quasi arreso al sonno.
È una fuga infinita, la sua vita – forse lo è sempre stata: fuga da una famiglia opprimente di pazzi esaltati, prima; fuga dalla ruota impazzita del fango e dell’infamia poi.
Ad Azkaban l’hanno sepolto vivo, a sognare da innocente crimini senza emenda. L’hanno riempito di una tale disperazione che l’anima gli è marcita, e i Dissennatori l’hanno rifiutato.
Gli sfugge un sorriso – ma è un ghigno feroce.
Qual è il limite tra la salute e la follia? Tra l’integrità e l’estinzione del senno? Non è più certo di saperlo.
“Codaliscia,” sibila a denti stretti.
Ucciderà Peter, ne è certo, come è certo che i Malandrini hanno scontato la crudeltà dei loro anni mille volte.
James è morto.
Remus – il più pulito e innocente tra loro – è un relitto che vive ai margini della società.
Minus era un ratto domestico – il solo pensiero gli strappa una risata gelida e colma di sarcasmo.
Sirius, cos’è? Porta il nome di Sopdet, ma è una carcassa dagli occhi febbrili che ringhia da una pagina sgualcita.
Che speranza ha di vivere, in fondo? Quella che chiama libertà è una catena che ha nome vendetta.
Eppure c’è qualcosa di dolce e di buono in questa notte senza stelle; qualcosa che sa di casa e di domani e, forse, di un futuro diverso da quello che ha concorso a creare.
Harry. Harry Potter.
Trovarselo davanti è stato quasi riabbracciare James e respirare l’odore dei suoi anni più belli.
Com’era essere giovani, avere tutta la vita davanti?
Sirius non lo ricorda più, perché il carcere che gli si è chiuso addosso fa mille volte più male di una gabbia.
Il rancore è un nido di spine che gli stringe il cuore.
Apre gli occhi.
Il grifone sfida il cielo, un mare nero che non ha porti né confini.
“Questo è il miglior viaggio che abbia mai fatto, amico mio. Quando tornerai da Hagrid, portagli un po’ della mia gratitudine.”
Fierobecco piega il capo, con una condiscendenza dal sapore umano.

A nasconderlo saranno le infinite solitudini della Scozia più estrema e selvaggia, là dove il grifone lo sta conducendo. Come toccherà terra, forse sarà al sicuro; senz’altro sarà ancora solo.
“Non per molto. Ho chi mi fa compagnia, in fondo.”
La vendetta è un’amante spietata e ossessiva, che morde la pelle, fino al cuore.
Non gli importa di vivere o morire, no: vuole solo raggiungere quel fetido ratto e sbranarlo con le ganasce forti che tanto spesso l’hanno difeso.
Perché?
Perché avevano giurato insieme di non avere buone intenzioni. Solo uno, però, ha scelto di averne di cattive.
Solo uno.

***

07.06.1994, Hogwarts

“Allora… Ci si vede.”
Ron la saluta senza guardarla negli occhi. Stretto alle sue stampelle, sembra più sbilanciato e irrisolto del solito.
Hermione sorride. “Presto… Spero.”
Osa e non sa perché. Ha quasi quindici anni, però: oltre la tensione di labbra strette e occhi lucidi, è già donna.
“Senti…” esita, Ron, con quella timidezza che le è stata fatale, perché il cuore di una ragazza è una gemma che la tenerezza scheggia senza pietà. “Alla fine dell’estate, ci vieni a vedere una cosa con me?”
Hermione sgrana gli occhi e annuisce con un vigore grottesco e istintivo. “Cosa?”
“La finale della Coppa del mondo di Quidditch. Ho invitato anche Harry.”
La delusione le vela gli occhi, ma la inghiotte con il sorriso. “Perché no?” dice. “Potrebbe essere divertente.”
Le sue labbra si muovono da sole, regalando una menzogna senza calore.
La verità è che vorrebbe un primo appuntamento, e non con un boccino.
Ad aspettarla, invece, un biancospino.

 
 
Nota: * Il passo riportato è la mia rielaborazione di un paragrafo del sedicesimo capitolo di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, La profezia della professoressa Cooman. Non ne ho modificata la sostanza, ma sono intervenuta sulla forma per renderla omogenea allo stile delle mie pagine.

Nota bis: Non me l’aspettavo, ma ce l’ho fatta! Mi ero ripromessa di scrivere un capitolo per la fine della settimana e sembra proprio che ci sia riuscita. D’abitudine sono un’autrice che scrive molto e molto in fretta, ma il lavoro, come inevitabile, ha ormai rosicchiato buona parte degli spazi che dedico all’hobby. Se per voi va bene, dunque, il sabato potrebbe diventare il nostro appuntamento con il Biancospino. Farò il possibile per mantenere la media di almeno un capitolo a settimana, nella speranza che il vostro interesse non sia tradito, né venga meno.
Grazie ancora di cuore per l’affetto con cui avete accolto questa storia e per la sorpresa che mi ha procurato trovarla tra le scelte dopo un solo capitolo O_o Dovrò lavorare parecchio per meritarmelo, ma mi sto impegnando in quella direzione. Giuro!

   
 
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