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Autore: MaTiSsE    01/03/2011    9 recensioni
Bella Swan era una giovane, felice e normalissima adolescente. Edward Masen il suo dolcissimo, splendido ragazzo.
Fin quando qualcosa di oscuro non viene a separarli, distruggendo il loro sogno d'amore.
Edward scompare il giorno del diciassettesimo compleanno di Bella da Forks, piccola cittadina in provincia di Washington.
Dov'è finito Edward?
Come vivrà Bella la sua esistenza senza di lui?
Riusciranno mai a ritrovarsi?
E se questo accadesse, come andranno le cose tra i due?
Leggete per scoprirlo! :)
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Più libri/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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nuovissima 16
CAPITOLO 16
Regalo di Natale
(POV BELLA)






La casa profumava di arrosto con patate quel giorno: Allison si era impegnata con tutta se stessa per prepararci un eccellente pranzo di Natale.

Fuori, il giardino e la foresta tutt'intorno erano illuminati da un timido sole: i suoi raggi scialbi e biancastri si spandevano e ritiravano ad intervalli regolari, ogni qualvolta le perenni nubi di Forks tornavano ad intrappolarli dietro la loro spessa coltre. Ma tutto sommato, si trattava già di una vittoria, per la nostra piovosa cittadina, avere un tiepidissimo sole nel giorno di Natale.

Sorrisi guardando al di fuori della finestra mentre la mia mamma mi teneva occupata al telefono.

"Tesoro mio, auguri. Anche da parte di Phil, ovviamente."
"Buon Natale anche a voi, mamma. Dov'è Phil adesso?"
"Fuori ad allenarsi. Nonostante sia il 25  di Dicembre qui a Jacksonville c'è un sole meraviglioso e ne ha voluto approfittare..." - Mi stuzzicò.
"Ad onor del vero anche qui oggi c'è un po' di sole..." - Risposi con aria di finta sufficienza.

Ridacchiò.

"Certo. Durerà lo spazio di un secondo. Dimmi, non si stanno già avvicinando dei temibilissimi nuvoloni portatori di tempesta?"

Diedi un'altra occhiata veloce al cielo.
Si, le nuvole cominciavano decisamente ad ispessirsi.

"Ok, non è il massimo. Ma sempre meglio del solito.." - Ammisi.

Udii nuovamente la dolce risata di mamma dall'altro capo del telefono e mi parve quasi riuscisse a riempire quell'enome distanza che ci teneva separate.

"Avresti potuto venire a trovarci per queste vacanze, Bells. A gennaio tornerai a Juneau, chissà quando ti rivedrò!" - Constatò infine con rammarico.
"Oh, mamma!"

Quel suo tono di voce  addolorato, per quanto cercasse di mascherarlo, mi faceva sentire terribilmente in colpa: ovviamente, sapevo quanto fosse stato grande il suo desiderio di riabbracciarmi, soprattutto adesso che ero al college, lontana non soltanto da lei ma anche da Charlie; il fatto che fossi rimasta a casa, a Forks, per Natale appariva quasi come un mio personale rifiuto a soddisfare tale desiderio.
Conoscevo perfettamente quale fosse la più grande paura di mia madre: giacché la mia attuale vita a Juneau le appariva totalmente estranea, temeva che, presto o tardi io stessa avrei potuto tramutarmi in una sconosciuta per lei. E per questo avrebbe desiderato che ogni mio momento libero fosse stato speso in sua compagnia. Non potevo biasimarla perchè io stessa avvertivo forte la mancanza di mia madre; soprattutto dopo la scomparsa di Elisabeth, l'assenza di Renèe si era fatta più marcata così come il desiderio di potermi stringere nuovamente tra due dolcissime, solide braccia femminili annusando il familiare profumo che solo una mamma può avere.
Ma non me l'ero sentita di lasciare Forks; non ora che i signori Masen erano morti, non ora che Edward era tornato, non ora che....ero a conoscenza della verità.
Sarebbe stato come fuggire via, far finta che fosse tutto un incubo dal quale è più facile scappare. Ma per quanto possa essere piacevole io non desideravo una via di fuga: cercavo soltanto un appiglio per riconquistare la mia vita e ciò che era mio.

E così, ancora una volta, mi ero trovata di fronte ad una scelta e la vittima delle mie decisioni, questa volta, era stata Renèe.

"Mamma....La prossima volta verrò in Florida...Te lo prometto..." - Pigolai.
"La prossima volta quando? Per le vacanze pasquali?"

Mi sembrava di vedere le sue belle labbra modellarsi in un musetto imbronciato.

"Con tutto quanto è accaduto ultimamente mamma, non me la sentivo di lasciare Forks. Dopo la morte di Elisabeth e del signor Masen l'ultima cosa che mi sia passata per la mente era andarmene..Sai che avrei dovuto lasciare papà da solo...E' molto triste e sovraccarico di lavoro ultimamente, non volevo infierire. E poi c'è la questione Allison...Non avrei mai potuto piantarla in asso e scappare a Jacksonville..."
"Oh, avanti! Non incolpare Allison...Sai che avresti potuto tranquillamente portarla qui con te, sarei stata felice di conoscerla!"

Attese qualche istante prima di parlare ancora.

"...Ma se la metti sulla questione "Charlie"....Allora ti comprendo totalmente. Non fa niente Bella, è giusto così e lo capisco, sul serio. Ora smettila con quel faccino da bimba mortificata e fammi un bel sorriso..."
"Non ho la faccina da bimba mortificata..."
"Oh sì che ce l'hai tesoro. Anche se non posso vederti, sono tua madre e ti conosco...Coraggio, sorriso!"

