Fallen
Angel
(Cause sometimes you can’t choose…Or
not?-Seconda parte)
Dopo
esserci riconosciute a vicenda come compagne, io ed Isabel eravamo
diventate ancora più unite che mai: facevamo praticamente
qualsiasi cosa insieme, e non ci stancavamo mai di parlare, o di
scherzare, o semplicemente di stare sdraiate sul prato del mio giardino
ad osservare le silenziose nuvole che formavano ai nostri occhi
bizzarre creature.
Insieme
ci dimenticavamo del mondo circostante… Addirittura dei
nostri poveri protettori, che, nonostante fossero attenti e premurosi
con noi, non potevano vietare ad una
la compagnia dell’altra, e viceversa.
Michael,
infatti, mi disse su questo che se un protettore avesse costretto il
suo protetto a compiere azioni che andavano oltre la propria
volontà, sarebbe stato ricacciato subito tra gli angeli che
ancora non badavano a nessun umano, e molto probabilmente non sarebbe
mai più stato scelto.
Questa
aspettativa mi terrorizzava moltissimo, non solo perché
così non avrei più rivisto Michael, ma anche
perché sarei stata di nuovo sola, come tanto tempo prima.
Ora
che avevo due splendidi amici, non volevo di certo rovinare tutto con
un banale ed apparentemente stupido gesto.
Michael
era molto gentile e disponibile con me, ed io cercavo di non
approfittarmi della sua infinita pazienza: così, prevenivamo
possibili rischi di separazione.
Stavo
scarabocchiando sul mio quaderno, Isabel di fronte a me che con la sua
manina delicata tracciava linee sinuose le quali andavano a creare un
bellissimo paesaggio montano, quando Michael si rivolse a me, con voce
divertita ed allo stesso tempo seria.
“Lo
sai a cosa stavo pensando,
Mike?”
Io mi
voltai verso di lui, lasciando la mia povera ballerina senza braccia e
senza volto.
“A
cosa, Michael?”
“Beh…”
rispose lui, una punta di malizia nella voce. “Tu ed Isabel
vi siete trovate, ma ci sono ancora due angeli come voi che stanno
cercando i loro simili. Sono lontane… Ma una più
di dell’altra. E sai
perché?”
Avvicinò
il suo volto al mio, sorridendo sotto i baffi, mentre io, confusa,
socchiudevo gli occhi nel tentativo di capirci qualcosa.
“Io…
No, non ho capito. Perché
una è più lontana
dell’altra…?”
Lui mi
osservò ancora una volta e poi sfoderò ancora uno
dei suoi enigmatici sorrisi.
“Perché
è ancora in viaggio per raggiungere la nostra Terra. Quando
sarà nata, la potremmo vedere, dandole il benvenuto
affettuosamente, ed augurarle un’esistenza felice e
spensierata. Naturalmente non possiamo avvicinarla, poiché
ancora non sa bene ciò
che le aspetta, ma un piccolo contributo di coraggio non ha mai fatto
male a nessuno! Allora,
andiamo?”
La
matita mi scivolò dalle mani tremanti, e schiusi la bocca in
una smorfia che somigliava apparentemente ad un sorriso: naturalmente
ero felicissima di poter assistere ad un evento così straordinario, ma Michael
l’aveva detto con una tale naturalezza che difficilmente
sarei rimasta impassibile!
Mi
accinsi ad annuire convinta solo
dopo aver recuperato la matita e rivolto a Michael un sorriso
rassicurante.
“Beh…
Certo che mi va! Ma quando dovremmo
andarci?”
“Il
giorno e l’ora esatta in cui nascerà, e
precisamente…”
Michael
ci pensò un po’ su, e poi schioccò le
dita all’arrivo del ricordo.
“Giusto!
Il giorno 8 Ottobre alle ore 22:47! Visto
come sono preciso?”
“Ma
non è un po’ tardi? La nonna non mi
lascerà restare alzata per così tanto tempo!”
“Non
ti preoccupare, penso io a tua nonna” mi rassicurò
Michael, sfoggiando una delle sue espressioni più dolci, che
mi fece letteralmente scogliere.
Gli
sorrisi, senza un motivo preciso, e poi lo abbracciai forte.
Isabel
intanto continuava il suo disegno con estrema calma e precisione, senza
dare tanto peso a noi due che ci
scambiavamo gesti affettuosi, poiché poteva
conoscere tutto ciò che voleva dalla mia mente.
In
effetti, poco dopo scansai Michael dalle mie braccia, avvertendo una
fastidiosa sensazione che mi attanagliava il cervello, che se ne
andò così come era venuta.
Sbattei
le palpebre e mi rivolsi alla mia amica.
“Isabel!”
Lei
alzò il capo e mi guardò implorante, le guance
colorate leggermente di rosso.
“Scusa.
Mi sembrava scortese
interrompervi”
Lo
sorrisi, senza rammarico nel cuore: sapevo quanto fosse dura per lei
rinunciare all’utilizzo dei suoi poteri per così
tanto tempo, e la leggera svista era dovuta al suo più
completo smarrimento.
Senza
i poteri si sentiva persa.
“Non
ti preoccupare, è tutto passato. Ma
la prossima volta avvisami!”
