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Autore: Eve Ell    15/02/2011    1 recensioni
Giorgia. 17 anni. Quarto liceo, immerso in una piccola città. I capelli rosso fuoco, la matita nera, gli skinny stretti nerissimi e la maglietta della sua band preferita. Lei e i suoi amici, gli "alternativi", nel loro mondo speciale, dove lei si può rifugiare sempre, fra una canzone malinconia, una risata aspettando l'auto e un amore che sembra impossibile, ma che magari può invece avverarsi. Questa storia, lontana dal narrare di ragazzi definibili "adolescenti comuni", immersa in un organizzazione sociale con norme e valori "particolari" per chi guarda da fuori, ma normalissimi per chi c'è dentro, vi parlerà della quotidianità adolescenziale, dei pensieri di un anima sensibile, e di una vita che sempre più spesso e con maggiore facilità sfiora la tragedia.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 1: City Lights

 

Erano le 7.25 di mattina, ed era già una ventina di minuti che ero su quell’auto, fuori intanto si era fatto giorno, ed era iniziata un’altra giornata. “Già, la solita giornata, un giorno che sarà il riciclo di quello di ieri, dell’altro ieri, e di quello prima,  il riciclo di tutte le giornate da quando ho iniziato la 4° liceo, circa 4 mesi fa” pensai. Il posto affianco a me era vuoto, l'auto era passato tardi, perciò di certo la gente aveva preso i precedenti

Comunque Mi faceva compagnia lo zaino, più pieno di manga, pagine di diario e disegni che altro. Ok in fin dei conti non mi è mai dispiaciuto starmene sola, quel giorno poi c’era con me il cantante dei Three Days Grace che mi cantava ‘Life Starts Now’, ma non importava dato che ero quasi arrivata a scuola.

Mi risvegliai dal torpore dei miei pensieri quando una ragazza mi domandò “occupato?” indicando il posto affianco al mio. “No” le dissi piano, più che una parola sembrò un sussurro, spostai lo zaino sulle mie gambe aspettando che si fosse seduta, e poi tornai nei miei pensieri. Dopotutto, mi venne da pensare, quando hai 17 anni e mezzo, logico che ogni giorno è uguale all’altro: la scuola, i gatti, la famiglia, i professori, gli amici, la musica … che altro potrebbe caratterizzare la vita di un adolescente se non questo?

Morale: c’è poco da fare, le alternative sono poche alla mia età, ma meglio la scuola che andare a lavorare o peggio.

Dopotutto non è che io odi la scuola, il susseguirsi identico delle giornate, quest’auto, oppure l’organizzazione di questo mondo, è solo che io sono così, a me non sta mai (e dico mai) bene niente.

Tornai nel mondo umano ancora una volta, perché sentì “Call me sick boy” e il cantane degli Hopes Die Last che mi urlava:

“Take a breath and tear it apart
See things crystal clear
And then scream against me
Hurt me, beat me”

E cominciai a cercare il telefonino. Ed era abbastanza imbarazzante perché nemmeno alle 8 di mattina solo una pazza come me poteva avere il telefono a palla, mentre la gente è mezza addormentata, e il telefono che fa? Si infila negli angoli più remoti dello zaino. Bene, dopo che tutta la canzone urlata andò avanti per 30-40 secondi trovai il telefono, e mentre la ragazza affianco a me mi fissava con un espressione un po’ truce, e un po’ spaventata, io tentai di rispondere, con la faccia imbarazzata guardando verso il finestrino.

Ma chi è poi che mi cercava a quell’ora? Lo schermo del mio Nokia  rispose subito alla mia domanda: Emy <3.

Risposi. “Pronto?”.

“Giò, ma dove sei?” disse, la vocina di Emy già frizzante ed energetica di prima mattina.

“Sull’auto” le dissi “Sono appena passata davanti alla stazione, fra 7-8 minuti sono a scuola…

“Ok, allora ti aspetto all’albero. Kiki ha una novità”. La sua voce sprizzava felicità più che evidente.

“Va bene, a dopo. Ciao tesoro” e riattaccai.

“Forse per Kiki oggi non sarà la fotocopia di ieri” pensai fra me e me riponendo il telefono nella borsa, e sperando che non si fosse di nuovo nascosto nei meandri più oscuri, fra manga e foglio volanti. Comunque, Kiki è una mia amica ed è la cugina diEmily, la mia compagna di banco.

