Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Looney    05/07/2011    1 recensioni
La sorpresa di Michael finalmente si è mostrata agli occhi increduli di Fiordaliso: è sua nipote, la piccola Michael, che dovrà proteggere ed istruire come un angelo. Perché proprio di questo si tratta.
Attraverso le sue parole ed i suoi occhi noi riusciremo a cogliere la sua difficile esistenza, segnata da avvenimenti dolorosi (ma anche felici), accompagnata dal suo fedele amico, un certo Michael Jackson ridotto a riflesso di un'epoca di splendore.
E' lui che la guiderà verso il ricongiungimento con i suoi simili, e le farà comprendere quanto sia importante la sua presenza sulla Terra, devastata dall'odio e dalla miseria.
Ma non sempre il destino scritto per noi si realizza...
E rieccomi qui con la mia seconda parte!XD Spero davvero che vi piaccia! L'ho pubblicata solo ora perché non volevo fare lo stesso errore di un anno fa, e perciò mi sono portata avanti col lavoro. Allora, aspetto solo vostre recensioni, di qualunque tipologia siano!XD Buona lettura, cara Jacksoniane!
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Will You Be There '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                      I’ve read your last page  

 

 

 

L’aria fresca di primavera avvolgeva le foglie degli alberi ed i fiori appena sbocciati del giardino, trasportando i profumi e le carezze del vento lontano, fino alle finestre della casa, fino alle persone annoiate ed apparentemente felici che vi abitavano.

Un ricciolo d’aria passò tra i capelli tinti di Fiordaliso, ma lei non ci badò: era troppo intenta ad ascoltare l’uomo (o la sua essenza) seduto di fronte a lei.

Stavano parlando di cose serie, come sempre: mai una volta che si raccontassero qualche barzelletta!

“Come ti ho già spiegato, la situazione è molto complicata: se non troviamo quella piccola peste immediatamente il mondo sarà in pericolo!”

“Ciò non ti impedisce di dire cavolate, Michael: mia nipote rimarrà dov’è, e nessuno, neanche te, potrà portarla via da qui!”

“Ma tu non capisci, Fiordaliso, che se non troviamo l’angelo mancante e lo riportiamo sulla retta via noi tutti saremmo spacciati? Dovrebbe interessarti la sorte del tuo pianeta!

“Sì, mi interessa, ma la vita di mia nipote è più importante

“Oh cavolo… E’ davvero difficile farti cambiare idea

Michael si asciugò la fronte dal sudore, esausto per tutte le parole sprecate con Fiordaliso, parole che non avevano portato ad alcuna soluzione. Quella donna era davvero testarda!

Ritenere sua nipote ancora una bambina incapace di badare a se stessa lo faceva veramente innervosire, ma purtroppo non poteva riprendere in continuazione il comportamento della donna: era pur sempre sua amica!

Sospirò sommessamente, voltandosi verso di lei.

“E non guardarmi con quella faccia da finta offesa!”

Lei sbuffò, decisamente scocciata, ed alzò gli occhi al cielo.

“Senti chi parla”

Lui si limitò a guardarla rassegnato: avrebbe voluto scomparire di nuovo, ma il tempo che si era preso per parlare con Fiordaliso non era ancora scaduto.

Si allontanò da lei, dal porticato, fino ad arrivare ad un cespuglio di rose piccolissime non ancora sbocciate: le ammirò per un attimo, poi si chinò per annusarne il profumo… Ma non scorse altro odore se non quello delle foglie ancora intrise d’acqua per la doccia mattutina.

Alzò il volto, sconsolato: in quella forma poteva approfittare di piaceri umani davvero effimeri paragonati ad una bella dormita o ad una abbuffata, e sembrava addirittura che la natura stessa gli negasse l’essenza di un fiore, o la gioia alla vista dei delicati petali abbandonati nei loro letti verdi e rigogliosi.

Scacciò il dispiacere e puntò il suo sguardo su altre piante, alcune dai fiori già schiusi, altre dall’intenso odore aromatico, che di certo non guastavano al suo povero naso.

