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Autore: Loveless    02/03/2011    0 recensioni
"Questo è ciò che sono
Un escapista, cercatore del paradiso..."

Prima dell'inizio della battaglia per la fine del mondo, durante il suo corso e dopo il suo epilogo, Seishirou Sakurazuka racconta tutto ciò che è rimasto in ombra.
I ricordi all'epoca di Tokyo Babylon, il legame che lo unisce a Subaru e a Fuuma, la sua "normalità", il suo desiderio...
E, forse, chi realmente lui sia.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hokuto Sumeragi, Fuuma Monou, Seishiro Sakurazuka, Setsuka Sakurazuka, Subaru Sumeragi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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"And you should always know, wherever you may go
No matter where you are, I never will be far away"



Non ho mai pensato che saremmo arrivati fino a questo punto. Lo ammetto ora, lo ammetterò all’infinito. Se lo avessi saputo, avrei ucciso Subaru non appena ho incrociato il suo sguardo – io tra i rami del Sakura, con un giovanissimo cadavere, lui ai suoi piedi, con gli occhi verdi sgranati fino all’inverosimili, quasi irreali nella loro totale innocenza. Se avessi avuto il dono di prevedere il futuro, e se avessi captato anche solo un momento di questo futuro, non l’avrei lasciato andare. Nessuna curiosità, nessuna scommessa, il filo che veniva reciso senza intoppi.
Invece, ora siamo qui. Questa è la conseguenza del mio errore. Credevo di saper misurare bene la distanza dei miei passi, anche se con un occhio mancante, ma mi sono spinto oltre. Non chiederò scusa per questo, né al Sakura, né a Subaru, né a me stesso. Vivere per sempre – come ho potuto pensare che ci sarei riuscito davvero?

