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Autore: Eve Ell    01/03/2011    3 recensioni
Giorgia. 17 anni. Quarto liceo, immerso in una piccola città. I capelli rosso fuoco, la matita nera, gli skinny stretti nerissimi e la maglietta della sua band preferita. Lei e i suoi amici, gli "alternativi", nel loro mondo speciale, dove lei si può rifugiare sempre, fra una canzone malinconia, una risata aspettando l'auto e un amore che sembra impossibile, ma che magari può invece avverarsi. Questa storia, lontana dal narrare di ragazzi definibili "adolescenti comuni", immersa in un organizzazione sociale con norme e valori "particolari" per chi guarda da fuori, ma normalissimi per chi c'è dentro, vi parlerà della quotidianità adolescenziale, dei pensieri di un anima sensibile, e di una vita che sempre più spesso e con maggiore facilità sfiora la tragedia.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4: Save Your Heart

 

Scendere quella discesetta quel giorno mi parve più faticoso e lungo del solito, ma per fortuna avevo Emy affianco che mi teneva sotto braccio. Le nuvolette di vapore che fuoriuscivano come provavo a parlare si condensavano subito, prendevano una qualche strana forma e poi sparivano. Quel giorno mi assalì la paura che se avessi fiatato un po' di più le nuvolette avrebbero preso la forma delle parole che avevo nel cervello. Sarebbe bello vederle condensare, prendere la forma delle parole, e vederle volare da chi vuoi. Mentre mi perdevo in queste parole ci avvicinammo al gruppetto.

Guardai bene le sagome incappucciate e subito riconobbi ognuno di loro: Andrea, Mattia, Federico e anche quello che un tempo era stato una persona splendida, e che ora se ne stava gettato in un angolo, con lo sguardo perso, e tutto infagottato da capo a piedi.

Tesi l'orecchio per capire cosa dicevano. "Oddio ma saremmo sotto zero oggi..." era la voce di Andrea. Impossibile non riconoscerla, data la musicalità con cui parlava e dato il fatto che era il cantante di un gruppo che aveva messo in piedi un paio di anni prima.

"Porco cane, fa un freddo che ci si porta..." la voce di Federico, il tono da eterno accannato, ma poi in realtà forse lui di quei tre era il ragazzo con la testa più sulle spalle.

"Cazzo, ho i piedi ghiacciati... porca miseria. Oh Da', ma tu non senti freddo?" fa ancora Andrea. “Copriti bene piccolino sennò ti ammali ancora eh??” la voce di scherno di Mattia, che si divertiva a prenderlo in giro.

"Porcoddio ma la pianti Mattì!". Risposa secca. "Ecco, di certo non ha smesso di bestemmiare, e la sua voce bastarda sta ancora tutta lì, a rompermi l'anima" pensai.

Era una vita che non la sentivo quella voce, che avrei fatto di tutto per far si che mi dicesse anche solo "ciao". E sentirla ancora faceva un effetto strano, quasi surreale.

Emy mi strinse la mano. Poi mi accorsi, troppo tardi, che Shawn stava rallentando. Il presentimento che si sarebbe fermato a salutare mi assalì, ma non feci in tempo a realizzare che mi ritrovai a pochi metri da loro. "Andy!" fece Shawn.

"Oh! Stè! Quanto tempo... Come và?" domandò Andrea, riconoscendolo. Una bella botta spalla a spalla e Shawn rispose: "Bene dire, dai...voi siete tornati qui in centrale eh?" gli domandò.

"Direi che era ora, è! Quella succursale di merda piena di contadinelli e di vigne aveva un po’ stufato" rispose Andrea. Io ed Emy osservavamo la scena in silenzio, mentre il mio livello di imbarazzo saliva alle stelle. Cercai di nascondermi dietro Emy.

Ad un certo punto Shawn fece segno di avvicinarci. "Oh cazzo ..." pensai. Emy mi scrutò silenziosamente, la vidi riflettere e alla fine mi fece cenno di seguirla. Che dovevo fare? Il mio corpo si mosse, per inerzia, dietro alla mia amica e verso di loro.                                                                                                                              

"Te la ricordi Em?" domandò Shawn a Andrea, portando una mano al fianco di Emy, che era un po' contrariata vista la situazione.

