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Autore: arwen_eli    28/02/2011    11 recensioni
Mettere su una pagina bianca sentimenti troppo contorti per esprimerli ad alta voce. Me, il casino che sono. Lui, l'anima pia che ci mette pace.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A te. Che forse nemmeno la leggerai mai.

Ma sei tu. Questo conta.



Behind those green eyes.






Le erano sempre piaciuti gli occhi verdi.


Aveva una specie di fissazione per quel colore e per il taglio degli occhi delle persone; specialmente negli uomini. L'aveva sempre detto alle sue amiche:

Se gli occhi sono chiari già sono mille punti, ma se sono verdi, metà del lavoro è fatto”.

Non poteva sapere quanto fosse vero, quanto sarebbero state profetiche quelle parole.


Quando li aveva visti per la prima volta, al di là di quella ringhiera di legno, brillare nel buio della sera, aveva pensato soltanto che era strano, che avesse visto subito il colore, nonostante la penombra, nonostante la distanza.


Non sarebbe voluta andare a bere quel caffè. La sua amica ce l'aveva incastrata, in quella serata in mezzo a persone che non conosceva, invitandola a cena a casa sua e facendola mangiare e bere troppo.


- E' solo un caffè con degli amici, non ti agitare. -


Le aveva gridato dalla camera da letto mentre si cambiava.

Ma lei si era agitata eccome, nonostante la bottiglia di Müller Thurgau le avesse impedito di fare troppi strepiti e l'avesse aiutata a salire su quella macchina, guidando verso casa di uno sconosciuto per prendere un caffè come se fosse la cosa più normale del mondo.

Non era nelle condizioni di conoscere gente, non era nemmeno vestita come si deve.
Ma ci era andata comunque.


Poi l'aveva accolta quello sguardo verde, portato a spasso da un uomo in pantaloncini blu, che le aveva aperto la porta di casa sua, l'aveva fatta accomodare sul terrazzo, in mezzo agli amici già seduti e le aveva stretto la mano con una carezza possente, che le aveva fatto apprezzare quelle mani indurite dal lavoro.

Non sapeva, lei, che quella carezza sarebbe stata la prima di molte altre, non lo sapeva ma già iniziava a sperare di scoprire che cosa potesse voler dire avere quelle mani su di sé, quel torace premuto contro il suo seno, mentre lo guardava camminare avanti e indietro scalzo, a torso nudo, dal terrazzo alla cucina, per andare a prendere le tazzine di caffè per gli ospiti.


Le aveva allungato un bicchiere di liquido scuro, ambrato.

Rum.

Non immaginava che da quella sera l'odore del Pampero Aniversario l'avrebbe per sempre ricondotta a lui, che non avrebbe saputo più guardare quella bottiglia senza pensarlo e senza sorridere al ricordo di quanto in fretta fosse finita, quella notte.


Non ricorda quasi nulla dei discorsi di quella sera, ma ricorda tutto di lui.

La posizione scomposta in cui era seduto sulla poltroncina di vimini di fronte alla sua, le gambe lunghe allungate sul tavolino; la risata bassa che aveva accompagnato le sue uscite come al solito sempre più triviali mano a mano che la serata andava avanti, il sopracciglio che aveva alzato quando lei, senza scarpe, aveva iniziato a saltellare sul terrazzo, facendo tintinnare le campanelline sulla cavigliera, come le zingare che danzavano negli spettacoli agli angoli delle strade. Ricorda come si era subito precipitato in camera da letto a prendere delle felpe e dei maglioni, quando lei aveva detto, subito seguita dalle altre due, che forse iniziava a fare un po' freddo, lì fuori. Si era stretta in quel maglioncino di cotone, grigio scuro, che profumava di ammorbidente, di pulito, di uomo, di lui.


Se n'erano andate di lì tardissimo, accompagnate alla porta dal padrone di casa, che l'aveva guardata scherzare con la sua amica sul pianerottolo, poggiato con una spalla allo stipite, una gamba incrociata davanti all'altra, un sorrisetto beffardo sul viso.

