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Autore: Looney    19/02/2011    0 recensioni
La sorpresa di Michael finalmente si è mostrata agli occhi increduli di Fiordaliso: è sua nipote, la piccola Michael, che dovrà proteggere ed istruire come un angelo. Perché proprio di questo si tratta.
Attraverso le sue parole ed i suoi occhi noi riusciremo a cogliere la sua difficile esistenza, segnata da avvenimenti dolorosi (ma anche felici), accompagnata dal suo fedele amico, un certo Michael Jackson ridotto a riflesso di un'epoca di splendore.
E' lui che la guiderà verso il ricongiungimento con i suoi simili, e le farà comprendere quanto sia importante la sua presenza sulla Terra, devastata dall'odio e dalla miseria.
Ma non sempre il destino scritto per noi si realizza...
E rieccomi qui con la mia seconda parte!XD Spero davvero che vi piaccia! L'ho pubblicata solo ora perché non volevo fare lo stesso errore di un anno fa, e perciò mi sono portata avanti col lavoro. Allora, aspetto solo vostre recensioni, di qualunque tipologia siano!XD Buona lettura, cara Jacksoniane!
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Will You Be There '
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                                                Fallen Angel

 

    (Cause sometimes you can’t choose…Or not?-Seconda parte)

 

Dopo esserci riconosciute a vicenda come compagne, io ed Isabel eravamo diventate ancora più unite che mai: facevamo praticamente qualsiasi cosa insieme, e non ci stancavamo mai di parlare, o di scherzare, o semplicemente di stare sdraiate sul prato del mio giardino ad osservare le silenziose nuvole che formavano ai nostri occhi bizzarre creature.

Insieme ci dimenticavamo del mondo circostante… Addirittura dei nostri poveri protettori, che, nonostante fossero attenti e premurosi con noi, non potevano vietare ad una la compagnia dell’altra, e viceversa.

Michael, infatti, mi disse su questo che se un protettore avesse costretto il suo protetto a compiere azioni che andavano oltre la propria volontà, sarebbe stato ricacciato subito tra gli angeli che ancora non badavano a nessun umano, e molto probabilmente non sarebbe mai più stato scelto.

Questa aspettativa mi terrorizzava moltissimo, non solo perché così non avrei più rivisto Michael, ma anche perché sarei stata di nuovo sola, come tanto tempo prima.

Ora che avevo due splendidi amici, non volevo di certo rovinare tutto con un banale ed apparentemente stupido gesto.

Michael era molto gentile e disponibile con me, ed io cercavo di non approfittarmi della sua infinita pazienza: così, prevenivamo possibili rischi di separazione.

Stavo scarabocchiando sul mio quaderno, Isabel di fronte a me che con la sua manina delicata tracciava linee sinuose le quali andavano a creare un bellissimo paesaggio montano, quando Michael si rivolse a me, con voce divertita ed allo stesso tempo seria.

“Lo sai a cosa stavo pensando, Mike?”

Io mi voltai verso di lui, lasciando la mia povera ballerina senza braccia e senza volto.

“A cosa, Michael?”

“Beh…” rispose lui, una punta di malizia nella voce. “Tu ed Isabel vi siete trovate, ma ci sono ancora due angeli come voi che stanno cercando i loro simili. Sono lontane… Ma una più di dell’altra. E sai perché?”

Avvicinò il suo volto al mio, sorridendo sotto i baffi, mentre io, confusa, socchiudevo gli occhi nel tentativo di capirci qualcosa.

“Io… No, non ho capito. Perché una è più lontana dell’altra…?”

Lui mi osservò ancora una volta e poi sfoderò ancora uno dei suoi enigmatici sorrisi.

“Perché è ancora in viaggio per raggiungere la nostra Terra. Quando sarà nata, la potremmo vedere, dandole il benvenuto affettuosamente, ed augurarle un’esistenza felice e spensierata. Naturalmente non possiamo avvicinarla, poiché ancora non sa bene ciò che le aspetta, ma un piccolo contributo di coraggio non ha mai fatto male a nessuno! Allora, andiamo?”

La matita mi scivolò dalle mani tremanti, e schiusi la bocca in una smorfia che somigliava apparentemente ad un sorriso: naturalmente ero felicissima di poter assistere ad un evento così straordinario, ma Michael l’aveva detto con una tale naturalezza che difficilmente sarei rimasta impassibile!

Mi accinsi ad annuire convinta solo dopo aver recuperato la matita e rivolto a Michael un sorriso rassicurante.

“Beh… Certo che mi va! Ma quando dovremmo andarci?”

“Il giorno e l’ora esatta in cui nascerà, e precisamente…

Michael ci pensò un po’ su, e poi schioccò le dita all’arrivo del ricordo.

“Giusto! Il giorno 8 Ottobre alle ore 22:47! Visto come sono preciso?”

“Ma non è un po’ tardi? La nonna non mi lascerà restare alzata per così tanto tempo!

“Non ti preoccupare, penso io a tua nonna” mi rassicurò Michael, sfoggiando una delle sue espressioni più dolci, che mi fece letteralmente scogliere.