Lei
abbassò il capo, nascondendo un sorriso tra la ondulata chioma scura, come a
significare che le dispiaceva, e che era molto grata con me per averla
perdonata di un gesto non molto carino.
Io non
dissi più nulla, limitandomi a sorridere alla sua testa
profumata, e mi rimisi sul disegno, stavolta con minor impegno: non ero
mai stata molto brava nel disegno, e già saper disegnare una
casetta per me era tanto!
Tracciai
delle linee che somigliavano molto a delle braccia, quando mi
ritornarono in mente le parole di Michael: stava per nascere un angelo
come me… E come Isabel.
Un
evento più unico che raro, ed io avevo la fortuna di
assistervi.
Sospirai
sul mio scarabocchio, ed iniziarono a riaffiorare i ricordi di qualche
settimana prima: in quella soleggiata giornata di settembre, dopo aver
litigato con la nonna ed esser corsa in camera a piangere, la luce
aveva illuminato la stanza e mi aveva mostrato il cammino che avrei
dovuto intraprendere.
Mi
spostai da un gomito all’altro, e sentendo tintinnare la
catenina sorrisi ancora: tutto ciò che mi univa ancora al
mondo degli umani era quel banale monile di metallo e pietre…
Quant’erano
sottili i confini del mondo!
Sottili
come il tratto di una matita.
E se
questa matita si cancellasse definitivamente? Cosa succederebbe?
“Michael…”
Mi rivolsi al riflesso dietro di me con una certa, sconosciuta
inquietudine.
“Cosa
c’è, tesoro?”
“Si
possono annullare le distanze tra il nostro mondo e quello degli
angeli? Non esistono punti di passaggio, o simili?”
Michael
sospirò a quella domanda: molto probabilmente non dovevo
neanche fargliela!
“Come
mai te ne sei uscita con questa domanda?”
“Così…
Me lo sono sempre chiesto”
“Okay…”
Michael non sembrava tanto sconvolto dalla mia domanda quanto dal fatto
che… Non sapeva come rispondermi!
O
almeno, era ciò che ricavavo dalla sua espressione molto
eloquente.
“Sì…
Esistono, e ne sono anche molti. Ma
sono difficili da trovare: di solito si scelgono i posti più
nascosti all’occhio umano, oppure così
insignificanti da non destare alcuna curiosità. Ad esempio,
una volta un tizio si ritrovò nel nostro mondo, senza sapere
neanche quale strada avesse preso! In realtà era andato a
farsi una tranquilla passeggiata in compagnia del suo cane, ed
imbattendosi in una vecchia miniera non aveva esitato ad esplorarla
fino in fondo.
Soltanto
che quella non era una miniera..
bensì un varco! La sua faccia non appena vide i miei
compagni fu qualcosa di incredibilmente forte!”
Michael
rise a quel ricordo, ed io con lui: non vorrei esser stata nei panni di
quel pover’uomo, ma era comunque un’avventura degna
di essere raccontata!
Non
capitava di certo tutti i giorni di ritrovarsi in un mondo
ultraterreno, abitato da riflessi ed anime con il compito di aiutare
gli umani e trasmettere messaggi a non finire…
Pensandoci
bene, però, gli esseri umani erano circondati da angeli:
persone anonime, che si impegnavano discretamente per realizzare i
propri desideri, e veder finalmente premiata la loro fatica.
Osservai
distrattamente il mio disegno, e mi chiesi se gli obiettivi della gente
comune potevano, in qualche modo, sostenere i nostri, così
incredibilmente enormi, poggiati sulle spalle di quattro, minuscole
persone.
Forse
le preghiere servivano proprio a questo… Ad aiutare ed
essere aiutati; naturalmente, chi non aveva bisogno di aiuto non aveva
neanche bisogno di preghiere.
Isabel,
la bambina misteriosa che era accucciata di fronte a me, intenta a
terminare il suo disegno, sicuramente non era aiutata da nessuno: i
suoi genitori l’avevano istruita perfettamente, e sembrava
non aver più alcuna insicurezza.
Così
padrona di se stessa, a soli sei anni…
Mentre
io… Io ero ancora imperfetta. Una bozza.
Dopo
un ultimo svolazzo sulla testa della ballerina che voleva rappresentare
erroneamente una ciocca di capelli sfuggita dalla sua elegante
pettinatura, sbuffai amareggiata e riposi tutto il mio occorrente da
disegno in un cassetto: Isabel neanche si accorse del mio gesto, e
Michael lo ritenne sin troppo significativo.
Infatti mi
ero leggermente stancata di disegnare, e volevo uscire un po’
all’aria aperta, passeggiando per il giardino ed osservare
Fernando mentre potava le sue amate piante.
Impieghi
di tutti i giorni, noia persistente.
In
quei momenti non riuscivo a trovare qualcosa di particolarmente
interessante da fare, e perciò mi ritrovavo tra i fiori e le
piante autunnali, che da noi crescevano come se fosse estate.
Mi
soffermai soprattutto sui gigli, che dolcemente cedevano il posto
all’erba comune: bianchi e delicati come nuvole,
così puri nella loro ignoranza.