Il corpo di Subaru è innaturalmente leggero. Pensavo che sarei crollato subito nel cercare di sorreggere il suo peso, invece riesco ad arrivare oltre lo shoji senza barcollare. L’aria fredda morde fronte e guance, ma forse è solo una mia impressione.
Il Sakura mi segue, guardingo. Non si fida più di me, mi tallona da vicino come se avesse paura che potessi fuggire di colpo, sparire per sempre per lasciarci morire entrambi.
Ma un Sakurazukamori non fugge. Un Sakurazukamori arriva sempre di fronte al proprio destino, prima o poi: e se è questo il modo in cui dobbiamo mettere fine a tutto, così sia.
Subaru non ha movimenti, quando lo appoggio con più delicatezza possibile ai piedi dell’albero. Più che un pupazzo inanimato, sembra una bambola dormiente. Resisto alla tentazione di sistemarlo meglio, in posizione fetale, in modo che non prenda freddo. La mano del Sakura sul mio braccio mi impedisce di agire.
- Come ti senti, Seishirou? – mi chiede, dopo un attimo di silenzio.
So quello che vorrebbe sentirmi dire, e rispondo come lei vorrebbe.
- Non sento nulla.
L’impressione è quella, di non sentire nulla, di non provare niente. Eppure sono dolorosamente consapevole del cuore che continua a pompare nel mio corpo, e di quanto sia gonfio di sangue e di fitte dolorose ed elettriche di cui non mi sono mai accorto. Immagino che sia quello che si prova, in casi come questi.
Inspiro, quando lei mi lascia il braccio, rassicurata, ed aspetta l’ultima mossa. Io guardo Subaru, e per un attimo spero che apra gli occhi e mi guardi. Ma non succede niente, ovviamente, ed io alzo il braccio. Non c’è stato nessun suono di campane scroscianti, quando ho avuto coscienza di ciò che mi aspettava, e non c’è nulla nemmeno adesso. Quando mi volto ed affondo la mano nel petto del Sakura, sento di stare facendo qualcosa a cui nessuno dei due era preparato, ed il fremito di dolore passa da me a lei.
Lei caccia un urlo di dolore, ed anche io urlo, anche se solo nella mia testa. Con un colpo della mano mi ricaccia indietro, e quel poco di forza che mi ha sorretto fino a questo momento svanisce. Abbasso lo sguardo giusto per vedere il mio petto che comincia a sanguinare. Sakurazukamori e Sakura, uniti fino alla fine.
- Pazzo! – urla il Sakura. E’ pallidissima, e furente, non moribonda, ma incredula. - Saresti davvero disposto a distruggere il mondo solo per un tuo capriccio, Seishirou? Di mettere a repentaglio la mia esistenza?
La ferita non è mortale, per lei; ma forse lo è per me. Riesco a sorriderle.
- Il mondo sarà distrutto comunque, Sakura-sama. Andiamo incontro alla distruzione insieme, allora.
Lei scuote la testa. Ora sembra immensamente triste.
- Seishirou, mio Seishirou. Guardati. Non sei né morto né vivo. Vivere come Sakurazukamori è tutto ciò che ti resta.
Mi ricordo di Subaru e di Hokuto, quando venivano a visitarmi nell’ambulatorio. Penso a Fuuma, il nostro Kamui, seduto nei sotterranei, con Nataku accanto. Penso a mia madre che sorride, il viso circondato dalle sue amate camelie.
- Forse mi resta qualcosa d’altro, Sakura-sama.
Lei abbassa la testa. La ferita è poco profonda, le basterà poco per guarire. Ma saprà sopravvivere senza un Sakurazukamori? Poi guardo Subaru e capisco. Capisco che lei sapeva che cosa avrei fatto. Sapeva che non sarei stato più capace di uccidere Subaru, ma voleva esserne certa. Quando morirò, sarà lui il mio successore. Lo renderà possibile. Avrà quello che vuole: la morte di un Sakurazukamori ribelle e la nascita di un altro, più docile, meno motivato alla disubbedienza. Ma prima mi ucciderà.
Il Sakura avanza lentamente. Rimango in ginocchio, senza la forza di alzarmi, e mi domando se, alla fine, non desiderassi anche questo - un legabile così labile da condividere assieme a Subaru, era questo ciò che volevo? Farlo diventare il mio successore nel prossimo gradino di questa scala di sangue?
Il Sakura si blocca di colpo, con una sorta di rantolo, prima che io senta distintamente, qualcosa che affonda nella mia spalla e strappa. Quando alzo gli occhi verso di lei, vedo la spada – la Shinken. Poi vedo il braccio che la impugna, e gli occhi dorati di Kamui che mi fissano al di là della sagoma del Sakura. Lui guarda le mie ferite e quelle dell’albero, e capisce la connessione. Non so quando sia arrivato, ma in questo momento mi sento grato del suo arrivo.
- Seishirou-san – mi dice sottovoce, - Che devo fare?
Il Sakura tenta di scostarsi da lui con uno scatto rabbioso, ma Kamui aumenta la presa ed affonda di più la spada. Lo spasmo di dolore che dalla spalla si ramifica fino alla testa mi torce le viscere come un pugno di ferro. I rami del Sakura si allungano verso Kamui, mentre un vento tagliente comincia ad ulularmi nelle orecchie, ma lui li respinge con un semplice gesto della mano. Non saprò mai la reale portata dei suoi poteri.
- Seishirou, - ripete.
- Vattene, - sibila il Sakura, - Tutto questo non ti riguarda, Kamui dei Chi no Ryu.
- Mi riguarda, fin dal momento in cui mi sono svegliato, - replica lui con calma, - E finchè il desiderio non sarà esaudito, continuerà a riguardarmi.
Penso a mia madre. A Subaru. Penso, mentre il sangue continua a scivolare via. Poi faccio un cenno lievissimo verso Kamui.
- Non ti preoccupare, - gli dico. Lui esita.
- Kamui, - ripeto, - so quello che faccio.
Lui estrae lentamente la Shinken. Non appena il Sakura fa per allontanarsi, le pianta la spada nel collo.

Vedo buio, un buio completo. Kamui mi sorregge e e tiene una mano premuta contro la gola, credo, perché non ho la forza di alzare la testa.
- Seishirou, - lo sento mormorare, - Che hai fatto?
- Portami più vicino a lei, - rantolo.
Lui obbedisce. Lo sento sostenermi, e quando sento di nuovo la terra gelata sotto le mani riesco ad aprire gli occhi. Davanti a me non c’è altro che una scena sfumata ed indistinta, come se fosse coperta dalla nebbia. Vedo il corpo scuro vicino a me e cerco di puntellarmi su un braccio, mentre con l’altro vado a frugare nella ferita ancora aperta – ogni movimento passa attraverso di me, il suo dolore è anche il mio – finchè non sento pulsare il cuore sotto i polpastrelli. Il cuore del Sakura.
Comando alle mie dita di avere ancora un po’ di forza, solo per un po’, stringo il cuore più forte che posso prima di abbassarmi ed affondare i denti.

Rivedo mia madre, seduta davanti a me sul tatami, dall’altra parte del tavolino – casa nostra, la riconosco. C’è anche Hokuto, con un vestito multicolore e campanelle d’argento intrecciate fra i capelli. Ho l’impressione di essere ospite di una festa a cui non mi sono presentato particolarmente ben vestito. Hokuto piega la testa verso di me, con un sorriso radioso, ed i campanellini tintinnano.
L’immagine svanisce. Ora siamo io ed il Sakura, insieme nello stesso ritaglio di bianco accecante. Lei rimane sdraiata su un pavimento che non esiste, con i capelli lunghissimi e scuri che si attorcigliano fra loro. Assomiglia ad una bambina abbandonata.
- Quindi è così che finisce, - mi dice, - Non è vero?
Annuisco.
- Potevi scegliere, ed hai scelto. Quello che mi domando è se sei consapevole di che strada hai intrapreso.
- Non lo so. Non importa.
Lei alza gli occhi. Ora sono dello stesso colore dell’acqua. La sua aura, il suo atteggiamento, è totalmente diverso. Non è quello che conosco io.
- Tu non sei il Sakura.
- Una volta ero come te, Seishirou. Ero umana. Spesso hai pensato che somigliassi a tua madre, non è vero? Ma in realtà è lei che somigliava a me. Il Sakura non assume la forma che vuole. Usa i corpi di chi è sepolto sotto le sue radici. Io sono stata una Sakurazukamori, proprio come lo sei stato tu.
Sostiene il mio sguardo, mentre parla, ma sento un progressivo cedimento nelle sue parole, come se si stesse spegnendo lentamente, come una fiamma rimasta senza stoppino.
- Il mio cuore era parte di quello del Sakura. Una volta riuscivo ad avere una mia autonomia, ma col tempo il suo potere è cresciuto, e mi ha sopraffatto. Quella che hai sentito negli ultimi tempi era la voce del tuo Sakura, non la mia. Ed ora, Seishirou, hai scelto di subentrarmi. Sarai tu il suo corpo e la sua voce?
Quando allunga una mano verso di me, mi piego sulle ginocchia per farmi toccare. Le sue dita mi sfiorano i capelli sulla fronte, ed è inutile che io mi ripeta che non è un momento che non sto vivendo davvero.
- Il rito del passaggio dei Sakurazukamori… Il potere che passa attraverso il cuore. Il cuore è l’unica cosa che i Sakurazukamori colpiscono, un solo colpo che uccide. Il Sakurazukamori assorbe così i poteri del suo predecessore, e poi divora ciò che rimane. E’ un rito più antico di noi.
- Mia madre mi ha detto le stesse parole.
- Sì, - dice lei, - Setsuka. Nel suo amore cieco verso di te, forse è riuscita a vedere addirittura più lontano di quanto tu stesso non sia riuscito a fare.
- Forse.
- Io me ne andrò, adesso. Il mio corpo si dissolverà e la mia anima tornerà sola all’albero. Ma nemmeno tu potrai vivere senza un Sakurazukamori, quando tornerai nel mondo reale e farai parte del Sakura. Sarai lui. Forse un giorno ti succederà la stessa cosa che è successa a me… Sarai solo un guscio per la sua volontà, non sarai più quello che sei ora.
- Solo se non sarò abbastanza forte.
Lei sorride, quasi serena.
- E’ vero. Potresti farcela, se la tua volontà sarà più forte di quella dell’albero. Ma ora devo andare, e tu devi tornare indietro. Il Sakura concede sempre un tempo limitato.
- Non so come chiamarti.
- E’ passato molto tempo. Non lo ricordo nemmeno io.
- Tsubaki, allora, - dico, - Mia madre amava le camelie. Arrivederci, Tsubaki-sama.
Lei stacca la mano dal mio viso. La sua pelle si assottiglia come carta, rendendola quasi trasparente, i capelli diventano color cenere e sbiadiscono fino all’annullarsi nel biancore accecante.
- Addio, Seishirou-sama, - dice. Poi, di colpo, scompare.