Qualcosa mi si bloccò in gola.
Pensai che dovesse essere quello il più bel regalo di Natale per me: la voce di mia madre che mi incoraggiava ad essere serena, se non proprio felice.
Sentivo correre nelle mie vene quel calore che soltanto l'amore di un genitore può donare, anche a chilometri di distanza ed amai ancor di più quella mia deliziosa mammina che alternava momenti di euforia quasi infantile ad altri di estrema serietà.

"Bella? Ehy..."
"Ci sono mamma. Sto sorridendo" - Mentii. O forse non proprio perchè, tra qualche lacrima impertinente, gli angoli della mia bocca si curvarono davvero leggermente all'insù.
"Sì. Ti credo, sciocchina! Ascoltami..."

Restai in attesa delle parole di mia madre. In cambiò mi restituì un urletto.

"Mamma?! Che succede?!"
"Oh, Bella!"
"Mamma! Che c'è?? Parla!" - Alla luce dei nuovi avvenimenti bastava un nonnulla per farmi sobbalzare ed il tono così preoccupato di Renèe non presagiva nulla di buono.
"Tesoro, sono un impiastro! C'è puzza di bruciato per tutta la cucina, il pranzo sarà immangiabile!"

Tutta l'angoscia provata in pochi secondo si sciolse, come neve al sole, in una risata liberatoria.
Renèe. Non sarebbe mai cambiata di una virgola e questo nuovo, piccolo incidente domestico me lo testimoniava ulteriormente: sarebbe per sempre rimasta la solita pasticciona, la mia tenera, incostante, svampita mamma.

La mamma che non avrei sostituito mai.

"Vai mamma, non preoccuparti! Vai a controllare prima che Phil resti digiuno del tutto...Ci sentiamo dopo!"

Riagganciai ancora sorridendo e scuotendo la testa.
Nello stesso istante mio padre fece il suo ingresso in cucina, lasciando il cinturone sul ripiano del lavabo.

"Che c'è di buffo, Bells?"
"La mamma....Credo che abbia bruciato il pranzo del Natale..." - Commentai ridacchiando.

Mio padre mi guardò con espressione a metà tra il perplesso ed il divertito.

"Non cambierà mai..." - Concluse infine con un sorrisetto, scuotendo la testa.

Di rimando, lo osservai qualche istante, teneramente: era innegabile come il suo sguardo lontano mi parlasse ancora di quell'affetto incondizionato che lo legava a mia madre, nonostante fosse finita da anni. Nonostante lei, adesso, amasse un altro.
Ero certa che Charlie avrebbe amato Renèe per tutto il resto della sua vita senza chiedere nulla in cambio, felice semplicemente di saperla felice.
Per molti versi papà, con la sua aria burbera e quel proverbiale pragmatismo, incarnava, per me, l'emblema del vero amore, sempre pronto al sacrificio ed all'abnegazione fine a se stessa.

Prima che potessi teneramente ribattere alle sue parole, Ally approdò in cucina trafelata.


"Che le prende?" - Mormorò mio padre osservandola perplesso mentre si affannava tra piatti e stoviglie varie.

Feci spallucce.
Ormai Allison era irrefrenabile: travolta da quello spirito natalizio - totalmente assente nella piccola famiglia Swan e probabilmente ereditato nell'istituto in cui era cresciuta - non faceva altro, da diversi giorni, che cucinare, impacchettare regali e decorare, in quei limiti del possibile da me istituiti,  la casa.
Tutto questo soltanto per rendere più serene e piacevoli le nostre vacanze natalizie.
Era disarmante la premura che aveva nei nostri confronti, quel desiderio spasmodico di offrirci il suo piccolo contributo di felicità dopo tanto dolore.

La guardammo mentre si agitava davanti ai fornelli. Infine si chinò estraendo dal forno diversi piatti di portata.
Mi venne da sorridere.

"E' il nostro piccolo folletto del Natale, Allison, papà. Ecco cosa le prende..."

"Allora!" - Esclamò d'un tratto rivolgendosi verso di noi - "E' ora di pranzo....Se vorrete seguirmi in salotto, è tutto pronto!"

Questa volta toccò a mio padre fare spallucce mentre io lo osservavo perplessa: non avevamo nessun tavolo in salotto, eravamo soliti consumare i nostri pasti in cucina. Dove avremmo pranzato?

"L'hai detto tu che era il nostro folletto del Natale, no? Io le ho dato solo un piccolo contributo..."

Seguiii Allison e mio padre con curiosità e, nel salotto, scoprii una piccola tavola imbandita, proprio a ridosso della finestra.
Era curata in ogni dettaglio, i particolari scelti con gusto ed eleganza benché si trattasse semplicemente degli abituali oggetti che eravamo soliti utilizzare per il pranzo: le nostre comuni posate, i tovaglioli in cotone. Ma tutto era disposto in maniera così originale, variando i colori ed alternando l'occorrente per il pranzo con fiori, piccole pigne e ramoscelli di agrifoglio, che per un attimo mi parve quasi di trovarmi in un elegante ristorante.

"Beh, è stata brava non è vero? Pensa che il tavolo è quello pieghevole che teniamo per il giardino...Non si direbbe neanche!" - Approvò mio padre, lisciandosi i baffi.

Stupita, guardai Allison che mi ricambiò arrossendo.

"Oh, Ally! Ma è fantastico!"

Corsi ad abbracciarla.

"Sì, lo so Swan. sono stata brava!" - Scherzò mostrandomi la linguaccia. Era il suo modo per sdrammatizzare un momento troppo intenso: non amava sentirsi protagonista. - "....Beh, scherzi a parte...E' l'unico modo che ho trovato per sdebitarmi. Ecco....Credo che questo possa essere considerato, a pieno titolo, il più bel Natale che io abbia mai vissuto. In questa piccola casa sono stata accolta con gioia ed amore e per la prima volta mi sono sentita in famiglia, tra le braccia di qualcuno che non fossero le mie buone suore. Ti voglio bene Bella e voglio bene anche a lei, Charlie!" - Mio padre arrossì vistosamente - "E questo e tutto quel che posso fare per ringraziarvi di avermi voluta con voi quest'anno."