Accarezzai
i morbidi petali, e gli sorrisi: anch’io ero come loro, prima
di sapere tutto…
Per un
motivo o per l’altro, i miei occhi si fecero pian piano
lucidi, fino a riversare tutto il loro dolore sugli innocenti fiori
davanti a me, che inerti sopportavano il mio dolore.
Mi
accasciai vicino a loro, e sentii il disperato bisogno di ritornare la
bambina felice e spensierata di prima, quella che non doveva badare al
mondo intero, quella che era sempre riuscita a cavarsela, in qualche
modo, in ogni situazione.
Ora,
non riuscivo più a far nulla come prima. Lo dimostravano i
miei disegni ancor più astrusi del solito: grigi, senza
significato, riflessi di un’anima tormentata e smarrita.
Cercai
di ricacciare indietro le lacrime, ma a nulla servirono le mie lotte
interiori, e scoppiai finalmente in un pianto liberatorio, carico di
tutta l’inquietudine che avevo provato in quegli ultimi
giorni.
Non
avevo paura di farmi udire da qualcuno, poiché sicuramente
nessuno mi avrebbe capito. E chi poteva capirmi era
distratto… Lontano.
Alzai
gli occhi al cielo, ansimante: lui era ancora più lontano
delle noiose nuvole biancastre che impallidivano di fronte
all’azzurro dell’infinito.
E
l’infinito di certo non poteva impedire alle nuvole di
muoversi e sparire dalla mia visuale…
Sobbalzai
quando sentii sfiorarmi la spalla, e mi girai di scatto: lui mi
osservava preoccupato, sconvolto da quelle lacrime che avevano solcato
il mio viso in modo così disumano.
Le sue
labbra tremavano nel tentativo di dirmi qualcosa di efficacemente
rassicurante, ma non ne uscì che un mormorio sconnesso,
accompagnato da un morbido abbraccio, che mi avvolse tutta.
Piansi
sulla sua spalla, mentre lui mi accarezzava dolcemente i capelli e mi
cullava come se fossi stata una neonata, cercando di trasmettermi tutto
il suo calore e la sua comprensione.
Sapeva
che dopotutto il suo aiuto era limitato, ma voleva sprecarlo tutto per
la persona che ne aveva più bisogno.
Io.
“Non
voglio più sentirti piangere,
stellina. Tu non devi piangere, mai. Comprendi?”
Annuii,
tirando su col naso e continuando a singhiozzare come un rubinetto
rotto: ogni giorno ero sempre più debole, soprattutto di
fronte alle parole di Michael ed Isabel.
Loro
la facevano facile, erano persone molto più forti di me, e
questa faccenda non li aveva eccessivamente toccati.
Mi
chiesi se un giorno sarei stata alla loro altezza, e non mi sarei
più buttata giù inutilmente, come stavo facendo
ora…
Ma
tutto ciò che uscì dalla mia testa fu un orribile
senso di smarrimento.
Ricacciai
indietro le lacrime: non volevo farmi vedere così debole da
Michael, poiché comprendevo il suo disagio, e sapevo che una
sola lacrima avrebbe potuto scatenare azioni incontrollabili e
sconosciute.
Singhiozzai
in silenzio per molti minuti, finché lui non mi
sollevò tra le braccia e mi portò in casa senza
dire una parola, ma semplicemente carezzandomi la guancia, e mi
posò sul divano, aspettando pian piano che io mi calmassi.
Ci
vollero venti minuti buoni prima che ciò avvenne e fui in
grado di ritornare nella mia stanza assieme ad Isabel, che per tutto il
tempo aveva spiato i nostri comportamenti dalle leggere tendine della
finestra, come un fantasma.
Al mio
arrivo mi accolse sorridendo lievemente, come era solita fare, e mi
chiese di non disegnare più, bensì di parlare: di
qualsiasi cosa, mi avrebbe di certo fatto bene.
Fu
così che ci sistemammo sul tappeto che prima era
completamente cosparso di disegni, ed iniziammo a discutere sui primi
argomenti che attraversavano le nostre teste, e man mano aggiungevamo
nuove idee e situazioni, fino a creare una ragnatela infinita di
parole, dove noi stesse ci perdemmo, ridendo a crepapelle.
Dovemmo
ricominciare da capo, e la faccenda fu più intricata della
prima volta, e della seconda, e della terza… Fin quando ci
accasciammo sul pavimento, ansimando per le troppe risate che ci
eravamo lasciate sfuggire in quei momenti.
Io
guardavo sognante il soffitto, dipinto di un dolce azzurro, e sentii la
mia mano sfiorare quella di Isabel, che guardava me, totalmente
assente, come se stesse pensando ad altro.
Anche
se i pensieri di Isabel erano sconosciuti ai molti, e le sue
espressioni non lasciavano trapelare nulla.
“Hai
un colorito più roseo, ora. Sapevo
che parlare ti avrebbe fatto bene”
Mi
sorrise, ed io ricambiai.
Il suo
metodo anti-depressione mi era ancora sconosciuto, ma avevo constatato
la sua efficacia, ed ora potevo dire di essere di nuovo contenta.
