Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: NiNieL82    11/01/2006    1 recensioni
Canterbury. In una casa risuonano le risate e il vociare di tante persone. Orlando è tornato a casa dopo un lungo periodo di lavoro fuori casa. Una lunga fila di persone conosciute o no lo accolgono a braccia aperte. Lui sembra poco interessato. Sta raccogliendo i cocci dopo la fine della sua storia con Kate e spera in uno scossone. Che non tarderà ad arrivare quando qualcuno busserà alla porta di casa. Qualcuno con cui non parla da tanto, troppo tempo: la sua 'migliore amica' Erika.
Da quel momento, per entrambi, le cose cambieranno in una sequela di avvenimenti che segnerà le loro vite, quelle delle loro famiglie e dei loro amici
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*__________________________________* ecco come sono, ora. 
Commossa davvero dalle vostre recensioni. Un onore davvero grande per me sentire tutti sti complimenti dal primo capitolo.
E allora eccomi. Di ritorno da una giornata spossante, passata in facoltà. Ma per sapere che ne pensate di questo capitolo questo e altro.
Allora grazie a Loribi, la prima a recensirmi, Moon (un onore che tu abbia letto la mia storia dato che con Mandy siete le colonne di questo sito, o almeno di questa parte.. Come sempre anche le altre recensioni che mi vengono fatte sono importanti….), Paddina che ho citato.. Vampyre che spero di non deludere con gli errori di battitura. Perdonamiii!!!
E, naturalmente tutti quello che hanno letto e continuano a seguirmi senza lasciare una recensione… Basta però o sconfiniamo nella famosa chiacchierata da Oscar che ho già bandito qualche capitolo fa.
Che dirvi. Se non, prima di tutto, di perdonarmi se in questo capitolo noterete un piccolo errore che riguarda un incidente di Orlando. Io non sono una mega fan, nonostante mi piaccia molto. Quindi non so tutti i particolari della sua vita. Quello che posso dirvi è che ho romanzato l’accaduto e quella che troverete è una mia personalissima versione dei fatti, diciamo.
Ce dirvi se non che, buona lettura…

Capitolo 2: Flashback (parte 1): Quando mi stavi vicino…

A Londra la vita non era stata facile per lui. In quei due anni lontano da Canterbury aveva fatto qualsiasi lavoro, pur di mantenersi agli studi. Gli studi per l’unica cosa che realmente gli interessasse. La recitazione.
Dopo due anni, però, le cose cominciarono a cambiare. Gli era arrivata voce, da una fonte più che attendibile (sua madre e sua sorella) che Erika sarebbe andata a vivere a Londra.
La notizia, da subito, lo rese euforico. Perché Erika, prima di tutto era la sua migliore amica. Vittima preferita di ogni suo scherzo, nonché sua più grande confidente, di quelle ragazze che basta che ti si siedano affianco e ti tengano la mano, stando in silenzio per farti sentire meglio. Lei, quella ragazzina che aveva preso in giro non appena i seni avevano cominciato a maturare sotto la maglietta. Lei che lo aveva accolto quando la prima ragazza lo aveva scaricato. La figlia della migliore amica di sua madre, cresciuta assieme a lui nonostante i due anni di differenza che li dividevano.
Perché Erika era la sua confidente, la sua amica-nemica, l’unica ragione, con la madre e la sorella per cui tornava a Canterbury. E a ei sapeva di poter dire tutto, conscio del fatto che ogni segreto proferito, non sarebbe stato spiattellato ai quattro venti.
Appena ebbe la notizia fu più che normale, per il giovane, cominciare a preparare la stanza nonostante mancassero due settimane alla data di arrivo.
Infondo, voleva solo essere sicuro di ospitare al meglio un’amica importante.