"Si si, la tua donna no? Bei capelli eh!" rispose impressionato, e poi mi guardò. Alla fine Shawn fu costretto a passare alla mia "ri-presentazione" dato il fatto che non dicevo nulla da sola, e che già li conoscevo dall’anno prima ma era una vita che non ci parlavo.

"E Giò te la ricordi?" domandò Shawn. Lui mi fissò un po', sicuramente non ricordava i capelli rossi, ma sapeva al 100% chi ero.

"Ahh, ma si, la ragazza, che era innamorata di Davide. Giorgia no?" domandò tranquillo tranquillo.

Lui si girò a guardarmi, strizzò gli occhi e mi riconobbe, così cominciò a fissare insistentemente il pavimento, e non alzò più il viso fino alla fine della conversazione, che si concluse di li a poco.

Io rimasi lì interdetta, e alla fine mormorai “Si, Giorgia, si …” come una cretina. Non si vedeva affatto che ero rimasta imbambolata ed ero imbarazzata al massimo.

Eeemh …” disse Emy, probabilmente pensando che sarei scoppiata a piangere o cose così. Andrea iniziò una fitta conversazione con Shawn, ed Emy rimase li affianco a me cercando di capire come stavo, dato che non poteva chiedermelo espressamente e purtroppo il dono della telepatia ancora non l’avevamo sviluppato.

Mi sentì parecchi cretina in quel momento, ma decisi che non era il caso di scappare. In quel momento Davide alzò ancora gli occhi verso di me. Il tempo non si ferma mai no? Non per noi umani almeno, ma forse per le anime rinchiuse nei nostri mortali corpi si, e in quel momento lo sentì fermarsi.

I miei occhi si persero sul fondo dei suoi, nero pece come poche volte li avevo visti nel corso del tempo che avevo passato con lui. Però era diverso. Non era il ragazzo che ricordavo. Il Davide che amavo era bello nel suo aspetto brutale: quei capelli lunghi e lisci, il cappello nero con le righe rosse a papera, le felpe Drop Dead, gli skinny neri e le scarpe Circa da vero skater. E poi quei suoi immancabili e numerosissimi piercing: il center, gli snakes bites, il septum, il Monroe, e i dilatatori seminascosti dai ciuffi scuri. Questo era il Davide che avevo lasciato, l’ultima immagine che avevo di lui era quella: il ragazzo che portò per primo il new alternative nella mia scuola. Era stato il primo Emo della scuola, pallidissimo, ciuffo nero striato blu, Vans. Poi divenne un brutal, bello, bellissimo come me lo ricordavo. E invece quel giorno mi si parò davanti agli occhi tutta un'altra cosa, un persona differente: un ragazzo magrissimo, con la pelle così chiara da apparire trasparente, e quasi malata, i capelli corti e neri, il volto un po’ scavato, un maglione grigio magari un po’ largo per lui, un paio di jeans che mettevano ancora più in risalto le gambe magre, e un paio di vecchie converse nere alte. Si stringeva in una felpa rossa, una di quelle della Drop Dead, e la sciarpa nera gli avvolgeva il collo fino sotto il mento. Sembrava non avere 19 anni, bensì quasi 80, con l’espressione stanca di chi non ce la fa o non gli và più di vivere, e si chiede il perché continua a svegliarsi la mattina. Lo sguardo era spento e vuoto, chilometri lontano da dove eravamo in quell’istante. E alla fine di questa sospensione il tempo riprese a scorrere.

Vabbè, ci si vede in giro, ma vieni a sentirci qualche volta è!! Ci conto!” disse Andrea a Shawn. “Ok Andrè, fammi sapere quando suonate che mi porto anche loro a sentirvi!” rispose Shawn facendo un cenno di mano. “Contaci! Ciao Stè!” disse Andrea e ci salutò.

Camminammo ancora un po’, poi Emy mi cominciò a fare domande, ma sinceramente non riuscì a concentrarmi su cosa stava dicendo, ne su quello che aggiunse dopo Shawn. Era tutto molto lontano. Io ero lontana.

Scrutai attentamente dentro di me. Contai ogni battito. Mi lasciai percorrere da ogni brivido.

Tumulto nell’anima. Ecco come stavo.