Mi
capitavano spesso questi momenti “no”, e
l’unica medicina per me era inserire un LP o un CD nello
stereo, ed abbandonarmi completamente alla musica.
Volteggiando
nell’aria, disegnando figure sconosciute con il mio stesso
corpo, mi liberava dai mali che opprimevano il mio essere.
Però,
dopo l’infantile scenata di quel pomeriggio, capii che
l’antidoto migliore alla tristezza non era altri che
l’amore.
Con
un’ultima spinta sulla grondaia sporgente, facendo attenzione
a non scivolare sui miei stessi piedi, mi ritrovai avvinghiata
totalmente alle tegole rossicce della mia casa, con l’assurda
paura di cadere nel vuoto: sotto non vi era altro che l’amato
giardino di Fernando e Michael, che osservava molto attentamente i miei
movimenti, reggendomi per la vita.
Isabel
era salita già da un bel pezzo, utilizzando i suoi poteri,
ed ora stava davanti a me, pronta ad intervenire nel caso di una
possibile caduta.
Io non
osavo muovermi, anche se avrei dovuto: non potevo di certo rimanere
appiccicata al tetto per sempre!
“Avanti,
Mike, tirati su! Ci sono io a
prenderti”
“Non
è quello il punto, Michael..
Ho paura di cadere…”
Michael
sbuffò sonoramente, preoccupato dalla mia insana fobia del
vuoto.
“Anche
se tu cadrai ci sarà Isabel a soccorrerti! Dimentichi che
è capace di spostare gli oggetti col pensiero? Ecco, saprà spostare anche
te!”
“Ma
i suoi poteri non funzionano con me: io sono come lei!”
“Oh,
cavolo, hai ragione… Beh, questo non toglie che devi salire. Altrimenti non riuscirai mai a vedere la nascita del nuovo angelo”
“Lo
so, ma ho comunque paura! Vabbè, ora cerco di tirarmi
su…”
Mi
aggrappai meglio che potei alle tegole, e spinsi con tutta la forza che
avevo nelle gambe per tirarmi definitivamente su, in piedi sul tetto.
I miei
sforzi mi fecero guadagnare qualche centimetro buono, ma non bastava
per essere finalmente al sicuro, così Michael mi spinse per
le gambe ed io mi ritrovai distesa sulle fredde tegole del tetto,
troppo impaurita per muovermi, con i piedi di Isabel che mi guardavano.
Fui
molto stupita dalla sua impassibilità, ma poi sentii
porgermi una mano piccola come la mia e, senza alcuna esitazione, la
afferrai.
Quando
mi alzai in piedi, gli occhi di Isabel scintillavano alla luce dei
lampioni ed i suoi capelli erano mossi da una fredda aria autunnale;
tuttavia, sembrava non farci minimamente caso.
Anche
Michael nel frattempo ci aveva raggiunte, e si congratulò
con me per la mitica impresa che avevo compiuto: io, completamente
rossa in viso, lo ringraziai con un sussurro emozionato.
Lui
sghignazzò amorevolmente e poi ci chiese di accomodarci,
perché mancavano solo dieci minuti alla nascita del nuovo
angelo, e dovevamo prestare molta attenzione!
Così
ci sedemmo ed aspettammo per un po’, scrutando avidamente il
cielo, seguendo il percorso di qualsiasi stella ci capitasse a colpo
d’occhio: infatti, secondo Michael ogni stella era un angelo
presente sulla Terra, e la sua nascita era rappresentata proprio dalla
caduta dell’astro.
Questo
mi lasciò perplessa, perché per antonomasia le
stelle cadenti non sono mai associate alla nascita… Ma ormai
ero lì, e cominciavo a non stupirmi più molto.
Quando
mancavano poco più che due minuti alla nascita
dell’angelo, Michael ci chiese di stare il più attente possibile,
cosicché avremmo potuto osservare un particolare che
contraddistingueva le stelle degli angeli dalle normali stelle: tra la
luce ci sarebbe sembrato di scorgere delle fattezze umane, sotto forma
di bambini, ovvero la forma primordiale di ognuno di noi.
Tenni
gli occhi ben puntati nella direzione che Michael ci aveva indicato, ed
aspettai. Dopo due minuti, però, non successe nulla: niente
stelle cadenti, niente bambini di luce, e soprattutto, niente angelo
neonato.
Guardai
Michael apprensiva, ma il
suo volto non seppe esprimermi niente di rassicurante: neanche lui
riusciva a capire, e controllava nervosamente l’orologio da
polso, lamentandosi sottovoce.
“Eppure
avevo calcolato tutto per bene: era proprio questo
l’orario… Oh Dio, cosa sarà successo?...”
“Per
me l’angelo non voleva nascere ad un’ora
stabilità” azzardò Isabel, mentre
scrutava il cielo nell’attesa di un qualsiasi segnale.
“Ma
è impossibile che accada una cosa del genere! Gli angeli devono attenersi a regole precise,
altrimenti il loro compito non servirebbe a nulla!” dissi io,
scattando improvvisamente verso di lei: ultimamente, con ciò
che mi aveva insegnato Michael, cominciavo a prendere il mio ruolo
seriamente, e nonostante alcuni attimi di paura, la mia fermezza sulla
situazione era a dir poco spaventosa.