Quanto lo prese in giro John, il suo migliore amico, quello con cui aveva lasciato Canterbury per Londra, per il fatto che aveva deciso di preparare la stanza con una settimana d’anticipo.
“Dillo Ob. Ti vuoi divertire fino a che non trova casa, rise John guardando l’amico armeggiare con le lenzuola e le coperte. 
Erika sarebbe arrivata la sera stessa e Orlando le stava preparando il letto.
“John, smettila di dire stronzate. Sai che Erika per me è una sorellina minore…” rispose Orlando stizzito.
“Per te lo sarà..” disse John “L’ultima volta che l’ho vista a Canterbury.. Beh diciamo che aveva tutte le carte in regola per non sembrare una bambina” e fece due segni eloquenti continuando “Tutto apposto ragazzo mio. Tutto. Anzi. Mi sa che quasi quasi un pensierino..” ma venne bloccato da orlando che lanciandogli una ciabatta, ringhiò, guardando l’amico con uno strano ed inquietane sguardo minaccioso:
“Provaci e te lo taglio. Davvero..”
John rise e disse, tranquillo:
“Orlando, se non sarò io, sarà un altro a farlo. Qui a Londra non sono tutti rincoglioniti come te che non ti sei mai accorto che aveva una sventolona vicino. Avremo la fila sotto casa, che vuoi fare a pugni con tutti i ragazzi con cui uscirà?”
“Tu che faresti se volessi bene ad una persona da così tanto tempo, come io ne voglio a lei? La cercheresti di proteggere. Specialmente da quelli come te..” puntualizzò Orlando sistemando l’ultima coperta.
“E da quelli come te.. Anche..” sorrise John.
“E smettila. E poi lo sai che per me Erika è come Sammy..” puntualizzò ancora il ragazzo.
“Ma lei non è Sammy…” disse John piano.
Orlando alzò gli occhi al cielo e sbuffando seccato, rispose:
“Per me si. E ora basta. Questo discorso mi ha stufato. Vado a prenderla alla stazione” e prendendo il cappotto, uscì di casa sbattendo la porta.

A King’s Cross c’era sempre un gran via vai. Orlando sbuffò guardando l’orologio. E notò che , per via della furia, era uscito troppo in fretta e, ora si trovava ad aspettare un treno da mezz’ora. E ne mancavano ancora cinque all’orario scritto sui cartelloni degli arrivi.
-Speriamo che la puntualità ferroviaria inglese non mi tradisca proprio oggi che John ha deciso di fare il coglione e costringermi ad uscire di casa venti minuti prima… Accidenti a lui..- pensò Orlando spegnendo la sigaretta ormai finita.
Si guardò per qualche secondo le mani quando sentì la speaker annunciare:
[È IN ARRIVO SUL BINARIO DUE IL DIRETTO IN ARRIVO DA CANTERBURY. SI PREGA DI ALLONTANARSI DAI BINARI E DI SOSTARE DIETRO LA LINEA GIALLA…]
-Eccola…- saltò su il ragazzo.
Si avvicinò ai binari e aspetto che il treno si bloccasse. Guardò le persone scendere e poi la vide. 
I capelli lisci, chissà per quale miracolo, tagliati corti da poco le davano ancora un’aria sbarazzina, dato che li teneva stretti in due simpatiche codette. Portava con se due trolley e un enorme zaino. Appena scesa dal treno si guardò attorno una o due volte , prima di scorgerlo tra la folla. Gli sorrise e il ragazzo, a passo svelto, scansando come meglio poteva le persone che intralciavano il suo cammino, si avvicinò alla ragazza e stringendola forte disse:
“Ben arrivata piccola..”
Erika strinse l’amico e baciandogli una guancia disse:
“Ti hanno detto l’ultima?”
Orlando scosse la testa in segno di diniego. Erika sorrise e disse piano:
“Ho deciso di venire a Londra per un motivo speciale. Frequenterò la tua stessa scuola di recitazione, caro il mio Orlando Bloom. Così alla fine mi odierai il doppio. Non solo in casa ma anche a scuola…” stava per dire Erika quando Orlando, stringendola troncò la frase a metà e sollevandola un po’ da terra disse:
“Sono felicissimo..” inutile dire che lo era davvero.

