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Autore: m00nlight    21/02/2011    29 recensioni
Una melodia sconosciuta.
Le mie dita scorrono veloci sui tasti del pianoforte. Si susseguono note alte e veloci.
E’ un tempo allegro. La melodia è triste. Il ritmo è sostenuto.
Regolo il tempo al mio battito, che oggi sembra inarrestabile.
Nessuno spartito da seguire.
Questo pezzo è mio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia prima Fanfiction in questa sezione, pertanto siate clementi. Seguo questo sito da anni, ma solo da poco ho trovato il coraggio di pubblicare i miei lavori.
Ho visto per la prima volta questo anime quando ero una bambina. Immediatamente non compresi la grandezza di quest’opera, perché, a mio avviso, è una storia estremamente adulta. Credo che la storia di Oscar e Andrè sia una delle più romantiche e tristi di sempre e che il personaggio di Andrè sia, anche da solo, un inno all’amore.
La mia storia si colloca dopo l’assalto alla carrozza in cui viaggiavano Oscar e Andrè, a Parigi. La nostra eroina per la prima volta si ritrova davanti all’evidenza dei suoi sentimenti per Andrè. Mi sono presa la licenza poetica di cambiare i fatti e di decidere per un corso diverso degli eventi. 
Spero vi piaccia. Buona lettura.

     - m00nlight -    


Una melodia sconosciuta.
Le mie dita scorrono veloci sui tasti del pianoforte.
Si susseguono note alte e veloci.
E’ un tempo allegro.
La melodia è triste.
Il ritmo è sostenuto.
Regolo il tempo al mio battito, che oggi sembra inarrestabile.
Nessuno spartito da seguire. Questo pezzo è mio.
E’ frutto del mio tormento. E’ figlio delle mie tribolazioni.
La musica stanotte è l’unica via per esorcizzare le mie pene.
Ho lasciato aperte le finestre dei miei appartamenti. La luce della luna basterà a illuminare questo posto. La voce del vento, che soffia fra i rami degli alberi della tenuta, accompagna la mia composizione. Crea scompiglio tra i miei fogli, gonfia le tende, muove i miei capelli.
Bianco e nero si alternano sotto le mie mani.
Più veloce.
Bianco.
Come la luce della luna. Come la mia pelle, in questo sinistro gioco di luci.
Comandante Oscar Françoise de Jarjayes. Nobile per nascita.
Nero.
Come la notte, seducente e misteriosa. Come i suoi capelli corvini.
Andrè Grandier. Nobile di cuore.
Passo il tempo a riflettere. Mi perdo in un flusso di coscienza senza senso.
Come si può pensare che il bianco e il nero siano compatibili?
Il sole e la luna riusciranno mai a coesistere nello stesso cielo?
Ci sarà sempre un mare a dividerli.
Chi nasce nobile non può permettersi di volgere lo sguardo in basso, al popolo. Lo dice l’etichetta. Lo diceva Sua Maestà, Luigi XV.
Siamo individui superiori, distinti dal rozzo volgo. Nelle nostre vene scorre il sangue puro delle famiglie più potenti di Francia e portiamo nomi pesanti e rispettabili.
Nobiltà e miseria, ci sarà sempre un mare a dividerli.
Credo che per quanto la condizione di nobile possa rappresentare un vantaggio, la libertà, quella vera, è solo un privilegio di pochi.
Ai nobili è negato il diritto di amare.  Matrimoni combinati. Ecco la piaga del mio secolo.
Se tutti gli uomini potessero scegliere chi amare, forse ci sarebbe meno odio in questo mondo. Se il bianco e il nero, se la notte e il giorno riuscissero a incontrarsi, la notte sarebbe meno buia e il giorno meno abbagliante.
Quanta filosofia spicciola a riempire questa notte. Pensieri tristi.
Tutta colpa di questa melodia.
Rallentano le mie dita sui tasti.  Nell’aria una musica più dolce, lenta.
Qualcuno bussa alla porta.
-Avanti- senza distogliere lo sguardo dal pianoforte.