Infatti mi
ritrassi subito dopo, comprendendo la mia inutile avventatezza,
soffermando lo sguardo sulle tegole rosse del tetto: Isabel parve
capire, e voltò di nuovo lo sguardo verso il cielo.
“Hai
ragione, Mike… Ma questo si è comportato come
voleva”
Anche
Michael ora guardava il cielo, aspettando un misero
indizio sulla presenza dell’angelo, ma solo le stelle
ricambiavano la sua ansia. Fredde e bianche come ghiaccio.
Mi
chiesi cosa avesse spinto quella creatura di Dio a ribellarsi a delle
regole ben precise e giuste: forse non voleva bene al suo Creatore?
Mi
sembrava un’ipotesi davvero infondata,
ma molta gente, non credendo in Dio, lo scansava e si
dedicava ad altri culti.
O
addirittura, negava la sua più completa esistenza.
Questi
pensieri mi fecero rabbrividire, ancor più
dell’aria pungente intorno a me, e mi strinsi nel cappotto,
pregando che l’angelo nascesse al più presto, e
che le mie paure si dissolvessero.
Così
mi sedetti ed aspettai, per l’ennesima volta in quella sera.
Guardammo
il cielo incessantemente, ancora per un’ora, sperando in una
luce, in un nuovo fuoco…
I
rumori della strada sotto di noi attutivano i sospiri ed i colpi di
tosse, e ci raddrizzavamo ad ogni brillio del cielo, seppur misero riflesso di divertimenti
terreni e menti annebbiate dai piaceri.
Allo
scoccare della mezzanotte, cominciammo ad abbandonare la vana speranza
di trovare l’angelo e di ritornarcene a casa: Michael, dopo
un ultimo sguardo al cielo, chiese a me ed Isabel di scendere dal
tetto, poiché ormai era tardissimo, e non potevamo
svegliarci tardi la mattina.
Io
obbedii riluttante, e mi lasciai scivolare con molta cautela per la
scala a pioli che prima avevamo utilizzato per salire, aiutata da
Michael.
Isabel
chiamò a
sé il ramo sporgente di uno dei tanti alberi che crescevano
di fronte alla nostra casa, e modellandolo con la mente, lo
usò come scala.
La
vidi scendere tranquillamente, e provai una profonda fitta al cuore:
quanto avrei voluto per una sola volta saper fare ciò che
lei faceva con tale naturalezza.
La mia
goffaggine non sarebbe più stata un problema.
Ed
invece no, dovevo scomodare le persone che mi volevano bene per delle
mie minuscole debolezze! Ah, come era difficile essere una bambina che
tutti consideravano apparentemente perfetta!
Toccando
il suolo erboso del nostro giardino, mi sentii di nuovo me stessa, ed
il solo scricchiolio delle foglie sotto i miei piedi mi faceva
sorridere.
Michael
ed Isabel erano di fianco a me, e tra poco avremmo dovuto
riaccompagnare Isabel a casa, poiché non voleva ascoltare le
mie richieste: infatti, proprio perché era tardi e per una
bambina (ma anche per una donna) era pericolosissimo girare per le
strade di Los Angeles nel cuore della notte, le avevo chiesto di
rimanere a dormire da noi.
Lei,
però, non voleva sentir ragioni.
Fu
così che lanciai un lungo sospiro, e decisi di
riaccompagnare personalmente la mia amica, ignorando completamente le
tremende suppliche e minacce di Michael.
Con un
gesto fulmineo, presi Isabel per mano e mi avviai fuori dal cancello di
ferro battuto, facendo finta che il buio di fronte a me non ci fosse, e
che non mi stesse inghiottendo lentamente.
Proprio
quando poggiai il piede sulla prima piastrella del marciapiede dopo il
cancello, l’intera via fu illuminata da una luce tenue e
chiarissima, che non proveniva sicuramente dalla Terra.
Mi
guardai confusa intorno, mentre Isabel aveva già alzato gli
occhi al cielo e mi strattonava il braccio per invitarmi a fare lo
stesso.
Io,
curiosissima, ma anche intimorita da ciò che avrei potuto
trovare nel limpido mare celeste sopra di me, seguii per un
po’ il riflesso della luce sulla strada, poi alzai il viso
per ammirare uno spettacolo unico: una lunga scia di polvere luminosa
correva per il cielo ad una velocità costante, dirigendosi
verso Nord, ed il suo nucleo palpitante sembrava quasi salutare il
mondo sotto di sé.
La
osservavo a bocca spalancata, incapace di muovermi: mille pensieri si
rimestavano nella mia testa, tutti rivolti a quella creatura che circa
sette anni prima ero stata anch’io.
D’altronde,
non era semplice credere per me che, alla nascita, ero una sottospecie
di cometa che poteva muoversi autonomamente e poteva pensare.
Era
meraviglioso, ma allo stesso tempo inquietante.
Durante
l’avvistamento dell’angelo e le nostre successive
reazioni, anche Michael si era avvicinato, ed ora stava contemplando i
mille intrecci che la luce della cometa dipingeva sui tetti delle case
e sui lampioni, il suo volteggiare nel cielo e la sua
velocità che andava gradualmente ad aumentare con
l’avvicinarsi alla sua destinazione.