Papà tossì nervosamente, visibilmente commosso. Battè la mano sulla spalla di Allison e borbottò piuttosto comicamente uno stentato "Certo, certo piccola...Il piacere è tutto nostro.."

Non era abituato a manifestazioni d'affetto tanto plateali. Io stessa le rifuggivo con ritrosia, avendo completamente acquisito da mio padre questo tratto caratteriale. Eppure Allison era tanto spontanea e sincera che, più che imbarazzo, era soltanto in grado di suscitare in noi profonda commozione.
Ormai era parte della famiglia e l'amavamo proprio perchè rappresentava quel lato socievole, brillante ed allegro che nè io nè Charlie riuscivamo ad esternare.

"Ti voglio bene, Allison. E non aggiungo altro."
"Anche io Bella." - Mi sorrise. - "Ed adesso, vorremmo sederci a tavola prima che il pranzo si freddi e tutti i miei sforzi si rendano vani?"

Stava sdrammatizzando. Ancora una volta.

Ci accomodammo al tavolo. Papà già si sfregava le mani, pregustando il pranzetto di Allison. Nonostante non me la cavassi male in cucina, la mia amica mi batteva indiscutibilmente e Charlie mostrava apertamente tutto il suo apprezzamento.

"Beh, buon appetito e buon Natale ragazze mie!"
"Buon Natale!" - Esclamò Allison allegramente.

Mangiammo per un po' in silenzio. Vista la foga con cui mio padre si era lanciato sul cibo, mi sfuggì un risolino.

"Allison, credi che avanzerà qualcosa per domani? Papà sta decisamente apprezzando le tue doti culinarie!"

Ally accompagnò la mia constatazione con una risata.

"Al massimo preparo qualcos'altro! Non c'è problema!"
"Oh no, non ce ne sarà bisogno." - Intervenne Charlie. - "Domani si pranza da Sue!"
"Cosa?"
"Sì, siamo stati invitati alla riserva. Ovviamente l'invito è esteso anche ad Allison"

Osservai, con la coda dell'occhio, Allison ringraziare sorridendo.

Da parte mia mi sentivo piuttosto ansiosa.
Benchè volessi bene da molti anni  a Billy ed avessi ormai cominciato a legare con Jacob, il nostro ultimo incontro si era concluso in maniera piuttosto pasticciata e confusa: la concreta possibilità di rivederlo in tempi tanto recenti mi provocava un inspiegabile senso di agitazione.
Certo non avevo scordato il suo strano avvertimento circa le mie frequentazioni con la famiglia Cullen, benché avessi cercato in tutti i modi di non pensarci. Dopo tutto quanto era accaduto negli ultimi tempi ne avevo abbastanza di situazioni paradossali e segreti inconfessabili: sobbarcarmi adesso anche l'idea che Jake potesse essere o meno implicato in tutta questa assurda faccenda mi provocava irrimediabilmente l'orticaria.

Probabilmente l'espressione del mio viso si modellò sulla base dei miei pensieri giacchè Charlie mi guardò piuttosto preoccupato.

"Bells, è tutto ok?"
"Uh?"
"E' vero" - Ammise Allison - "Hai una faccia strana. Che ti prende?"
"Oh...niente...Ero...sovrappensiero.."
"Non ti fa piacere andare alla riserva? Billy ci tiene così tanto!"
"Ma no...no, che ti viene da pensare pà..."
"Non devi sentirti in soggezione. Lo so che sei una tipa timida e di poche parole ma puoi stare tranquilla, verrà anche Allison con noi quindi...Nessun problema!"
"Sì, sì...certo..." - Convenni titubante.

"A tal proposito...." - Intervenne Ally.
"Cosa?"
"Volevo dirvi che....Ecco, mi tratterrò a casa vostra ancora solo qualche giorno..."

Ecco. Come rovinare uno splendido pranzo del Natale.

Sgranai gli occhi.

"Che significa Allison?!"
"Oh, Swan....non cominciare ad agitarti pronunciando il mio nome per intero!" - Rise - "Stavo solo pensando di tornare un po' all'istituto. Ieri ho chiamato Suor Maria per farle gli auguri ed era davvero dispiaciuta del fatto che non fossi passata a trovarli. Dice che i bambini mi aspettano e che Suor Jane è terribilmente depressa e non riesce più a sopportarla! Ecco...Sarei davvero un'ingrata se non passassi nemmeno per un saluto..."

"Oh...!" - Mi calmai, respirando in maniera leggermente più placida. Il discorso di Allison era giusto, ovviamente. - "Beh, se la metti così.....D'accordo. Ma cerca di tornare presto.."
"E' ovvio Swan! Verrò a prenderti ed insieme fuggiremo a Juneau! Sai che felicità, a gennaio abbiamo gli esami!"

Venne da ridere anche a me. L'immediato futuro descritto da Allison, così "umano" e reale era un'isola felice, un porto sicuro in cui approdare sfuggendo a quell' immenso oceano di follia in cui ero rimasta intrappolata negli ultimi tempi.

"Beh...Mi mancherai Ally. In ogni caso."
"Sarò via per così poco tempo che non avrai nemmeno il tempo di renderti conto della mia assenza!" - Rispose facendomi l'occhiolino.