Passeggiò per il giardino per circa un quarto d’ora, il tempo di riprendersi dalla piccola litigata e prepararsi a ciò che sarebbe accaduto successivamente: pensava spesso all’angelo perduto, ed alla promessa fatta alle due bambine:“Lo troveremo, e lì ci occuperemo di lui. A quanto pare il suo protettore non è in grado di seguirlo”.

Il pensiero di quel bambino (o di quella bambina) che trascorreva una esistenza misera, circondata da persone che non conoscevano il suo valore, lo faceva rabbrividire: come si poteva essere così crudeli con un angelo?

Oh non voleva più pensarci. Il dolore era troppo…

Inoltre doveva continuare le ricerche; doveva assolutamente trovarlo.

Sospirò, e si diresse verso il portone: Mike ed Isabel erano dentro a giocare, e voleva che Fiordaliso non si impicciasse tanto di una faccenda per lui molto delicata.

Quando oltrepassò la porte ed ebbe messo piede sul primo scalino, scoprì che i pochi minuti che si era preso per apparire di fronte a Fiordaliso erano terminati: qualcosa si mutò in lui, ma dopo fu come se non fosse cambiato nulla.

Non badò neanche ad uno sbigottito Fernando che lo vedeva scomparire mentre trasportava una grande cesta del bucato (pericolante, per giunta) e continuò a salire le scale.

Stava per bussare alla porta della cameretta di Mike quando la mano si fermò a mezz’aria: come l’avrebbe presa? Aspettava da tanto tempo quell’occasione per dimostrare le sue doti di piccolo angelo: per molti mesi si era esercitata insieme alla sua amichetta, che ne sapeva di certo più di lei, ed ora era sicurissima di poter affrontare un’impresa tanto grande come quella di trovare un angelo perduto e donargli l’educazione necessaria alla sua natura.

Ma Fiordaliso era stata categorica: era ancora troppo piccola per badare a se stessa.

Ma in fondo…Se non avesse mai scoperto di essere un angelo, le cose non sarebbero cambiate molto!

Il problema perciò, in qualunque modo si girasse, era sempre lei, la famigerata nonnina.

Piuttosto rincuorato da queste riflessioni, finalmente si decise a bussare e ad aprirgli gli apparve proprio Mike: aveva gli occhi luminosi come il cielo ed a quanto pare non vedeva l’ora di vederlo.

“Ciao, Michael! Hai finito di parlare con la nonna?”

A quella domanda i pensieri di Michael si gelarono: doveva aspettarselo…

Ed ora cosa le avrebbe detto? Non voleva raccontarle altre bugie.

“Oh…Sì, appena qualche minuto fa!”

“E cosa ti ha detto riguardo…Tu lo sai”

“Beh, non che si fosse espressa molto: era confusa, e preoccupata, e stava anche mangiando, e sai come può essere irritante la nonna se la disturbi nel bel mezzo di un’abbuffata…

“E perciò?”

“E perciò…Mi ha detto…”

“Cosa?”

“Ehm…”

Era difficile parlare con gli occhi di Mike fissi nei suoi, quegli occhi che da sparuti stavano diventando pian piano più consapevoli, più belli. Erano proprio quegli occhi che gli impedivano di mentire.

Sospirò togliendosi dal cuore l’affanno, ed acquisendo la forza per dirle la verità.

“Tua nonna non vuole che tu vada via da casa, Mike. Per lei sei ancora troppo piccola, e sai quanto tiene a te, quanto ti vuole bene…

“Non mi vuole bene: non vuole che io salvi l’angelo!”

“Ma cerca di capirla: lei è sola, e sta attraversando un periodo difficilissimo. Per favore, non essere così egoista”

A quel punto lo sguardo della bambina si ghiacciò: si sentiva accusata di un male che non aveva commesso.

Lei non era egoista, pensava a sua nonna… Ma i suoi comportamenti venivano sempre fraintesi.

Possibile che nessuno la capisse veramente?

