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Autore: Trick    27/02/2011    7 recensioni
"Pareva essere una sorta di buffa maledizione – o di un sarcastico scherzo del destino, magari – ma ogniqualvolta decidevano di allargare la famiglia con un bel gatto o con un Kneazle, ecco spuntare un altro figlio".
Per tutti coloro che non hanno ancora capito che la loro coppia preferita è inspiegabilmente deceduta e continuano a chiedersi:
«Cosa sarebbe successo se avessi acquistato un'edizione del libro in cui Remus e Tonks sopravvivono e si trasferiscono nel Derbyshire?».
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Note dell'Autrice – sempre discutibilmente utili:
Non sono molto convinta di questo capitolo, ma tenerlo non cambierà la situazione. Alla vostra, gente!


La Casa Stornella
Capitolo Quattro
Un tricheco serpentino




La Bisbetica Chiacchierina era un adorabile caffè che si faceva spazio fra il negozio di abiti per ogni occasione di Madama McClan e la Gringott.
Confrontato con l'imponente banca, la Bisbetica sembrava realmente un posto minuscolo, e a nulla serviva lo spazio dinanzi alla porta ricoperto di ampi ombrelloni dai colori sgargianti e decine di tavolini Autocamminanti che si spostavano da una parte all'altra – costringendo spesso i clienti a inseguirli per l'intera strada. Durante la stagione invernale, i gestori del caffè circondavano la proprietà con ottimi Incantesimi Riscaldanti, cosicché i propri avventori potessero sedere all'aperto nonostante la neve e il gelo.
Era ad uno di questi bei tavoli di legno di quercia che la famiglia dei Lupin si era accomodata al suo arrivo a Diagon Alley. Sebbene a Remus fosse bastato un pigro colpo della bacchetta per ripulire la cucina dal burrascoso passaggio dei figli, nessuno di loro pareva aver voglia di mettersi ai fornelli. A loro giustificazione, c'era sicuramente da aggiungere la rinomata bontà dei muffin al cioccolato di Miranda Pilliwickle – la rotonda consorte di Haverlock Pilliwickle, settimo di una lunga tradizione di Pilliwickle alla gestione della storica Bisbetica.
«Che fame!» brontolò Teddy con uno sbuffo irrequieto. «Ho così fame che mi mangerei pure un Orclumpo gigante!».
Alastor abbassò la lista della vivande che stava leggendo – a modo suo, s'intende – e assottigliò le palpebre con espressione concentrata.
«Un Orclumpo è un fungo rosa ricoperto di setole nere» recitò improvvisamente, scuotendo il capo. «E si nutre di vermi. Vuoi mangiare qualcosa che si nutre di vermi?».
«Ho tanta fame».
«Sposta il braccio dalla portata di mascella di tuo fratello, Alastor» scherzò Tonks. «Né io né tuo padre abbiamo intenzione di portarti al San Mungo perché Teddy ti ha azzannato una mano».
Con un sogghigno birbante sulla faccia, Teddy gonfiò il petto e imitò il suono di un acuto ululato, facendo ridere tutti e attirando su di sé lo sguardo allarmato di un mago dal naso rubizzo seduto al tavolo accanto.
«Devi avere proprio una fame da lupo, tesoro» commentò la voce gentile della signora Pilliwickle, avanzando verso di loro con la bacchetta puntata verso l'alto e un grande vassoio che le galleggiava sulla testa. «Non dirmi che queste cinque tazze di Cioccolatte Scoppiettante sono tutte per te».
«No!» protestò rapidamente Minima, allungando il collo per scrutare con aria torva la strega. «Anch'io ho tanta fame!».
«Sì, ma è meglio che mangi prima Teddy» aggiunse Alastor. «O mi morderà una mano».
Ridacchiando divertita, la signora Pilliwickle fece Levitare con precisione le tazze fumanti davanti ad ognuno dei bambini, sorridendo loro con fare intenerito.