Avrei voluto dirle che non era vero ma preferii non ribattere.
Non poteva sapere, Allison, quanto fosse diventata importante per me. E quanto le fossi indiscutibilmente legata.
Ero certa che avrei sentito la sua mancanza in ogni istante in cui non fosse stata con me: la sua contagiosa risata, l'allegria con la quale era in grado di affrontare ogni situazione, anche la più improbabile, l'energia che era in grado di trasmettermi anche solo stringendomi la mano erano ormai diventate delle costanti della mia giornata. Ally era per me un sostegno continuo e l'idea che potesse allontanarsi anche solo per qualche giorno mi agitava terribilmente.

Ma forse avrei dovuto cominciare a preoccuparmi di più dell'evidente dipendenza che mi legava alla mia amica dalla chioma rossa. Non potevo certo costringerla a restarmi attaccata soltanto perchè l'idea di averla  distante mi provocava ansia.
Avrei dovuto cominciare a camminare sulle mie gambe.

Eppure mi sembrava la cosa più difficile del mondo.

Sospirai, infilando con la forchetta un pezzo di pollo.

Qualcuno strinse la mano che tenevo poggiata sul ginocchio.
Allison.

"Ehy Swan" - Sussurrò. - "Sta' tranquilla...Tornerò presto, davvero. Soltanto per te."

La guardai sorridendo.
"Ti credo Ally. Resto qui ad aspettarti ma sappi che sarà dura trascinarmi a dare gli esami. Sono totalmente impreparata."
"Ti sbagli! Siamo due geni io te, capisci? Ce la caveremo alla grande, sbaraglieremo la concorrenza! Aspettami e vedrai, si tratterrà solo di qualche giorno.."

Annuii, cercando di sorriderle.

"Soltanto di qualche giorno" - Mormorai poco convinta, a mia volta.




*




Quella notte mi svegliai di soprassalto: un inspiegabile senso di soffocamento mi impediva di riempire i polmoni d'aria, come se la presenza di un enorme masso all'altezza del petto vietasse alla mia cassa toracica di espandersi a sufficienza.

Cercai, scartando tra i miei pensieri, il motivo di tutta quell'ansia.
Una vocina mi sospirò all'orecchio, improvvisa.

"Edward."

Sgranai gli occhi, sbattendo le palpebre più volte.
Deglutii a fatica.

Decisamente sorpresa vagai con lo sguardo all'orologio.

Le tre del mattino.

"Grandioso" - Mormorai.

A pancia in su e con le mani intrecciate un po' comicamente sul ventre, tornai a guardarmi intorno spazientita.
Dapprima soppesai con lo sguardo la figura di Allison che mi dormiva di fianco beatamente, dandomi le spalle. Sembrava una statua.
Poi analizzai con precisione le piccole macchie di muffa del soffitto: la più buffa  e meglio definita aveva la forma di un coniglio accucciato.

Gravitare l'attenzione altrove nella speranza di conciliare il sonno servì a ben poco: continuai a respirare a fatica. Era snervante.

Il nome di Edward insisteva nel risuonarmi prepotentemente in testa ed io tentavo, stupidamente, di afferrare in ogni angolo di me stessa il coraggio per non pensarci.
Non funzionò.

Diedi di nuovo uno sguardo alla sveglia.
Le tre ed un quarto.

Sbuffai nuovamente  ed afferrando il guanciale, mi voltai di scatto, abbracciandolo.

"Dormi Isabella. DORMI." - Ordinai a me stessa.
Fu buffo constatare quanta poca autorità avessi persino su di me: cercai infatti di richiudere nuovamente gli occhi ma le palpebre si rifiutarono piuttosto comicamente di rispondere al mio volere.

Per mezz'ora mi girai e rigirai nel letto, maledicendo ogni volta le lenzuola  che, stropicciate, si avvolgevano intorno alle mie gambe.
In realtà avrei dovuto semplicemente maledire la mia stessa inquietudine che non mi permetteva di riposare nonché quel nome che continuava a risuonare in ogni angolino della mia mente.

Quel nome così caro, così amato.

Sospirando, mi decisi ad alzarmi, scostando piano la coperta per non disturbare Allison. Avevo già fatto abbastanza casino ed era quasi un miracolo che non si fosse svegliata anche lei.
Poggiai delicatamente i piedi nudi sul pavimento; il freddo del legno risalì rapido sino alle caviglie e più su, attraversando la colonna vertebrale. Si trattò,  comunque, di una sensazione piacevole.

Passeggiai piano, girando intorno al letto e raggiungendo la finestra.

A piccoli passi la mia ansia cominciava a trovare il suo perchè: mi sembrava di farmi strada in un banco di nebbia.

Tutto sommato, non avrebbe dovuto essere difficile ammetterlo: era tornato il Natale ed avrebbe potuto essere speciale, quell'anno, perchè anche Edward era tornato.
Ma null'altro si era accompagnato a quella ritrovata presenza se non un atroce dolore.
Perchè Edward non era più lui, non del tutto almeno, e soprattutto non era con me.

Il Natale per noi due aveva sempre costituito una festività speciale ed importante; una festività che sapeva di calore e di famiglia e che, sin dall'inizio della nostra storia, avevamo condiviso come la più dolce delle prime esperienze assieme.
Ricordavo ancora perfettamente tutti i preparativi in casa Masen, soltanto qualche anno prima: Elisabeth, per esempio, che spennellava col tuorlo d'uovo i suoi buonissimi biscotti al burro sul ripiano della cucina, il pomeriggio della Vigilia. Edward ne rubacchiava sempre una manciata per dare a me l'onore del primo assaggio ed io li accettavo volentieri, ridendo con gioia.
Allo stesso modo avevo ancora nitida davanti agli occhi l'immagine della me stessa quindicenne intenta a preparare pacchetti colorati avvolgendo il nastro decorativo intorno al dito per arricchirlo delle volute desiderate mentre Edward mi guardava con i suoi occhi carichi d'amore, interrompendo il mio lavoro, di tanto in tanto, con soffici baci sui capelli, le guance, le labbra.
Come se fosse ieri rammentavo le corse ed i ruzzoloni nella neve la mattina di Natale, la risata di Elisabeth che ci chiamava dal portico, l'impazienza di scartare i regali, lo sguardo divertito di mio padre e del signor Masen mentre ci osservavano in attesa, seduti davanti al camino,  la gioia di scoprire, in quei pacchetti, il dono tanto desiderato.