Neanche Michael, il suo protettore, la difendeva. Avrebbe sempre potuto chiedere aiuto ai suoi compari e manipolare i pensieri della nonna, proprio come faceva Isabel. Sarebbe stata la soluzione a tutti i suoi problemi.

Purtroppo neanche un angelo era perfetto.

“Pensi che io non la capisca? Che sia così menefreghista da lasciarla sola? No, non l’ho mai fatto, neanche con la mamma! So che loro hanno bisogno di me, ma questo non giustifica la loro risposta

Aveva le labbra contratte nello sforzo di non piangere, e gli occhi gonfi; pronunciava ogni parola come se avesse sputato una pietra conficcata in gola.

Michael la stava a guardare, ormai impotente: voleva avvicinarsi, ma allo stesso tempo voleva darle il tempo per sfogarsi ed urlare quanto voleva.

Intanto i suoi lamenti continuavano, e vide spuntare dalla porta socchiusa uno visino preoccupato: era Isabel, che aveva avvertito la tristezza dell’amica ed era venuta a consolarla.

Dopo un attimo di esitazione passata ad osservare Mike ed il vuoto davanti a lei (dove si trovava lui) le si avvicinò e la abbracciò senza emettere alcuna parola.

I loro corpi uniti formavano una colonna informe, abbastanza forte da sorreggerle entrambe ma troppo debole per contrastare gli attacchi che avrebbero potuto distruggerla.

Michael si ritrovò a pensare, inerte, all’oscuro destino che aspettava le due ragazzine: ora che una piccola anima aveva osato sfidare le leggi del Signore, nulla era più così definito e roseo, ed il compito principale era mantenere una stabilità decente per andare avanti e riportare tutto al suo ordine originario.

Da quanto tempo stavano setacciando il mondo nel tentativo di trovare quell’angelo? Sei mesi? Otto? Un anno?

Ormai aveva perso il conto dei minuti passati ad osservare le varie cartine dei continenti con la speranza che uscisse da quelle pagine stanche qualche misero indizio.

E quel poco che sapevano, derivato ormai dall’esperienza, era tutto inutile…

 

Passò del tempo prima che le acque si calmassero: Mike continuava ad avere le sue crisi di pianto isterico, e sembrava che nulla potesse calmarla.

Isabel diventava ogni giorno più silenziosa; e Michael, l’unico che avrebbe dovuto portare avanti il “progetto”, era sull’orlo del precipizio: naturalmente le bambine non conoscevano i problemi che un angelo protettore doveva affrontare tutti i giorni.

Nella speranza di trovare qualche indizio importante rimaneva tutta la notte sveglio, seduto sul tetto della casa, ad osservare il paesaggio di fronte a lui, interpretando i vari segni che gli si mostravano lentamente davanti agli occhi.

Non sapeva neanche lui come avesse acquisito questi poteri: di solito i protettori non hanno altre qualità se non quelle per cui sono nati, e trovarsi improvvisamente provvisto di nuove capacità lo rendeva piuttosto dubbioso.

Tuttavia, parlando con il protettore di Isabel, aveva scoperto che anche lui era stato fornito di nuovi poteri, proprio per rendere più rapida la ricerca del “furbacchione”, come ormai veniva chiamato da tutti.

Naturalmente, se avessero ritrovato l’angelo, quei poteri sarebbero scomparsi.

Era una strana sensazione, e si stava lentamente abituando; non l’aveva detto neanche a Mike, per paura di una possibile reazione da mamma iperprotettiva quale si stava dimostrando di essere: ogni volta che lo vedeva allontanarsi le sue lacrime avrebbero inondato di certo tutto il piano superiore se Michael non si fosse avvicinato di nuovo a lei, abbracciandola ed accarezzandole i capelli.

C’era da dire che preferiva la bambina sola ma felice di prima, che la piagnucolona e premurosa di adesso! Ma purtroppo, finché le cose non si sarebbero sistemate, neanche il carattere di Mike si sarebbe stabilizzato.