Gli sorrisi, senza un motivo preciso, e poi lo abbracciai forte.

Isabel intanto continuava il suo disegno con estrema calma e precisione, senza dare tanto peso a noi due che ci scambiavamo gesti affettuosi, poiché poteva conoscere tutto ciò che voleva dalla mia mente.

In effetti, poco dopo scansai Michael dalle mie braccia, avvertendo una fastidiosa sensazione che mi attanagliava il cervello, che se ne andò così come era venuta.

Sbattei le palpebre e mi rivolsi alla mia amica.

“Isabel!”

Lei alzò il capo e mi guardò implorante, le guance colorate leggermente di rosso.

“Scusa. Mi sembrava scortese interrompervi”

Lo sorrisi, senza rammarico nel cuore: sapevo quanto fosse dura per lei rinunciare all’utilizzo dei suoi poteri per così tanto tempo, e la leggera svista era dovuta al suo più completo smarrimento.

Senza i poteri si sentiva persa.

“Non ti preoccupare, è tutto passato. Ma la prossima volta avvisami!”

Lei abbassò il capo, nascondendo un sorriso tra la ondulata chioma scura, come a significare che le dispiaceva, e che era molto grata con me per averla perdonata di un gesto non molto carino.

Io non dissi più nulla, limitandomi a sorridere alla sua testa profumata, e mi rimisi sul disegno, stavolta con minor impegno: non ero mai stata molto brava nel disegno, e già saper disegnare una casetta per me era tanto!

Tracciai delle linee che somigliavano molto a delle braccia, quando mi ritornarono in mente le parole di Michael: stava per nascere un angelo come me… E come Isabel.

Un evento più unico che raro, ed io avevo la fortuna di assistervi.

Sospirai sul mio scarabocchio, ed iniziarono a riaffiorare i ricordi di qualche settimana prima: in quella soleggiata giornata di settembre, dopo aver litigato con la nonna ed esser corsa in camera a piangere, la luce aveva illuminato la stanza e mi aveva mostrato il cammino che avrei dovuto intraprendere.

Mi spostai da un gomito all’altro, e sentendo tintinnare la catenina sorrisi ancora: tutto ciò che mi univa ancora al mondo degli umani era quel banale monile di metallo e pietre…

Quant’erano sottili i confini del mondo!

Sottili come il tratto di una matita.

E se questa matita si cancellasse definitivamente? Cosa succederebbe?

“Michael…” Mi rivolsi al riflesso dietro di me con una certa, sconosciuta inquietudine.

“Cosa c’è, tesoro?”

“Si possono annullare le distanze tra il nostro mondo e quello degli angeli? Non esistono punti di passaggio, o simili?

Michael sospirò a quella domanda: molto probabilmente non dovevo neanche fargliela!

“Come mai te ne sei uscita con questa domanda?”

“Così… Me lo sono sempre chiesto”

“Okay…” Michael non sembrava tanto sconvolto dalla mia domanda quanto dal fatto che… Non sapeva come rispondermi!

O almeno, era ciò che ricavavo dalla sua espressione molto eloquente.

“Sì… Esistono, e ne sono anche molti. Ma sono difficili da trovare: di solito si scelgono i posti più nascosti all’occhio umano, oppure così insignificanti da non destare alcuna curiosità. Ad esempio, una volta un tizio si ritrovò nel nostro mondo, senza sapere neanche quale strada avesse preso! In realtà era andato a farsi una tranquilla passeggiata in compagnia del suo cane, ed imbattendosi in una vecchia miniera non aveva esitato ad esplorarla fino in fondo.

Soltanto che quella non era una miniera.. bensì un varco! La sua faccia non appena vide i miei compagni fu qualcosa di incredibilmente forte!

Michael rise a quel ricordo, ed io con lui: non vorrei esser stata nei panni di quel pover’uomo, ma era comunque un’avventura degna di essere raccontata!

Non capitava di certo tutti i giorni di ritrovarsi in un mondo ultraterreno, abitato da riflessi ed anime con il compito di aiutare gli umani e trasmettere messaggi a non finire…

Pensandoci bene, però, gli esseri umani erano circondati da angeli: persone anonime, che si impegnavano discretamente per realizzare i propri desideri, e veder finalmente premiata la loro fatica.

Osservai distrattamente il mio disegno, e mi chiesi se gli obiettivi della gente comune potevano, in qualche modo, sostenere i nostri, così incredibilmente enormi, poggiati sulle spalle di quattro, minuscole persone.

Forse le preghiere servivano proprio a questo… Ad aiutare ed essere aiutati; naturalmente, chi non aveva bisogno di aiuto non aveva neanche bisogno di preghiere.

Isabel, la bambina misteriosa che era accucciata di fronte a me, intenta a terminare il suo disegno, sicuramente non era aiutata da nessuno: i suoi genitori l’avevano istruita perfettamente, e sembrava non aver più alcuna insicurezza.

Così padrona di se stessa, a soli sei anni…

Mentre io… Io ero ancora imperfetta. Una bozza.