Sembrava
molto sollevato dalla sua apparizione, ma anche incredibilmente
dubbioso sulla sua misteriosa nascita: in fondo, aveva ritardato di
un’ora e più, ma non aveva subito alcun
danno…
Che
fosse una creatura del tutto diversa da me ed Isabel, adatta per essere
analizzata e studiata a fondo?
Purtroppo
non potevo leggere nel pensiero di Michael, e tutto ciò che
potei acquisire, lo attinsi dagli occhi impegnati a studiare il cielo e
la piccola cometa nata.
Io ed
Isabel ci divertivamo a scoprire un viso umano sepolto tra la luce, ma
non trovammo nulla se non delle piccole ed insignificanti ombre grigie,
riflessi della luce.
Seguimmo
l’angelo per tutto il suo percorso lungo la volta celeste,
che durò pochi minuti, per poi vederlo tuffarsi con un
guizzo verso l’abbondante vegetazione di un promontorio
solitario, lasciando dietro di sé alcuni sprazzi di
impalpabile polvere luminosa.
Per un
attimo, nessuno parlò: gli unici rumori che si avvertirono
furono i miagolii dei gatti, della musica in lontananza, probabilmente
proveniente da qualche festa mondana ed i rombi delle automobili lungo
la grande via principale.
Il
primo ad abbassare gli occhi fu Michael, poi Isabel ed infine io, che
da quella faccenda ne avevo ricavato soltanto molta confusione ed una
gran voglia di rintanarmi sotto le coperte e dormire.
Ero
davvero troppo stanca per parlare ancora, e la portata del fenomeno al
quale avevo assistito era così grande che mi sarebbe occorsa
certamente una notte intera per dormirci e quindi pensarci su.
La
soluzione migliore era ritrovarci tutti assieme la mattina successiva e
discuterne con calma: sicuramente sarebbe saltato fuori qualcosa! Ora
eravamo stanchissimi tutti e tre, ed il sonno non avrebbe che
peggiorato la situazione.
Descrissi
perciò a Michael la mia idea, e lui fu molto
d’accordo, così d’accordo che mi
mandò immediatamente a dormire!
Io
accettai ridendo, seguita da Isabel, alla quale si era congelato il
naso a forza di guardare per aria, e corsi verso la porta di ingresso,
con un gran gelo alle mani ed ai piedi.
Il
tepore del vestibolo mi accolse con tutta la sua dolcezza, e finalmente
buttai il grosso cappotto sulla panca, pregustando la morbidezza del
letto e la bella dormita che avrei consumato subito dopo.
Isabel
invece non sembrava particolarmente insonnolita, e si mise a giocare
con i fiori del vaso vicino a noi, facendomi concludere che il suo
interesse per la faccenda era molto limitato.
Sospirai
e salii in cameretta per svestirmi, ed intanto un brivido mi percorreva
lo stomaco arrivando fino alle labbra.
Quella
sera mi sentivo molto in gamba, molto matura… ma anche molto
confusa, insicura.
Pensai
al mio destino (perché in fondo quello era)
ed al modo in cui un angelo come me aveva osato sfidarlo, decidendo la
data e l’ora della sua nascita.
La
domanda che più pulsava nel mio cuore era: io sarei stata
capace di una simile azione? Avrei tradito i miei compagni per puro
amore della libertà?
Scossi
la testa, decisa: no, ero sin troppo sincera per farlo.
E
chiunque avesse commesso quel gesto così sfrontato, non
amava noi… Non amava le sue compagne, le sue amiche…
E non
amava neanche essere un angelo.
Isabel
scrutava con interesse il contenuto della sua tazza, creando piccoli
vortici ambrati ed immergendoci ogni tanto una zolletta di zucchero per
ammirare lo spettacolo del quadratino bianco che pian piano, a contatto
col tornado in miniatura, si scioglieva e si andava a depositare sul
fondo della tazza.
Io
quella mattina non avevo molta fame, e mi limitavo a piluccare qualche
biscottino alle mandorle di Fernando, sputando le odiose pellicine
tipiche dei frutti, che mi si conficcavano con dolore nelle gengive.
Michael
leggeva tranquillo il giornale, e non badava alle due bambinette sedute
di fronte a lui che, per ammazzare il tempo, si inventavano dei
giochini a dir poco deprimenti.
Tutto
sommato, non che la giornata fosse molto allegra, e
l’entusiasmo della sera precedente era lentamente scemato al
mattino, inghiottendo sia noi che lo straordinario scoop dell’angelo perduto,
come ormai era stato ribattezzato.
Io
pensai immediatamente che la notizia era
così stupefacente da non poter esserci alcun
commento, neanche la più piccola parola.
Io,
che la sera prima ero galvanizzata dalla nuova esperienza!
Ero
curiosa di conoscere il nuovo angelo, di trovare nel
suo corpo qualche anomalia, di leggere nei suoi occhi il
perché del suo gesto avventato…
Dopotutto,
non poteva essere così lontano: si era diretto a Nord, e
sicuramente il Canada non era un posto molto confortevole per viverci!