Ma le cose non andarono sempre bene. Orlando, con la sua gelosia degna di un fratello maggiore, controllava Erika e la tempestava di domande sui ragazzi che frequentava.
Inoltre, quando al povera ragazza trovò lavoro come babysitter presso una famiglia che abitava nelle vicinanze, Orlando studiò il padre dei bambini e le sue tendenze sessuali, rischiando quasi di far perdere il posto all’0amica.
Passarono due anni così. Erika era diventata parte integrante del duo, rendendolo un trio, scappando però dai continui controlli di Orlando e dalle avance di John.
Sapeva che, quel loro comportamento, significava che le volevano bene e la proteggevano da una città troppo grande per lei. 

1998.. Mese imprecisato..Giorno meno… A casa di un amico di John… Una festa di compleanno.

Erika era entrata nell’appartamento a lei fino a quel giorno sconosciuto, avvertendo da subito una strana sensazione. 
Non voleva che nessuno di loro tre mettesse il piede in quella casa, ma non capiva il perché.
Salutò e fece gli auguri al festeggiato, non che padrone di casa, facendo un’aria più che altro fiacca, volendo far credere ad Orlando e a John che stava male, per poter andar via. Ma fu Orlando, perentorio, a far sbiadire i sogni della ragazza, dicendole:
“Fino a che non sarò ubriaco perso non me n andò di qui…”
Erika sapeva che ci voleva poco, davvero poco affinché questo accadesse, ma sentendogli dire quelle parole il sangue le si gelò nelle vene.
John se ne accorse e sorridendo le cinse le spalle con un braccio e la tranquillizzò:
“Tranquilla. Se beve non le farà male. Lo sai che certi tipi di problemi…” e sollevò l’indice e il mignolo in un equivocabile gesto, “Vanno risolti, solo, facendoli annegare nell’alcool..”
“Non sto tranquilla John. Non lo so ma mi sento agitata. Andiamocene tutti e tre. Non me la sento di stare qui… Davvero…” implorò l’amico Erika.
“Mio Dio! Erika è solo una festa.. Calmati. Andrà tutto bene. Tutto” e si allontanò sorridente.
La ragazza però osservò i due suoi amici. Se, per lei, la cosa migliore era stare da una parte per mettere a tacere la sua paura, non poteva controllare Orlando e John. Decise così di tenerli d’occhio. E mentre John affinava le sue doti da dongiovanni incallito, Orlando ci dava sotto con l’alcool.
Inutile dire che l’attenzione di Erika fu riversata verso l’amico. E dopo due ore non fu l’unica.

John si avvicinò ad Orlando. E prendendogli il bicchiere di mano, disse:
“Ehy! Ora basta Ob. Hai bevuto davvero troppo. E lo sai che reggi a malapena due birre…”
“Io lo reggo bene l’alcool” si lamentò Orlando ad alta voce, facendo voltare tutti, che cominciarono a ridere mentre osservavano la scenetta.
“No! Amico tu hai una tolleranza all’alcool pari allo zero. Quindi dammi quel bicchiere e andiamocene a casa…” continuò John prendendo il boccale dalle mani dell’amico.
“Ho solo voglia di bere. Daiiii!” si lamentò il ragazzo cercando di prendere di nuovo il trofeo che gli era stato tolto.
“E smettila. Ti stanno guardando tutti…” disse John a bassa voce.
Orlando si guardò intorno e ridendo disse:
“Questo è il mio lavoro. Far divertire la gente con la mia recitazione… Che volete ragazzi?” e si voltò verso la schiera di amici radunata a guardarlo “Un pezzo classico del teatro inglese. E allora…” e mettendosi a sedere nella finestra, gridò:“Io che ho scalato queste alte mura con le ali dell’amore. Io che non amo più la dolce Rosalina ma ho riposto la mia passione sulla persona di Giulietta…”
“Orlando smettila di fare lo stronzo e scendi da quel davanzale” cominciò a spazientirsi John.
Ma il giovane rise e mettendosi in piedi gridò ancora:
“Guardate quella finestra. È l’oriente e Giulietta è il sole…” ma si mosse un po’ troppo. 
Mise il piede in fallo e cadde.
Erika riuscì solo a portare le mani alla bocca. John imprecò e corse verso la finestra.
Il panico si impossessò dei presenti. Orlando era caduto da una finestra del terzo piano…