Come avrei potuto dimenticare così facilmente quella fetta tanto gioiosa della mia adolescenza?
Come avrei potuto fare a meno di Edward, nonostante tutto?

Avrei dovuto smetterla di raccontarmi bugie. In questa notte nessuna menzogna sarebbe stata in grado di ingannarmi.

Non riuscivo a credere nemmeno più io stessa a tutte quelle false motivazioni con cui mi convincevo che Edward doveva stare lontano da me.
Non riuscivo ad accettare che in quella notte di felicità ed impazienza non avessi diritto anche io ad un briciolo della mia precedente serenità; non riuscivo a credere che in quella notte di struggente ricordo lui non fosse con me.
Non era Natale, senza Edward. Così come gli altri giorni dell'anno che perdevano di significato con la sua assenza.
I lunedì, il giorno del Ringraziamento, i compleanni, le domeniche pomeriggio.
Ed il Natale.
Che valore avevano quei giorni senza di lui? Sembravano più che altro un susseguirsi di ore vuote ed inutili.
Eppure il destino era stato tanto clemente da restituirmelo. Edward era da qualche parte vicino a me e, nonostante questo, così lontano dal mio abbraccio. Perchè?

La risposta non era difficile. Poichè la causa di quella separazione, tutt'ora in atto, adesso era una sola: me stessa.

Ero stata io a decidere, fermamente, di non volerlo accogliere nuovamente nella mia esistenza.
Perchè dunque continuavo a permettergli di tenermi a distanza se, in definitiva, lo desideravo così tanto?



"Se un giorno dovessi lasciarmi, Edward, dopo di te non ci sarà mai nessuno in grado di farmi innamorare di nuovo..."


Glielo avevo confessato un pomeriggio di tre anni prima. Improvvisamente. Probabilmente ero anche arrossita nel dichiararmi così spudoratamente ma non mi importava. Tra noi due non erano mai esistite stupide tattiche di seduzione o stratagemmi ridicoli per aumentare l'interesse reciproco. Senza alcun timore avevamo sempre confessato apertamente i nostri sentimenti ottenendo in cambio, l'uno dall'altra, soltanto un grande amore e totale abnegazione.

Di tutta risposta, mi aveva sorriso.

"Dopo di me non potrebbe esserci nessun altro perchè io sono l'unico per te e tu sei la sola per cui darei la vita. Non ti lascerò mai."

Mi sentii di colpo una stupida.


"Non ti lascerò mai."


La verità di quella rivelazione mi colpì come uno schiaffo in pieno viso.
Il ricordo di quelle parole sussurrate soltanto qualche anno prima mi bruciò l'anima.

Chi aveva abbandonato chi?

Edward si era allontanato contro il suo volere. E per il mio bene aveva continuato a starmi lontano.
Ma io, invece? Nella realtà delle cose, non ero stata forse io a decidere adesso di lasciarlo andare?

Di cosa avevo paura?
Del vampiro che era diventato?
Dell'assurdità di tutta quella situazione?

Edward era cambiato sotto molti aspetti, su questo non c'erano dubbi. Ma in quante occasioni avevo riconosciuto, nella piega delle sue labbra, quella smorfia che mi era familiare? Quante volte, in quel tocco gelido, avevo percepito, nonostante tutto, il calore di un'antica, dolcissima stretta? Ed in quanti momenti, in quegli occhi spauriti color miele, avevo riconosciuto il bagliore amorevole del mio Edward lontano?

Troppe volte, nell'Edward vampiro, chiuso, timoroso, diffidente, avevo scorto la tenerezza devastante dell'Edward umano.

Dunque, dovevo ammetterlo che ero io ed io soltanto a tenerlo lontano.
Erano i miei dubbi, le mie paure, la convinzione che tutto fosse finito, che niente sarebbe più stato come prima.

Ora tutto risultava più chiaro ed anche alla luce delle ultime parole che Alice mi aveva rivolto giusto qualche giorno prima, quella notte pensai onestamente che, tra i due, il mostro vero fossi soltanto io.

"Hai mai pensato a quanto sia difficile per lui, Bella?", mi aveva quasi rimproverato.
Ed aveva ragione. Io, con la mia sciocca testolina, non ero riuscita ad afferrarlo prima, troppo impegnata nel contorcermi tra il mio egoismo ed il risentimento.

Per Edward era tutto più complicato e difficile poichè doveva metabolizzare ed accettare se stesso, in primis, e di riflesso la sua nuova vita, quegli istinti che detestava, i suoi rimorsi e l'idea di convivere con tutto ciò che di continuo lo ancorava alla precedente esistenza. Me compresa.
Mentre io dovevo "accettare" soltanto lui, il nuovo Edward che si sforzava e sacrificava, giorno dopo giorno, per non essere troppo diverso dal ricordo che serbavo io.

E come l'avevo ripagato io, di tutta risposta?

Mostrandogli apertamente tutto il mio disprezzo.
Avvisandolo con poca delicatezza del fatto che avrei impiegato molto, troppo tempo prima di desiderare nuovamente di rivederlo.



Che stupida!
Una stupida, mostruosa, deplorevole egoista! Ecco cos'ero, realmente.


Poggiai una mano sul vetro freddo.
Tremai guardando il  paesaggio di fuori.
Era notte tarda ed ormai le luci delle case tutte intorno erano spente, anche quelle dove i festeggiamenti si erano protratti più a lungo del necessario.
C'eravamo soltanto io ed il buio della notte. E quel desiderio spasmodico delle sue braccia, delle sue mani.
Del suo viso liscio e perfetto.