Sorrisetto che si era allargato fino agli occhi, illuminandoli con un lampo di malizia, quando lei e l'amica di una vita avevano festeggiato una battuta particolarmente sagace dell'una nel modo in cui fin da adolescenti si dimostravano affetto: un bacio sulle labbra, senza sottintesi, senza significati tra le righe.


Le aveva strappato il loro primo bacio, con quella piccola sfida, nascosta da una richiesta giocosa:

- E a me niente? -


Uno sfioramento di labbra e nulla più; si era sollevata sulle punte, per concedere un morbido contatto sul filo di una porta che ancora lei non sapeva sarebbe diventata l'uscio che si apriva sul suo rifugio, sulla sua casa, sulla sua pace.


Perchè si, poi l'avrebbe scoperto, che come lei l'aveva visto subito, dietro quegli occhi verdi, l'aveva visto dentro, anche lui aveva visto lei. E l'aveva voluta e presa per sé.

L'aveva voluta con la sua gonna bianca lunga fino ai piedi, che le si avvolgeva intorno alle caviglie, mentre saltellava come una bambina sul tappeto su cui solo due giorni dopo sarebbero finiti a fare l'amore.

L'aveva presa, con la sua cavigliera con le campanelle, che tanto lo faceva ridere e che ancora gli strappa un sorriso divertito quando lei la prende dal portagioie tra le mani e gliela fa tintinnare davanti. L'aveva voluta così, con il suo caratteraccio, le parolacce, il suo essere anche troppo maschile.


Si era sentita dire “Se continui a vivere la tua vita così, non lo troverai mai un uomo che ti voglia” e lei ci aveva creduto; tutti la volevano per una notte e lei il più delle volte si concedeva, perchè le andava, perchè era facile e semplicemente perchè non c'era nulla di male, ad assecondare i desideri del suo corpo. Ma le avevano detto che non era così, che era sbagliata e lei per qualche momento ci aveva creduto; aveva pensato di non essere abbastanza per un uomo.

Però non sarebbe cambiata, questo no.


Meglio da sola che accanto a qualcuno che vuole farla diventare un'altra.


Lui, invece, l'aveva voluta così.

L'aveva baciata, questa volta un bacio vero, in mezzo ad una strada, tra le macchine parcheggiate, stringendole una mano sul fianco e spingendola contro la portiera di quell'auto che li avrebbe accompagnati in giro per l'Italia, insieme, ma che ancora faceva solo da spettatrice al loro primo vero contatto.

L'aveva avuta, lei, la sua rivincita, contro le stronze che l'avevano giudicata troppo intraprendente, troppo emancipata, troppo “facile” per meritare l'attenzione di un uomo.


E' notte e la sente respirare tra i suoi capelli, la sua rivincita.


Lui se l'era conquistata pezzo per pezzo, come lei aveva bisogno di essere avvicinata. Non aveva avuto fretta, lui, nel legarla a sé un passo dopo l'altro, mentre tutte le barriere di lei crollavano sotto l'assalto seducente di quel fiume contro la roccia. Si era scavato una nicchia nella sua corazza e l'aveva erosa con la calma, con le parole pacate, con le sue battute pungenti e quello sguardo che si scaldava solo con lei, fino a passarci attraverso, fino ad prendere dimora al di là di essa, dove lei sapeva di essere fragile.

E lei si era lasciata annodare a lui, completamente, senza che nemmeno se ne accorgesse, senza che sentisse nemmeno la consistenza delle corde intorno a sé.


Aveva iniziato dopo quasi cinque anni, a sentir prudere intorno ai polsi, a sentir scorrere la seta di quelle corde sulla pelle. E aveva avuto voglia di scappare.


Non gliel'ha detto. Mai.