Ad aggravare la situazione della bambina, però, era il peso della famiglia: sua madre stava malissimo, e lei non sapeva cosa aveva.

Lei, la nonna e Fernando le stavano sempre vicino, la curavano e la rallegravano con le loro battute, ma notare i suoi miglioramenti non la aiutava affatto.

Era come se si fosse chiusa in una bolla d’aria impenetrabile, nella quale anche i suoi sentimenti venivano offuscati dal dolore.

Michael, nella sua veste di protettore, purtroppo non poteva caricarsi tutte le ansie di Mike sulla schiena, e provvedeva soltanto (anche se di malavoglia) alla sua educazione angelica: avrebbe voluto far di più, ma il Capo non voleva.

Era stato categorico in questo:

“Nonostante il peso della responsabilità sia grave da portare per un piccolo angelo, l’angelo protettore non dovrà assolutamente aiutarlo né prendere il suo posto. Questo equivale ad una insensata paura del proprio compito, pertanto l’angelo in questione verrà subitaneamente sostituito da un altro più capace e soprattutto meno incline a cadere nella prodigalità di sentimenti.”

Parole dure, che il buon Michael non riusciva più a sopportare: da sempre si era prefisso il compito di aiutare i più deboli, regalandogli tutto ciò che poteva, e privarsi del grande potere che generosamente gli era stato offerto con la sua piccola amica, lo infastidiva moltissimo.

Stanco di farsi del male pensando solo ed esclusivamente a Mike, decise di svagarsi un po’ disegnando forme indefinite nell’aria muovendo le gambe a ritmo di una musica sconosciuta: la danza lo rilassava moltissimo, anche per poco tempo, e sentire il sudore scorrere lungo il profilo del viso per lui era una sensazione stupenda.

Volteggiava sulle tegole rosse, e quando incontrava un ostacolo non esitava a schivarlo con maestria, atterrando delicatamente sul tetto e continuando il suo gioco con il vento.

Non si fermò se non quando fu sicurissimo di essere stanco e di avere il cuore (od un suo simile) pulsante come un motore.

Guardò un attimo le ville di fronte a lui, il limpido luccichio della rugiada mattutina sulle foglie degli alberi, i lampioni che se ne andavano a dormire lasciando al Sole il compito di illuminare la strada e chi vi passava.

Tutto era così maledettamente tranquillo paragonato ai suoi sentimenti che dopo due secondi non ebbe più la forza di guardare niente e decise di ritornare da Mike a farle compagnia mentre dormiva.

 

“Sei sicura di volerlo fare?”

“Mi sembra l’unica soluzione…Se non osiamo, in qualche modo, non ne ricaveremo niente

“Lo so, ma è rischioso. Potrebbero accorgersene, Isabel! E poi, cosa farai? Dove andrai?”

“Ancora non l’ho deciso”

I bei capelli di Isabel ondeggiavano alla luce del sole, come lingue di fuoco nero, mentre raccoglieva alcune pietruzze dal terreno e le sistemava nella sua grande borsa.

Chissà a cosa le sarebbero servite, nel suo lungo viaggio alla ricerca della verità…

Al contrario di me, lei era molto coraggiosa e non le importava cosa avrebbero potuto pensare i suoi genitori quando si sarebbero accorti della sua scomparsa. D’altronde la sua famiglia ha sempre visto il suo come un ruolo nobile, per il quale sacrificare la vita era un vero onore.

Mia nonna non mi ha lasciato uscire di casa per sette anni, temendo il peggio.

Ed ora riesco a riconoscerne le conseguenze.

“Se avrai bisogno di me, ti basterà chiamarmi, ed io arriverò

Riemersi dai miei pensieri: Isabel mi sorrideva enigmatica, come sempre. Ma avvertivo il suo affetto per me, e questo mi rassicurava.

Le sorrisi e le lanciai uno sguardo di raccomandazione: se avessi perso anche lei ingiustamente, non avrei più potuto vivere serenamente.

Lei… era la mia unica amica…

Quei pensieri tristi mi uscirono dagli occhi, dove tutti potevano ammirarli; non era esattamente quello che volevo, ma ormai il danno era fatto.

Mi asciugai il viso con le mani, e nell’alzare la testa vidi che lei si era avvicinata a me, e se ne stava immobile a fissarmi.

Tirai su col naso: ero davvero tanto interessante per lei?

La risposta non si fece attendere, poiché Isabel abbassò lo sguardo e mi lasciò cadere in grembo un oggetto leggero e scivoloso.

Io stupita lo presi tra le mani, cercando intanto di capire perché Isabel aveva compiuto una simile azione ed a cosa mi sarebbe servito quel che tenevo in mano.

Lasciai scivolare le perline del braccialetto tra le dita, ma non arrivava nessuna risposta da loro: erano mute come bolle di sapone.

Poi ad un certo punto Isabel parlò…

“Questo braccialetto l’ho fatto con le perline della mia collana: è un modo per ricordarti sempre di me

Mi guardava e guardava il braccialetto come per invitarmi ad indossarlo; io ero completamente paralizzata dalla felicità!

Non sentivo più le gambe sotto di me, e le mani erano diventate due sculture di ghiaccio, che sorreggevano il gioiello per miracolo, e la bocca tremava come intirizzita dal freddo, anche se il sole ci stava ancora guardando dal cielo azzurro, divertendosi a creare ombre colorate sull’asfalto, riflessi dei miei pensieri che la lingua non aveva la forza di esprimere.

Tentai più volte di ringraziare Isabel, ma quel che uscì dalla bocca fu soltanto un rantolo insignificante. Facevo fatica persino a tenere la bocca aperta.

Notando i miei sforzi, Isabel non disse nulla e mi prese le mani, racchiudendo perciò il braccialetto in un groviglio di mani inestricabile. Non so cosa mi fece comprendere il significato del suo gesto, ma mi calmai anch’io, mentre un fuoco lento saliva in me proprio partendo dalle mie mani.

E lei le guardava, come se ci fosse racchiuso il mondo.

 

Non passarono molti giorni da quando Isabel mi inviò una lettera.

Mi ero svegliata turbata, i frammenti dei sogni ancora vividi davanti ai miei occhi, e mi apprestavo a scendere dal letto quando Fernando aprì la porta tutto trafelato.

“Mike…Mike, ho qui una lettera per te…Non so di chi sia, non c’è scritto niente. Ci sono solo due disegni sopra la busta ed il nome del destinatario…

“Ehi, calmo! Siediti e dammi la lettera, per favore”

“Okay” Fernando mi porse la lettera mentre si accomodava sul letto disfatto, ansimando come un cammello: gli anni cominciavano a farsi sentire anche per lui!

Osservai per bene la busta: c’erano davvero due disegni sopra, ed il tratto mi ricordava molto quello di Isabel. Molto chiaro ed attento ai particolari più insignificanti.

La aprii con cautela e presi il foglio all’interno, così emozionata che mi tremavano le mani, e stavo per iniziare a leggere quando Fernando iniziò.

“Non è che potrei sentire anch’io cosa dice? In fondo mi sono fatto due rampe di scale a piedi per portartela!

Sospirai e acconsentii; in fondo Fernando era uno di famiglia!

Mi schiarii la voce solennemente ed iniziai a leggere:

 

    Cara Mike,

 

      sono in viaggio da parecchie settimane ma ancora non sono riuscita a trovare alcun indizio. Spero che da te vada meglio! Come stai?

Purtroppo prima non ho potuto scriverti perché ero troppo impegnata nella ricerca dell’angelo, e non avevo neanche un po’ di carta a disposizione. Io sto bene, non ti preoccupare.

 

“Oh almeno lei sta bene!”

“Cosa significa? Anche noi stiamo benissimo!”

“Ti stai forse dimenticando di una cosa, Mike?”

“Ehm…Veramente…La lettera non è ancora finita!”