E mi aspettavano all’albero, luogo di ritrovo mattutino di tutti gli alternativi delle scuole nei dintorni: in pratica sarebbero due vecchi ulivi e li intorno ci si ritrovano mucchi di gente, già di prima mattina, punk che si salutano sbattendo spalla contro spalla, dark che fumano la prima sigaretta appena scesi dall’auto, metallari che parlano dell'ultimo Cd di qualche band epicgothic o doom metal, le vecchie "zecche" che magari non vanno più nemmeno a scuola e che si fumano tutte insieme la prima canna della giornata, qualche sparuto gruppo di ragazzine con le borse e le t-shirt tutte "Tokio Hotel" o "Jonas Brother" del primo e del secondo che ridacchiano, e poi ci sono quelli del mio gruppo: un assortimento di scene queens, ragazzi brutal e uno, due skaters, a seconda se sono venuti per andare a scuola, o hanno già una meta per la giornata di sega.

Ma quel giorno era tutto diverso, infatti era il primo giorno di scuola dal rientro delle vacanze natalizie, il 10 gennaio, e perciò dai, il primo giorno dalle vacanze è d'obbligo venire a scuola.

Comunque, dato che vi sto raccontando la mia storia, tanto vale dirvi anche chi sono (e chi ero) così vi farete un idea di me stessa: mi chiamo Giorgia, ho 17 anni e sono quella che la società ha inquadrato, per il bisogno generale di definire sempre tutto e tutti, come un'alternativa.

A me non importa più di tanto, anzi mi sta bene così, alla fine è quasi una lusinga per me vedere che gli altri mi riconoscono come una persona strana, diversa dalle mille altre che mi circondano, una originale insomma. Comunque, se ancora non fosse chiaro, la mia storia (o la parte interessante della mia vita che mi accingo a raccontarvi) inizia il primo giorno di gennaio al rientro dalle vacanze di Natale.

L’auto alla fine arrivò a destinazione, e dopo aver parcheggiato alle autolinee, aprì le porte.. Aspettai che l'auto sfollasse un po', la ragazza affianco a me scese, così alla fine mi alzai anche io e con calma scesi le scalette, ancora con le cuffiette alle orecchie, tanto c'era tempo per levarle, e poi Hayley Williams ancora non aveva finito di cantarmi che "sta aspettando per un miracolo".

La strada, me lo ricordo bene, era affollata, tutta quella vita “da fermata del’auto” mi avvolse, e in un attimo mi ritrovai tra volti e voci sconosciuti o semisconosciuti. Gente che conoscevo di vista, abbracciava altra gente, e sentivo chiedere come erano andate le vacanze, che regali erano stati ricevuto e quelli che erano stati fatti, e altre stronzate così. Me ne fregava poco, anzi per niente.

Attraversai la strada, mi guardai un po' intorno, e alla fine presi la direzione dell'albero, dove sapevo che ad aspettarmi c’erano EmyKiky. Intanto i Paramore finirono la loro splendida canzone, così mi decisi a spegnere l' iPod e me lo infilai in tasca.

Vidi subito EmyKiki. Come non notarle quelle due …

Emy ha la mia età, è una rgazza decisamente “particolare”, come dice lei, con la passione per tutto quello che è trash, core e undergroud.

In realtà il suo nome è Emily, infatti sua madre è inglese, addirittura londinese mi pare. Conosco Emy da quando facevamo il primo, legammo subito molto, a quei tempi lei era una mezza Emo appena interessata a entrare in quel mondo, e io ero una specie di dark con lo smalto nero e una o due felpe nere. Ridicole, a guardarci adesso.

Di lei che dire, bhèEm è bellissima, ha la carnagione chiara chiara, gli occhi verdi e i lineamenti affilati tipici degli inglesi, un po' di lievi lentiggini che le danno un'aria un po’ infantile, è alta e un po' robusta. La particolarità di Emy: si riconoscerebbe tra mille per i suoi lunghi capelli che io stessa ho accompagnato circa un anno fa (da un parrucchiere di Roma) a decolorare e ricolorare azzurro, sul turchese. Ciò la distingue da tutto, e tutti, ovunque lei vada. E devo dire che quel turchese le sta benissimo, anche se lei dice che sembra aver ricopiato la sua scene preferita, Raquel Reed.

Affianco a lei vidi Kiki, la cugina di Emy, e una mia cara amica.

Kiky ha 15 anni ed è anche lei una ragazza con il look tendente allo scene, in realtà si chiama Cristina, ma lei odia il suo nome, e dato che invece adora KikiKannibal, diciamo che ha adottato questo nick.

Anche Kiki si riconosce da lontano, con i suoi capelli un po' oltre le spalle, lisci e di un candido biondo platino misto alla VirginSnow, la sua tinta preferita della Manic Panic.

Anche lei è particolarmente bella, dalla pelle rosa, il nasino un po' all'insù, le labbra fine e i grandi occhi azzurri.

Non somiglia molto a Emy, che è più robusta e alta, Kiki è magra, minuta ed elegante, bella quasi quanto un'albina.