Noi angeli avevamo bisogno della luce e di molta gente, per poterla poi
aiutare con i nostri influssi, proteggendola da possibili cattive idee
e soprattutto cattive azioni.
Ma
come al solito, non sapevo da dove iniziare.
Sospirai,
prendendo un altro biscotto dal vassoio e sgranocchiandolo con piacere
mentre Isabel terminava i suoi esperimenti e si fiondava sugli esercizi
di sollevamento della tazza vuota davanti a lei, che oscillava
pericolosamente in prossimità del mio esile braccio.
Avevo
la netta sensazione che Isabel avrebbe perso il controllo sulla tazza e
che i pezzi di porcellana frantumata si sarebbero conficcati nella mia
carne, quando Michael alzò gli occhi dal giornale e ci
osservò con finto disinteresse.
“Allora…
Non avete alcuna domanda da pormi riguardo ciò
che è accaduto ieri notte?”
Silenzio.
La tazza di Isabel volava sopra la mia testa, ed io la guardavo
apprensiva, mentre un Michael molto offeso osservava l’intera
scena.
Cercò
di attirare la nostra attenzione una seconda volta, schiarendosi
rumorosamente la gola, ma senza successo.
Esasperato,
afferrò la tazza di Isabel, che assunse
un’espressione a dir poco terrea e si accasciò
sulla sedia, diventando ancora più piccola di quello che
era, e la nascose con cura dietro la schiena. Io scattai ordinatamente
al mio posto, decisamente spaventata dalla reazione che aveva avuto
Michael, e mi promisi di non farlo arrabbiare ulteriormente.
Certo,
la faccenda dell’angelo non era un argomento leggero, e
sapevamo entrambi che andava discussa con la massima cura, ma quella mattina mi
sentivo davvero stanca. Svuotata di tutte le energie della sera
precedente, incapace di aprire gli occhi e stare attenta.
Se
fossi andata a scuola, il mio comportamento sarebbe risultato
inadatto… Ma Michael si stava dimostrando un maestro
più esigente di quanto pensassi.
Sbattei
le palpebre e mi concentrai meglio su ciò che voleva dirci,
anche se la maggior parte delle informazioni le avevo già
ricavate da un po’ di tempo.
“Ebbene,
questa mattina so per certo che siete stanche (anche se non riesco a
capire perché) e
perciò non avete voglia di parlare… Vi
illustrerò io cosa ho scoperto, e ci penserete su,
naturalmente.
Sapete
certamente che ognuna di voi ha un protettore, ovvero un angelo che si
è offerto di insegnarvi giustamente come vivere su questa
terra e seguirvi nel vostro lungo cammino fino alla morte di uno dei
due. Di solito questi protettori
vengono scelti tra i più grandi uomini del mondo, tutti
coloro che hanno saputo trasmettere un messaggio positivo
all’umanità: certo, ce ne sono alcuni, come me,
che andrebbero subito scartati…” Michael
ridacchiò della battuta, e noi lo seguimmo di gusto,
ritenendo che fosse impossibile rifiutare una persona buona e dolce
come lui, e che se fosse stato così deludente come diceva di
essere, a quest’ora avrei avuto un altro protettore!
Quando
le risate scemarono e la nostra attenzione ritornò su
Michael, egli continuò il suo discorso.
“…Un
angelo, però, non può scegliere di essere
protettore senza prima aver consultato ‘il grande
Capo’!
Quindi, ogni secolo tutti noi ci riuniamo e decidiamo chi sia
più adatto a questo compito: di solito scegliamo un solo
angelo, e successivamente tutti gli altri.
Abbiamo
fatto lo stesso anche con voi, certo” sorrise Michael,
rivolgendosi a noi, poiché ci aveva viste piuttosto
perplesse.
Mi
sembrò solo un’impressione, ma quel sorriso non
nascondeva nulla di buono.
“Successivamente
si arriva ad un punto in cui manca soltanto un protettore, e quindi il
corrispettivo angelo: questo è un momento delicatissimo,
poiché finalmente il cerchio si chiude, ed i quattro angeli
designati iniziano finalmente a vivere. Gli
aspiranti protettori rimasti e gli eletti aspettano con pazienza, e non
sono ammessi colpi bassi né boicottaggi.
Purtroppo,
questo secolo il nostro consiglio ha visto un periodo di preoccupante
ansia: infatti non
riuscivamo a trovare un ultimo protettore adatto, e chiunque si
offrisse poi si rilevava totalmente insoddisfacente.
Eravamo
ormai pronti a rivolgerci ad altri angeli più esperti quando
qualcuno ebbe la straordinaria idea di rivolgersi ad un uomo,
l’unico sulla faccia della Terra che ci avrebbe permesso di
far nascere l’ultimo angelo speciale e portare di nuovo amore
e felicità tra gli uomini.
Sembrava
che tutto stesse andando per il verso giusto… Ma non era
così.
Egli
non rispose alla nostra richiesta, e neanche a quella successiva, e
neanche alle altre che vennero.
Eravamo
distrutti. Solo lui poteva salvarci, e ci ignorava!