«Badate di berla immediatamente, così vi scotterete tutto lo stomaco» li avvertì in fretta Remus.
«Ahi!» esclamò Teddy, tirando la lingua in fuori, mentre i suoi capelli viravano ad un acceso rosso peperone.
«Per l'appunto» concluse Remus, allungando una mano sul tavolo per prendere l'ultima tazza rimasta.
«Immagino che il Caffè Risvegliante sia suo, signora Lupin» riprese la signora Pilliwickle, muovendo sapientemente la bacchetta.
«Per la barba di Merlino, certo che sì» scherzò con un sopracciglio inarcato Tonks, portandosi un polpastrello sotto l'occhio sinistro. «Il miglior anti-occhiaie mai inventato».
Remus estrasse dal mantello un paio di Galeoni dorati e li porse alla strega. Lei aveva appena infilato le mani nella tasca del grembiule alla ricerca delle Falci per il resto, quando Remus la fermò con un gesto galante del capo.
«Non dica sciocchezze, signora Pilliwickle. Avete il servizio più veloce dell'intera Gran Bretagna».
«E i muffin più buoni del mondo!» aggiunse con entusiasmo Teddy, gettandosene in bocca uno con fare famelico.
La signora Pilliwickle arrossì compiaciuta, li salutò con sincera riconoscenza e svanì nuovamente all'interno della Bisbetica.
«Teddy, non sei un Troll. Da' a quel muffin dei morsi quanto più umani possibile» disse Tonks, mentre soffiava sul proprio caffè.
«Papà, andiamo all'Apoteca?» s'intromise Minima, occhieggiando speranzosa verso il padre. «Mamma me l'ha promesso».
«No, non l'ho fatto» replicò con un eloquente sorriso Tonks. «Ho detto che tu avevi intenzione di andarci».
«Posso lo stesso?».
Remus abbassò cautamente la tazza di Cioccolatte Scoppiettante – l'ultima volta che ne aveva bevuta in fretta una aveva sputato fumo dalle orecchie per un'ora – e fissò intensamente la sua ultimogenita.
«Cosa c'è di così bello in quell'Apoteca, Minima?» s'informò curiosamente. «Sono solo scaffali impolverati ricoperti di nauseanti ingredienti per pozioni».
«Mi piacciono» commentò semplicemente lei. «Quando sarò grande, ne farò un sacco».
«Già, quando finirai sottoterra con i Serpeverde...» le fece il verso Teddy, ondeggiando beffardamente la testa.
«Teddy, non fare lo sciocco» lo rimbrottò duramente Tonks. «Serpeverde è un'ottima Casa, ora, e non si trova sottoterra, ma nei Sotterranei di Hogwarts».
«I Sotterranei stanno sottoterra, mamma» spiegò Alastor, mentre staccava le praline di cioccolato del proprio muffin e le portava una ad una alla bocca.
«Fa lo stesso» proruppe gelidamente Minima, arricciando scontrosa il naso. «Io non ci vado a Serpeverde».
«Sì, invece» continuò testardo Teddy, annuendo con foga. «Perché hai la lingua come quella dei serpenti... sssssssssh!».
«Ted» lo intimò con serietà Remus, sollevando l'indice a monito.
Rimasero in silenzio qualche minuto, a sorseggiare Cioccolatte e a masticare muffin. Dopo il tacito rimprovero del padre, Teddy teneva la testa china sulla propria colazione, muto e immobile; Alastor continuava a mangiare le praline e a leccarsi le labbra; Andromeda, come di consueto, aveva smesso di parlare da quando erano arrivati al Paiolo Magico e continuava a sbocconcellare lentamente; Minima giocava con un angolo del proprio tovagliolo, fissando il cucchiaio con aria distratta. Remus e Tonks si scambiarono un'occhiata in tralice, ma prima che qualcuno dei due potesse dire qualcosa, la vocina di Minima si levò dal tavolo.