Alla fine però arrivai ad una conclusione che era scontatissima: l’avevo visto dopo moltissimo tempo, ma dentro di me non era cambiato nulla. Lui era diverso, io ero diversa, eravamo forse cresciuti un po’, ma quei sentimenti erano rimasti lì, fermi dentro di me come le radici di un albero affondate nella terra così in profondità da non essere più radici e terra, ma essere un tutt’uno insieme. Esseri indivisibili. Così erano il mio cuore e i miei sentimenti: indivisibili.

Parlai con Emy di tutto questo, e lei mi disse solo che l’aveva immaginato. Dopotutto l’amore non và e viene, è perpetuo.

Alla fine arrivò la 5° ora, suonò la campanella che ci garantiva la libertà tanto agognata da Alcatraz anche per quel giorno, e man mano uscimmo dalle rispettive classi, che ci avevano oppressi con le loro pareti bianche per 5 lunghi ore.

In fermata Kiki, Clair e Danny stavano discutendo circa qualcosa come un compito da fare per le vacanze che però non sapevano di dover fare. Christopher e Shawn scambiarono due veloci chiacchiere, ed Emy continuò a fissarmi preoccupata finché non arrivammo in fermata. Alla fine avvertì tutti di quello che era accaduto, così Kiki e Danny mi consolarono più che potevano, ma non è che volessi essere consolata. Chris e Shawn rimasero per un po’ in silenzio. Clair ed Emy parlottavano fra loro, ma non avevo voglia di sentirle, così iniziai a fissare un albero e guardai ogni tanto l’ora. Ad un certo punto passò l’auto di Danny, che se ne andò, rubando un bacio furtivo a Kiki. Dopo pochi minuti la zia di Em venne a riprendere lei e Kiki, e Chris se ne andrò con la circolare. Rimanemmo io e Shawn, dato che i nostri auto passavano tardissimo. Parlammo un po’ del da farsi, ma in realtà c’èra ben poco da fare. Fortunatamente Shawn non mi chiese cosa stavo provando, e io rimase vagamente sul “sono un po’ scossa”. Anche l’auto di Shawn arrivò, e così lo salutai abbozzando un sorriso, e mi rinchiusi grazie alle mie fedeli cuffie in “Still Breathing” dei Mayday Parade. Guardai l’orologio, le 13.45 esatte. Mancavano ancora 10 minuti prima che l’auto si sarebbe fatto vivo. Mi sedetti da sola su un muretto, e ci misi un po’ per rendermi conto che stava risalendo la figura goffa di Federico, anche lui a prendere l’auto.

Mi si sedette accanto. “Ehi!” disse. Mi levai le cuffie. “Ciao!” dissi, osservando la nuvoletta di vapore che fuoriusciva alle mie parole.

“Sei sbiancata parecchio oggi eh?” disse. “Già” feci. “Scusa Mattia, lo sai, lui è un po’ così, quando si tratta di sentimenti non ci fa molto caso” disse, riferendosi alla sparata di Mattia a ricreazione, che effettivamente non aveva avuto il minimo tatto …

“Tranquillo” dissi. “Comunque sono contenta che siete di nuovo con noi in succursale” continuai, un po’ imbarazzata.

“Anche noi lo siamo. Anche Davide sai … anche se sembra un morto” disse, un po’ serio e un po’ ridendo.

“Già … è cambiato molto è …” azzardai. “Già, sai, penso che dopo un po’ di batoste da parte di tutte quelle poco di buono che si illude di amare, alla fine si sia stufato anche lui. Sai dopo un po’ ti rompi dell’amore, nel caso in cui questo ti prenda per il culo continuamente!” disse sentenzioso.

“Wow! Allora devono averlo scaricato in parecchie” feci ancora.

“Mi chiedo ancora perché mai non gli fosse andata bene fin dall’inizio una come te. Cami mi ha detto che sei una brava ragazza, altro che tutte quelle deficienti che si ostina a frequentare lui”. Camilla era la sua ragazza da qualche mese, e io la conoscevo dall’anno prima per via della passione per i manga che avevamo in comune.

“E così Cami ti parla di me! E che dice …?” domandai.

“Ma, che dice … che sei gentile, sei un po’ tonta, ma dice che sei buona, e che soprattutto sei una ragazza seria …” disse. “Cami è troppo gentile. Non fidarti troppo, anche io ho i miei difetti” sentenziai quasi ridendoci su.