Un
comportamento così non l’avevo mai visto in tutta
la mia carriera di angelo, e mi fece perdere la grande fiducia e stima
che nutrivo per lui sin da piccolo.
Poi
passò un periodo difficile, separandosi dai suoi amici e
dalla sua famiglia, creandosi una nuova vita, e la sua indole ribelle
si addolcì, permettendoci di ritentare il nostro piano.
Ed a
discapito di tutte le cattive previsioni che i più anziani
del consiglio si erano divertiti a tessere, accettò la
nostra proposta.
I suoi
passati tentativi di sfuggire alle nostre richieste, però,
produssero nei pensieri del futuro angelo (sì, Mike, gli
angeli non ancora nati possono pensare
come esseri umani maturi!) idee confuse, contrastanti: così,
accecato dal rumore soffocante del suo cervello stracarico di
informazioni, si mosse guidato da una forza sconosciuta a tutti,
persino a lui, nascendo un’ora e qualche minuto dopo il tempo
prestabilito.
Il suo
comportamento riluttante ha già allertato i parenti, e
sicuramente si adotteranno misure di sicurezza per permettergli di non
commettere altri guai e di seguire le regole degli angeli nella
più perfetta armonia. Anche
se è ancora tutto da decidere…”
Michael
si passò una mano sulla fronte sudata, le vene pulsanti
attorcigliate alle falangi; nonostante fosse il frutto di una mente
variopinta, riflesso di una realtà ormai passata, scorsi delle piccole rughe in
prossimità degli occhi, segno che l’animo era
turbato.
Anch’io
abbassai il volto, preoccupata più per Michael che per
quello che sarebbe accaduto di lì a poco tempo: un angelo
ribelle era davvero una bella gatta da pelare, soprattutto se ad
occuparsene c’erano due bimbette dai visini spaesati, e di
certo un solo riflesso non avrebbe cambiato la situazione.
Poverino,
come lo capivo! Sentirsi d’un tratto affidare il caso sulle
spalle non era il massimo della felicità!
Ma
sicuramente io ed Isabel l’avremmo aiutato: anche se non
potevamo fare molto, qualsiasi gesto era importante.
“Michael…”
poggiai la mia mano sulla sua, così piccola che quasi non si
notava. “Capisco come ti senti affranto, ma ora piangere non
serve a nulla. Ti aiuteremo noi con l’angelo, e sicuramente
riusciremo a trovare una soluzione adatta per tutti. Dopotutto, noi
siamo qui per rendere felici gli altri, no?”
Le sue
iridi scure mi fissavano dolci, urlando tutta la gratitudine che
Michael altrimenti avrebbe espresso a parole, e mi avvolgevano
totalmente, come il cielo avvolge le stelle.
Mi
sentivo incredibilmente soddisfatta della mia opera di rassicurazione,
e senza che Michael me l’avesse chiesto, gli buttai le
braccia al collo e sorrisi tra i suoi riccioli, mentre lui ricambiava
la stretta.
Vicino
a noi Isabel, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, giocava
con le briciole dei biscotti, divertendosi a creare strane galassie di
pasta frolla nella quale orbitavano pianeti di mandorla e cioccolato, e
non sembrava assolutamente offesa dal mio comportamento: anzi, si stava
divertendo molto da sola!
Solo
quando mi sciolsi dall’abbraccio di Michael e tutti e tre ci
alzammo per andare a riposare in camera, mi accorsi delle briciole che
Isabel aveva lasciato cadere sul tavolo: non erano sparse
disordinatamente, ma formavano un disegno.
Sembrava
un cerchio… Un sole…
Ma
prima che potessi osservarle ancora, Michael mi chiamò per
l’ennesima volta e dovetti scappare da uno dei tanti enigmi
della mia amica.
Salve gente! Allora,
avete passato bene questo mese e mezzo senza di me? Scusate davvero per
il ritardo ma ho attraversato un periodo di depressione
e noia galattico .__. Giuro, per giorni non ho
praticamente scritto! Spero che questo capitolo vi piaccia, non ho
avuto il tempo di ricontrollarlo e se c’è qualche
errore non me lo perdonerei ç__ç Mi dite voi se
qualcosa non va bene? A me farebbe molto piacere *__*
Allooooora,
visto che nessuno ha recensito il mio precedente capitolo..Non devo ringraziare nessuno,
se non me stessa <.<
Il titolo,
come sempre, è opera della cara Rò (o GioTanner, come si voglia dire
ù__ù) che al contrario di me ha ispirazione per
questo genere di cose *maledetta ragazza!D:*
Altri
ringraziamenti vanno naturalmente a chi ha letto e mi supporta, alla
mia amata matita che non ce la fa più a portare sotto forma
di disegni i miei scleri (che forse vedrete anche nella forma scritta
xD) e soprattutto i miei pochissimi amici, che stranamente in questo
periodo si fanno sentire <3 Vi ringrazio tutti!*_*
Per finire (e
direi, sono le undici e mezza e sto morendo di sonno!D:) vi invito a
recensire un po’ di più la mia storia, visto che
pubblico ma poi nessuno mi
da il proprio giudizio! Per favore, siate clementi
ç__ç
Ci vediamo, e
spero con qualche parolina in più
Looney
esaurita D: