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Autore: Betti    20/02/2011    9 recensioni
Positivo. Questa volta non è una parola d'ordine o una risposta ad una delle domande di Gibbs durante una missione. E' un risultato.Il risultato del mio test di gravidanza.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Io sospiro

Io sospiro

 

Tony pov

 

Idiota, idiota e ancora idiota. Tony, sei un’idiota. Una merda, una cacca di cane. Uno stronzo e un idiota. Un grande, grandissimo idiota.

Sto considerando davvero l’idea di partecipare al Guinness dei primati: l’uomo che più volte ha fallito con una donna; anzi, l’uomo più idiota del pianeta Terra, solo per voi, sui migliori schermi.

Non credo andrei bene neanche per quello, ce ne sarebbe uno peggio di me e, con la sfortuna che mi perseguita, avrei fatto un viaggio per nulla; mi manderebbero a casa senza neanche un piccolo premio di consolazione.

Ma si può sapere che cavolo ho fatto per nascere così… così sfigato? Ah, che nervoso, che tristezza, che… non lo so neanche io bene che cosa.

Ho un senso di frustrazione addosso che basterebbe a deprimere una cittadina, credo. Mi prenderei a pugni da solo se potessi. Anzi, credo che una raffica di scappellotti di Gibbs potrebbe alleviare un po’ le mie pene. Ma che dico, per alleviare le mie pene ci vorrebbe un qualcosa che mi riporti a ieri mattina: vorrei cancellare l’incontro con Jeanne e passare la mia serata con Ziva, riuscire a sistemare tutto e sposarmela. Una macchina del tempo come in “Ritorno al Futuro”. Solo allora potrei provare a sistemare le cose.

O forse è semplicemente destino… Ah, il destino non esiste, Ziva mi ha detto che siamo noi gli artefici della nostra vita ed ha ragione. Io però non l’ho creata, l’ho distrutta, spappolata, pestata e ci ho pure sputato sopra.

Idiota.

Suono per la terza volta il campanello, attendendo una risposta che, finalmente, arriva.

- Si? –

- Sono io, Tony. – Sento la testa che mi scoppia oramai. Possibile che tutta la sfortuna di questo mondo ricada sulle mie spalle?

- An, aspetta, ti apro. –

La serratura scatta e la porta si apre. Jeanne è vestita con dei jeans e un maglione, simile a quello che aveva Ziva questa sera. Ma posso sapere perché tutto mi deve ricordare lei?

- Ciao. – Le dico impacciato, ricordando tutte le ore passate a casa sua. Fisso il maglione quasi ossessivamente. Deve essere dello stesso modello, forse un colore un po’ diverso; sempre sui toni del blu, comunque. Così qualcuno che ci sta vedendo lassù vede come soffro. Mi impongo di distogliere lo sguardo e fissare Jeanne in faccia. Almeno lì non posso trovare niente che assomigli a Ziva.

- Ciao. – Mi sorride. Sembra felice di vedermi.

- Posso entrare? – Le chiedo.

- Certo, non c’è problema. Ti aspettavo, veramente. –

Siamo imbarazzati, fin troppo. Ma è meglio così.

- Ecco, è di quello che volevo parlare, - entro in casa e mi tolgo il cappotto, che serata impegnata:- Prima, quando hai telefonato… –

- Ha risposto una donna, ho sentito. E mi ha anche riattaccato in faccia! Che maleducata! Ma non c’è problema, mi hai già fatto capire che io non ti interesso più, non serviva venire qui di persona, per di più a quest’ora. –

Si siede sul divano di stoffa chiara e mi fa cenno di accomodarmi. Mi siedo, ma non le sto troppo vicino. Non che provi ancora qualcosa per lei ma la debolezza, la crisi di coppia e tutte queste cazzate potrebbero farmi cedere da un momento all’altro. E io vorrei impedire a chi sta giocando con me come se fossi una marionetta di farmi fare l’ultima stronzata della giornata, giusto per chiudere con un’azione da imbecille.

