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Autore: billiejoe    24/02/2011    1 recensioni
La storia di un amore nato per caso, e che stravolge la vita dei protagonisti.
Dedicata alla mia ragazza Hailey Creeps, con tutto l'amore di cui sono capace.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fine
 
Arthur non era bello come un adone e non era simpatico, era strano, silenzioso, aveva gusti musicali poco condivisi e a volte era talmente depresso da risultare scontroso e antipatico, eppure non aveva mai avuto problemi a stare insieme a una ragazza. Si era innamorato, e aveva colpito il cuore di quelle ragazze, e ci era stato insieme, tra tanti problemi e tanta gioia, ma in fondo era solo un adolescente, e lo erano anche loro. Pochi mesi di uscite e serate a ballare, pochi baci, qualche strusciata mai troppo approfondita.
 
E poi era arrivata Sara, e aveva scombussolato tutto. Era arrivata con i suo 4 anni in più, con la sua esperienza e la sua passione sempre sfrenata, aveva buttato nel cesso le poche certezze che aveva e lo aveva portato nel suo universo fatto di sesso e di bugie. Lui si era innamorato follemente, e lei lo aveva usato come un giocattolo, e alla fine lo aveva mollato, e umiliato.
 
E poi, giusto per concludere nel peggiore dei modi il loro rapporto fatto di inganni, gli aveva rifilato l’ultima delle umiliazioni. Quella lettera lo tormentava ogni fottuta notte. Lei non era mai stata sua, solo sua, ma non poteva pensare che gli avesse fatto una cosa del genere.
 
Era incinta. O meglio, lo era stata. Non riusciva proprio a immaginare Sara con il pancione, tantomeno con un bambino tra le braccia, il suo bambino. Certo c’erano stati momenti in cui lo aveva desiderato, ma evidentemente non era nei piani di lei. Prendeva la pillola, certo, perché era giovane, perché non potevano, perché lui era ancora un ragazzino per lei, o meglio ancora solo un vibratore attaccato a una persona.
 
Per liberarsi la coscienza, dopo più di sei mesi, aveva trovato il coraggio di scriverglielo, che era rimasta incinta, che aveva abortito. Lui si era disperato per giorni, aveva pianto davanti ad Alex, aveva umiliato sé stesso e anche lui, e alla fine l’aveva chiamata quella sera, per sapere, per conoscere tutta la verità. Sara non aveva fatto altro che ripetere le stesse parole della lettera. Che era incinta, che aveva abortito. Che il bambino non fosse suo, però, che lei lo avesse tradito e fosse rimasta incinta, aveva dovuto scoprirlo dal padre, o meglio dal presunto padre, visto quanto lei amava divertirsi alle sue spalle.
 
Quanto quella notizia lo avesse scosso era facile da immaginare. E quanto invece avesse scosso Hailey no, non poteva proprio saperlo. Arthur non era mai stato un chiacchierone, ma non riusciva a tenerle nascosto nemmeno quante volte avesse bisogno di andare a pisciare.
 
Il loro rapporto era nato da nemmeno due mesi, eppure lui sentiva che era già in crisi.
 
Lei diceva di amarlo alla follia, diceva di averlo perdonato per il suo tradimento, diceva che sarebbe tornato  tutto come i primi giorni, romantico e allegro, felice e spensierato, ovattato e passionale.
 
Ma gli stava mentendo, o meglio mentiva a sé stessa. Diceva di amarlo ma in realtà non riusciva a dimenticare quello che lui le aveva fatto, diceva di averlo perdonato ma in effetti non si fidava più di lui, al punto da avergli impedito anche solo di parlare con Alex, anche solo di mandargli un messaggio. E questo cominciava a pesargli, specie quando la notte si affacciava su di lui nella fredda stanzetta d’ospedale, e lui si sentiva solo come non lo era mai stato, e sentiva il fottuto bisogno di parlare con qualcuno, di parlare con lui. Aveva fatto una scelta, aveva scelto lei,. Aveva scelto di non parlare con lui mai più, ed era difficile per lui, e lo era per lei. Perchè Hailey sentiva la sua sofferenza e ne soffriva, perché Hailey sentiva il suo amore disperato e ne era gelosa.
 