“Lo ami ancora vero?” domandò così di getto. Rimasi un po’ stupita dalla domanda, ma alla fine sapevo che ci saremmo arrivati.

Sospirai. Mi toccai i capelli. Ero di fronte alla verità dopotutto.

“Già. Penosa e patetica no? Non ti biasimo se lo pensi” gli risposi amaramente alla fine.

“No, sei solo una ragazza che meriterebbe di più, e che invece si è fissata su uno che è caduto troppo in fondo in un baratro per uscirne. Davide ormai ha capito che dell’amore non se ne fa nulla. E guarda, è solo un deficiente. Perché ci sprechi il tuo tempo …” disse.

“Me lo chiedo anche io, da tre anni …” risposi.

“Sappi che io ho sempre voluto che avesse una come te. Dopotutto è uno stronzo, ma è un mio amico, e non mi piace vederlo così”.

“E io che posso farci … Non sta a me dirgli che deve fare! E nemmeno con quale di quelle idiote che gli piacciono tanto dovrebbe uscire” dissi.

“Perché non ci provi ancora?” lo guardai, a quella domanda così assurda. Ma diceva sul serio. Parlava seriamente??

“Sul serio, perché gettare la spugna.. che hai da perdere? A giugno avremo la maturità. Così potrai dire di averci provato fino alla fine” disse.

“Scusa, per chi stai facendo tutto ciò?” domandai.

“Per entrambi. Tu puoi farlo tornare quello che era, e allo stesso tempo puoi essere felice. E io ti aiuterò. Pensaci su, almeno un po’. Se lo ami ancora, dopo tutto questo tempo, che senso ha gettare definitivamente la spugna?” era serio.

“Non ce la farei ancora, io non sono così forte. Ma lo sai quanto fa male tutto questo? Anche io ho i miei sentimenti, cosa credi, che io non soffra?” dissi, innervosendomi.

“Lo so, ma se ne valesse davvero la pena? Prova a salvarlo. Provaci un ultima volta. Non posso assicurarti nulla, ma pensaci. Potrebbe essere finalmente la volta buona, ti prego! Non lo dico per lui, ma per tutti e due voi. E se tu fossi il suo destino? E lui non lo capisse. Provaci ancora una volta!” disse convinto.

Parlava bene lui, che era stato con la sua ragazza per quasi 4 anni e poi una mattina si era svegliato capendo così che non era lei quella che voleva, bensì Cami. E aveva buttato al vento una relazione di 4 anni, per Camilla. Mica a tutte le ragazze la vita và così bene. Mica la fortuna perseguita tutte noi. Anzi la metà di noi la fortuna non le guarda nemmeno, e peggio, c’è chi è perseguitato dalla sfiga.

Ma alla fine aveva ragione! Che avevo da perdere? Dopotutto erano rimasti 6 mesi scarsi, e in 6 mesi tante cose cambiano.

“Dovrai aiutarmi, da sola non posso fare nulla. E non mi và di fare la figura della cretina. Penserà che sono una poveraccia, che non riesce ad andare avanti nella vita. Dopo tre anni ancora gli corro dietro. Questo si che è patetico” dissi.

“Oppure è incredibile. Ma chi lo farebbe mai? Gli farò aprire gli occhi. Tu però non gettare la spugna!”ribadì.

“Va bene. Ma non dirgli nulla. Fa finta che non ci sia mai stata questa conversazione …” dissi agitata. Guardai, in lontananza stava arrivando il mio auto.

“Ora devo scappare, arriva l’auto. Ma tienimi informata. Oggi ti aggiungo su FB ok?”.

“Va bene, e grazie per aver accettato. Ci tengo che lui torni quello di prima. E spero che tu sia felice, dico sul serio. Vedrai che andrà bene. A domani!” disse.

Lo salutai, e mi infilai sull’auto. Subito mi sedei vicini al finestrino, mi infilai le cuffiette, e lasciai la musica scorrere. Iniziò “Save Your Heart” dei Mayday Parade.

Sorrisi. Scese una lacrima, ma sorrisi. Ancora una volta la mia vita era giostrata da lui, e i miei sentimenti erano per lui. Maledetto bastardo, amore.

 

   
 
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