- No, no. Non c’entra il fatto che tu non mi attrai più. Per carità, sei una bella donna ma… Beh, la storia la sai. –

- In realtà no. Non mi hai concesso il tempo di ascoltare tutto quello che ti è successo. –

- E’ una cosa troppo lunga… ti annoierei e basta. Poi, sentirmi parlare di un’altra deve essere massacrante per te. –

- Tony… - mi tocca un braccio per farmi sentire che è vicina a me, poi ritrae la mano, com’è giusto che sia:- Siamo amici no? E che fanno gli amici? Si parlano, qualunque sia la cosa che devono dirsi. Se sei venuto qui stasera e non per dirmi che hai un’altra… beh, qualcosa avrai da dire. Quindi, io di tempo ne ho tantissimo. Anzi, prendo da bere qualcosa e arrivo. Tu inizia ad impostare la storia. –

Okay, forse parlare con Jeanne non sarà così male. Alla fine, potrebbe darmi qualche consiglio su come sistemare le cose… sempre che io riesca a farlo.

Jeanne torna in soggiorno con una bottiglia di gin e la poggia su un tavolino affianco al divano, dopo averne versato un bicchiere a testa. Credo mi ci voglia.

- Allora… Io direi che puoi anche iniziare. –

- D’accordo. – Prendo fiato e ripercorro con la mente tutto quello che è successo in queste settimane:- Era una sera come le altre in cui cenavo a casa di Ziva, poi ci siamo seduti sul divano e… abbiamo alzato un po’ troppo il gomito. - Un altro respiro profondo, ho bisogno di tutto l’ossigeno possibile perché non mi metta a piangere come un bambino – Lei, Ziva, mi ha chiesto se mi fossi innamorato di lei… -

- Ed era vero. – Continuò Jeanne.

- Già – Mi passo una mano tra i capelli e continuo:- Ma non potevo dirglielo e… Beh, ho fatto finta di cambiare discorso girando la domanda a lei. Lei ha evitato di rispondere e così la “sfidai”, in un certo senso. L’ho baciata e… e a lei è piaciuto. Me ne sono reso conto subito e ne ero davvero contentissimo. Come una bambina mi ha chiesto se anche a me fosse piaciuto e… e abbiamo fatto l’amore. – Come fa male ricordare:- Passò circa un mese e tutto era tornato come prima ma un giorno Ziva si sentì male e andò a casa prima dell’orario. Decisi di passare da lei alla sera e, a casa sua, in bagno, trovai un test di gravidanza. Mi crollò il mondo addosso. Ziva probabilmente aveva un fidanzato e non mi aveva detto niente. Per di più aspettava un bambino. Tornai in cucina e lei lasciò cadere quello che aveva in mano; poi le chiesi chi fosse il padre di suo figlio. –

- Eri tu? –

- Sì, ero io. Le dissi che le sarei stato vicino e che l’amavo, l’amo tutt’ora. – Bevo un altro sorso di gin, per schiarire le idee:- Decidemmo di dirlo alla squadra e ne furono tutti felici, poi… le chiesi di sposarmi. –

- Non dirmi che ti ha detto di no? –

- No, al contrario… la portai per dove avevamo trascorso per la prima volta una giornata insieme… Un container bianco, al molo. È da lì che ho capito i miei sentimenti e… beh, lei mi ha detto di sì, che mi avrebbe sposato.

Avevo la vita perfetta: un lavoro che amo, un bambino e la donna perfetta… Non mancava molto alle nozze e tutto andava alla grande ma, il giorno della prima ecografia, Ziva, dopo essersi cambiata per venire al lavoro… Beh, ha fatto un incidente. –

- O mio dio, e come sta? –

- Bene, cioè… Non molto. Ha perso il bambino e si è chiusa in sé stessa, qualche giorno dopo abbiamo avuto una specie di “discussione” e… beh, me ne sono andato. Per volere di entrambi, veramente. Dopo una settimana, la mattina in cui mi hai incontrato, stamattina per la precisione, ho rivisto anche lei per la prima volta. Un po’ più in forma di quando ci siamo… lasciati. Ho notato l’anello al suo anulare sinistro e questo mi ha dato una speranza; le ho chiesto se potevamo vederci e sono andato a casa sua… Poi tu hai telefonato e, beh, abbiamo litigato e mi ha detto che l’ho ferita, mi ha mandato al diavolo e… mi ha ridato l’anello. – Lo prendo dal taschino della giacca e me lo rigiro tra le dita:- Poi mi ha detto che tra tre giorni sarebbe partita per Israele, che ha deciso di lasciare l’NCIS e.. che non mi vuole più vedere. – Una lacrima corre veloce lungo la mia guancia prima che riesca anche solo a pensare di fermarla.