Le mie mani sfiorano delicate lo strumento. Non ho bisogno di voltarmi per sapere chi sta avanzando oltre la soglia dell’ingresso ai miei appartamenti. Continuo a suonare questo motivo che ora diventa insostenibilmente commovente. C’e tenerezza, dolcezza, dolore, tormento. C’è una sensualità disarmante in queste note.
Suono per lui, che ora è lì alle mie spalle. Siede su una delle poltroncine ai piedi del mio letto. Non mi vede, ma mi ascolta.
Ho sempre suonato per lui, che io ne abbia memoria. Quando suono, metto a nudo la mia anima. Lascio che la musica parli al posto mio. Anche questa melodia contiene la forza di mille parole, tutte quelle che non riesco a dire, quelle che non voglio dire.
Suono l’amore e forse non me ne rendo conto.
Suono per lui.
Suono l’amore per lui e forse non me ne rendo conto.
Amo lui e non me ne rendo conto.
In quella stradina di Parigi, l’ho sentito dire alla mia voce: “Lasciatemi andare! Il mio Andrè è in pericolo!”
Il MIO Andrè. Che modo curioso di esprimere l’appartenenza.
E’ acqua gelida sulla pelle. E’ ghiaccio nelle vene. La violenta presa di coscienza che la sua vita è la cosa più importante che ho. Non la proprietà sullo schiavo, ma la tenera cognizione del fatto di essere legata a quella vita irrimediabilmente. Uomo e donna. Il mio uomo.
Sorgi cuore di donna, da tanti anni assopito. Sorgi e ama.
E il mio cuore di donna non tarda a svegliarsi e si nasconde lì, nelle lacrime che ora si raccolgono negli angoli dei miei occhi.
In queste tenebre Andrè non può vedermi, ma può sentirmi.
-Oscar- la sua voce, la più bella fra le melodie -… perché piangi?-
Dannazione, Andrè. Sono un libro troppo facile da leggere per te, anche al buio. Non ho nessuna voglia di lasciarti decifrare i miei pensieri, stanotte. Mi accorgo che si tratta di una battaglia persa sul nascere.
-Ho temuto di perderti per sempre- e mi sembra come se sia stato qualcun alto a pronunciare quelle parole così dirette.
-Oscar …- ancora il mio nome sulle sue labbra -Oscar sono qui. Come sempre–
E’ un attimo e sono in piedi. I miei pugni violenti a colpire i tasti del piano.
Si aggrovigliano mille note stonate nel mio impeto. Poi silenzio.
-Se solo ti avessero fatto del male io …- stringo forte le mani come a voler trattenere la rabbia che divampa nella mia mente a quel pensiero.
-Tu cosa, Oscar?-
-Io avrei cercato vendetta, Andrè– Trasparente, come sempre con te.
-Non avrebbero esitato a spingerti sulla forca, Oscar. Sarebbe stato un gesto inutile e insensato– Insensato? Non avrei avuto più nulla da perdere. Non ho il coraggio di dirglielo.
-Non avrebbero dovuto prendere anche te. Dannazione! Indossavi la divisa dei soldati della Guardia. Tu non sei un nobile– e mi rendo conto di quanto possano ferire le parole che ho appena pronunciato.
-Lo so, Oscar- amarezza, tanta amarezza e delusione –La furia del popolo è ormai incontenibile. Che differenza vuoi che faccia se chi viaggia a bordo di una carrozza con uno stemma nobiliare sia nobile o meno?-.
La sua voce si macchia di rabbia. La rabbia di chi condivide le stesse idee di quella gente. La rabbia di un ideale.
Si alza dalla poltrona e mi volta le spalle. Il suo comportamento lascia intendere che si tratta di discorsi che una come me non potrà mai comprendere. E’ un idealista.
-Ero venuto qui perché Nanny mi ha chiesto di portarti il tuo the e per comunicarti che tuo padre questa notte si tratterrà a Versailles per ordine del generale Lafayette–
Ed ecco l’umile servo Andrè Grandier.
Credo che Andrè rappresenti una dei significati più controversi del concetto di servo.
Umile di nascita, ma cortese nei modi.
Se la nobiltà in questo tempo fosse ancora un valore morale, potrei affermare, certamente, che Andrè Grandier è il più nobile fra i miei conoscenti. Come se non bastasse, i suoi tratti gentili sottolineano l’appartenenza a una classe superiore. Andrè non è nato nobile, ma lo è sempre stato più di tanti altri.
