Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Eve Ell    23/02/2011    1 recensioni
Giorgia. 17 anni. Quarto liceo, immerso in una piccola città. I capelli rosso fuoco, la matita nera, gli skinny stretti nerissimi e la maglietta della sua band preferita. Lei e i suoi amici, gli "alternativi", nel loro mondo speciale, dove lei si può rifugiare sempre, fra una canzone malinconia, una risata aspettando l'auto e un amore che sembra impossibile, ma che magari può invece avverarsi. Questa storia, lontana dal narrare di ragazzi definibili "adolescenti comuni", immersa in un organizzazione sociale con norme e valori "particolari" per chi guarda da fuori, ma normalissimi per chi c'è dentro, vi parlerà della quotidianità adolescenziale, dei pensieri di un anima sensibile, e di una vita che sempre più spesso e con maggiore facilità sfiora la tragedia.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 2: My Apocalypse

 

La seconda ora, il vociare delle mie compagne, la lezione, tutto perse la propria importanza subito dopo l'arrivederci dei rappresentanti d'istituto. Era tutto molto strano. Nella mia testa, lentamente, cominciano ad ammassarsi parecchi sentimenti ed emozioni: è una vita che non lo vedo, ma la mia idea era di doverlo dimenticare. Dolore, rabbia, ansie, preoccupazione.

Emy continuava a fissarmi, mi lanciava delle occhiatine per vedere le mie reazioni, stava cercando di captare che cosa avrei detto o fatto.

Alla fine la vidi smanettare con il suo Nokia, certamente stava dicendo a Shawn di venire appena ne aveva la possibilità, magari con la scusa del bagno o della lista delle merende giù la bar della scuola.

Guardai l'orologio: mancavano ancora ben venti minuti alla fine della lezione di Storia e io mi sentivo soffocare.

Chiesi alla prof di andare in bagno. Dapprima mi guardò stranita, e poi vista la mia faccia sconvolta disse qualcosa circa il fatto che ero più bianca del solito e che se mi sentivo poco bene era il caso che andassi a prendere un po' d'aria. Uscì velocemente dall'aula, cercando di fare meno rumore possibile.

Il corridoio era vuoto e silenzioso, a parte per il vociare proveniente dalle classi. Avrei voluto vomitare, tirarmi fuori anche la bile se fosse stato possibile; il senso di nausea mi inondava e la testa sembrava un martello pneumatico... Entrai in bagno, l'aria delle finestre spalancate mi arrivò dritta in faccia, quasi a volermi schiaffeggiare. Chiusi le finestre, tanto nessuno doveva fumare, perciò non serviva il ricambio d’aria. I bagni erano vuoti.

Mi sedetti a terra, mi abbracciai le ginocchia e iniziai a respirare lentamente. Volevo a tutti i costi distrarmi, e così mi misi a leggere le scritte delle porte dei bagni, sia quelle nuove che quelle che per me c'èrano da sempre: "Mirco sei bellissimo by Angy", "Luca ti amo", "Viva Ligabue!", "A.T. sei bellissimo", "Ale e Sere per sempre", "W il 3F", e poi quella più bella, la mia preferita da sempre, tutta dorata e corsiva "All you need is love". Mi sono sempre chiesta quelle porte quante ne avessero viste di ragazze come me chiuse in bagno a riflettere su chissà quale compito andato male, chissà quale litigio con la compagna di banco e chissà quale amore non corrisposto.

Già, tutti ciò di cui avevo bisogno in quel momento era proprio non pensare all’amore.

"Sta succedendo tutto troppo in fretta, non ho avuto per niente modo di prepararmi all'eventualità di poterlo rivedere, ma addirittura di riaverlo qui a scuola fino a giugno...no, è impossibile, se è un sogno, svegliatemi!" pensai.

