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Autore: Dolcemaia    27/06/2003    4 recensioni
Premetto che questa fic è totalmente fuori da ogni schema! Ho calato i personaggi in un contesto completamente diverso da quello in cui è solito trovarli. Per ora non ha, e non credo avrà anche in futuro, riferimenti a serie particolari del manga! Buona Lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Due destini, una verità di Dolcemaia

Capitolo 1: L’incontro

Era una bella giornata estiva, anzi forse faceva fin troppo caldo per dover restare chiusa in casa per colpa dei suoi genitori. Non le avevano mai impedito nulla, ma quando si trattava dei loro impegni e della < Famiglia > erano davvero inflessibili, in particolare riguardo a quell’occasione. Chissà, poi, cosa avesse di diverso dal solito…

Bunny si stirò indosso l’abitino di lino a fiori che, probabilmente si era sgualcito, per come si era seduta sulla poltrona, accanto alla finestra.

Sapeva che sua madre odiava, che lei sedesse in quello strano modo, su quella benedetta poltrona ad osservare, persa in chissà quali pensieri, l’immenso giardino di casa sua. Lei voleva che fosse una ragazza elegante e con un certo stile, che non avrebbe mai assolutamente pensato di doversi contorcere, come una scimmia, per sedersi, ma Bunny si era sempre rifiutata ad appiattirsi a quegli schemi formali che volevano imporle, non le piaceva l’idea di apparire qualcosa che non era, soprattutto le sembravano convenzioni troppo stupide e bigotte per poter essere accettabili.

Per fortuna che c’era suo padre! Lo adorava, se non fosse stato per lui, quante sere senza cena avrebbe dovuto sopportare e quante liti inutili avrebbe dovuto affrontare con sua madre!

Praticamente lui le permetteva di fare qualsiasi cosa, spesso anche di nascosto da sua moglie, per lui, Bunny era la sua principessa e qualsiasi cosa era più che un ordine. Non si trattava solo una questione di beni materiali, quelli ne aveva fin troppi, i soldi non erano mai stati un problema, si trattava di quelle piccole soddisfazioni che solo determinate circostanze potevano dare. Per esempio, una volta da bambina aveva tanto desiderato di poter costruire una casetta su un albero del suo immenso giardino, ma sua madre le aveva ordinato di non toccare anche un solo arnese, dicendole che non erano cose da ragazzina per bene e allora sua padre, vedendola con gli occhi pieni di lacrime, gliene aveva fatta costruire un tutta per lei, dove avrebbe potuto rifugiarsi ogni volta che ne aveva voglia e che quello sarebbe stato il loro piccolo segreto… Il primo di una lunga serie…

Le sembravano talmente diversi i suoi genitori, spesso si chiedeva come avessero fatto ad innamorarsi l’uno dell’altro, come facessero ad essere ancora così uniti, nonostante litigassero spesso, come al solito per colpa sua, e se mai un giorno, anche lei, avrebbe amato così tanto un’altra persona.

Era davvero, tanto annoiata, i suoi le avevano categoricamente imposto di restare lì quel giorno, perché avrebbero avuto degli ospiti della < Famiglia > importanti e non poteva mancare, ma più sperava che tutto avvenisse il più in fretta possibile, più le ore scorrevano lente. Passeggiare per le stanze della casa, non l’aiutava a scacciare la noia, ormai conosceva a memoria tutti i quadri e tutti gli inutili soprammobili che sua madre continuava a far lucidare ed accatastare li uni sugli altri, sui mobili di antica fattura, che caratterizzavano ogni ambiente della villa in cui viveva. Spesso si era chiesta se gridando in una di quelle stanze, senza l’arredamento, avrebbe sentito l’eco della sua voce.