- Oh – Jeanne non sembra riesca a dire nient’altro.

- Mi dispiace… Sono venuto qui solo per farti perdere tempo. Ma credevo che un consiglio di una donna potesse sistemare le cose. Scusami. –

- No, figurati. È…è che mi hai lasciato spiazzata. Non potevate affrontare tutto assieme? Perché non avete combattuto? Perché tu non ti sei imposto e non hai provato a tirare fuori tutto quello che Ziva portava dentro? Perché, Tony? –

Forse Jeanne ha ragione; forse avrei dovuto combattere e non lasciarla andare, forse avrei dovuto cercare di non mollare la presa per primo. Ziva è una donna forte ma come ho fatto a pensare, anche solo per un misero momento, di fare in modo che soffrisse da sola? Forse ha ragione lei quando ha dei dubbi su di me. Forse… forse davvero non ho un futuro con lei. Forse… forse è meglio uscire da tutto questo e fare in modo che nulla sia successo; anche se sarà impossibile.

- Tony, a che stai pensando? –

- Al fatto che forse davvero dovrei lasciarla… andare… finirla qui… Per sempre. –

Jeanne spalanca gli occhi e mi tocca una spalla come per riscuotermi da un brutto sogno:- Diavolo Tony ma sei pazzo? Non puoi lasciarla andare! Non dopo tutto quello che è successo! Lei è… è la tua anima gemella cavolo! È tua Tony, solo TUA! Non potete pensare di farla finita… avete un legame speciale, elettrico! Te l’ho già detto ieri! Ed ora smetti di perdere tempo qui con me e vai da lei, corri. È con lei che dovresti essere ed è solo ed esclusivamente colpa mia se vi siete allontanati un’altra volta! Quindi lascia perdere tutto e tutti… Gibbs, l’NCIS, il lavoro, tutto quello a cui tieni e vai da lei. Riprenditela prima che sia troppo tardi. –

Una scossa, ecco che cosa sono state le parole di Jeanne. Non mi sembra vero di averle sentite da lei, lei che è stata la mia ragazza e che mi vuole ancora bene.

- Dici davvero? –

- Ma, Tony, stai scherzando? Smettila di stare qui e vai da lei. Riflettici sopra e cerca di capire se è la ami davvero e poi non fare altro che andare a farla tua, ancora. –

- Grazie, Jeanne. – L’abbraccio e le faccio sentire tutta la mia riconoscenza, sento che lei ricambia… quando mi stacco, però, Jeanne ha le lacrime agli occhi:- Hey? Che succede? –

- Niente, mi mancherai Tony. Tutto qui. – Si asciuga le lacrime e finge di sorridere, sembra volermi incoraggiare:- Ora vai, sei stato fin troppo qui con me. –

- Allora… Ciao. –

- Addio, Tony. – Ci abbracciamo un’altra volta prima che io esca dalla porta e mi giri verso il vialetto per andare alla mia auto.

Non so se avessi bisogno di Jeanne per capire tutto, non so che cosa mi sia successo in questi giorni per non aver mosso un dito per tenermi stretta Ziva ma, il vecchio Tony è tornato.

Io me la riprenderò, dovessi girare il mondo per ritrovarla.

 

* * *

 

Tre giorni dopo…

 

- Abby! Ho le prove per il nuovo caso! Un po’ di pelle, un po’ di… un liquido giallognolo… vedi tu, me li ha dati Duc… Abby ma, che succede? –

Gli occhi di Abby sono pieni di lacrime e tutto il suo trucco scorre lungo gli zigomi sulla pelle troppo chiara.

- Oh, Tony! – Mi corre incontro e mi abbraccia stretto, sembro la sua ancora di salvezza. Con un riflesso incondizionato le cingo le spalle e la stringo stretta.

- Che succede, Abby? –

- Beh – Un singhiozzo la percuote facendole versare altre lacrime:- Ziva… lei, partirà per Israele questa sera. Se ne andrà per sempre Tony, e io… –

E’ già passata a salutare tutti ma non è passata da me.

-  E’ colpa mia. – Sussurro appoggiandomi al bancone metallico del laboratorio.

- C-Cosa? – Abby sembra sorpresa e mi guarda spalancando gli occhi.