«Io non ci vado a Serpeverde» proclamò con piglio combattivo. «Ci vanno solo le persone cattive che fanno del male. Non ci vado, io».
*


Avevano appena deciso che il primo negozio in cui si sarebbero recati sarebbe stato la cancelleria Scribbulus, a pochi passi dalla Bisbetica, poiché Remus aveva bisogno di un paio di nuove Piume Rosse Autoinchiostranti.
Prima che George Weasley ne vendesse i diritti alla cancelleria – insieme alle Piume a Risposta Pronta e alle Piume Autocorreggenti – Remus era solito usarle come scuse per visitare i Tiri Vispi senza la riprovevole presenza dei figli. Ben pochi, infatti, erano a conoscenza degli arguti consigli che Remus aveva gentilmente dato a George in merito alle sue più recenti invenzioni, come il Celataccuino, una particolare agenda incantata per mostrare il proprio contenuto solo agli occhi di chi avesse pronunciato la parola d'ordine scelta dal proprietario – e Remus, in campo di parole d'ordine e marachelle, era sicuramente uno dei maggiori esperti in circolazione. Lungi da lui permettere alla notizia di spargersi fra le lingue lunghe della comunità magica: aveva una reputazione di rispettabile professore di Hogwarts e una suocera che lo avrebbe probabilmente strangolato con il filo del bucato, se solo avesse scoperto che le innovazioni apportate da George alle Caccabombe erano state una sua idea.
Si stavano incamminando allegramente verso Scribbulus, ridendo fra loro e completamente dimentichi della tensione creatasi durante la colazione. Fortunatamente per la loro mattinata domenicale, Tonks aveva trovato il modo di distrarre tutti loro con un'improvvisata sfida con Teddy a “chi riesce a trasformare il proprio naso in più nasi”, e i musi lunghi erano diventati presto fragorose risate.
Non erano che a pochi passi dalla porta della cancelleria, quando udirono una voce squillante levarsi distintamente fra il chiacchiericcio generale della gente.
«Remus, vecchio mio! Quale stupefacente e inaspettato piacere trovarti qui!».
Né Tonks né Remus ebbero alcun bisogno di voltarsi indietro per riconoscerne il proprietario. Tonks lanciò un'occhiata di traverso al marito e quasi scoppiò a ridere, vedendo l'espressione di puro sconforto che gli aleggiava sul volto.
«Oh, Godric...» mormorò fra i denti Remus, massaggiandosi nervosamente l'attaccatura del naso. «Dimmi che non è davvero lui. Non l'ho salutato che da tredici ore...».
«Fingerò di essere lo Spirito del Natale Presente, allora» rispose lei con un sorriso divertito. «Ma poi non lamentarti se lo chiamo signor Scrooge e mi prende per matta».
Mentre i bambini scrutavano con famelica curiosità il mago che avanzava verso di loro – eccezion fatta per Andromeda, che si era lestamente nascosta dietro le lunghe gambe del padre – Remus e Tonks si voltarono con il più educato dei sorrisi.
«Buongiorno, Horace» salutò disinvolto Remus, inclinando appena il capo. «Salutate il professor Lumacorno, ragazzi».
«Buongiorno, professor Lumacorno» recitarono in coro loro.
In quegli ultimi nove anni, l'unica cosa di Horace Lumacorno ad essere cambiata era stata la sua pancia: i ricchi e appaganti pranzi di Hogwarts avevano notevolmente inciso sul suo girovita già sufficientemente largo. Sfoggiava ancora quegli strani baffi che lo facevano tanto assomigliare a un tricheco e il suo sarto era ancora lo stesso da cui si rivolgeva quando andavano di moda le ghette e le redingote. Come il suo appetito, poi, la sua implacabile dedizione per la ricerca di giovani talenti era ancora insaziabile.