Il mio sguardo si fissa in alto. Lascio che il mio occhio sano si abitui alla luce, mentre prendo coscienza di avere un corpo, una sensibilità dolorosamente acuta, di avere un petto ed un collo privo di buchi o ferite. Respiro lentamente. Sento le mie labbra stendersi da sole, quando torno a vedere di nuovo. L’aria sembra così limpida, ora.
- Ben svegliato, Subaru-kun.
E’ la prima cosa che vedo: gli occhi di Subaru, finalmente vivi, finalmente consapevoli ed asciutti. Mi sorregge come prima ha fatto Kamui, ma sta tremando. Abbassando lo sguardo, vedo le chiazze di sangue non ancora del tutto seccate sulla camicia.
- Seishirou-san – dice lui, ma non riesce ad aggiungere altro. Appoggia la fronte contro il mio petto, tremante per dei singhiozzi senza lacrime e senza dolore. Mi permetto un sospiro più profondo. Kamui, seduto a poca distanza da noi, pulisce dalla Shinken gli ultimi rimasugli di questa breve battaglia.
Riesco a capire, guardandolo, che ha visto ciò che voleva. Ha visto anche la parte segreta del rituale di successione, e ne ha compreso il senso. Lui è come me, in fondo. So che, se gli chiedessi di diventare il nuovo Sakurazukamori, acetterebbe. Ma sappiamo tutti e due che non possiamo.
- Cosa farete, ora? – ci chiede, dopo che Subaru mi ha aiutato ad alzarmi in piedi. Subaru non gli concede il beneficio di una risposta ma mi guarda dritto negli occhi. Non mi chiede nulla, ma mi rigira in silenzio la domanda. Aumento la presa contro la sua schiena.
- Possiamo seguirlo, Subaru-kun.
E poi parleremo, aggiungo mentalmente. E poi ricorderemo, e poi ci scontreremo, e poi ci rinfacceremo i nostri errori, e poi alzeremo la voce, e poi troveremo la nostra pace nelle nostre solitudini condivise. Mentre muoviamo assieme i primi passi dietro Kamui, sento Subaru vicino a me come se fosse legato da un filo spinato. Non mi lascerà, nemmeno se gli staccassero un braccio, un occhio, una gamba, la vita. Ora che è qui, rimarrà.
Prima di attraversare lo shoji, mi giro per guardare il Sakura. La sua voce è muta, la sua calma è assoluta, la fame è riempita. Forse c’è ancora speranza, per noi.







Note dell’autrice: Ovvero, la vergogna colpisce ancora. Dopo quasi un anno che non scrivo fanfic ma tutt’altro, sono riuscita a riprendere in mano Escapist. Avevo quasi dimenticato come volevo far finire questa fan fiction, ma il tempo mi è servito per snellire questa scena di parecchio. Prima era una battaglia enorme e noiosa che non finiva più… Ed io ho sempre avuto una certa avversione per descrivere le battaglie, devo ammetterlo. C’è chi si diverte, a me sembra di scrivere una serie di azioni robotiche: tizio fa questo, questo e quest’altro, mentre la tizia risponde così e cosà… Il cielo mi scampi dallo descrivere le battaglie!
Questo era il penultimo capitolo. No, c’è ancora qualcosa che devo dire sul finale, e non lo farò qui. Avrei potuto aggiungere l’epilogo direttamente a questo capitolo, ma alla fine ho deciso di no. Abbiate pazienza. Lo posterò fra un mesetto – e questa è una promessa di cui mi faccio carico volentieri. Fra un mese spaccato – o anche fra due settimane, se volete – vi trovate l’epilogo e basta. E’ stata un’avventura lunga ma è quasi conclusa.
E’ stato una conclusione che vi aspettavate? Spero sinceramente di no, perché io stessa mi sono sorpresa ad immaginarlo completamente diverso, almeno nell’idea originale che ne avevo ;P Ma se è stato così, beh, ho pronto il cilicio per fare penitenza, visto che odio le cose scontate e prevedibili XD
Bene, eccoci qua. Siamo quasi al gran finale, gente! Resistete!
(Dimenticavo di rendere grazie alle persone che hanno messo questa storia fra i preferiti o fra le storie da seguire, almeno negli ultimi mesi. Ma non vi preoccupate, i ringraziamenti particolareggiati li avrete all’ultimo aggiornamento. Intanto, grazie!
Ah, e dovrò anche ricordarmi di leggere alcune delle nuove storie presenti in questa sezione; devo solo aspettare di avere un po’ di tempo e tranquillità per godermele!)
See ya!
  
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