 

Dopo un ultimo svolazzo sulla testa della ballerina che voleva rappresentare erroneamente una ciocca di capelli sfuggita dalla sua elegante pettinatura, sbuffai amareggiata e riposi tutto il mio occorrente da disegno in un cassetto: Isabel neanche si accorse del mio gesto, e Michael lo ritenne sin troppo significativo.

Infatti mi ero leggermente stancata di disegnare, e volevo uscire un po’ all’aria aperta, passeggiando per il giardino ed osservare Fernando mentre potava le sue amate piante.

Impieghi di tutti i giorni, noia persistente.

In quei momenti non riuscivo a trovare qualcosa di particolarmente interessante da fare, e perciò mi ritrovavo tra i fiori e le piante autunnali, che da noi crescevano come se fosse estate.

Mi soffermai soprattutto sui gigli, che dolcemente cedevano il posto all’erba comune: bianchi e delicati come nuvole, così puri nella loro ignoranza.

Accarezzai i morbidi petali, e gli sorrisi: anch’io ero come loro, prima di sapere tutto

Per un motivo o per l’altro, i miei occhi si fecero pian piano lucidi, fino a riversare tutto il loro dolore sugli innocenti fiori davanti a me, che inerti sopportavano il mio dolore.

Mi accasciai vicino a loro, e sentii il disperato bisogno di ritornare la bambina felice e spensierata di prima, quella che non doveva badare al mondo intero, quella che era sempre riuscita a cavarsela, in qualche modo, in ogni situazione.

Ora, non riuscivo più a far nulla come prima. Lo dimostravano i miei disegni ancor più astrusi del solito: grigi, senza significato, riflessi di un’anima tormentata e smarrita.

Cercai di ricacciare indietro le lacrime, ma a nulla servirono le mie lotte interiori, e scoppiai finalmente in un pianto liberatorio, carico di tutta l’inquietudine che avevo provato in quegli ultimi giorni.

Non avevo paura di farmi udire da qualcuno, poiché sicuramente nessuno mi avrebbe capito. E chi poteva capirmi era distratto… Lontano.

Alzai gli occhi al cielo, ansimante: lui era ancora più lontano delle noiose nuvole biancastre che impallidivano di fronte all’azzurro dell’infinito.

E l’infinito di certo non poteva impedire alle nuvole di muoversi e sparire dalla mia visuale…

Sobbalzai quando sentii sfiorarmi la spalla, e mi girai di scatto: lui mi osservava preoccupato, sconvolto da quelle lacrime che avevano solcato il mio viso in modo così disumano.

Le sue labbra tremavano nel tentativo di dirmi qualcosa di efficacemente rassicurante, ma non ne uscì che un mormorio sconnesso, accompagnato da un morbido abbraccio, che mi avvolse tutta.

Piansi sulla sua spalla, mentre lui mi accarezzava dolcemente i capelli e mi cullava come se fossi stata una neonata, cercando di trasmettermi tutto il suo calore e la sua comprensione.

Sapeva che dopotutto il suo aiuto era limitato, ma voleva sprecarlo tutto per la persona che ne aveva più bisogno.

Io.

“Non voglio più sentirti piangere, stellina. Tu non devi piangere, mai. Comprendi?”

Annuii, tirando su col naso e continuando a singhiozzare come un rubinetto rotto: ogni giorno ero sempre più debole, soprattutto di fronte alle parole di Michael ed Isabel.

Loro la facevano facile, erano persone molto più forti di me, e questa faccenda non li aveva eccessivamente toccati.

Mi chiesi se un giorno sarei stata alla loro altezza, e non mi sarei più buttata giù inutilmente, come stavo facendo ora…

Ma tutto ciò che uscì dalla mia testa fu un orribile senso di smarrimento.

Ricacciai indietro le lacrime: non volevo farmi vedere così debole da Michael, poiché comprendevo il suo disagio, e sapevo che una sola lacrima avrebbe potuto scatenare azioni incontrollabili e sconosciute.

Singhiozzai in silenzio per molti minuti, finché lui non mi sollevò tra le braccia e mi portò in casa senza dire una parola, ma semplicemente carezzandomi la guancia, e mi posò sul divano, aspettando pian piano che io mi calmassi.

Ci vollero venti minuti buoni prima che ciò avvenne e fui in grado di ritornare nella mia stanza assieme ad Isabel, che per tutto il tempo aveva spiato i nostri comportamenti dalle leggere tendine della finestra, come un fantasma.

Al mio arrivo mi accolse sorridendo lievemente, come era solita fare, e mi chiese di non disegnare più, bensì di parlare: di qualsiasi cosa, mi avrebbe di certo fatto bene.

Fu così che ci sistemammo sul tappeto che prima era completamente cosparso di disegni, ed iniziammo a discutere sui  primi argomenti che attraversavano le nostre teste, e man mano aggiungevamo nuove idee e situazioni, fino a creare una ragnatela infinita di parole, dove noi stesse ci perdemmo, ridendo a crepapelle.

Dovemmo ricominciare da capo, e la faccenda fu più intricata della prima volta, e della seconda, e della terza… Fin quando ci accasciammo sul pavimento, ansimando per le troppe risate che ci eravamo lasciate sfuggire in quei momenti.