- Sono stato io a fare tutto questo casino. Non vi meritate di soffrire tutti quanti per un errore mio. –

- No, Tony non dire così. La colpa non ce l’ha nessuno di noi, solo che mi dispiace tantissimo che Ziva se ne vada. –

È ora di agire, ho aspettato fin troppo. Mi ci sono voluti altri tre giorni dopo la serata con Jeanne. Ho dovuto far “digerire” un po’ le cose a Ziva prima di ripresentarmi davanti a lei.

- Non se ne andrà, cercherò di fare in modo che non accada Abby. –

- Lo fai per me? – Sorride sotto le palpebre più scure del solito per via del trucco colato.

- Veramente… lo faccio per tutti, ma lo faccio anche per te, Abby. Nessuno di noi è pronto a vederla tornare in Israele senza sapere quando sarà il suo ritorno… Non lo è nemmeno lei, credo. –

- Sai, ha pianto quando ci ha detto addio… ed io non avevo mai visto piangere Ziva. –

- Ah… quando ha il volo? –

- Tra quattro ore. Buona fortuna. -

- Spero di tornare sano e salvo. E… grazie. – L’abbraccio un’altra volta prima di prendere l’ascensore per tornare tre piani più sopra, in ufficio.

Quando sento il dlin e le porte che si aprono esco per raggiungere la mia scrivania e prendere il cappotto ma McGee che piange mi fa bloccare:- Pivello, che succede? –

- Ziva se n’è andata… - Tira su col naso prima di recuperare un fazzoletto di carta dalla sua scrivania.

- Mi dispiace, McGee. Ora però devo andare assolutamente, dillo tu a Gibbs. Impegni importanti aspettano Anthony DiNozzo. –

- Ma… -

Non lascio finire McGee che mi fiondo giù per le scale, troppo impaziente di prendere l’auto e sistemare le cose.

 

Ziva pov

 

Rientro a casa per l’ultima volta. Mancano solo tre misere ore al volo per Israele ma oramai non posso più tornare indietro. La Ziva David che ha vissuto in America non c’è più: tornerò nel Mossad, se mio padre lo permetterà e riprenderò tutti gli addestramenti e le missioni che avevo lasciato per lavorare all’NCIS. Certo, aver consegnato il modulo di dimissioni a Vance ha reso tutto più reale, ha concluso tutto; in quei pochi, miseri istanti ho rivisto molte delle scene che ho vissuto con la mia ex squadra e che cercherò di tenere chiuse dentro di me per non dimenticare nulla, neanche le cose peggiori. Come un vecchio film scorrono nella mia mente varie situazioni accadute negli ultimi quattro anni, più o meno dolorose: il mio arrivo, la morte di Ari e quella di Jenny, la perdita della memoria di Gibbs, i caffè di Abby e i suoi abbracci, il romanzo di McGee che tengo in valigia, i vari casi, la separazione dalla squadra, il rapimento in Somalia, il salvataggio, i giorni a Parigi, la missione sotto copertura… Tony; già, Tony. L’unico ed inimitabile Tony DiNozzo. Quelle volte in cui mi ha detto che lui sarebbe stato insostituibile non ci avevo mai creduto davvero: oggi lo so per certo che aveva ragione. Uno come lui non si dimentica facilmente ma con gli anni, forse, riuscirò a fare anche questo; alla fine, è questione di allenamento no?

Metto negli scatoloni le ultime cose da imballare e chiudo le valigie dopo aver controllato di avere tutto; non vorrei si rovinasse niente finchè sono via, potrei ritornare un giorno, quando avrò dei figli ed una famiglia. È giusto che anche loro vedano il mondo, come ho fatto io finora.

Chiudo le imposte e mi guardo attorno ancora una volta, il taxi dovrebbe arrivare a minuti; un’occhiata mi ricorda anche gli ultimi tempi poi, con il cuore che pesa, esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle controllando bene la serratura: è tutto a posto, oramai niente mi porterà indietro.

Il tassista è sceso e mi aspetta dietro alla macchina con il bagagliaio aperto: è grasso con un maglione infeltrito e mi guarda fumando un sigaro. Non ha l’aria molto amichevole ma è il mio problema minore, non mi importa molto. Trascino il grande trolley che contiene gran parte di quello che mi occorrerà e mi carico sulla spalla il borsone grigio che porta dentro sé vestiti e scarpe, perlopiù.

- Signorina. – Mi saluta freddo, chissà che noia svolgere un lavoro ripetitivo tutta la vita.