Mi alzai, guardai il mio riflesso nel vetro della porta finestra del bagno. Fissai un po' il mio volto opaco, un po' stanco forse. Poi iniziai a studiarmi dalla testa ai piedi per capire in che stato ero: le mie CIRCA slip on coi disegni neri di dadi, coltelli, teschi e pistole erano li ai miei piedi, e si vedevano un po' i calzini rossi. I jeans skinny grigi che adoravo erano lì, la maglietta dei Bring Me The Horizon pure era apposto, il giacchetta grigio a fantasie dalmata era un po' sgualcito, ma era ok, e infine i miei capelli, quasi la mia religione, rossi fuoco tinti e ritinti della RockandRoll Red della Manic Panic erano abbastanza lisci, e anche se la frangetta era un po' in disordine, perlomeno ero abbastanza decente.

Niente eyeliner o rimmel colati. Solo un espressione sperduta e impaurita, il viso bianco e teso, e le labbra rosse e le guance un po' arrossate completavano il quadro della mia faccia.

Respirai. Volevo a tutti i costi ridarmi un tono, con quell'espressione sembravo una pazza, e se qualcuno fosse entrato in bagno in quel momento probabilmente sarebbe fuggito.

Guardai per un po' il mio braccio sinistro, deglutì, e mi obbligò a tirare su la manica della felpa. Guardai le cicatrici ancora vivide sulle braccia: una croce un po' più su del polso, marroncina sulla mia pelle candida, e un po' più sotto del gomito un cuore con dentro una D.

Non resistetti, mi morsi le labbra da sola, cercando di bloccare il flusso di ricordi. Quel cuore l'avevo fatto una volta, in secondo se non sbaglio, quando mentre ero sulle scale con Emy sentì scendere un mucchio di gente e riconoscendo subito la voce di Davide mi misi in ascolto e ricordo ancora esattamente le sue parole: "Probabilmente mi bocceranno quest'anno, anzi strano che ancora non l'hanno fatto, e mi ritroverò in chissà che classe. Sempre se l'anno prossimo sarò ancora vivo, chi lo sa...", e quest'ultima frase la disse mentre mi passava accanto.

Ricordo che avevo paura che lui si volesse fare del male, e se gli fosse successo qualcosa che avrei fatto io... e quella sera, senza un perché, comparve quel cuore, a ricordo delle sue parole. Dopotutto quando si è adolescenti, innamorati e codardi, si fanno cose terribili a se stessi.

Ma comunque vinsi il folle morbo dell'autolesionismo, circa nove mesi fa, questo grazie ai miei amici, alla musica e soprattutto alla forza di volontà che ci ho messo, decidendo di crescere e di andare avanti senza più fare del male a me stessa. In quel momento però mi sembrò di essere tornata quella di prima, quando la mia pelle era la lavagna della mia vita, dove i dolori e le paure prendevano vita grazie ad un paio di forbicine.

La porta del bagno si aprì: Emy entrò silenziosamente, e mi venne incontro.

Mi abbracciò, "Hey, andrà tutto bene Giò" dice. Iniziai a singhiozzare, le prime lacrime lasciarono il posto al pianto dirotto tra le braccia di Emy, che mi strinse.

Mi sentivo stupida, ma che ci potevo fare? Lei non disse nulla, mi lasciò piangere e sfogarmi, aspettando che mi calmassi. Alla fine suonò l'ora, così Emy mi risistemò il trucco alla meglio, e tornammo svelte in classe.

Nemmeno un minuto dopo entrò Shawn, col fiatone. Si avvicinò a noi due e presa una sedia, si sedette affianco a noi. "Em, come sta Giò?" disse, come se io non lo potessi sentire. "Come la vedi adesso Stè..." gli rispose.

"Ehi Giò, piccola, ehi... su, guardami!" disse. Lo guardai fisso, o più che altro guardai il frangettone che gli ricopriva il viso. "Tranquilla Giò, a ricreazione mentre usciamo ti informerò di tutto quella che riesco a scoprire... ora ho lezione quindi devo andare, ma tu non piangere eh!" disse. Si alzò, mi diede un bacio in testa, fece una carezza a Emy e uscì. Entrò invece la prof di biologia, che fissò Shawn per un po' finché lui non sparì uscendo, poi poggiò le sue cose sulla cattedra e salutò tutti. Era allegra, anche se eravamo appena tornati dalle vacanze. Aggiornò velocemente il suo registro, e ci chiese come erano andate le vacanze, dove eravamo stati, che regali avevamo ricevuto e altre curiosità. Lei è una di quelle prof che si interessa agli alunni, e non si mette a fare lezione il primo giorno di scuola, ed è veramente una brava insegnate.