"Dove sei..."

Sentivo dietro di me il respiro regolare di Allison totalmente preda tra le mani di Morfeo e la invidiai profondamente: da troppo tempo non dormivo con altrettanto trasporto.

"Dove sei, questa sera Edward...."

Un gufo emise il suo verso inquietante spiccando il volo improvvisamente dal ramo da un albero posto a pochi metri alla mia finestra.
Un numero spropositato di foglie precipitò sul terreno a seguito di quella fuga ed io sobbalzai.

"Sono troppo agitata..." - Constatai in un sospiro.

Mortificata e malinconica, decisi infine a rimettermi a letto, pronta a combattere per il resto della notte con il fantasma dell'insonnia e del rimorso.
Fin quando un piccolo particolare colpì la mia attenzione costringendomi a tornare sui miei passi.

Giù, ai margini della foresta, poggiata al medesimo tronco da cui si era levato il gufo, se ne stava in paziente attesa una figurina nera.
Immobile come una statua, silenziosa ed imperturbabile.

La mia debole vista umana non mi consentiva di mettere a fuoco il viso del mio ospite notturno ma ebbi pochi dubbi.
Il cuore mi forniva già da sè tutte quelle risposte che gli  occhi ignoravano.

Afferrai confusamente la prima felpa che trovai tastando sulla poltrona, senza curarmi neanche se fosse di proprietà mia o di Allison, e a piedi scalzi percorsi rapida le scale sino a raggiungere l'ingresso, stando bene attenta a non inciampare o causare eccessivo trambusto.
L'idea di spalancare la porta d'entrata e non trovarlo si fece strada in me come il più atroce degli incubi: avevo già sperimentato quella sensazione, nei primi tempi della sua scomparsa, quando nei miei sogni carichi d'orrore la sua immagine fasulla si divertiva a prendersi gioco di me, inventandosi un ritorno inesistente mentre lui era a marcire ed a soffrire chissà dove e chissà con chi.
Non era certa che il cuore avrebbe resistito ancora, se si fosse trattato nuovamente di un atroce scherzo partorito dalla mia fantasia. Ma, in fin dei conti, volevo tentare il tutto per tutto e mi arrischiai.

Questa volta avrebbe potuto essere quella giusta.
Avrebbe dovuto, anzi.

Paralizzata davanti alla porta d'ingresso faticai nel tastare la maniglia con la mia mano tremolante ed allo stesso modo faticai nel sospingerla verso il basso.
La porta scattò con un clic e si mosse leggermente sui suoi cardini.

Se fosse stato davvero lì fuorì il suo udito infallibile gli aveva già rivelato la mia presenza.
Magari era anche scappato via e non l'avrei trovato ad aspettarmi in comunque dei casi.

Diedi una spinta cauta al legno e la porta infine si spalancò totalmente, cigolando appena.
Una fredda folata di vento m'investì completamente.
Tossii: era stata una pessima idea presentarmi mezza nuda al cospetto del temibile inverno di Forks.

Presi coraggio e guardai di nuovo fuori.
Il vento rendeva la visuale molto più nitida, quasi cristallina.
E nello scintillio della notte di fuori, lui non c'era.
Guardai prima a destra, poi a sinistra.
Infine davanti a me.

"Provaci, Bella..."

Mi riempii per bene i polmoni d'aria prima di inoltrarmi a passo svelto nella boscaglia intorno casa.
Avevo lasciato la porta d'ingresso aperta e non me ne curai.

Poggiai la mano al tronco di un albero, cercando sostegno.
Infine, aguzzai vista ed udito nell'attesa.

Non un respiro.
Non un rumore, neanche il più lieve.
Anche la natura intorno a me aveva smesso di lamentarsi.

Sospirai.
Non c'era, dunque.

D'accordo.
Avrei retto il contraccolpo del cuore, non avrei pianto, non avrei urlato. Non l'avrei fatto, anche se il dolore di saperlo lontano mi avesse annientata.

Che sciocca, stupida illusa ero stata!



"Prenderai freddo, Bella...."

Così, improvviso come un fulmine nel bel mezzo di un cielo sereno.
La sua voce melodiosa attraversò il mio cervello come una scarica elettrica. Ruotai su me stessa di scatto ed il suo volto comparve a pochissimi centimetri dal mio.

Mi sentii bollire, letteralmente. Non c'era freddo, vento o buio ma una caldissima giornata di sole rovente intorno a me.

"Edward..." - Sussurrai.
"Sì, sono io. Mi avevi visto, no?"

Annuii.

"Pensavo saresti andato via..."
"Oh..." - Mormorò. Non potevo distinguerne precisamente le fattezze, ancora avvolte nel buio, ma ero certa che avesse sorriso - "Volevo farlo, davvero. Ma sono diventato una creatura troppo egoista e così non ce l'ho fatta a scappare da te. E' Natale  o sbaglio?"
"Sì, lo è..." - mormorai in un soffio.
"Era da tanto che non lo passavo con te Bella..."

Il cuore perse un battito.
Allora lo ricordava anche lui?
Anche per Edward era tutto così vivo nei ricordi? Quel sapore dolce che avevano i nostri Natale insieme continuava a martellarlo esattamente come faceva con me?

Sentii i miei piedi alzarsi da terra.
Istintivamente passai un braccio intorno al suo collo e poggiai timidamente la mano libera sul suo petto.
L'intero peso del mio corpo gravitava sulle sue braccia e non parve lamentarsene.

Rabbrividì ed io con lui.