Mi videro arrivare e mi salutarono con la mano. Affianco a loro due c'èra anche Clair (Chiara in realtà), una nostra amica un po' skater, un po' surfer, un po' hipster. Clair và tutt’ora in classe con Kiki e sono migliori amiche dalle medie, hanno scelto pur di non essere separate la stessa scuola superiore, e sono inseparabili.

Al fianco di Emy notai subito al figura totalmente nera di Shawn (Stefano), il ragazzo di Emy, ormai da due anni. Shawn è un ex-emo, ora scene king al massimo, uno di quei ragazzi alti, magri, vestito con i pantaloni skinny nerissimi, la felpa dei Asking Alexandria, e i capelli nerissimi, lunghi e lisici, con la frangetta che copre tutti gli occhi.

Shawn è un tipo timido, ma in fin dei conti simpatico, una volta che lo conosci bene è un confidente e un ragazzo sempre pieno di buoni consigli. Gli devo un'infinità di favori, e sarei persa senza di lui.

Shawn sta parlando con Christopher, uno skater italo-americano, di 16 anni, il ragazzo dai tempi delle medie di Clair.

Li vidi gesticolare un po', chissà cos'èra tutta quella agitazione?, mi sorse spontanea nella testa la domanda, accelerai un po' e iniziai a sentire le loro voci.

Alla fine arrivai a pochi metri da loro e vidi Kiki sorridere raggiante, nella sua felpa di pile, nera e bianca, con i guantini a scacchi che le avevo regalato forse l'anno prima e la sciarpa grigia.

Quasi mi immaginavo cosa stesse per dire, ma feci un sorriso anche io e dissi " 'Giorno!" alzando la mano. Tutti in coro risposero "Ciao Giò" e intanto dietro di noi notai un gruppetto di ragazzi che conoscevo e così gli feci un sorrisetto per salutarli. Mi risalutarono.

Emily, fulminea, mi si parò davanti e mi disse "Gliè lo ha chiesto!!!!!", e iniziò a saltellare come una matta qua e là tenendomi le mani.

Guardai Kiki e le dissi "Wow!", la abbracciai e le sorrisi. "Raccontatemi!!" feci loro.

Così in coro tutte emozionate, le due cuginette, a turno, chi più chi meno, mi raccontarono senza fermarsi mai che Danny (Daniele) il brutal dello scientifico, aveva chiesto proprio la sera prima a Kiki di mettersi insieme, dopo un tira e mola, che mi pare aveva avuto inizio a settembre.

Guardai Kiki raggiante di felicità, e la vidi contentissima, il suo sorriso era incorniciato dai lunghi e luminosi capelli e i suoi occhi azzurri splendevano come stelle.

“Mi sa che è vero che chi si innamora diventa più bello, e Kiki è più meravigliosa del solito” pensai fra me e me.

Ero felice per lei, aspettava da mesi che Dany si svegliasse.

La abbracciai forte, e intanto arrivò un auto. "Eccolo" disse Kiki.

Effettivamente dopo un minuto scese Danny e i suoi amici metallari e punk. Danny ha 16 anni, e con lui siamo amici dalle medie, quando era ancora un ragazzino magro, coi capelli corti come tanti altri, che di musica conosceva quella della radio e vestiva come un normale ragazzino.

Arrivò, disse un "ciao" generale, poi prese Kiki tra le braccia e la baciò. Sorridemmo tutti alla bellissima scena, chi più chi meno avevamo contribuito a tutto quello che stava succedendo proprio sotto ai nostri occhi.

E mi venne da riflettere che anche Kiki era sistemata. “E io sono una zitella della situazione, come sempre, ovvio” mi dissi..

Guardai l'orologio dal cellulare, le 8,16... “Ancora 4 minuti e i cancelli di Alcatraz si chiuderanno dietro di noi, come non facevano da prima delle vacanze natalizie” mi dissi.

"Dai Em, è ora di andare a scuola, fra 4 minuti suona" le sussurrai per non interrompere il resto dei discorsi degli altri. Mi fece di sicon la testa e fece l'occhiolino alla cugina raggiante, meravigliosamente bella.

Io, EmyShawn e i gruppetti di ragazze e ragazze di un po' tutte le scuole scendemmo verso il liceo classico-linguistico, e ci mischiammo con la folla di persone, che erano (chi più chi meno) pronte a ricominciare dopo quasi 20 giorni di vacanza.

Mi girai e vidi Danny, Kiki, Clair e Chris che andavano verso il liceo scientifico, anche loro si mischiarono con la folla e sparirono. Intanto arrivammo e varcammo anche noi i cancelli delle scuola, EmyShawn davanti mano nella mano, e io dietro di loro in silenzio. Shawn è più alto di me, anche se non troppo più robusto, e perciò mi misi subito dietro di lui ed Emy, così nessuno mi si metteva a fissare perché fissava lui o Emy.