E una notte, dopo aver pianto per due ore, dopo averlo insultato, dopo avergli detto che le faceva schifo pensare che lui avesse potuto fare sesso con un uomo, che le faceva schifo pensare che avesse bisogno di parlare ancora con lui, che odiasse sapere che Alex lo aveva cercato ancora, alla fine gli aveva fatto la domanda a cui non avrebbe mai dovuto rispondere. Gli aveva chiesto cosa provasse per lui. E Arthur non era più riuscito a mentirle, e le aveva detto la verità. Le aveva detto di amarlo.
 
Lei gli aveva chiuso il telefono in faccia. Era rimasto a fissare lo schermo con le lacrime agli occhi, e cercava di richiamarla, ma lei non gli avrebbe più risposto, per tutta la notte, e per tutto il giorno successivo.
 
Si sentiva un idiota. Lui l’amava in un modo assurdo e insensato, e benché fosse solo una voce nel telefono, poche parole in un messaggio, un’immagine sfocata sul suo computer, lui sentiva di non poter più fare a meno di lei. Sapeva di averla ferita, sapeva di averle fatto del male, e soffriva perché si era trovato nella sua stessa fottuta posizione, era stato tradito, e aveva sentito il suo cuore spezzarsi e cadere in frantumi, e poi aveva avuto il coraggio di farlo lui, di tradire, di spezzare i sogni di una ragazza innamorata di lui, nonostante le difficoltà, nonostante la malattia.
 
Era solo, nella sua stanza d’ospedale. Fissava il cellulare e sperava di ritrovarla. Le mandava messaggi, anche su face book, che era stato la culla del loro amore, ma lei lo aveva addirittura bloccato. Era finita tra loro, e non gli restata altro da fare che guardare la sua pagina, i suoi link, e cercare tra le sue parole arrabbiate, condivise sulla sua bacheca, di capire cosa lei stesse provando, cosa pensasse di lui.
 
Era uscito dal policlinico qualche giorno dopo. Erano ancora i primi freddi giorni di febbraio, fuori c’era il sole, e mentre tornava a casa costeggiando il lungomare aveva sentito le lacrime scivolare sul suo viso nel ricordo di quel momento troppo speciale per essere perfetto, troppo emotivo per essere romantico. Era stato bello, bellissimo. Era stato il suo miracolo, la sua ultima occasione, la consapevolezza che la vita può ancora sorprenderti anche quando ormai sembra essersi avviata alla più drammatica delle conclusioni.
 
Eppure per lui non sembrava esserci un lieto fine. L’aveva persa per sempre, ed era solo e disperato. Il suo viso era sempre più pallido, e i suoi occhi sempre più scavati. Non riusciva più a mangiare, a dormire, a pensare, a scrivere, non riusciva più a vivere. Era riuscito a sprecare la sua ultima possibilità di essere felice, era riuscito a distruggere il suo ultimo sogno d’amore, era riuscito a farsi del male, e a farne a lei.
 
I giorni continuavano a passare, e si era reso conto che non ci sarebbe più stato tempo per lui, che ormai l’avvicendarsi del sole e della luna, del giorno e della notte, era diventato solo un orologio al contrario, il muoversi delle lancette che come delle forbici tagliavano il tempo a sua disposizione. Stava morendo, e questo non lo poteva cambiare. Aveva ucciso la donna che amava, e nemmeno questo poteva cambiare.
 
Passava le sue giornate a camminare per Bari, nel freddo, solo e silenzioso. Odiava ascoltare la musica che avevano condiviso, e canticchiava nella sua mente sempre e solo le stesse canzoni malinconiche dei Blur, sperando che potessero dargli conforto. Ma il suo tormento non poteva essere colmato dalle note, come il suo dolore non poteva essere calmato dalla morfina. Si era ritrovato davanti alla più bella gioielleria di Bari, e aveva visto due fedi brillare l’una accanto all’altra. Il 13 febbraio. Si era guardato intorno, e aveva sentito quell’atmosfera carica d’amore e consumismo tipica della vigilia della festa degli innamorati. Il rosso di quei cuori incrociati, le frasi d’amore, le coppiette sottobraccio, i regali degli spasimanti di sua sorella e quegli assurdi cioccolatini blu in ogni fottuto bar, in ogni fottuta vetrina, urlavano solo e soltanto un nome, quello della donna che aveva perso per sempre, quello di Hailey.

  
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