"Non dovresti andartene in giro così...Prenderai un malanno.."
"Non...non è importante ora...E poi mi piace camminare a piedi nudi..."
"Lo so ...Per certi versi non sei cambiata affatto, in questi due anni..."
"Le abitudini sono dure a morire..." - Mormorai aprendo le labbra in un risolino leggero. 

Non aggiunse altro ma ero certa che mi stesse osservando.

Niente, niente di quel momento che stavamo vivendo assieme, niente di quella notte buia aveva senso.
Il mio cervello razionale e problematico neanche per un istante - incredibilmente - aveva tentato di prendere la parola . Evitando in ogni caso di ascoltarlo, qualora avesse deciso che era arrivato il momento di frenare i miei deboli impulsi di essere umano, dimenticai  gli ultimi quattro, orribili mesi vissuti nel terrore, sommersa da interrogativi improbabili e risposte insopportabili. Dimenticai di colpo la paura, la rabbia, le lacrime e quegli occhi di Edward che avevo visto scintillare di odio e tormento.
Dimenticai le urla, i litigi, i silenzi sospesi e quell' orribile verità che mi aveva raccontato.
La metabolizzai all'istante come la più semplice delle nozioni da imparare e mi preoccupai soltanto di accoccolarmi sul suo petto ghiacciato ascoltando il battito convulso del mio cuore.

"Sciocco che non sei altro..." - mormorai sottovoce.
"Con chi ce l'hai, Bella?"
"Con il mio cuore...E'...è un traditore."
"Oh. Interessante." - Mormorò compiaciuto - "... Lo sto ascoltando, in effetti è piuttosto agitato..."
"Il tuo non lo è?" - Domandai timida alzando gli occhi verso il suo volto nel medesimo istante in cui un raggio lunare, sfuggito alla trappola delle perenni nubi di Forks, ne baciava il contorno.

Ritrovarlo così bello e di nuovo mio mi costrinse ad un sussulto.
Ancor più la risposta che venne dalle sue labbra piene e carnose.

"Io non ho più un cuore, Bella...Quantomeno, non ho più un cuore che batte.."
"Io invece dico di sì..."

Sapevo che mi stava fissando con sorpresa.

"D'improvviso pensi di potermi accettare di nuovo? Con tutte le complicazioni del caso? Pensavo non volessi più vedermi..." - Sussurrò
"Non ho mai detto che non avrei più voluto vederti...Era soltanto..."
"Difficile per te...Lo capisco" - Sospirò chinando il capo.
"Edward....Mi sei.....mi sei mancato." - Confessai in un soffio, tracciando il contorno della guancia con un dito.

Mi sentivo improvvisamente audace.

Non rispose.
Non subito, almeno.

"Mi sei mancata anche tu..." - Mormorò infine, così piano che pensai non desiderasse essere ascoltato realmente.

Prima che potessi dire una sola parola continuò.

"Non sai per quanto tempo ti ho aspettata, Isabella. Non sai per quanto ho desiderato saperti di nuovo fra queste braccia, per quanto fredde esse potessero essere..."

Ero certa che avrebbe desiderato piangere. Esattamente come stavo facendo io in quel momento.

"...Non ti chiedo di fingere che nulla sia cambiato. Sarebbe impossibile, lo è anche per me. Ma se credi di avere tanta forza per accettarmi, anche non subito, io sarò qui ad aspettarti per l'Eternità. La mia vita immortale è tutto ciò che mi resta adesso, ma non è nulla ed ha poco significato senza il calore di una famiglia e l'amore della persona che ami. E tu per me sei famiglia ed amore. Sai di casa, di dolcezza, di giornate di sole. Quel che eri prima per me, sei adesso. Anzi, forse ora vali anche di più, se possibile..."
"Io non ti ho mai perso, Edward..." - Constatai.
"No. E mai mi perderai se avrai il coraggio di volermi anche così, come sono adesso...Anche ora che le braccia con cui ti stringo sono più fredde di questa gelida notte...Non dovrei neanche chiedertelo, è terribilmente egoista da parte mia costringerti a vivere con me questa mia terribile esistenza. Ma io ti voglio ancora, Bella. Non ho mai smesso di volerti con me."


Di colpo tutti i pezzi della mia vita cominciavano a rimettersi insieme. Non c'era nulla di assurdo o sbagliato, tutto tornava ad avere senso.
Tutto tornava al proprio posto, nella sua esatta collocazione, in quella notte magica in cui Edward era di nuovo con me.
Perchè era di nuovo il mio Edward a parlarmi.
Con amore e trasporto.

Per quanto avesse sperato di tenermi all'oscuro dalla verità per tutto quel tempo e per quanto avesse sofferto di fronte alla mia reazione, ero certa che adesso, finalmente, riuscisse a sentirsi sollevato. Non più prigioniero di menzogne e sotterfugi, poteva ora condividere con me ogni singola sfaccettatura della sua nuova esistenza e sperare nuovamente di essere accettato e compreso per ciò che realmente era diventato.

Perchè se gli avessi sussurrato "ti amo", in quella notte, nessuna dichiarazione d'amore sarebbe stata più veritiera e ponderata.
Avrebbe significato che il mio amore era tanto grande da superare il limite imposto dal terrore, dallo sconcerto, dalla sorpresa, dall'irrazionale.
L'avrei amato molto pù di prima, molto più di quanto sia lecito per un essere umano.
Ed Edward avrebbe trovato una motivazione valida per andare avanti.


"Perdonami, Edward. Non sono stata abbastanza forte per tutto questo..."

Pose il suo dito gelido e liscio come il marmo sulle mie labbra dischiuse.

"Perdonarti di cosa, Bella? Dovresti perdonarmi tu per averti abbandonato..."
"No, Edward! Non è dipeso da te...Alice mi ha raccontato di Victoria, adesso so tutto....Sei una vittima quanto e forse più di me...Scusami tu per non averlo capito prima..."