-Posso fare altro per te, Oscar?- la domanda di rito prima di congedarsi da me.
-Mi dispiace- so che quello che ho detto l’ha ferito.
-Ti dispiace per cosa? Per avermi dato del servo? Conosco il mio ruolo, Oscar. Ora, con il tuo permesso, mi ritiro nella mia stanza-.
Si dirige verso la porta.
-Andrè, io …- annaspo nei miei pensieri e mi perdo in concetti troppo difficili da esprimere.
Avanzo nel buio. Sono più vicina. Ancora un passo. Assecondo questa mio desiderio di sentirlo qui. Devo avere la certezza che lui sia qui e non si tratti semplicemente del frutto della mia immaginazione. Allungo la mano alla ricerca di una prova tangibile della sua esistenza e trovo la sua camicia. Stringo con forza quel lembo di tessuto e lascio che la mia fronte si poggi alla sua schiena.
Maledizione, non può andare via adesso.
Sento i suoi muscoli tendersi sotto la stoffa. Percepisco con chiarezza la sgomento nel suo corpo.
Non una parola dalle sue labbra.
Prosegue in direzione della porta, ma questa volta la mia mossa non lascia dubbi. Cingo il suo corpo con le mie braccia e abbandono la testa sulla sua spalla. E’ un gesto che non mi appartiene, ma non posso fare a meno di cedere all’istinto.
-Non andare- il tono non è quello giusto. La mia voce risuona imperiosa nel silenzio.
-E’ un ordine questo, Oscar?- sembra quasi sardonico.
-Non andare- ed è una preghiera la mia.
Afferra i miei polsi e con grande facilità si libera dalla mia morsa.
-Buonanotte, Oscar- nessuna emozione nelle sue parole.
La mia battaglia non è ancora giunta al termine, Andrè.
Non stasera. Non ora che il mio cuore di donna ha ripreso a battere. Questa notte il cielo mi ha donato un’opportunità ed io non ho intenzione di lasciarmela scappare.
Imprigiono la tua mano poggiata sulla maniglia nella mia.
Il buio gioca a mio favore, perché so che non riesci a vedere e che i tuoi movimenti sono dettati dalla memoria e dall’abitudine.
Avverto quel fremito che ti scuote al mio contatto.
Che cos’è, Andrè? Desiderio?
-Andrè …- un sussurro.
Sono forte in quest’oscurità. Sono più forte di te, Andrè. Posso nasconderti il mio volto e tu non puoi leggermi l’anima in questo momento, come hai sempre fatto.
-Ti prego, Oscar, lasciami andare– mi supplica in preda al nervosismo.
E’ la mia vicinanza la causa di tanta agitazione?
-Non prima che io abbia avuto la certezza di non averti ferito–
Esplode in una risata fragorosa, che mi spiazza.
-Questo non è un problema tuo, Oscar. Sono un servo. Ricordi? Che differenza fa?–
Ti prendi gioco di me, ora? Giochi con i miei sensi di colpa?
Colpita e affondata, Andrè.
Qual è la pena per espiare il mio peccato?
-Perdonami, Andrè-
-Sai, Oscar. E’ pungente l’ironia delle tue parole– scorgo l’ombra di un sorriso amaro sul suo volto –Vuoi che ti dimostri che non sono ferito? E dimmi, Oscar, ti accontenti di poche parole o pretendi una dichiarazione su carta?–
Veleno. Quanto veleno sulle sue labbra.
-Cosa stai dicendo, Andrè? Smettila. Parlo sul serio. Sei l’unico amico che ho. Concedimi di preoccuparmi del fatto che possa averti ferito-.
Un altro fremito. Come se un colpo di pistola l’avesse freddato qui, davanti ai miei occhi, senza che io me ne sia accorta.
-No, Oscar, Non mi hai ferito– ti sforzi di rendere credibile questa enorme menzogna. Sappiamo entrambi che lo è.
-Dannazione, Andrè. Sei un pessimo attore- rido di quella verità.