Io guardavo sognante il soffitto, dipinto di un dolce azzurro, e sentii la mia mano sfiorare quella di Isabel, che guardava me, totalmente assente, come se stesse pensando ad altro.

Anche se i pensieri di Isabel erano sconosciuti ai molti, e le sue espressioni non lasciavano trapelare nulla.

“Hai un colorito più roseo, ora. Sapevo che parlare ti avrebbe fatto bene”

Mi sorrise, ed io ricambiai.

Il suo metodo anti-depressione mi era ancora sconosciuto, ma avevo constatato la sua efficacia, ed ora potevo dire di essere di nuovo contenta.

Mi capitavano spesso questi momenti “no”, e l’unica medicina per me era inserire un LP o un CD nello stereo, ed abbandonarmi completamente alla musica.

Volteggiando nell’aria, disegnando figure sconosciute con il mio stesso corpo, mi liberava dai mali che opprimevano il mio essere.

Però, dopo l’infantile scenata di quel pomeriggio, capii che l’antidoto migliore alla tristezza non era altri che l’amore.

 

Con un’ultima spinta sulla grondaia sporgente, facendo attenzione a non scivolare sui miei stessi piedi, mi ritrovai avvinghiata totalmente alle tegole rossicce della mia casa, con l’assurda paura di cadere nel vuoto: sotto non vi era altro che l’amato giardino di Fernando e Michael, che osservava molto attentamente i miei movimenti, reggendomi per la vita.

Isabel era salita già da un bel pezzo, utilizzando i suoi poteri, ed ora stava davanti a me, pronta ad intervenire nel caso di una possibile caduta.

Io non osavo muovermi, anche se avrei dovuto: non potevo di certo rimanere appiccicata al tetto per sempre!

“Avanti, Mike, tirati su! Ci sono io a prenderti”

“Non è quello il punto, Michael.. Ho paura di cadere…”

Michael sbuffò sonoramente, preoccupato dalla mia insana fobia del vuoto.

“Anche se tu cadrai ci sarà Isabel a soccorrerti! Dimentichi che è capace di spostare gli oggetti col pensiero? Ecco, saprà spostare anche te!”

“Ma i suoi poteri non funzionano con me: io sono come lei!”

“Oh, cavolo, hai ragione… Beh, questo non toglie che devi salire. Altrimenti non riuscirai mai a vedere la nascita del nuovo angelo

“Lo so, ma ho comunque paura! Vabbè, ora cerco di tirarmi su…”

Mi aggrappai meglio che potei alle tegole, e spinsi con tutta la forza che avevo nelle gambe per tirarmi definitivamente su, in piedi sul tetto.

I miei sforzi mi fecero guadagnare qualche centimetro buono, ma non bastava per essere finalmente al sicuro, così Michael mi spinse per le gambe ed io mi ritrovai distesa sulle fredde tegole del tetto, troppo impaurita per muovermi, con i piedi di Isabel che mi guardavano.

Fui molto stupita dalla sua impassibilità, ma poi sentii porgermi una mano piccola come la mia e, senza alcuna esitazione, la afferrai.

Quando mi alzai in piedi, gli occhi di Isabel scintillavano alla luce dei lampioni ed i suoi capelli erano mossi da una fredda aria autunnale; tuttavia, sembrava non farci minimamente caso.

Anche Michael nel frattempo ci aveva raggiunte, e si congratulò con me per la mitica impresa che avevo compiuto: io, completamente rossa in viso, lo ringraziai con un sussurro emozionato.

Lui sghignazzò amorevolmente e poi ci chiese di accomodarci, perché mancavano solo dieci minuti alla nascita del nuovo angelo, e dovevamo prestare molta attenzione!

Così ci sedemmo ed aspettammo per un po’, scrutando avidamente il cielo, seguendo il percorso di qualsiasi stella ci capitasse a colpo d’occhio: infatti, secondo Michael ogni stella era un angelo presente sulla Terra, e la sua nascita era rappresentata proprio dalla caduta dell’astro.

Questo mi lasciò perplessa, perché per antonomasia le stelle cadenti non sono mai associate alla nascita… Ma ormai ero lì, e cominciavo a non stupirmi più molto.

Quando mancavano poco più che due minuti alla nascita dell’angelo, Michael ci chiese di stare il più attente possibile, cosicché avremmo potuto osservare un particolare che contraddistingueva le stelle degli angeli dalle normali stelle: tra la luce ci sarebbe sembrato di scorgere delle fattezze umane, sotto forma di bambini, ovvero la forma primordiale di ognuno di noi.

Tenni gli occhi ben puntati nella direzione che Michael ci aveva indicato, ed aspettai. Dopo due minuti, però, non successe nulla: niente stelle cadenti, niente bambini di luce, e soprattutto, niente angelo neonato.

Guardai Michael apprensiva, ma il suo volto non seppe esprimermi niente di rassicurante: neanche lui riusciva a capire, e controllava nervosamente l’orologio da polso, lamentandosi sottovoce.

“Eppure avevo calcolato tutto per bene: era proprio questo l’orario… Oh Dio, cosa sarà successo?...”