«Per le mutande di Merlino, non posso credere alla mia fortuna!» disse con un gigantesco sorriso Lumacorno, tendendo le mani verso di loro come se volesse abbracciarli tutti. «Non speravo proprio di trovarvi qui, tutti insieme! Mia cara Ninfadora, come stai?».
Tonks arricciò il naso con tanta rapidità da farlo apparire un tic nervoso.
«Egregiamente, professore. Ma il mio nome è Tonks, nubile o sposata che sia».
«Oh, come mi sarebbe piaciuto averti fra le mie studentesse!» rise. «Peccato che tu abbia frequentato Hogwarts durante il mio periodo di pensionamento... un peccato, davvero. Oh, beh, perlomeno, posso dire di aver avuto tuo marito e, sicuramente, potrò dire di aver avuto anche i vostri bambini, un giorno!».
«Dove ci vuole avere, signor professore?» domandò con incertezza Teddy, scrutando dubbioso verso l'alto.
Lumacorno scoppiò nuovamente a ridere, e si sarebbe sicuramente chinato verso Teddy per scompigliargli i capelli turchesi, se solo la sua imponente pancia non fosse stata tanto pronunciata.
«Tu devi essere il giovane Ted! Tuo padre ripete sempre che sei molto sveglio. Splendido, splendido, ragazzo mio! E tu...» continuò con uno sgargiante sorriso, ammiccando in direzione di Alastor. «Immagino che tu sia Alastor, non è vero? Oh, mio caro, mio caro! Porti il nome del migliore Auror che abbia mai varcato la porta del Ministero della Magia! Eravamo grandi amici, sai, io e il vecchio Moody? Grandissimi, davvero, chiedi pure a tuo padre!».
Alastor lanciò al padre un'occhiata interrogativa e Remus, trattenendo a sua volta una risata, annuì un paio di volte.
«E questa adorabile signorina deve essere... Andromeda, vero?» continuò Lumacorno, fissando Minima con intensa serietà.
Lei scosse prontamente il capo e alzò con fierezza il piccolo mento, scrutandolo senza la minima traccia di un sorriso. Remus pregò mentalmente che non dicesse nulla di inappropriato, perché aveva già capito che l'opinione che la bambina si era fatta dell'anziano professore non era decisamente fra le migliori.
«No» negò lei con durezza. «Io sono Minima».
«Minima?» ripeté confuso Lumacorno, inarcando le folte sopracciglia. «Non sapevo che-- oh, ma certo!» proruppe d'un tratto. «Sei Minerva, non è così?».
«No» rispose gelidamente. «Sono Minima».
Tonks sentì Remus emettere un impercettibile grugnito di disappunto e si sentì in dovere di salvare la situazione.
«Lei è Andromeda, professor Lumacorno» s'intromise in fretta, indicando con l'indice la testa riccioluta della bambina. «Proprio qui, dietro le gambe di mio marito. Coraggio, Dromeda» la incitò con serena allegria. «Staccati dai pantaloni di papà».
Remus sapeva perfettamente – e di certo lo sapeva anche Tonks – che Andromeda avrebbe cercato di svanire ancora di più dietro alla figura del padre. Non erano mai riusciti ad aiutarla a superare quell'insormontabile timidezza che si portava dietro dacché aveva iniziato a parlare, e qualunque loro tentativo si era rivelato totalmente vano. La loro ultima speranza era stata riposta sullo scorrere del tempo e su Hogwarts.
«Perdonala, Horace. È molto timida» spiegò pacatamente Remus, mentre avvertiva la sensazione delle piccole dita di Andromeda stringersi con forza attorno alla stoffa dei propri pantaloni. Allungò indietro il braccio destro e le posò la mano sulla testa, carezzandole dolcemente i capelli chiari.