Sentì vibrare da sotto al banco: Emy aveva ricevuto un messaggio. La vidi leggere di soppiatto, poi mi passò il suo Nokia e lessi anche io: "Il 5C è al terzo piano a destra, nell'ex stanza di musica. Pare che (da ciò che sanno qui in classe) D. è stato promosso l'anno scorso quindi ci dovrebbe essere anche lui. Non so altro, ma se scopro altro vi mando un mex. Ciao <3", così le ripassai il cellulare.

"Bene, è un piano sopra di noi" pensai. "Vado a vedere se è presente" disse Emy.

Non feci in tempo a realizzare le sue parole che già la prof. le aveva dato il permesso di andare in bagno. Adesso sarebbe andata in classe loro a controllare, con qualche scusa, come facevamo insieme due anni prima.

Mi risalì di nuovo la sensazione di vomito, così respirai profondamente. Meno di cinque minuti dopo Em rientrò in aula. La guardai agitata, non potevo fare a meno di fremere, perché volevo sapere a tutti i costi che cosa aveva visto.

Si sedette e subito iniziò "Pare che Shawn abbia ragione...è in 5D" fece una pausa, scrutandomi un po', poi riprese "Giò, senti, quando l'ho visto l'ho riconosciuto appena...magari adesso che lo vedi non ti fa più alcun effetto, oppure..." ma io ribattei subito "Che significa che l'hai riconosciuto appena?" domandai. "Diciamo che era diverso dal Davide di sempre...comunque magari se lo vedi ora non te ne frega più nulla..." disse, seria.

Mi venne da ridere. Un riso amaro, uno di quello che spuntano fuori dalla bocca delle persone, e si stampano sulla faccia, ma sono cinici, e ti lasciano un brutto sapore sulle labbra. Sapevo che quello che Em diceva non aveva senso. "Sappiamo entrambe che non è così... io ci provo a dimenticare, ma in fondo lo so che non ne ho la forza. O semplicemente non posso...", lei ribatté "oppure non vuoi!" disse, alterata. Sospirai "Semplicemente Em, non c'è nient'altro che io voglia più di lui, e non servirebbe a nulla tentare di dimenticare una cosa che non può essere lavata via. Non voglio prendere in giro ne te, ne Kiki, o Clair... lo amo ancora, lo so che è così, e c'è poco da fare..." sospirai ancora.

Emy ritornò a guardarmi teneramente. Anche lei lo sapeva che c'era poco da fare. Forse, anche lei come me sentiva in qualche modo che io e lui eravamo fatti per stare insieme.

Alla fine mi disse "Già, l'amore è così. Però questo potrebbe essere un segno! Magari è una seconda possibilità", questa frase scese giù, dentro di me, e sentì quasi il calore che c'èra nell'idea di una seconda chance. Ma sarebbe stato solo altro male, solo altro dolore, non riuscivo a vederla diversamente. "Forse è inutile sperare" mi dissi.

Guardai l'ora al cellulare: le 10,58. Mancavano un po' più di 20 minuti alla campanella della ricreazione. Sarei potuta rimanere in classe per non vederlo, sarei potuta andare al primo piano e stare lì durante la ricreazione, ma dovevo affrontare la verità, non nascondermi. Mica potevo fuggire tutto l'anno, all'entrata all'uscita, alla ricreazione, sulle scale e per i corridoi.

Altri 5 mesi a fuggire? No non potevo!

guardai la mia immagine riflessa nello schermo del telefono: bianca pallida e con un espressione truce.