L’orologio sembrava battere lentissimamente ogni minuto, Bunny cominciava davvero a perdere la pazienza. Se avesse saputo che avrebbe dovuto aspettare così tanto, sarebbe andata via. Proprio per quel giorno le sue amiche avevano organizzato una gita al mare e con loro ci sarebbe stato Moran… Probabilmente, se fosse andata con loro, avrebbero avuto il tempo di parlare e forse sarebbe riuscita a capire se i commentini della sua migliore amica, Marta, e cioè che anche lui aveva un debole per lei, avessero un minimo di fondamento.

Le piaceva quel ragazzo, oltre il solito faccino pulito, era capace di infonderle una serenità inaspettata e una sicurezza che in fondo un po’ le mancava… Suo padre era sempre via per lavoro e per conto della < Famiglia > e sebbene avessero uno stupendo rapporto, le mancava la presenza costante di una figura maschile. Moran forse era un po’ troppo prevedibile nelle sue azioni, ma stare con lui sarebbe stato come firmare un contratto privo di rischi.

Se avessero terminato in fretta quel maledetto incontro, forse sarebbe riuscita a raggiungere i suoi amici, ma era quasi ora di pranzo e anche i suoi genitori sembravano, ormai, dispersi.

Tutto quel tempo sprecato per cosa, poi… Un pranzo con persone che più o meno aveva conosciuto in quelle stesse circostanze anni addietro, in cui si sarebbe sentita dire che era cresciuta e che era diventata molto bella, dopodiché sarebbe stata accantonata in un angolo e nessuno si sarebbe più occupato di lei. Ogni volta era lo stesso copione, parlavano e parlavano di affari, gli uomini, e di pettegolezzi da parrucchiere, le signore che si definivano dell’Alta Società, mentre lei in disparte era costretta ad ascoltare mentre gli occhi le lacrimavano per il troppo fumo di sigarette. Che tortura!

Sapeva di essere fortunata, viveva in una bellissima e grandissima casa, godeva di ogni confort possibile, tutto ciò che desiderava le veniva dato all’istante, ma quei pranzi e quelle cene, e quelle insopportabili feste a cui era costretta a partecipare le facevano desiderare di essere una ragazza normale, come tutte le sue amiche.

Normale… era una parola che ormai il suo vocabolario non ammetteva più, quante volte le era capitato di essere additata perché apparteneva alla < Famiglia >… quanto la odiava, quand’era piccola, piangeva disperata ogni volta che qualche sua amica rifiutava i suoi inviti solo perché apparteneva a quella specie di casta che tutti rispettavano e tutti evitavano come la peste… In fondo cosa poteva aver fatto di male lei, che era ancora solo una bambina?? Crescendo aveva cominciato a scartare a priori le amicizie, che sapeva già come sarebbero finite e pian piano tutte le domande che l’assillavano venivano accantonate in un angolino, preferiva non vedere, non sapere, non sentire… Ignorare era il modo migliore per affrontare una realtà che la spaventava troppo, forse un giorno ci avrebbe sbattuto la testa contro, ma per il suo bene e quello dei suoi genitori aveva evitato di andare oltre l’aspetto superficiale che era costretta a vivere della < Famiglia >…

Finalmente vide sua madre più agitata che mai, entrare dalla porta principale. Nonostante la considerasse una gran rompiscatole, pignola e pedante, sapeva che era una gran bella donna, alta, castana con un portamento molto elegante. Al suo confronto ogni donna impallidiva, sicuramente sarebbe stata bellissima anche con un paio di Jeans, che però, una signora come lei non si sarebbe mai azzardata a portare, Bunny in fondo, sperava un giorno di essere come lei, forse solo un po’ meno pressante.

"Bunny sistemati quei capelli… Aggiustati il vestito…. Ma ti avevo detto di mettere le scarpe col tacco… quando imparerai a camminarci, benedetta figlia mia… ormai è tardi, mi raccomando non fare niente, che io non farei… ti prego!"

Sempre la solita storia, ormai la ragazza conosceva a memoria la tiritera che sua madre puntualmente, ogni volta, le propinava. Per fortuna che stavano per entrare gli ospiti e nel bene o nel male non le avrebbe più potuto dir nulla, riguardo al suo comportamento.