La mia mano si sposta sul suo volto. Al tatto passo in rassegna tutte le escoriazioni che si è procurato stanotte. Scivolo giù fino al mento, dove esamino i punti di sutura. Sono segni di una battaglia che avrebbe dovuto combattere sul fronte opposto, non al mio fianco. Invece, il popolo ha creduto fosse un nobile.
Un timido raggio di luna a illuminare il suo profilo.
E’ fermo davanti a me, il mio cavaliere dall’armatura scintillante.
Questo gentiluomo ha un cuore limpido come i suoi occhi.
Sai Andrè, sono arrivata a pensare che Dio ti abbia negato la vista, perché questa bruttezza intorno non contaminasse la tua anima e perché i tuoi occhi conservassero la loro purezza. Non è una maledizione, Andrè.
Stringe le dita attorno al mio polso e blocca i miei movimenti.
-Cosa vedi, Oscar?-
Non ho una risposta a questa domanda senza senso.
-Di fronte a te, Oscar … cosa vedi?- non ha nulla di banale questa domanda.
-Andrè … vedo Andrè di fronte a me-
Un dato di fatto. Una razionale constatazione, la mia.
-Sei cieca, Oscar- sentenzia Andrè –I tuoi occhi non vedono. Sono in condizioni peggiori dei miei-
Suona come la diagnosi di un medico.
-Cosa?- mi limito a domandare.
-Se riuscissi realmente a vedere, vedresti di fronte a te un uomo straziato dal dolore- è la voce della disperazione a parlare, del dolore che da anni porta dentro.
Mi sento come una bambina che non è stata capace di rispondere a una domanda ovvia.
-Vuoi sapere se mi hai ferito? Hai affondato talmente tante volte la tua spada nel mio petto, che credo di non riuscire più a sentire il mio cuore. E questo… - stringe più forte attorno al mio polso, allontanando la mia mano, ancora sul suo volto. - …questo brucia più di olio bollente sulla pelle. Questo mi lacera la carne provocandomi lo stesso dolore di una pallottola– continua, senza riprendere fiato –Per me sei più pericolosa di un capanello di soldati nemici al fronte. Sei l’unico nemico che non riesco a fronteggiare in questa battaglia contro i miei sentimenti-.
Gentilmente libera il mio polso e arretra di un passo.
Poi continua –Se i tuoi occhi non fossero ciechi vedresti di fronte a te un uomo innamorato di te-.
Le sue parole mi colpiscono in volto con una violenza tale da farmi perdere l’equilibrio e sbattere contro la porta alle mie spalle. Le gambe cedono e piano scivolo sul pavimento. La dolce brutalità di quest’ultima frase ha dissolto le mie ossa e ora cerco sostegno sul pavimento.
Sono passati anni dalla famosa notte in cui Andrè mi aprì il suo cuore. Da allora non ho mai creduto possibile che continuasse a nutrire immutati gli stessi sentimenti per me. Credevo che pian piano avesse smesso di amarmi e si fosse creato una vita sua. Immaginavo che la sera, quando dopo cena si precipitava in città, si recasse da una donna.
Ho pregato per la sua felicità, perché ritrovasse la serenità di un tempo.
Ho pregato perché Dio gli facesse incontrare un’anima affine, buona e gentile. Ho sempre pensato che Andrè meritasse il meglio da questa vita.
Invece, lui non ha mai dimenticato.
Lui che ora mi guarda da lassù.
Mi ha continuato ad amare in silenzio, come fanno gli angeli. Ho sempre creduto che lo fosse.
La Guarda Nazionale era solo una scusa per continuare a vegliare su di me.
Apro di nuovo gli occhi ora, dopo un sonno durato mille anni. E ci vedo. Ora ci vedo. In questo buio tutto è più chiaro.
E sento. Sento il mio cuore battere.
Istinto.
Sono preda dell’istinto.
Mi rimetto in piedi e chiedo al cielo di sorreggere le mie gambe, quando poggio la mano sul suo petto, all’altezza del cuore.
Lo sento, impazzito sotto la stoffa. E’ fuori controllo.
Poggio l’orecchio e mi accorgo che quel suono è così simile alla musica che eseguivo al mio pianoforte.
E’ un tempo allegro. Ma la melodia è triste.
Mi perdo, cullata dal suono del suo battito.
Mi incanta la perfezione di quell’andatura.
