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Autore: Pinca    02/03/2011    3 recensioni
storia forse senza senso. un intreccio di intrallazzi che coinvolgerà una serie di personaggi in situazioni imbarazzanti. insomma, tanto per rompere la monotonia.... ok, non so che scrivere.... ciao!
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sorpresa, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Questa proprio non so da dove mi sia venuta! Dovrebbe essere comico, senza pretese… insomma, ho deciso di buttarmi sul leggero come prima storia su hetalia. E poi avevo bisogno proprio di svagarmi. Ho buttato tutto giù l’altra notte, quindi non so cosa ne sia uscito.
Il resto lo posterò domani, ciao!
Pinca!^^




 Lovino era un tipo tutto particolare, non che l’altra avesse un piglio assai differente, ma lui riusciva a batterla. Insomma, Spagna era arrivato al congresso e già aveva storto il naso, Egitto era arrivato e aveva sbuffato, Grecia aveva portato un gatto e non si era risparmiato la critica, a Turchia lo aveva snobbato. Aveva tirato avanti così per tutto il tempo, a ogni paese che arrivava a Napoli per quell’incontro sulla cooperazione dei paesi mediterranei.
Alla fine, riuscito a svincolarsi dalle, a suo dire, eccessive attenzioni di Spagna, che in verità non aveva fatto altro che salutarlo da lontano durante il rinfresco, si ritrovò accanto a una silenziosa e attenta Sicilia che lo studiava con un misto di noia e insofferenza.
-Non lo sopporto!- sbottò fissando guardingo in direzione di Antonio, che tutto stava facendo fuorché pensare a Lovino.
Sicilia infatti aggrottò le sopracciglia perplessa.
-È solo un’Italia numero due, e guarda come si atteggia!-
Sicilia si limitò a fissarlo per quegli abbondanti venti minuti, il tempo di sentir definire Grecia “solo un’ottima discoteca”, Egitto “mummia” e le imprecazioni una volta accortosi della presenza di un certo francese mezzo frufru che si aggirava presuntuoso facendo gli onori di casa.
-Quell’idiota di Feliciano! Non mi ha detto che c’era anche quel ricchi…-
Sicilia sospirò scambiando finalmente un’occhiata col caro Lovino.
-Non lo sopporto!-
-Al francese?-
-Feliciano!- chiarì Lovino tornando ad affacciarsi verso il giardino della regia di Napoli pieno di gente intenta a mangiare tra gamberetti in salsa rosa e cuscus. –Lui se ne va a Bruxelles a fare lo splendido e a me mi lascia queste improvvise sorpresine che mi organizza in casa mia. Manco servissero a qualcosa poi! È tutta una presa per il culo! Lo sai perché lo fa?- chiese in fine voltandosi verso la ragazza che non si scompose minimamente, come al solito. Il caro Lovino si agitava in maniera sproposita per qualsiasi cosa, lo conosceva troppo bene.
-Mi da il contentino, crede di farmi sentire importante così!-
-Oh poverino!- fece atona Sicilia, impassibile restando pianta davanti a Romano, che a quella risposta rimase zitto. Zitto a fissarla con tanto d’occhi, esaltato come era, per una buona manciata di minuti.
-Era sarcasmo questo?- chiese infine, serio.
Sicilia non gli rispose. Dopo un attimo di silenzio schioccò la lingua e si incamminò fuori dal palazzo reale, seguita a ruota da Romano che certo intenzioni non aveva ti tornare e prendere il posto di Francis, che intanto ocaleggiava a destra e a manca per i giardini reali.
-E allora… Etna, che vorresti dire con quel sarcasmo?- le chiese quando furono abbastanza lontani.
Lei si limitò a fare spallucce, proseguendo a camminare per le strade d’Italia svogliatamente.
Lovino sbuffò rassegnato, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni, ma non resistette per altri due passi. Estrasse una mano e, fermandosi in maniera plateale in mezzo alla strada, iniziò a sventolarla per aria.
-Pure io, ma che vado a pretendere, eh? Mi trovo con la persona più loquace della Terra!-
-Che ho da dirti?- fece lei sminuendo la faccenda e andando a vanti. –E poi ricorda Lovino, le parole, poche ma buone!-
-E già! Poche ma buone…- sbuffò lui continuando a decantare in mezzo alla gente che si voltava sorpresa verso di lui. –Ma le dicessi due parole di fila!-
-Ma com’è che ogni volta che esco con te mi devi sempre fare una delle tue sceneggiate napoletane?-
Lovino sgranò gli occhi e la guardò dalla testa ai piedi. –Sceneggiate?- chiese scandalizzato allargando le braccia come mostrare al mondo che non stava facendo, per l’appunto, sceneggiata alcuna. –Quali sceneggiate!-
-No, per carità!- fece lei alzando le mani e facendo un passo indietro.
Romano rimase zitto a fissarla, proprio come prima mentre erano ancora alla reggia.
-Anche questo è sarcasmo?-
Etna sospirò e passò un braccio intorno alle spalle del ragazzo, accompagnandolo lungo la passeggiata alberata.
-Ascoltami bene…- Lovino aggrottò le sopracciglia e si concentro il più possibile. Quando Sicilia iniziava una frase con “ascoltami bene” e assumeva quel tono confidenziale, quell’atteggiamento sicuro e spavaldo di chi sa bene cosa fare ma preferisce mantenere un certo riserbo, voleva dire che qualcosa di grosso lo stava per dire.