- Buona sera. – Lo saluto non con più calore di quello che lui si è riservato di dedicare a me e ripongo il borsone all’interno del bagagliaio. Quando anche l’ometto basso e cicciottello mi ha aiutato a sistemare il trolley, chiude lo portellone con un colpo deciso e si infila nell’abitacolo gettando il sigaro sull’asfalto freddo dell’aria pomeridiana di settembre inoltrato. Anch’io apro la portiera dietro per salire quando una voce che ben conosco mi blocca e sembra voglia iniziare a sciogliere il blocco che mi porto sullo stomaco:- Ziva, aspetta. – Due parole che mi costringono a voltarmi verso la voce, come se ci fosse una calamita alle mie spalle che fa girare il collo; Tony. Chi se non lui? È venuto nel Corno d’Africa per tirarmi fuori dall’inferno, non l’avrebbero fermato sicuramente una litigata e dieci chilometri di distanza.

- Tony. – Mi trovo a sospirare quel nome che ho pronunciato in tante situazioni diverse ma che ogni volta l’ho fatto con affetto. Dire che il mio inconscio lo stava aspettando è dire le parole giuste: appena incontro i suoi occhi verdi lo stomaco si contorce procurando una sensazione piacevole dentro me. Nonostante questo la voce esce un po’ fredda, conscia del male che mi ha fatto poco tempo fa:- Non dovresti essere qui. Ti ho detto di dimenticarmi. –

- Mi dispiace. –

- Tony, non mi servono le tue scuse. È tardi per poter anche solo pensare di rimediare. –

- Basta. Lascia parlare me questa volta. Hai mai pensato che tu possa esserti sbagliata per una volta? Non sei infallibile, piccola ninja. –

Il soprannome mi provoca un brivido lungo la schiena e, anche se sento freddo attraverso il cappotto grigio, del sudore freddo mi blocca il respiro.

- Non chiamarmi così, per favore. –

- Okay, okay. Scusa. Ma fammi spiegare prima di partire, Israele non è dietro l’angolo. –

- Ti ascolto. –

- Signorina, dovrei andare. – Il tassista mi riscuote per un momento e sono costretta a rispondere:- Scusi, le chiedo di aspettare. –

- Se deve chiarire con il suo fidanzato la prego di scaricare i bagagli; io devo lavorare. Anzi glieli scarico io. –

- Grazie. –

Il tassista scende e scarica le valigie lasciandole sulla strada. Tony si avvicina di tre o quattro passi, ma si tiene a debita distanza.

- Non è come pensi. –

- Lo dicono tutti, usa delle frasi con più effetto. Non mentirmi per favore, almeno per l’ultima volta fammi andare via senza dubbi. –

- Non è necessario che tu te ne vada. Potrai anche evitarmi per sempre ma fallo per gli altri, manchi già a tutti loro. Abby stava piangendo quando l’ho vista dopo la pausa pranzo e mi ha detto che hai versato anche tu qualche lacrima mentre le dicevi addio… è preoccupata per te e lo sono anche gli altri, io compreso. –

- Credevo non ti importasse più nulla di me dato che sei tornato con “quella” in una sola settimana; evidentemente dovevi impiegare il tempo finche lei non fosse tornata. Il bambino era solo un intoppo da cui sei stato sollevato dopo il mio incidente no? – Distolgo lo sguardo dai suoi occhi verdi perché tornare indietro raccontando tutto ad alta voce mi annebbia la vista; non per l’ebbrezza, sono solo lacrime.

- Ti prego Ziva non dire così. –

- E che cosa dovrei dire? Sono stata ferita, umiliata e svuotata. –

- Ma la vuoi capire che io non ti ho tradita? Che ero solo felice di essere il padre di nostro figlio? che Jeanne è stato un errore che non volevo nemmeno io? –

- Ah, un errore certo. –

- Smettila di essere così cinica Ziva. Fammi vedere quello che mi hai mostrato quando eri incinta! Credi che abbia chiesto di sposarti per comodità? Non sai che non è comodo stare con una donna forte come te e con un carattere come il tuo per di più andando contro una delle stupide regole che il nostro capo a messo nella nostra squadra? Io ti amo, Ziva David. Forse è questo che non riesci a capire. Tre giorni fa ho incontrato Jeanne per sbaglio all’entrata di un bar e mi ha chiesto se poteva parlarmi; ho acconsentito controvoglia poi lei mi ha detto che prova ancora qualcosa per me ma le ho detto che al massimo avremmo potuto rimanere solamente amici perché amo un’altra donna. –

Fa una pausa per respirare e mi guarda negli occhi, quegli che sono in grado di ipnotizzarmi.