Lo accompagnammo davanti alla porta del 4B, al sua aula, sezione classico; arrivate Emy lo baciò, io lo salutai con la mano e ce ne andammo verso la 4D la nostra aula, indirizzo linguistico, arrivate aprimmo la porta ed entrammo.

“Che un'altra giornata inutile e uguale alle altre abbia inizio” dissi a Emy, che rise.

La mia classe è piccola e poco numerosa, siamo 19, 8 maschi e 11 femmine... non ci sto male, dopotutto è una classe tranquilla, e anche se sono tutti profondamente diversi da me ed Emy, hanno accettato tranquillamente noi e le nostre stravaganze.

"Oddio, il dilatatore destro mi sta uccidendo, ieri per dare retta a Kiki me lo sono infilato tutto insieme e troppo in fretta" si lamentò Emy, sempre con qualche dolore.

"E magari hai pure saltato una misura, no!" le dissi innervosita, vista la sua stupidità nel fare certe cose.

"No, no tutto regolare. Dopo la lavata di testa della pusher di Tatoo niente più salti di misure" mi disse seriamente "ma immagino che ci metterà un po' a cicatrizzare bene" sospirò..

Le feci sì con la testa e iniziai a tirare fuori astuccio e diario. Adoro il mio diario: la copertina, che inizialmente era bianca, ora riporta tutti i nomi dei miei gruppi preferiti: Bring Me The Horizon, Asking Alexandria, Silverstein, Saosin, Hopes Die Last, BuryTomorrow, A Skylit Drive, Paramore, VersaEmergeEvanescence, Marylin Manson, A Day To Remember e tantissimi altri, la lista sarebbe lunghissima.

Mi persi un po' fra i rumori della classe, mentre Emy scambiava un po' di parole con tutte e tutti, chiedendo di Natale, capodanno, Santo Stefano, la befana, i regali e bla bla bla.

Entrò la prof si storia, un'ottusa rimbambita, che starebbe ore e ore a parlare di inutili personaggi storici, in modo così appassionato che a volte mi chiedo se non abbia davvero vissuto nelle epoche passate, e poi sia saltata qui nel futuro. Non ci speravo più che si fosse messa a chiedere di vacanze, regali e feste, e di come sia andata il tutto, perdendo una mezz’oretta. Lei è una di quelle che dice "Tutto bene? Bhè, spero di si. Allora oggi vi spiego..." e inizia senza fermarsi fino all'ultimo secondo della sua ora che non finisce mai.

Fece l'appello, naturalmente nessuno era assente, dopotutto in classe mia la gente è abbastanza precisa, e ovviamente primo giorno di scuola, uguale evitiamo di mancare.

Seguirono così due ore di noia pura, infatti dato che al ritorno vacanze inizia ogni anno la pausa didattica per chi ha i debiti in qualche materia la prof si mette a rispiegare la roba fatta a novembre.

Io mi misi a far finta di prendere appunti, tanto da dietro a Marco, un mio compagno ultrapalestrato, con due spalle che mi coprono pure i capelli, non mi vedeva nessuno. Iniziai a fare ghirigori e a giocare un po' con la matita. Il foglio bianco mi ha sempre molto ispirato.

Alla fine appoggiai la testa sul banco.

Bussarono. "Avanti" disse la Bertolini (la prof.). Entrarono due tipi: uno alto e moro, l'altro biondo e magro. Luca e Mirco, i rappresentanti d'istituto, a detta delle bimbe di primo i più fighi dell'istituto, a cui hanno dato il voto solo per questo. Così va a scuola, almeno nella nostra.

"Volevamo solo informarvi che la classe 5C è stata spostata qui alla sede centrale, perché durante i lavori di Natale i muratori hanno creato un'altra classe e adesso il 5C non deve più stare in sede succursale. Trattateli bene. Spero che ognuno di voi abbia passato delle belle vacanze di Natale" fece Luca, col suo faccino da bravo ragazzo.

"Tanti auguri in ritardo. Perdonate il disturbo. Buona lezione" disse Mirco, salutarono ed uscirono di fretta.

Io ed Emy ci guardammo. Lei mi sussurrò "Il 5C è qui da noi???".

Il mio cuore iniziò a pulsare freneticamente, e nella testa iniziò a fare le capriole la parola "5C.... 5C... 5C...".

"Questo significa che... oddio Giò" disse Emy riflettendo.

5C è una parola tabù per le mie orecchie, e ogni persona che mi conosce evita di nominare quella classe in mia presenza. Ma io già non la sentivo più. Provai solo un vago freddo, tipo una scossa, o meglio solo una pugnalata, fredda, corrosiva, terribile. Per me 5C voleva dire ricordi, tanti ricordi, voleva dire dolore, 5C significava lacrime, e aveva un volto, un nome, un maledettissimo sorriso imbronciato, che mai, mai sono riuscita a dimenticare.

5C voleva dire Davide.

 

   
 
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