“È salvò, ma abbiamo operato la schiena e inserito due placche in acciaio per la colonna vertebrale.. Era rotta…”
Erika singhiozzò mentre John portava una mano davanti agli occhi, per poi stringere la ragazza forte a se.
Il dottore si schiarì la voce e continuò:
“Come ho già detto, il ragazzo è salvo. Dobbiamo solo vedere come passerà la notte…”
“E per la schiena?” chiese preoccupato John, accarezzando un braccio di Erika, che ancora singhiozzava attaccata a lui.
“Credo che quello sia un argomento più difficile da trattare. Non ci sono ancora certezze, ma per il novanta per cento delle probabilità, il ragazzo potrebbe non camminare mai più” disse piano il dottore.
Le gambe di Erika cedettero. In un attimo pensò alla faccia di Samantha e Sonia alla notizia dell’incidente di Orlando e della grave conseguenza da esso derivata. E poi, il pensiero corse all’amico. Chi gli avrebbe dato la tragica notizia?
Guardò John negli occhi. Capì che stava pensando alla stessa identica cosa. Infatti l’amico scosse la testa in segno di diniego e disse:
“Non ce la faccio a dirglielo io ad Orlando. Gli voglio bene, ma, potrà sembrarti egoistico, non voglio essere io quello che gli dirà che non potrà più camminare.. Non saprei da dove cominciare…”
Erika sospirò e tirando forte col naso, disse:
“Capito. Appena si sveglierà gli starò vicino” e baciando la guancia di John, disse: “Chiama Sammy. È meglio che loro stiano qui…” 
John annuì piano e si allontanò dalla stanza. Erika guardò la porta chiusa. L’accarezzò un poco e poi, spingendo entrò con passo lento.
Si trattenne dal piangere, cercando una forza talmente grande che nemmeno lei s’immaginava di avere.
Si avvicinò lentamente al letto e guardò i tubi che partivano dalla bocca del suo migliore amico, ancora incubato per l’operazione e sedato per i dolori che, col tempo si sarebbero attenuati ma che, ancora, erano troppi forti.
La ragazza guardò i capelli scompigliati e il viso graffiato. E scostando un ciuffo nero dal viso, disse:
“Ora mi viene solo da pensare che lo sapevo che non dovevamo andare a quella cazzo di festa. Lo sapevo dall’inizio. Eppure. Ci siamo andati. Ed eccoci qua. Sembra tutto così irreale. Sei stato confitto dalla tua stessa passione. Tu ami le altezze. Lo so. fai cose assurde. Ami il pericolo. Ma perché hai fatto quella.. “ portò una mano alla bocca e cercò di cacciare dentro le lacrime che copiose cominciavano a scendere sul viso, provato dalle varie emozioni di quel giorno. E poggiando la testa sul letto, singhiozzò: “Ti prego svegliati. Svegliati e pendimi in giro. Ti prego. Va bene tutto. Basta che ti veda di nuovo sorridere…” e sconsolata pianse più forte di prima.