“Per me l’angelo non voleva nascere ad un’ora stabilità” azzardò Isabel, mentre scrutava il cielo nell’attesa di un qualsiasi segnale.

“Ma è impossibile che accada una cosa del genere! Gli angeli devono attenersi a regole precise, altrimenti il loro compito non servirebbe a nulla!” dissi io, scattando improvvisamente verso di lei: ultimamente, con ciò che mi aveva insegnato Michael, cominciavo a prendere il mio ruolo seriamente, e nonostante alcuni attimi di paura, la mia fermezza sulla situazione era a dir poco spaventosa.

Infatti mi ritrassi subito dopo, comprendendo la mia inutile avventatezza, soffermando lo sguardo sulle tegole rosse del tetto: Isabel parve capire, e voltò di nuovo lo sguardo verso il cielo.

“Hai ragione, Mike… Ma questo si è comportato come voleva

Anche Michael ora guardava il cielo, aspettando un misero indizio sulla presenza dell’angelo, ma solo le stelle ricambiavano la sua ansia. Fredde e bianche come ghiaccio.

Mi chiesi cosa avesse spinto quella creatura di Dio a ribellarsi a delle regole ben precise e giuste: forse non voleva bene al suo Creatore?

Mi sembrava un’ipotesi davvero infondata, ma molta gente, non credendo in Dio, lo scansava e si dedicava ad altri culti.

O addirittura, negava la sua più completa esistenza.

Questi pensieri mi fecero rabbrividire, ancor più dell’aria pungente intorno a me, e mi strinsi nel cappotto, pregando che l’angelo nascesse al più presto, e che le mie paure si dissolvessero.

Così mi sedetti ed aspettai, per l’ennesima volta in quella sera.

Guardammo il cielo incessantemente, ancora per un’ora, sperando in una luce, in un nuovo fuoco…

I rumori della strada sotto di noi attutivano i sospiri ed i colpi di tosse, e ci raddrizzavamo ad ogni brillio del cielo, seppur misero riflesso di divertimenti terreni e menti annebbiate dai piaceri.

Allo scoccare della mezzanotte, cominciammo ad abbandonare la vana speranza di trovare l’angelo e di ritornarcene a casa: Michael, dopo un ultimo sguardo al cielo, chiese a me ed Isabel di scendere dal tetto, poiché ormai era tardissimo, e non potevamo svegliarci tardi la mattina.

Io obbedii riluttante, e mi lasciai scivolare con molta cautela per la scala a pioli che prima avevamo utilizzato per salire, aiutata da Michael.

Isabel chiamò a sé il ramo sporgente di uno dei tanti alberi che crescevano di fronte alla nostra casa, e modellandolo con la mente, lo usò come scala.

La vidi scendere tranquillamente, e provai una profonda fitta al cuore: quanto avrei voluto per una sola volta saper fare ciò che lei faceva con tale naturalezza.

La mia goffaggine non sarebbe più stata un problema.

Ed invece no, dovevo scomodare le persone che mi volevano bene per delle mie minuscole debolezze! Ah, come era difficile essere una bambina che tutti consideravano apparentemente perfetta!

Toccando il suolo erboso del nostro giardino, mi sentii di nuovo me stessa, ed il solo scricchiolio delle foglie sotto i miei piedi mi faceva sorridere.

Michael ed Isabel erano di fianco a me, e tra poco avremmo dovuto riaccompagnare Isabel a casa, poiché non voleva ascoltare le mie richieste: infatti, proprio perché era tardi e per una bambina (ma anche per una donna) era pericolosissimo girare per le strade di Los Angeles nel cuore della notte, le avevo chiesto di rimanere a dormire da noi.

Lei, però, non voleva sentir ragioni.

Fu così che lanciai un lungo sospiro, e decisi di riaccompagnare personalmente la mia amica, ignorando completamente le tremende suppliche e minacce di Michael.

Con un gesto fulmineo, presi Isabel per mano e mi avviai fuori dal cancello di ferro battuto, facendo finta che il buio di fronte a me non ci fosse, e che non mi stesse inghiottendo lentamente.

Proprio quando poggiai il piede sulla prima piastrella del marciapiede dopo il cancello, l’intera via fu illuminata da una luce tenue e chiarissima, che non proveniva sicuramente dalla Terra.

Mi guardai confusa intorno, mentre Isabel aveva già alzato gli occhi al cielo e mi strattonava il braccio per invitarmi a fare lo stesso.

Io, curiosissima, ma anche intimorita da ciò che avrei potuto trovare nel limpido mare celeste sopra di me, seguii per un po’ il riflesso della luce sulla strada, poi alzai il viso per ammirare uno spettacolo unico: una lunga scia di polvere luminosa correva per il cielo ad una velocità costante, dirigendosi verso Nord, ed il suo nucleo palpitante sembrava quasi salutare il mondo sotto di sé.

La osservavo a bocca spalancata, incapace di muovermi: mille pensieri si rimestavano nella mia testa, tutti rivolti a quella creatura che circa sette anni prima ero stata anch’io.