«D'altronde, Remus, nemmeno tu eri un bambino di molte parole! Se la memoria non m'inganna, mi pare che iniziasti a parlare un po' di più solo attorno al tuo quinto anno!» rise di gusto Lumacorno. «Era davvero un brillante ragazzino, vostro padre! Oh, eccome, eccome! Uno dei miei migliori studenti a cui abbia mai avuto l'onore di insegnare, non c'è dubbio!».
Remus evitò di ricordare a Lumacorno quanto profonda e disastrosa fosse la sua applicazione nell'arte delle Pozioni.
Nel corso dei sette anni trascorsi a Hogwarts, aveva perfino perso il conto del numero di calderoni fusi, esplosi o svaniti nel nulla a causa della sua inettitudine. Non che non si fosse mai impegnato abbastanza, al contrario: Remus conosceva perfettamente il contenuto di Pozioni Avanzate e i suoi temi erano, di norma, impeccabili. Inspiegabilmente, non era mai riuscito a distillare un solo elisir senza bruciarsi le sopracciglia o attentare alla salute della classe intera.
Come se non bastasse la sua naturale avversione alle Pozioni, il suo particolare olfatto riusciva a captare ogni aroma degli ingredienti con atroce sensibilità, provocandogli continui giramenti di testa. Oltretutto, il forte odore delle foglie di Aconito lo faceva svenire in continuazione – non c'era da stupirsi che fosse così altamente pericoloso per i licantropi.
In molti, tuttavia, continuarono a domandarsi come fosse possibile che il Prefetto Lupin, tanto preciso e diligente, avesse ottenuto ben nove G.U.F.O. non inferiori a Eccezionale e un clamoroso Troll in Pozioni che era passato alla storia.
«Mi dispiace veramente molto non aver potuto insegnare anche a te, mia cara» riprese con gaiezza Lumacorno, rivolgendosi a Tonks con un affettuoso sorriso. «Mi hanno detto che i tuoi voti in Pozioni erano esemplari – e, che Merlino lo porti in pace, il caro Severus non era certo famoso per le larghe maniche del suo mantello!».
«Me la cavavo» rispose con educato riserbo Tonks.
«Oh, suvvia, cara! Non essere modesta! Minerva mi ha confidato che sei stata l'unica del tuo anno a conseguire un M.A.G.O. Eccezionale in Pozioni».
«Beh, sì» confessò Tonks con un mezzo sorriso imbarazzato. «Dovevo, professore, o non avrei avuto alcuna possibilità di diventare un'Auror».
«Naturale, naturale!» esclamò a gran voce Lumacorno, lisciandosi con una mano rotonda una piega della sgargiante veste che indossava. «E voi, miei giovani ragazzi? Pensate di seguire le nobili orme dei vostri prodi genitori?» domandò ai bambini, con una luce ambiziosa negli occhi che avrebbe turbato chiunque non lo conoscesse abbastanza. In fin dei conti, era un uomo del tutto innocuo.
«Io voglio prendere i Draghi!» affermò immediatamente Teddy, sfoggiando un gigantesco sorriso. «Oppure una Chimera! O un Grifone, anche!».
Lumacorno fissò per qualche istante Teddy, poi scoppiò in una bassa e spensierata risata.
«Che Salazar mi porti! Abbiamo un temerario, qui! Lasciati dire, tuttavia, mio caro ragazzo, che le Creature Magiche rischierebbero di portarti verso un inglorioso destino! Il consiglio che, di norma, tendo a dare ai giovanotti ardimentosi come te è di dedicarsi ad attività più elevate e fruttuose... nessuno di voi ha interesse per la nobile arte delle pozioni, magari?».
Teddy e Alastor si voltarono come un unico corpo verso Minima, che non aveva ancora accennato ad un solo misero cenno di apprezzamento nei confronti di Lumacorno. Tonks guardò Remus con aria incerta e lui, altrettanto dubbioso, si limitò ad alzare impercettibilmente le spalle. Perfino Andromeda parve sporgersi un poco oltre le gambe del padre, sebbene tenesse ancora il capo stoicamente chino verso le proprie scarpe e non sembrasse intenzionata a dire una sola parola. Lumacorno interpretò correttamente l'eloquente scambio di sguardi dei due fratellini.