La porta si stava aprendo, Bunny tirò un sospiro e si preparò a recitare la solita parte da brava ragazza.

Per primo entrò il suo padre in compagnia di un uomo, che le sembrava avesse un’aria familiare, dall’aspetto un po’ cupo quasi inquietante, poi fece il suo ingresso suo zio Jerry, che tanto adorava, a braccetto ad una donna piuttosto bella dagli occhi splendidi, che presumibilmente doveva essere la moglie dell’uomo entrato poco prima ed infine un ragazzo… il più affascinante che avesse mai visto…

Bunny restò di sasso, non si aspettava che ci fosse un ragazzo, probabilmente della sua stessa età, ma soprattutto che fosse anche così attraente. Aveva uno sguardo un po’ triste, ma parve anche lui piacevolmente sorpreso nel vedere la ragazza.

I loro genitori sembravano conoscersi da una vita, ma entrambi continuavano a chiedersi per quale motivo non si ricordassero l’uno dell’altra, certo non sarebbe stato possibile dimenticare una persona che ti fa battere il cuore all’impazzata come stava accadendo a loro in quel momento. Bunny fu bruscamente svegliata dal suo sogno ad occhi aperti da sua madre che ponendole una mano sulla spalla, le presentò i due signori davanti a lei e il ragazzo che non era ancora riuscito a staccarle gli occhi di dosso.

"Bunny, tesoro mio, loro sono i signori Chiba, credo che tu non possa ricordarti di loro, perché eri troppo piccola l’ultima volta che c’incontrammo e questo è loro figlio, Marzio!"

La ragazza salutò con cortesia che quasi sorprese sua madre, i signori Chiba, poi porse la mano a Marzio, il cui nome le sembrava quello adatto ad un angelo, che con galanteria inverosimile, gliela baciò, sconcertandola ancora più di quanto già era. Poi seguì i loro genitori che si avviarono in sala da pranzo.

Appena uscirono dalla stanza Bunny si lasciò cadere su un divano, con il viso stravolto e lo sguardo perso nel vuoto, suo zio rimasto con lei, non poté fare a meno di sorridere per la sua reazione. Che lui restasse a bocca aperta ne era certo, ma che addirittura anche la sua nipotina ne fosse colpita a tal punto proprio non l’immaginava.

"Bunny, tesoro mio – esordì, imitando il tono di voce della cognata, provocando un sorriso nella ragazza – tu hai capito chi sono, quelli nell’altra stanza?"

"Sono i signori Chiba, no, zio Jerry?"

"La mia nipotina… è già quasi una donna ed è ancora così ingenua… Quelli sono i Chiba dell’altra < Famiglia > e pare proprio che tu abbia fatto colpo su loro figlio, almeno quanto lui abbia fatto con te!"

"Ma smettila, e poi lo sai che a me non interessa nulla né della mia di < Famiglia >, né dell’ < altra > come dici tu! Ed ora andiamo di là, altrimenti la mamma comincerà a sbraitare!"

Bunny raggiunse l’altra stanza in cui nessuno, o quasi, si era accorto della sua assenza e sebbene sentisse lo sguardo del ragazzo, che tanto l’affascinava, fisso su di sé, la notizia che aveva appreso la sconvolgeva parecchio.

Aveva sempre creduto che non le sarebbe mai importato se i suoi amici o le persone che le interessavano, appartenessero o meno alla < Famiglia >, forse proprio perché la gente che frequentava era sempre al di fuori del micro-mondo in cui viveva, ma il fatto che la prima persona che aveva provocato in lei, migliaia di sensazioni diverse in un solo minuto, con un solo sguardo dall’effetto devastante, facesse parte del suo stesso mondo, che potesse aver vissuto i suoi stessi disagi, la univa e la divideva da lei.

Continua…

  
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