Ma lui lo sapeva, lo sentiva. La conosceva troppo bene, come nessun altro, per non accorgersi che lei era di nuovo recalcitrante, insofferente, sfuggente. Come prima che la conquistasse, come all'inizio.

Lei sentiva la sua preoccupazione, la gelosia per gli spazi in più che lei aveva preteso per sé, l'incomprensione per quello schermo e quei tasti in cui lei gettava le sue paure, le sue ansie, il terrore di perdere lui, ma anche il timore di vedere le porte di quella gabbia dorata chiudersi dietro le sue spalle.


Aveva faticato, lui, a comprendere il suo ritorno a scrivere, per capire la catarsi che si nasconde dietro quelle lettere nere che componevano storie, mondi e personaggi. Non aveva capito subito quanto per lei fosse necessario, quanto quelle risate a tarda notte dietro una finestra di msn le impedissero di prendere le sue cose e scappare lontano da lui, per quanto farlo avrebbe significato per lei lasciare lì la parte migliore di sé.


Poi c'era stato quel fine settimana da sola, con un'amica. Lei aveva riso, bevuto, si era divertita e non aveva sentito la sua mancanza.

Non era successo perchè lui riusciva ad essere in ogni cosa che la circondava.

Nello spazzolino da denti che le aveva infilato nella trousse la mattina della partenza, perchè sapeva che lei era sbadata e non se ne sarebbe ricordata, nelle telefonate discrete e nei messaggi che le aveva mandato, facendole capire, senza dirlo, che gli mancava, ma che era felice per lei, se si stava divertendo. L'aveva sentito accanto a sé in quel viaggio in macchina, al ritorno, quando in mezzo alla nebbia aveva pensato che lui, al volante, non si sarebbe spaventato come loro, ma l'avrebbe presa in giro per quella paura sciocca.


Ma era stato tornare a casa quella sera, cenare sul divano con una pizza tagliata a spicchi poggiata sulle ginocchia, dopo che lui si era preso cura di lei come faceva sempre, che aveva iniziato a farle sentire i nodi di quelle corde allentarsi.

Più di tutto, però erano stati il suo sorriso, dopo che avevano fatto l'amore su quel tappeto, ancora una volta, come la prima, il bacio sulla tempia che le aveva dato e quella frase:

- Accendi il computer e scrivi alle tue amiche bambolina. Non le senti da tre giorni, so che ti mancano - .


Le aveva scompigliato i capelli ed era andato a letto.
Lei l'aveva seguito, il computer bianco con le farfalle blu tra le mani, un'espressione stupita sul volto. L'aveva capita di nuovo, ancora, nonostante tutte le sue perplessità iniziali, nonostante la sua ostilità per la tecnologia. L'aveva compresa, come era capace di fare solo lui e l'aveva accolta, ancora una volta, con i suoi strepiti e le sue intemperanze, con tutte le sue stranezze.


È mezzanotte. Lei spegne il computer e la luce, si accoccola contro di lui, che nel sonno le fa spazio contro il suo torace e le posa un braccio sul fianco.

Lo sente respirare sui suoi capelli, con quel respiro pesante di quando si addormenta davanti alla televisione e lei lo prende in giro, quando lui nega di averlo fatto.

Si stringe contro il suo petto ed un solo pensiero le attraversa la mente.



Chiudetemelo alle spalle quel cancello dorato, non mi interessa.








Qui ci sono io e basta.
C'è poco da nascondere e ben poche altre note da aggiungere.
Io, la mia mente contorta e lui, che l'ha saputa capire.
Grazie a Monica, per aver letto, capito e spronato.

A Rea, per avermi aiutato con il titolo e per i consigli... impagabile, come sempre.

Alla mia Lu, per esserci sempre, anche questa volta.

Per chi desideri una visita guidata nella mia demenza, con acclusi deliri, lamentele e sbavi di ogni genere...si, anche spoiler xD, mi trovate su Facebook: QUI. 

   
 
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