«Oh, forse tu, signorina?» eruppe con voce carezzevole, lisciandosi il baffo sinistro. «Eccezionale, eccezionale! Questa sì, che è un'inclinazione pregevole – e in una streghetta così giovane, poi! Dimmi, dimmi, mia cara – e senza timore! - per quale motivo ti piacciono tanto le pozioni, uhm?».
Minima sbatté un paio di volte le palpebre con aria estremamente calcolatrice. Sembrava realmente un piccolo gatto in procinto di attaccare.
«Io non l'ho detto».
Preso alla sprovvista, Lumacorno sollevò la testa in direzione di Remus, che arrischiò un imbarazzato sorriso di scuse.
«Minima è solo molto affascinata dall'Apoteca, professore» sviò Tonks. «Ha soltanto cinque anni ed è molto curiosa. Lo sono un po' tutti. Pensi: Alastor sembra avere la passione per la Storia della Magia!» continuò, allungando una mano per colpire appena la testa del proprio secondogenito. «Incredibile, non trova? Ha otto anni e trova piacevole leggere libri su cui io mi addormentavo a diciassette!».
Lumacorno parve riprendersi dallo smarrimento causato dal minaccioso comportamento di Minima con incredibile rapidità e rivolse ad Alastor un'occhiata carica di interesse.
«Singolare. Molto singolare» sentenziò infine. «È indizio di notevole ingegno. E di una appassionata predilezione per l'ignoto, naturalmente... non vorrei calpestare la carica che tuo padre ricopre a Hogwarts – lungi da me essere irrispettoso verso la nobile casa di Grifondoro! - ma credo che la casa di Serpeverde, per tuo conto, potrebbe realmente aiutarti nella via del successo, senz'altro».
«Suvvia, Horace» lo schernì con un'educata risata Remus. «Se lo Smistamento dipendesse da te, ci sarebbero soltanto Serpeverde».
«Comprendo la tua riluttanza, amico mio, ma non puoi dire che Serpeverde non offra ai suoi giovani protetti la chiave della gloria».
«Serpeverde fa diventare cattive le persone» commentò di punto in bianco Minima, stringendo con rabbia i piccoli pugni. «E io non ci vado».
Tirò su con il naso, si mordicchiò il labbro inferiore e aggrottò la fronte in un'espressione capricciosa. Per la prima volta dopo un paio anni, Tonks ebbe l'impressione che fosse sull'orlo del pianto. Prima che qualcuno di loro potesse dire qualsiasi altra cosa, Minima voltò rapidamente sui tacchi e corse verso l'entrata di Scribbulus, fingendo di non sentire la voce della madre che la richiamava indietro.
«Mi scusi, professore» si congedò con urgenza Tonks, sfrecciando rapidamente lungo la scia di Minima.
Andromeda si staccò dal padre e la seguì con altrettanta prontezza. Remus fece un sospiro rassegnato e si rivolse ai figli più grandi.
«Andate con loro, per favore. Io vi raggiungo subito».
«Okay» annuì Teddy. «Arrivederci, signor professore».
Alastor abbozzò un cortese inchino che, nonostante tutto, fece arricciare le labbra del padre.
«Arrivederci, professor Lumacorno. È stato un grandissimo piacere» recitò compito, prima di girare sui tacchi e affrettarsi a raggiungere il fratello.
Dopo essersi assicurato che tutti loro avessero raggiunto Tonks, Remus rivolse a Lumacorno un'occhiata di profonde scuse.
«Devi perdonarla, Horace. Ho l'impressione che stia bollendo qualcosa nel calderone, ma devo ancora capire cosa».