D’altronde, non era semplice credere per me che, alla nascita, ero una sottospecie di cometa che poteva muoversi autonomamente e poteva pensare.

Era meraviglioso, ma allo stesso tempo inquietante.

Durante l’avvistamento dell’angelo e le nostre successive reazioni, anche Michael si era avvicinato, ed ora stava contemplando i mille intrecci che la luce della cometa dipingeva sui tetti delle case e sui lampioni, il suo volteggiare nel cielo e la sua velocità che andava gradualmente ad aumentare con l’avvicinarsi alla sua destinazione.

Sembrava molto sollevato dalla sua apparizione, ma anche incredibilmente dubbioso sulla sua misteriosa nascita: in fondo, aveva ritardato di un’ora e più, ma non aveva subito alcun danno…

Che fosse una creatura del tutto diversa da me ed Isabel, adatta per essere analizzata e studiata a fondo?

Purtroppo non potevo leggere nel pensiero di Michael, e tutto ciò che potei acquisire, lo attinsi dagli occhi impegnati a studiare il cielo e la piccola cometa nata.

Io ed Isabel ci divertivamo a scoprire un viso umano sepolto tra la luce, ma non trovammo nulla se non delle piccole ed insignificanti ombre grigie, riflessi della luce.

Seguimmo l’angelo per tutto il suo percorso lungo la volta celeste, che durò pochi minuti, per poi vederlo tuffarsi con un guizzo verso l’abbondante vegetazione di un promontorio solitario, lasciando dietro di sé alcuni sprazzi di impalpabile polvere luminosa.

Per un attimo, nessuno parlò: gli unici rumori che si avvertirono furono i miagolii dei gatti, della musica in lontananza, probabilmente proveniente da qualche festa mondana ed i rombi delle automobili lungo la grande via principale.

Il primo ad abbassare gli occhi fu Michael, poi Isabel ed infine io, che da quella faccenda ne avevo ricavato soltanto molta confusione ed una gran voglia di rintanarmi sotto le coperte e dormire.

Ero davvero troppo stanca per parlare ancora, e la portata del fenomeno al quale avevo assistito era così grande che mi sarebbe occorsa certamente una notte intera per dormirci e quindi pensarci su.

La soluzione migliore era ritrovarci tutti assieme la mattina successiva e discuterne con calma: sicuramente sarebbe saltato fuori qualcosa! Ora eravamo stanchissimi tutti e tre, ed il sonno non avrebbe che peggiorato la situazione.

Descrissi perciò a Michael la mia idea, e lui fu molto d’accordo, così d’accordo che mi mandò immediatamente a dormire!

Io accettai ridendo, seguita da Isabel, alla quale si era congelato il naso a forza di guardare per aria, e corsi verso la porta di ingresso, con un gran gelo alle mani ed ai piedi.

Il tepore del vestibolo mi accolse con tutta la sua dolcezza, e finalmente buttai il grosso cappotto sulla panca, pregustando la morbidezza del letto e la bella dormita che avrei consumato subito dopo.

Isabel invece non sembrava particolarmente insonnolita, e si mise a giocare con i fiori del vaso vicino a noi, facendomi concludere che il suo interesse per la faccenda era molto limitato.

Sospirai e salii in cameretta per svestirmi, ed intanto un brivido mi percorreva lo stomaco arrivando fino alle labbra.

Quella sera mi sentivo molto in gamba, molto matura… ma anche molto confusa, insicura.

Pensai al mio destino (perché in fondo quello era) ed al modo in cui un angelo come me aveva osato sfidarlo, decidendo la data e l’ora della sua nascita.

La domanda che più pulsava nel mio cuore era: io sarei stata capace di una simile azione? Avrei tradito i miei compagni per puro amore della libertà?

Scossi la testa, decisa: no, ero sin troppo sincera per farlo.

E chiunque avesse commesso quel gesto così sfrontato, non amava noi… Non amava le sue compagne, le sue amiche

E non amava neanche essere un angelo.

 

Isabel scrutava con interesse il contenuto della sua tazza, creando piccoli vortici ambrati ed immergendoci ogni tanto una zolletta di zucchero per ammirare lo spettacolo del quadratino bianco che pian piano, a contatto col tornado in miniatura, si scioglieva e si andava a depositare sul fondo della tazza.

Io quella mattina non avevo molta fame, e mi limitavo a piluccare qualche biscottino alle mandorle di Fernando, sputando le odiose pellicine tipiche dei frutti, che mi si conficcavano con dolore nelle gengive.

Michael leggeva tranquillo il giornale, e non badava alle due bambinette sedute di fronte a lui che, per ammazzare il tempo, si inventavano dei giochini a dir poco deprimenti.

Tutto sommato, non che la giornata fosse molto allegra, e l’entusiasmo della sera precedente era lentamente scemato al mattino, inghiottendo sia noi che lo straordinario scoop dell’angelo perduto, come ormai era stato ribattezzato.

Io pensai immediatamente che la notizia era così stupefacente da non poter esserci alcun commento, neanche la più piccola parola.

Io, che la sera prima ero galvanizzata dalla nuova esperienza!

