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Autore: Vekra    28/02/2011    0 recensioni
Un mondo dove gli animali custodisco gli intenti degli esseri umani, dove tutto è simile ma eticamente differente... Qui nasce questa storia e sempre qui potrete osserave i profondi abissi della diversità. Dal testo: "...Secondo il suo modesto parere, nessuno meglio dei folletti era padrone di decoro, eleganza e imperturbabilità. E doveva essere una sensazione magnifica, avere tutto quel potere nelle proprie mani. Chissà come si sentivano, chissà cosa provavano… Non lo avrebbe mai saputo...".
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 - Vicinanza e gratitudine
NdA: Scrivere dal punto di vista di un gatto... beh, avrei potuto combinare qualcosa di peggio. Buona lettura!

‘...’ = pensieri
“...” = discorsi


Capitolo 6 – Vicinanza e gratitudine

Riusciva a percepire l’agitazione della sua Compagna. I suoi movimenti si erano fatti più lenti, il suo respiro più calibrato e pesante. Si era allontanata dalla finestra e stava per uscire dalla stanza. La Differente la raggiunse. Si strusciò delicatamente contro una delle sue gambe. La sua May si chinò e le accarezzò la punta delle orecchie. Continuò a fare le fusa. Avvertiva come si stesse lentamente facendo forza, come richiamasse a se tutte le sue sicurezze per trovare un appoggio. Entrarono insieme nella camera in fondo al corridoio.

***

L’adulta si era svegliata. Tremava sotto le coperte. Guardava in alto. Non coglieva nulla in lei. Era una creatura distrutta. Inutile. La sua Compagna la teneva troppo in considerazione. Se fosse stato per lei, se ne sarebbe liberata. Del resto la sua May era perfettamente autonoma. Chissà cosa la spingeva a restarle vicino. E ad aiutarla. Perché era soprattutto per sua madre che lei aveva fatto tutto ciò. Del resto aveva sopportato di tutto fino ad ora solo per quell’essere debole e senza dignità. Il semplice legame che unisce alla famiglia non costringe ad amare. Ci doveva essere qualcos’altro. Saltò sul letto ai piedi della donna sedendosi compostamente. Non disse nulla, probabilmente non si era nemmeno accorta della sua presenza. Meglio così. Di solito se la prendeva subito se saliva sul suo giaciglio, doveva avere qualche problema con i suoi peli. E la Differente cosa avrebbe dovuto dire allora? Anche loro perdevano qualche capello ma lei non si lamentava di certo! La sua Compagna non le aveva mai fatto questioni simili. Purtroppo c’erano alcuni umani che credevano davvero di essere enormemente diversi dal resto delle altre creature. Arroganti. I folletti hanno più rispetto. Pensò all’amica della sua May, Eleanor. Le aveva detto che alcuni la chiamavano “Folletto”. Beh, sicuramente se tutti gli umani fossero come lei, la Terra sarebbe un posto migliore. Non ci sarebbero persone che ritengo i Differenti degli incapaci. La sua Compagna sapeva scegliere molto bene le persone di cui circondarsi. Ma allora perché s’inginocchiava sul tappeto per stare in pari con lo sguardo di sua madre? Perché le prendeva la mano e le accarezzava i capelli? Che cosa aveva fatto quella donna per lei per meritarsi tutto quel riguardo? Quando tutto sarebbe finito, gliel’avrebbe chiesto.
“Mamma” la voce della sua May era diversa rispetto a prima. Calma, rassicurante e allo stesso tempo forte e decisa. Lo doveva essere, per lei e per sua madre. La ammirò. Per tutto quello che aveva subito, per come continuava ad affrontare il mondo a testa alta. Sapeva che anche Eleanor sarebbe stata d’accordo.
“Mamma”.
“May p-perdonami…” l’ha già fatto, altrimenti non sarebbe qui. Sua figlia dovrebbe piangere, non lei. La sua Compagna ha pagato per lei i suoi errori e le sue mancanze. Ma non ha mai pianto. Mai, nemmeno una volta. Si chiese se fosse davvero sua figlia. L’adulta l’ha cresciuta, ma la sua May ne è completamente l’opposto. Meglio, possiamo fare tutti a meno di persone come quella. La debolezza e l’inettitudine sono superflue.
“N-non so p-più c-cosa fare…”
“Mamma, papà se n’è andato” l’adulta si volto di scatto verso la sua Compagna, con gli occhi sbarrati “Non tornerà più qui”.
“M-ma… n-non è possibile…” sua figlia la guardava come se l’altra stesse rivelando chissà quale verità. Qualcun altro non sopporterebbe di ascoltare tutti questi vaneggiamenti sciocchi e fastidiosamente inutili.
“Gli ho fatto capire che lo avrei potuto ricattare” si fermò un momento “A conti fatti, l’ho ricattato per davvero”. La donna si rannicchiò su se stessa, portandosi le mani al volto.
“N-non volevo questo per te, non v-volevo questo per noi” singhiozzò.
“Mamma, non potevamo andare avanti così” la sua May le scostò le mani dal viso e la costrinse a guardarla “Hai avuto un’altra crisi. Non puoi permetterti di averne altre a così poca distanza di tempo. E l’unico motivo per cui questa volta non mi ha picchiata era la presenza di Eleanor” chiuse gli occhi per riaprirli subito dopo “Ho incontrato Kramer. Mi sono fatta preparare alcuni documenti, ci sono le carte per il divorzio e…”
“NO!” gridò la donna “No! No, non lo accetto!”
“Mamma” la sua Compagna sospirò profondamente. mentre l’adulta ripeteva “no” come una litania “Non puoi fare altro, lui non sarà mai la nostra famiglia. È inutile provarci ancora” i singhiozzi della donna e i suoi lamenti aumentavano d’intensità. La Differente se lo aspettava. L’adulta doveva far fronte al suo completo fallimento. Era naturale che fosse disperata. Ma non serviva a nulla agitarsi così. Non avrebbe cambiato niente.