- Alla sera ci siamo accordati per parlare di te perché avevo bisogno di qualche parola che potesse spingermi a tornare, sempre che lo avessi voluto anche tu. Finito con Jeanne sono venuto al lavoro e ti ho vista: sei passata davanti alle nostra scrivanie ed hai salutato McGee con un cenno; ho chiesto a Gibbs se avessi potuto venire da te, avevo bisogno di parlarti, fosse stata anche l’ultima volta. Mentre aspettavi l’ascensore, finchè mi avvicinavo, ho notato l’anello e una parte dei miei nervi supertesi si sono piacevolmente sciolti alla vista del tuo anulare sinistro; non tutto era perduto no? Abbiamo parlato in ascensore e mi hai invitato a casa tua: mi ero già dimenticato di Jeanne. – Sorride. Il suo sorriso, quello che mi apre il cuore in qualsiasi momento:- Sono venuto da te ma, finchè ero in bagno, lei ha chiamato sul mio numero e tu hai risposto. Non so che cosa ti abbia detto lei ma ho visto la tua reazione: mi hai sconvolto dicendo tutte quello che mi hai urlato contro. Poi sono uscito e sono andato da Jeanne… -

Io sospiro. È tornato da lei, forse per chiarire però. Alla fine, glielo doveva da tempo.

- Le ho raccontato tutta la mia storia e mi ha detto addio. Non la vedrò più, forse ci sentiremo per gli auguri qualche volta ma lei non è te. Non potrò mai più pensare di sostituirti con nessun’altra donna al mondo. E ora che ho capito chi è quella giusta non svanire nel nulla. Non ti dico di non andare in Israele ma ti prego, torna. Perché io ti amo e non smetterò mai di dirlo a tutti, anche a me stesso nonostante sia difficile ammetterlo dopo quattro anni, io ti amo e so che la mia vita senza di te dopo che hai fatto la tua comparsa, sarebbe solo un grandissimo schifo.

E dammi dell’idiota, dell’imbecille e del bambino ma ti prego… pensaci. Pensa a quello che abbiamo passato… a tutto. E non permettere che una stupida telefonata che per me non conta nulla ti faccia scordare di me. –

Io che fino ad ora sono stata praticamente in silenzio, apro le labbra ed un pensiero esce in un sussurro senza quasi neanche che me ne renda conto:- Tu sei indimenticabile, Tony DiNozzo. –

- Che cosa? – Apre gli occhi un po’ di più, come a voler capire una qualche legge che non conosce.

- Non ti voglio dimenticare, anche perché sei stato il periodo migliore della mia vita. Io non ho deciso di andarmene per dimenticare ma ricominciare. –

- Inizia qui e fallo con me. Ricominciamo insieme. Lo sai che ti amo. –

- Lo so. –

Tony azzera la distanza rimasta tra noi e la sua fronte si appoggia delicatamente sulla mia: sento il suo profumo, quel tocco così agognato che come una scossa mi fa accelerare il cuore, vedo i suoi occhi quegli occhi così profondi in grado di farmi dimenticare di tutto e tutti, tranne che di lui.

La mia testa si muove lievemente verso la sua, gli occhi fissi negli occhi e poi quel contatto così profondo che ha fatto iniziare tutto questo vortice. Le mie labbra toccano le sue, avide di risentirlo. Gli passo una mano tra i capelli e una sulla spalla, le sue serrano i miei fianchi con vigore.

Dio solo sa quanto mi è mancato.

 

 

Eccoci al termine di un altro capitolo che non riusciva a venire fuori! Fa schifetto lo so… e mi dispiace perché volevo l’effetto boom per il loro riavvicinamento. Spero di non essere stata così pessima J

Mando un bacio enorme a tutti quelli che sono i miei fidi seguaci (anche se non credo di meritarmi sempre tutti i vostri complimenti) e vi aspetto al prossimo capitolo che forse sarà l’ultimo di questa storia che mi ha preso in una maniera sconvolgente.

Un bacio grande.

BiEsSe

  
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