-Io … credo di averti sempre amato, Andrè- scivola dalle mie labbra con una naturalezza che mi spaventa.
Le sue braccia mi stringono a lui.
Non è un amico che dona conforto, è un amante che non riesce a staccarsi dalla sua ragione di vita. Mi sento piccola tra le braccia di un uomo che riesce ad amare così intensamente.
-Questo l’ho sempre saputo, Oscar- nessuna esitazione nella sua voce.
Lo so, Andrè. Hai pazientato fino al giorno in cui mi sono risvegliata da quest’oblio durato cento anni. Finalmente quel giorno è arrivato.
La mia mano raggiunge le tue labbra e audace le accarezza. Ne baci il palmo quasi con devozione religiosa.
Chiudo gli occhi e potrei essere ovunque con Andrè.
Quando la sua bocca si posa sulla mia, perdo definitivamente il contatto con la realtà. E ci siamo solo noi.
Quel contatto così discreto e dolce.
Fa le mie labbra prigioniere e se ne disseta lentamente.
E’ un bacio che toglie il respiro e annulla la mente, ed è così saturo di sentimenti da confondermi. E’ come se anni di tormenti e passione defluissero nel mio corpo attraverso le sue labbra.
Il calore che irradia nel mio corpo mi disarma.
Sento che nulla può farmi del male qui tra le sue braccia.
Istintivamente infilo le mie dita fra i suoi capelli e lo stringo più forte a me. Mi lascio trasportare da queste emozioni travolgenti e non rispondo più di me. Bruciano le sue mani sul mio viso.
Ora comprendo il significato delle sue parole. Ha tanta voglia di staccarsi da me, quanta ne ho io di allontanarmi da lui.
Mi solleva da terra ed io incateno le mie gambe al suo bacino. Con un movimento veloce, mi ritrovo sul mio letto nella gabbia delle sue braccia.
Con la frenesia degli amanti, libera le mie labbra e scende giù verso il collo, lasciando scie umide di baci. Mi libera della camicia e si ferma a contemplare il mio corpo alla luce della luna.
Vorrei che un miracolo gli permettesse di vedere.
Ora. In questo istante.
Vorrei che riuscisse a vedere la scompiglio che provoca in me, ogni volta che mi sfiora.
Con la stessa devozione di un pellegrino, bacia la terra sacra del mio corpo. Baci sempre più audaci, sempre più proibiti.
Il desiderio s’impossessa di me.
Ardo di passione per quest’angelo tentatore che viaggia lungo la mia pelle e mi conduce alla follia.
E’ questo l’amore, Andrè?
Si può perdere la ragione per il troppo amore, Andrè?
Perché io credo di aver appena perso le mie facoltà mentali, ora mentre osservo la bellezza del tuo corpo , tinto di argento.
Brilli. Ho l’impressione di giacere sul mio letto con una creatura del cielo stanotte, Andrè.
Sorrido perché sei mio. Neanche la luna ti avrà stanotte.
Sei il MIO Andrè.
Si avvicina al mio orecchio e lentamente mi sussurra- E’ tempo di amare, Oscar-.
E ho la certezza assoluta di essere sua.
Sprofondo in un turbine di emozioni fortissime. Affondo le unghie nella sua schiena e lo attiro a me, come se fosse possibile ancora diminuire la distanza fra i nostri corpi.
Avverto l’urgenza di completarmi. Ho fretta di amare.
Lui, invece, si muove in un mondo senza tempo. Riesce a controllare l’impazienza e capisco si tratta della calma di chi vuole assaporare completamente ogni sfumatura.
Piango lacrime di felicità quando i nostri corpi si fondono in uno solo.
E si mischiano le ossa, e si mischiano le anime.
E’ il momento della rivelazione.
Il mio corpo di donna. Perché nient’altro riuscirebbe a completare il corpo del mio uomo.
Insieme siamo un essere perfetto.
C’è armonia in questa danza antica come il mondo.
Il ritmo è quello dei nostri cuori impazziti.
La melodia è quella dei nostri respiri accelerati e affannati.
Nessuno spartito da seguire. Quest’opera è nostra.
E’ figlia della nostra passione. E’ frutto del nostro amore.
 
  
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