***

Possibile che tu non riesca semplicemente ad affrontare la situazione? Che debba per forza autocompatirti per quello che non sei riuscita a portare a termine? Ti rendi conto a cosa porta quest’atteggiamento? È vero che il dolore, a volte, sembra allontanarti da tutti. È vero che il baratro dello sconforto ha mura alte e sottili. Ma, allora, a cosa serve la famiglia? Perché viviamo con le persone legate a noi dal sangue? Perché desideriamo il loro affetto? Perché non ci rivolgiamo a loro anche quando stiamo male? Mary, tua figlia è lì con te. Ti sta offrendo tutta la sua forza, tutto il suo appoggio. Accettali e torna a vivere.

***

La sua Compagna si alzò e si sedette al fianco di sua madre. La prese fra le braccia e la tenne stretta, ignorando le lacrime che le bagnavano la maglia. La donna, sotto le carezze della figlia, aveva smesso di lamentarsi. Qualcosa di molto simile a un sospiro di sollievo uscì dalla bocca della Differente. Troppi rumori quel giorno, continuare ad ascoltarli era una vera sofferenza.
“Mamma adesso saremo solo noi tre” la sua voce era dolce e suadente. L’adulta si aggrappò a lei, la sua unica ancora di salvezza “Riusciremo a riappropriarci di casa nostra e saremo libere da lui” la sua May esprimeva tutta la sua sicurezza. Fra i singhiozzi, la donna annuì contro le spalle della figlia. Una strana espressione era comparsa sul volto della sua Compagna. La Differente vi osservò molto. Pensò che Eleanor avrebbe sorriso. Si avvicinò alle due donne facendo le fusa.
“Sono fortunata ad a-avervi” la prima cosa sensata che l’adulta aveva detto quel giorno. La Differente non poté che essere d’accordo.
Le tre creature rimasero vicine, confortandosi con la loro presenza per diverso tempo, fin quando la più vecchia non si addormentò fra le braccia di sua figlia. La sua May la adagiò di nuovo sul letto e la coprì per bene. Insieme tornarono nella sua stanza, dopo aver chiuso delicatamente la porta.

***

La Differente notò come i movimenti della sua Compagna fossero tornati a essere come quelli che avevano avvertito in precedenza. Sembrava si stesse muovendo nell’acqua. Si posizionò sopra le sue gambe, dopo che l’altra si fosse seduta al bordo del letto. La mano della sua May si alzò per accarezzarle la testa e il dorso.
“Perché hai fatto tutto questo?” le chiese sommessamente “Non è capace di prendersi cura di se stessa, figurati di te. Tu non hai bisogno di lei. Tu non vivi come lei”
“Lei non mi ha mai lasciata sola” le sue parole suonavano come quelle della Differente “Io farò lo stesso” si accorse dell’accenno di gratitudine e riconoscimento nella sua voce. Era un valido motivo dopotutto. La sua Compagna guardò verso la finestra lasciata aperta.
 “Se non è troppo tardi, potresti andare da Eleanor a dirle che va tutto bene?” la Differente osservò il cielo.
“È anche troppo presto” baciò la mano della sua Compagna prima di uscire.

  
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