 

 

    “Ultimamente penso spesso a noi due, ed a quanto stavamo bene insieme: chissà per quanto tempo rimarremo divise…

Il compito che ci è stato affidato è sì onorevole, ma molte volte abbiamo bisogno di riposo e di affetto. E’ così per noi come per tutti gli altri esseri umani

 

“Ha perfettamente ragione!”

“Ma scusami, tu che cavolo centri?”

“Volevo intervenire, tranquilla!”

“Ma non è rispettoso nei miei confronti!”

“E dai, non fare l’esagerata e continua”

“Uff, va bene...E’ quasi finita”

 

     “Ora ti lascio, devo continuare a camminare per raggiungere il Nord!

Ricordati sempre che io ti sono vicina, e che se ci saranno novità te le farò sapere in tempo, sempre scrivendoti.

A presto, mia cara amica

 

                                                                                         Isabel”

 

“E’ finita così?”

“Credo proprio di sì, Fernando”

Stringevo la lettera tra le mani, gli occhi vuoti e confusi.

Avrei voluto leggere di più, seguire con attenzione la grafia delicata di Isabel, le sue vocali allungate e gli svolazzi ad ogni fine di parola, le sue scoperte, i suoi pensieri, emozioni e nostalgie; ed infine piangere al momento dei saluti, davanti ad un modesto “A presto” …ed invece mi dovevo accontentare di poche parole scritte con snervante tranquillità e impercettibile rassegnazione.

Non mi aspettavo una missiva così povera da parte di un fenomeno come lei, ma sicuramente la vergogna aveva frenato il suo desiderio di raccontare: prima non si fermava mai davanti ad un ostacolo, schivandolo come un ciottolo sul marciapiede, proseguendo trionfante il suo cammino.

È come se il suo fallimento l’avesse privata di quella silenziosa energia che sentivo ardere in lei ogni volta che mi stava vicino, un’energia che per me sembrava infinita… Ma non lo era.

Ogni cosa aveva un limite, purtroppo.

Ed io, stupida ragazzina, mi ero aggrappata sin troppo a questa energia, senza neanche chiedermi cosa provasse Isabel, cosa sentisse ogni volta che le chiedevo aiuto, rendendola schiava della mia debolezza…

Il foglio che avevo tra le mani iniziò ad inzupparsi di lacrime anormali, gelide: solo ora riuscivo a comprendere il mio errore, e me ne vergognavo profondamente.

Ero sicurissima che non sarei più riuscita a guardare in faccia Isabel da quel momento. Rimediare ormai era troppo tardi, ed una persona come me non ne era capace.

Non avevo di certo torto a considerarmi una nullità…

 

Fumi e vapori di fine giornata si riversavano dalle finestre di casa Villa quando gli abitanti le aprivano per prendere un po’ d’aria.

Certo, l’aria di Los Angeles era quel che era, ma a Katie non dava fastidio più nulla, neanche i gas di scarico delle automobili. Anzi, c’era da dire che la eccitavano.

Da quando aveva ricevuto una bella mazzata riguardo il prezzo della merce, aveva deciso di comprare soltanto nei giorni festivi, quando tutto costava meno, e godersi quegli attimi di felicità offerti dalla sua amica in modo breve ma intenso.

Capitava spesso di vederla intenta ad armeggiare con una siringa nei vicoli bui delle periferie, luoghi proibiti e deliziosi.

Lì aveva conosciuto molta gente come lei: ci aveva scambiato qualche parola, ed anche qualche spinello.

Erano di certo          quei tipi che sua madre avrebbe massacrato a padellate e gettati vivi in una fossa, ma lei ci stava bene, e sinceramente non gliene importava molto dei giudizio della madre.

Ormai quella signora di mezza età doveva pensare alla sua nipotina, e non aveva più tempo per la figlia…

Nonostante l’affetto che nutriva per la madre, a Katie non era mai andata a genio l’idea che Mike dovesse vivere nella bambagia come una principessina, senza neanche scoprire i segreti che quella città sapeva nascondere.

Naturalmente, questa idea era stata di sua madre.