Emy mi abbracciò, senza farsi vedere dalla prof. Sentì l'odore del suo profumo alla vaniglia, lo adoravo. La strinsi forte anche io.

Dovevo essere forte, perché era ora di svegliarsi.

Quegli ultimi 20 minuti li passarono a guardare le pagine del mio diario personale (un quadernino pieno di foto, disegni, parole su parole circa le lunghe giornate di questa 4a liceo, e qualche abbozzo poetico qua e là): quante volte anche gli altri diari erano stati riempiti di piccole e colorate D. e di cuoricini, di scritte come "Batfire" (un soprannome che gli diede Emy in 3° per via dei suoi tatuaggi raffiguranti ali di pipistrello, fiamme e altre cose inquietanti tipo teschi e stelle tribali) oppure frasi di canzoni dedicate a lui.

Quando però iniziai il quarto, decisi di non accennare più a lui. La sua classe era in succursale, lontanissima dalla centrale dove eravamo noi, le rare assemblee d'istituto lui le ha sempre saltate, e quindi in fine dei conti non lo avrei più visto, o almeno era quello che pensavo fino a quella mattina. Occhio non vede, cuore non duole, insomma...ma il destino mi riservò quella sorpresa post vacanze come un fulmine a ciel sereno.

Sentì la campanella, i miei pensieri andarono in pezzi come cocci: la ricreazione era iniziata. Em si infilò la felpa nera, la sciarpa e i guanti, e ci dirigemmo da Shawn. Lui ci aspettava davanti alla porta della sua classe. "Su con la vita!" mi disse, e sorrise. Dopotutto ero tranquilla, perché loro erano con me. Imboccammo le scale a chiocciola, fra i branchi di ragazzini del primo, che scendevano chiassosamente, incontrando raramente qualche prof che ci salutava. Le scale finirono e ci trovammo al piano terra, ci dirigemmo al portone per uscire sul cortile e arrivammo fuori.

Sentì un brivido gelato, dopotutto era solo il 10 gennaio. Il cuore martellava, martellava forte. Sentivo ridere mentre imboccavamo lentamente la discesa che porta tutt'ora al parco della scuola e all'entrata del bar. L'anno scorso di solito lui e il resto dei ragazzi dell’ex 4C si sedevano sempre alla fine della discesa, sui muretti. Deglutì, stavo per rivederlo. Non lo vedevo da giugno, quasi 8 mesi prima, l'ultimo giorno di scuola, saputa la notizia della succursale avevo totalmente perso le speranze, dicendo a me stessa che ormai il tempo a mia disposizione era finito, tragicamente non ci potevo fare proprio nulla. Girammo l'angolo, tirava un po' vento, ma dopotutto per essere gennaio non faceva nemmeno freddissimo. O forse ero semplicemente io che ero talmente agitata da essere diventata insensibile pure al freddo. Guardai i muretti grigi, verso la fine della discesa: un gruppo di 4-5 ragazzi se ne stava seduto lì a chiacchierare. Mi sfiorarono prima delle voci. Risate. Commenti. Osservai le nuvolette di vapore che si condensavano fuori dalla mia bocca.

Qualcuno fumava. Vedevo il rosso della punta di una sigaretta brillare in lontananza, e per un attimo mi sembrò di tornare ai tempi in cui anche io fumavo. Tentati di mettere a fuoco i loro visi, per capire se erano davvero quelli del 5C. Poi guardai bene, e rimasi letteralmente col fiato sospeso, attanagliata dal freddo: un ragazzo magro, magrissimo, un po' infagottato e coll'espressione un po' persa nel vuoto se ne stava dove il muretto faceva angolo col muro, quasi a volersi rifugiare, seduto e in silenzio. Era lui che fumava. Alzò gli occhi proprio verso di noi, e in un attimo mi sentì di affondarci dentro quegli occhi neri. Di cadere in un buco nero di ricordi. Un buco nero pece, giù, sempre più in basso, senza un appiglio, senza respiro. Si, era lui. Ne ero certa, quelle pozze scure, atone erano gli occhi di Davide.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Eve Ell