Lumacorno alzò la mano in un gesto indifferente.
«Non preoccuparti, Remus. Non sono ancora abbastanza vecchio per tradurre in ingiuria le parole di una bambina, per quanto spiacevoli possano sembrare».
«Non riesco a capire da dove provenga la repulsione di Minima» scosse il capo lui, incrociando fra loro le braccia. «Nessuno di noi due ha mai parlato dei trascorsi di Serpeverde, né abbiamo mai parlato in loro presenza di Mangiamorte e Lord Voldemort». Lumacorno trasalì, ma Remus parve non accorgersene. «Per loro, la guerra è fatta di favole e leggende. Che Godric mi aiuti, non sanno nemmeno di essere imparentati con... beh, lo sai».
L'anziano professore annuì con solennità.
«Non è facile spiegare a un bambino come funziona il mondo».
«Non è facile spiegare ai tuoi figli che la loro prozia era una pazza assassina, piuttosto».
«Le assomiglia» commentò schiettamente Lumacorno. «E qualcuno glielo farà notare, prima o poi».
Remus emise un vago sbuffo e fece un sorriso un po' storto.
«Già» rispose. «Sembra quasi che la nobile e antichissima casata dei Black non voglia accettare l'estinzione».
Lumacorno rimase in silenzio qualche secondo. Quando parlò, la sua voce era carica di amarezza.
«È qualcosa che dovrete dire loro, Remus. Questa comunità ha sofferto troppo a causa dei Mangiamorte per poterli dimenticare dall'oggi al domani, ed io lo so bene – oh, se lo so bene! Quanti errori commessi, ragazzo mio, quanti errori...».
«Horace, non--».
«No, Remus. Il mio rammarico non può svanire con qualche parola di conforto, per quanto buona e onesta» lo interruppe con un sorriso tirato. «Tanti sono gli anni passati fra i giovani Serpeverde e tanti, tanti sono coloro che ho visto farsi inghiottire da quel mostro. Erano così talentuosi, Remus... così capaci. Non sai per quanto tempo mi sono ripetuto: “Horace, Horace... avresti potuto fare molto di più”. Ma non l'ho fatto... non l'ho fatto».
«Hai fatto quello che hai potuto» replicò con profonda sincerità Remus, appoggiandogli una mano sulla spalla. «È stata una triste combinazione di scelte sbagliate da parte di noi tutti, Horace, e ognuno di noi deve accettare di vivere con il cruccio di non aver compiuto quelle giuste, ma non dovresti addossarti anche la colpa di quelle altrui. Non ne vale la pena».
Mestamente, Lumacorno fece un lieve cenno di assenso con il capo.
«Hai ragione, naturalmente. Ma è così difficile, Remus...».
«Non credo di aver detto che fosse facile» replicò lui con un mezzo sorriso. «Cambiando argomento, Horace... avrei bisogno di--».
«Una supplenza per il prossimo martedì mattina, certo» lo anticipò lui, cercando di apparire allegro e gioviale nonostante lo sguardo fosco. «Minerva mi ha già avvertito. Fra l'altro... hai bisogno di Pozione Antilupo, questo mese, o...?».
«Ti ringrazio davvero di cuore, ma mia moglie s'ingelosirebbe se sapesse che preferisco la tua» scherzò Remus.
«Lo dicevo, io, che quella ragazza è un portento con le pozioni! Beh, Remus, credo proprio che i tuoi doveri di padre di famiglia ti stiano aspettando, no?» disse, tendendo la mano rotonda verso il collega.
Remus la strinse con un sorriso.
«Assolutamente, o rischio che Ninfadora mi avveleni con la prima dose di Pozione».
«E, detto fra me e te...» aggiunse con fare cospiratore Lumacorno. «Temo che la tua figlia più piccola finirà nella mia Casa. Tu e Godric Grifondoro dovrete farvene una ragione, amico mio».
   
 
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