D'improvviso irruppe in una risata.

"Smetteremo mai di scusarci l'uno con l'altra?"

Arrossii chinando la testa e poggiandola delicatamente sul suo petto.
Non mi ero mai sentita tanto protetta, al sicuro ed al caldo, paradossalmente.
Sapevo perchè: Edward era tutto ciò di cui avevo bisogno.

"Credo di no....Sai di buono, Edward..." - Mormorai premendo le labbra sul suo collo freddo.
"Anche tu. Posso assicurartelo" - Scherzò. Sentii i suoi muscoli contrarsi e compresi che stava sorridendo.

Sorrisi di rimando.
Il vento tornò a soffiare tra le fronde degli alberi intorno al noi. Il suo fischio acuto si insinuò nel silenzio della notte ed io rabbrividii.
Forse per il freddo.
Forse per l'emozione.

Edward mi strinse di più a sè.

"Non posso scaldarti, Bella. Dovresti tornare in casa..."
"Non voglio lasciarti...Ho tante cose da chiederti.."
"Credo che adesso ci sia tutto il tempo per stare insieme e parlare. Avrai tutte le risposte che vuoi ma domani, Isabella. Domani sarò qui solo per te. Ed anche nei giorni a venire, per tutto il tempo che vorrai. Avremo tutto il tempo del mondo."

Tutto il tempo del mondo.

Lo guardai con occhi speranzosi nel medesimo istante in cui un nuovo raggio di luna mi regalava, illuminandolo, una fetta visibile del suo bel viso.
Lentamente, si avviò verso casa, tenedomi ancora in braccio.

Quasi in trance poggiai infine i piedi in terra soltanto quando raggiungemmo nuovamente l'ingresso di casa.
Fu Edward a sciogliere la presa delle mie mani sulla sua camicia: francamente non mi ero neanche resa conto dell'energia con la quale continuavo ad afferrarlo.

La sua mano strinse infine, delicatamente, il mio polso, sollevando il braccio. Quando mi lasciò, sulla mia pelle candida brillava un ciondolo a forma di cuore. Penzolava da una corta catenella in argento e luccicava in maniera impressionante.

"Era di mamma, Bella..." - Sussurrò.
"Lo ricordo bene..." - Mormorai a mia volta, con occhi luccicanti. Elisabeth indossava sempre quel bracciale. Era, verosimilmente, il preferito tra tutti i suoi gioielli. Vederlo al mio polso mi procurò una fitta al cuore: il dolore per la sua perdita era ancora troppo grande.
"Vorrebbe certamente che fosse tuo, adesso. Ti amava, indiscutibilmente."
"Ed io amavo lei..."
"Lo so...E comunque, vorrei che lo tenessi tu anche per un altro motivo."
 
Lo guardai perplessa.

"Mi somiglia." - Continuò, ridendo. - "È freddo e duro. E, se esposto alla luce, irradia arcobaleni."

L'ultimo punto mi parve piuttosto oscuro e dovette rendersene conto.

"Oh, lo capirai presto. Appena splenderà il sole."
"In ogni caso, hai dimenticato la similitudine principale." - Intervenni.
"Ossia?"
"E' bellissimo. Come te. Lo sei sempre stato ma devo ammetterlo...L'immortalità ti dona."
"Sciocca che non sei altro!" - Rise, baciandomi la fronte ed il cuore sussultò ancora.
"Scusami. Non dovrei farti agitare tanto.."
"Non compiacertene troppo, Cullen!" - Scherzai.
"Questo è il mio regalo di Natale per te, Bella." - Continuò senza badare al mio gioco - "..Anzi, il regalo mio e di mia madre. E dopo questa notte così inaspettata, e così meravigliosa, credo ancora di più che sia tuo diritto averlo. Hai il mio cuore, l'hai sempre avuto. E forse, adesso, anche tu lo desideri."

Annuii appena.

"Buon Natale, Isabella."
"Buon Natale, Edward."
"Tornerò, domani."
"Ti aspetterò. Come la volpe con il principe" - Risposi sorridendo. Il Piccolo principe di Saint Exupery era il nostro libro preferito.

Una lieve carezza percorse la curva delle mie guance mentre Edward si volatilizzava nel nulla.
Nel vento, udii distintamente il suo "Ti amo."

Forse aveva deciso di scappare prima che potessi rispondere alla sua dichiarazione.
Probabilmente aveva paura, nonostante tutto, della mia reazione.

"Sciocco che non sei altro" - Mormorai richiudendo la porta alle mie spalle - "Avresti potuto aspettare la mia risposta...Ti amo anche io."





Angolo dell'autrice.

Vi ho fatto attendere molto anche stavolta ma spero mi perdonerete. Sono stata colta da una totale e dico TOTALE mancanza di ispirazione. Alla fine, quel che mi è riuscito di tirare fuori è soltanto questo...Non è molto, francamente, ho fatto di meglio, ma con tutta la buona volontà non mi è riuscito di scrivere altro...Insomma, spero apprezzerete comunque questo inaspettato riavvicinamento tra Edward e Bella...Come avrete capito questo capito si discosta un attimo dagli eventi ed ha come unico tema il "ritrovamento" tra i nostri due protagonisti...Bella finalmente ha riflettuto e d'improvviso ha capito di non riuscire più, realmente, a stare lontana da Edward...E questo è il risultato...Mi auguro che vi piaccia un pochino!
Sto per uscire, dopo risponderò a tutte le vostre precedenti recensioni....Grazie mille, siete fantastiche, non mi abbandonate mai....il vostro entusiasmo è commovente! Grazie a voi tutte, anche a chi si limita soltanto a leggere...Spero continuerete a seguirmi!
Vi auguro una buona serata

MaTiSsE!



   
 
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