Alla fine non fu compito di Erika dare la notizia dell’incidente ad Orlando, dato che il ragazzo, per ben tre giorni, rimase incosciente.
Fu il dottore stesso a dare la notizia della situazione al ragazzo, col supporto di uno psicologo e la presenza della madre e della sorella.
Quando tutto si fu ‘sistemato’, se così si voleva dire, Erika prese il coraggio a quattro mani ed entrò dall’amico.
Sentiva che doveva fare qualche cosa per Orlando, qualche cosa che solo lei poteva e doveva fare. Entrò e vide l’amico piangere, in silenzio. Lei schiarì la voce e scompigliando i capelli biondo miele, disse:
“Tu ce la farai.. “
“E- Erika..” balbettò il ragazzo asciugando gli occhi.
La ragazza sorrise e avvicinandosi disse:
“Ricorsi quando hai scoperto che Colin era il tuo vero padre? Io si. E credo che un altro non avrebbe reagito con la stessa forza d’animo che hai dimostrato tu. Hai accettato la situazione, hai preso le redini della tua vita in mano, sei cresciuto di botto e hai deciso di venire a Londra e vivere qui, con John, a soli sedici anni, per coronare il tuo sogno. Diventare attore. E lo hai fatto..”
“Credi che potrò diventare un attore? Erika sono paralizzato…” disse Orlando con gli occhi rossi.
“Puoi guarire. In questi giorno, quando non ero all’ospedale, ero in biblioteca. E ho scoperto che il tuo danno non è irreversibile. Puoi rimetterti in piedi. Basta che tu lo voglia..” disse secca Erika.
“Piccola. Non è un gioco. Sono caduto dal terzo piano di una palazzo e..” stava dicendo Orlando passandosi una mano sulla faccia, ancora assonnato dai sedativi che gli avevano dato, quando Erika lo bloccò finendo la frase:
“..Sei vivo. Chi può dire di avere la tua stessa fortuna? Pochi Bloom. Davvero pochi… e tu non butterai il dono più grande che hai ottenuto scoraggiandoti e dicendo che non ce la farai. Non te lo permetterò.”
Orlando guardò la ragazza che aveva di fronte con occhi lucidi e chinando la testa, disse:
“Da solo come posso fare?” 
“Non sei solo. Ci sono anche io. E avvicinandosi al ragazzo disse: “Ti fidi di me?”
Orlando sollevò un sopraciglio accogliendo, suo malgrado, il bacio della ragazza che sorridente, disse :”Ti rimetterò in piedi in men che non si dica… Allora, ti ho fatto una domanda semplice. Ti fidi di me, Orlando Bloom?”
Orlando sorrise e abbracciandola le diede una bacio sulla guancia e disse:
“Mi fido di te..”

Erika aiutò Orlando come promesso. E lo fece in tutti i modi possibili.
E riuscì anche nel suo intento. Infatti, dopo poche settimane dall’intervento, il ragazzo, già camminava sulle stampelle, smentendo ogni previsione dei dottori che lo avevano curato.
Cominciarono così uno strampalato corso di riabilitazione, che seguiva passo, passo, quello normale. Una riabilitazione divertente, dove, Erika, faceva di tutto affinché la sua vita e quella di Orlando non venissero travolte da quello che era successo. E, come detto prima ci riuscì più che bene.

Una mattina Orlando aspettava Erika all’Hyde Park, seduto su di una panchina con le stampelle vicino.
Era un po’ irritato perché la sua migliore amica era in ritardo e lui, da un po’ aspettava come un deficiente, mentre la gente passava davanti a lui ridendo e scherzando.
Ad un tratto, nell’entrata del giardino apparve una figura. Aveva le stampelle e camminava a fatica, dato che non era abituata a portarle. Ci volle un po’ di tempo perché Orlando si rendesse conto che la ragazza in questione era Erika, si sollevò e raggiungendola disse:
“Ma… Erika? Che ci fai tu con le stampelle? Potrebbe farti del male alla schiena…”
“Ma che male” sbuffò la ragazza sedendosi su una panchina vuota assieme al ragazzo. E poggiando le grucce, disse: “Porterò questi affari fino alla tua totale guarigione. E poi, scusa, sto studiando per diventare un’attrice. In questo modo potrò calarmi nella parte di una ragazza che ha avuto da poco un grave incidente.. Che ne dici?” e lo guardò con occhi luminosi.
Orlando sorrise guardandola a sua volta. Stare vicino a lei in quel momento era una cosa meravigliosa. Un tonico per il suo animo. E poi tutto sembrava andare bene. E questo lo aiutava parecchio.



Ed eccoci qua. Il secondo capitolo. Ho cominciato a scriverlo ieri sera, ma poi ero troppo stanca e l’ho finito oggi. Spero che sia di vostro gradimento. Fatemi sapere se ho fatto una boiata a scrivere dell’incidente alla schiena di Orlando. Io ho inventato la scena. So che nella realtà è andata sicuramente diversamente e che non è stata Erika a dargli una mano, ma lui stesso, con la sua tenacia. Io sto solo scrivendo una fic del resto. E questa è solo un’invenzione della mia testa malata..
Baci alla prossima. Niniel…

   
 
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