Ero curiosa di conoscere il nuovo angelo, di trovare nel suo corpo qualche anomalia, di leggere nei suoi occhi il perché del suo gesto avventato…

Dopotutto, non poteva essere così lontano: si era diretto a Nord, e sicuramente il Canada non era un posto molto confortevole per viverci! Noi angeli avevamo bisogno della luce e di molta gente, per poterla poi aiutare con i nostri influssi, proteggendola da possibili cattive idee e soprattutto cattive azioni.

Ma come al solito, non sapevo da dove iniziare.

Sospirai, prendendo un altro biscotto dal vassoio e sgranocchiandolo con piacere mentre Isabel terminava i suoi esperimenti e si fiondava sugli esercizi di sollevamento della tazza vuota davanti a lei, che oscillava pericolosamente in prossimità del mio esile braccio.

Avevo la netta sensazione che Isabel avrebbe perso il controllo sulla tazza e che i pezzi di porcellana frantumata si sarebbero conficcati nella mia carne, quando Michael alzò gli occhi dal giornale e ci osservò con finto disinteresse.

“Allora… Non avete alcuna domanda da pormi riguardo ciò che è accaduto ieri notte?”

Silenzio. La tazza di Isabel volava sopra la mia testa, ed io la guardavo apprensiva, mentre un Michael molto offeso osservava l’intera scena.

Cercò di attirare la nostra attenzione una seconda volta, schiarendosi rumorosamente la gola, ma senza successo.

Esasperato, afferrò la tazza di Isabel, che assunse un’espressione a dir poco terrea e si accasciò sulla sedia, diventando ancora più piccola di quello che era, e la nascose con cura dietro la schiena. Io scattai ordinatamente al mio posto, decisamente spaventata dalla reazione che aveva avuto Michael, e mi promisi di non farlo arrabbiare ulteriormente.

Certo, la faccenda dell’angelo non era un argomento leggero, e sapevamo entrambi che andava discussa con la massima cura, ma quella mattina mi sentivo davvero stanca. Svuotata di tutte le energie della sera precedente, incapace di aprire gli occhi e stare attenta.

Se fossi andata a scuola, il mio comportamento sarebbe risultato inadatto… Ma Michael si stava dimostrando un maestro più esigente di quanto pensassi.

Sbattei le palpebre e mi concentrai meglio su ciò che voleva dirci, anche se la maggior parte delle informazioni le avevo già ricavate da un po’ di tempo.

“Ebbene, questa mattina so per certo che siete stanche (anche se non riesco a capire perché) e perciò non avete voglia di parlare… Vi illustrerò io cosa ho scoperto, e ci penserete su, naturalmente.

Sapete certamente che ognuna di voi ha un protettore, ovvero un angelo che si è offerto di insegnarvi giustamente come vivere su questa terra e seguirvi nel vostro lungo cammino fino alla morte di uno dei due. Di solito questi protettori vengono scelti tra i più grandi uomini del mondo, tutti coloro che hanno saputo trasmettere un messaggio positivo all’umanità: certo, ce ne sono alcuni, come me, che andrebbero subito scartati…” Michael ridacchiò della battuta, e noi lo seguimmo di gusto, ritenendo che fosse impossibile rifiutare una persona buona e dolce come lui, e che se fosse stato così deludente come diceva di essere, a quest’ora avrei avuto un altro protettore!

Quando le risate scemarono e la nostra attenzione ritornò su Michael, egli continuò il suo discorso.

“…Un angelo, però, non può scegliere di essere protettore senza prima aver consultato ‘il grande Capo’! Quindi, ogni secolo tutti noi ci riuniamo e decidiamo chi sia più adatto a questo compito: di solito scegliamo un solo angelo, e successivamente tutti gli altri.

Abbiamo fatto lo stesso anche con voi, certo” sorrise Michael, rivolgendosi a noi, poiché ci aveva viste piuttosto perplesse.

Mi sembrò solo un’impressione, ma quel sorriso non nascondeva nulla di buono.

“Successivamente si arriva ad un punto in cui manca soltanto un protettore, e quindi il corrispettivo angelo: questo è un momento delicatissimo, poiché finalmente il cerchio si chiude, ed i quattro angeli designati iniziano finalmente a vivere. Gli aspiranti protettori rimasti e gli eletti aspettano con pazienza, e non sono ammessi colpi bassi né boicottaggi.

Purtroppo, questo secolo il nostro consiglio ha visto un periodo di preoccupante ansia: infatti non riuscivamo a trovare un ultimo protettore adatto, e chiunque si offrisse poi si rilevava totalmente insoddisfacente.

Eravamo ormai pronti a rivolgerci ad altri angeli più esperti quando qualcuno ebbe la straordinaria idea di rivolgersi ad un uomo, l’unico sulla faccia della Terra che ci avrebbe permesso di far nascere l’ultimo angelo speciale e portare di nuovo amore e felicità tra gli uomini.

Sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto… Ma non era così.

Egli non rispose alla nostra richiesta, e neanche a quella successiva, e neanche alle altre che vennero.