Quella donna che l’aveva educata all’amore ed alla speranza, facendole credere che il mondo fosse tutta un’illusione e che le disgrazie accadano per volere del destino, e che solo i più buoni si potevano salvare da un’esistenza dura ed eterna.

Lei era di altre opinioni, ma Fiordaliso non l’ha mai ascoltata così a fondo da capire quel che veramente la ragazza provava: per lei erano i tipici problemi dell’adolescenza, sarebbe passato tutto.

Ed infatti era tutto andato liscio.

Aveva avuto una figlia dal suo professore di matematica, conosciuto il piacere del proibito prima ancora di compiere la maggiore età e speso centinaia di dollari guadagnati degnamente per il più sporco degli affari.

Sì, era andato tutto bene. C’era gente che se la passava molto peggio di lei, ed al solo pensarci il suo cervello si dilatava fino a creare una voragine di tristezza e solitudine, che inghiottiva tutti i pensieri belli e non la faceva più respirare.

Certo, aveva imparato a sopportare la vita, ma non era ancora riuscita a sopprimere il dolore. Dolore.

Tanta gente non sa cosa significhi dolore… E tanta lo sa fin troppo bene.

Anche le finestre sanno cosa sia il dolore: in un certo senso assistono a ciò che accade in una stanza, e se vogliono lo condividono con altri, come per dire; “Ehi, guardate un po’: c’è gente che soffre dentro questa casa! Perché non fate nulla per aiutarla invece di stare impalati a guardarmi? Io sono solo una finestra e non posso fare un cazzo per loro!

Benedette finestre, come sono modeste!

Katie rimuginò sulle sue idee per un po’: non erano poi così male, anche se maledettamente insensate.

Stette ancora un po’ a guardare il paesaggio, prima di chiudere le imposte di legno della finestra e sprofondare nel buio più assoluto.

 

 

Salve gente! Scusate davvero per il ritardo D: stavolta ho proprio esagerato! Pensavo che non avrei più avuto problemi nell’aggiornare la mia storia, ma adesso mi rendo conto di quanto mi sono sbagliata.

Purtroppo ho avuto dei problemi in questi mesi, sia a livello fisico che mentale, che non mi hanno permesso di continuare a scrivere come volevo.

Per settimane intere non ho praticamente scritto nulla!

Ho riniziato circa un mese fa, e fortunatamente ho quasi finito xD devo solo aggiungere il titolo ai capitoli, ma non sarà un problema, fidatevi!

Vi chiedo infinitamente scusa per questo mio errore, poiché in fondo siete voi, lettori, a darmi ancora la voglia di scrivere: forse in questo periodo riuscirò ad assorbire la vostra forza ed a continuare decentemente il mio lavoro.

 

Pensando ad altro, vi ricordo che sto correggendo la prima serie di “Will you be there”, quindi, chiunque voglia leggere, si ricordi che i primi capitoli sono ancora in fase di correzione, pertanto il livello di scrittura è ancora basso come la mia voglia di alzarmi da questa sedia maledetta .__.

Inoltre, ho notato che ci sono delle incoerenze tra ciò che scrissi molto tempo fa e quello che sto scrivendo adesso: se per caso vi rendeste conto di errori o distrazioni, non esitate a dirmelo! Sarei molto felice di questo, anzi xD (con questo, non voglio dire che non ricontrollo quello che ho scritto: ho la memoria a breve termine, tutto qui xD)

 

Per ultimo, vorrei ringraziare chi ha letto, e soprattutto chi ha recensito! Come natalia, della quale apprezzo le recensioni ed i complimenti alla storia. Grazie mille, mi servono proprio incoraggiamenti del genere!xD

Se recensirai anche questo capitolo, ti prometto di illustrarti ancora meglio la trama della storia :D

Ringrazio inoltre la cara GioTanner per il titolo *_* mi sei sempre d’aiuto, Rò, grazie mille <3 

 

Bene, adesso posso anche andare via D:

Grazie per aver letto questo capitolo, alla prossima! (non vi preoccupate, sarò puntuale u.u)

 

 

 

                                                                                                  Looney**

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Looney