Eravamo distrutti. Solo lui poteva salvarci, e ci ignorava!

Un comportamento così non l’avevo mai visto in tutta la mia carriera di angelo, e mi fece perdere la grande fiducia e stima che nutrivo per lui sin da piccolo.

Poi passò un periodo difficile, separandosi dai suoi amici e dalla sua famiglia, creandosi una nuova vita, e la sua indole ribelle si addolcì, permettendoci di ritentare il nostro piano.

Ed a discapito di tutte le cattive previsioni che i più anziani del consiglio si erano divertiti a tessere, accettò la nostra proposta.

I suoi passati tentativi di sfuggire alle nostre richieste, però, produssero nei pensieri del futuro angelo (sì, Mike, gli angeli non ancora nati possono pensare come esseri umani maturi!) idee confuse, contrastanti: così, accecato dal rumore soffocante del suo cervello stracarico di informazioni, si mosse guidato da una forza sconosciuta a tutti, persino a lui, nascendo un’ora e qualche minuto dopo il tempo prestabilito.

Il suo comportamento riluttante ha già allertato i parenti, e sicuramente si adotteranno misure di sicurezza per permettergli di non commettere altri guai e di seguire le regole degli angeli nella più perfetta armonia. Anche se è ancora tutto da decidere…”

Michael si passò una mano sulla fronte sudata, le vene pulsanti attorcigliate alle falangi; nonostante fosse il frutto di una mente variopinta, riflesso di una realtà ormai passata, scorsi delle piccole rughe in prossimità degli occhi, segno che l’animo era turbato.

Anch’io abbassai il volto, preoccupata più per Michael che per quello che sarebbe accaduto di lì a poco tempo: un angelo ribelle era davvero una bella gatta da pelare, soprattutto se ad occuparsene c’erano due bimbette dai visini spaesati, e di certo un solo riflesso non avrebbe cambiato la situazione.

Poverino, come lo capivo! Sentirsi d’un tratto affidare il caso sulle spalle non era il massimo della felicità!

Ma sicuramente io ed Isabel l’avremmo aiutato: anche se non potevamo fare molto, qualsiasi gesto era importante.

“Michael…” poggiai la mia mano sulla sua, così piccola che quasi non si notava. “Capisco come ti senti affranto, ma ora piangere non serve a nulla. Ti aiuteremo noi con l’angelo, e sicuramente riusciremo a trovare una soluzione adatta per tutti. Dopotutto, noi siamo qui per rendere felici gli altri, no?

Le sue iridi scure mi fissavano dolci, urlando tutta la gratitudine che Michael altrimenti avrebbe espresso a parole, e mi avvolgevano totalmente, come il cielo avvolge le stelle.

Mi sentivo incredibilmente soddisfatta della mia opera di rassicurazione, e senza che Michael me l’avesse chiesto, gli buttai le braccia al collo e sorrisi tra i suoi riccioli, mentre lui ricambiava la stretta.

Vicino a noi Isabel, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, giocava con le briciole dei biscotti, divertendosi a creare strane galassie di pasta frolla nella quale orbitavano pianeti di mandorla e cioccolato, e non sembrava assolutamente offesa dal mio comportamento: anzi, si stava divertendo molto da sola!

Solo quando mi sciolsi dall’abbraccio di Michael e tutti e tre ci alzammo per andare a riposare in camera, mi accorsi delle briciole che Isabel aveva lasciato cadere sul tavolo: non erano sparse disordinatamente, ma formavano un disegno.

Sembrava un cerchio… Un sole…

Ma prima che potessi osservarle ancora, Michael mi chiamò per l’ennesima volta e dovetti scappare da uno dei tanti enigmi della mia amica.

 

Salve gente! Allora, avete passato bene questo mese e mezzo senza di me? Scusate davvero per il ritardo ma ho attraversato un periodo di depressione e noia galattico .__. Giuro, per giorni non ho praticamente scritto! Spero che questo capitolo vi piaccia, non ho avuto il tempo di ricontrollarlo e se c’è qualche errore non me lo perdonerei ç__ç Mi dite voi se qualcosa non va bene? A me farebbe molto piacere *__*

Allooooora, visto che nessuno ha recensito il mio precedente capitolo..Non devo ringraziare nessuno, se non me stessa <.<

Il titolo, come sempre, è opera della cara Rò (o GioTanner, come si voglia dire ù__ù) che al contrario di me ha ispirazione per questo genere di cose *maledetta ragazza!D:*

Altri ringraziamenti vanno naturalmente a chi ha letto e mi supporta, alla mia amata matita che non ce la fa più a portare sotto forma di disegni i miei scleri (che forse vedrete anche nella forma scritta xD) e soprattutto i miei pochissimi amici, che stranamente in questo periodo si fanno sentire <3 Vi ringrazio tutti!*_*

Per finire (e direi, sono le undici e mezza e sto morendo di sonno!D:) vi invito a recensire un po’ di più la mia storia, visto che pubblico ma poi nessuno mi da il proprio giudizio! Per favore, siate clementi ç__ç

Ci vediamo, e spero con qualche parolina in più

 

                                                                                            Looney esaurita D:

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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