-Tu m’ha spiegare una cosa,- proseguì lentamente facendo schioccare la lingua e, quasi in maniera snervante, che fece annuire più volte Lovino per l’impazienza, le punte delle dita della mano libera si unirono per poi riaprirsi più volte. E mentre diceva questo Sicilia guardava fisso il marciapiede, come a ragionare sul da dirsi. –com’è che, gira e vo(l)ta, vo(l)ta e gira, chi capita capita, sempre antipatico ti sta?-
Proseguirono camminando lentamente. Romano ammutolito, a riflette su quanto detto. Etna a quel punto si fermò e ritirò il braccio dalla spalla di Lovino, rivolgendosi finalmente a lui guardandolo dritto in faccia.
-Eh, ha parlato la simpaticona!- sbottò Lovino teatrale sventolando una mano per aria.
-Senti, Spagna ti sta seduto qua, quell’altro pure, l’altro ancora peggio…- fece toccandosi ripetutamente lo stomaco con le dita. -Germania poi, per favore, manco a parlarne! Quello ha il posto riservato ai piani inferiori! Ci hai fatto pure il trono per farlo sedere ancora più comodo! Ora tu, mi devi dire, chi non ti sta sullo stomaco!- concluse aspettando la risposta dal ragazzo che gli stava di fronte.
Ma Romano non rispose, rimase in silenzio per diversi secondi, per poi superarla con passo spedito, fissando un punto indefinito dietro di lei che si voltò incuriosita.
Dopo una decina di metri Romano si fermò, proprio al centro di una bellissima piazza piena di turisti e palombi. Sicilia incrociò le braccia e sospirò scuotendo la testa.
No, non rimproverava lui, ma se stessa per non essersi saputa dare una risposta ben ovvia per lei che lo conosceva fin da quando era piccolo.
Romano sospirò continuando a fissare l’oggetto di grazia e costumanza fermo, incerto, in mezzo alla folla. Una bellissima madonnina, confusa e incerta che si guardava attorno alla ricerca di cosa?
E come era bella! Con un vestito lungo, dalla gonna gonfia, a fiori chiari che scendeva seguendo la linea esile delle spalle e dei fianchi. E il collo, esile, candido lasciato scoperto da un dolce caschetto ramato con sopra un cappelluccio verde, poggiato di sguincio e pieno di fiori.
Il cuore si gonfiò di gioia alla vista di tanta bellezza, così confusa e incerta. E pregava che si voltasse e gli mostrasse il suo volto per intero e non semplicemente il profilo del suo delicato nasino. Aspettava lui, ora ne era certo, aspettava un suo bacio!
-Allora! Ti muovi o hai intenzione di restare a fissarla da lontano?- lo fece trasalire Etna. Quello quando vedeva le femmine non ci capiva più niente!
Romano si irrigidì e poi si decise. Azzardò un passo, e gli altri vennero da soli. Come era bella, a ogni passo lo diventava sempre di più.
Ma lei si mosse, improvvisamente, e Romano automaticamente si piantò sul posto come se avesse paura di essere scoperto da non sapeva bene chi.
La ragazza dal capellino in fiore, stava camminando con passo incerto verso i tavolini di un bar, attraverso i turisti, che Romano maledisse senza esitazione ogni volta che gli occludevano quella meravigliosa vista.
Come si chiamava la graziosa la ragazza dal cappellino in fiore? Maria? Che nome dolce! O Carmela, come la bambola? No, Maria, questo era il suo nome, aveva deciso! La bella Maria.
Quando Maria si fermò davanti ai tavolini continuando a guardarsi confusa attorno, lui riprese a camminare determinato e sicuro.
Ed eccola, sempre più vicina, e ora ad un passo da lui, col suo cappelluccio sulla testa.
-Signorina!- la chiamò quando se la trovò davanti. Il profumo dei fiori lo inebriò e già si immaginava le sue dolci labbra baciarlo, piegarsi in un sorriso.
-Fa un buonissimo profumo di fiori lo s…- ma le parole gli morirono in gola, non appena Maria si voltò e se la trovò di faccia.
No, nessuno splendido sogno andò in frantumi come uno specchio. Semplicemente dopo aver messo pienamente a fuoco il quadro… deplorevole che si trovava davanti, si sentì gelare.
Un mancamento, si stava sentendo male!
-Oh mamma!-
Barcollò all’indietro e la sua ex Maria si affrettò ad afferrarlo per un braccio allarmata da una repentina mancanza di colore dal viso del giovane, lì lì per svenire.
-Oh mamma, lassam… lassam!- disse scostando malamente le mani della persona che gli stava di fronte.
Fece qualche passo indietro strofinandosi una mano sul petto. –Marò, mi sento male…- soffiò come in preda ad un attacco d’asma. –Male, male… Etna!- iniziò a chiamare a gran voce come un disperato, inspirando ed espirando con forza.
La ragazza di fronte a lui, mortificata, preoccupata all’inverosimile cercava di avvicinarsi, ma più ci provava e più Romano si allontanava.
-Etna!- continuò a chiamare lui.
Sicilia arrivò di gran carriera e si trovò a soppalcare tutto il peso di Romano che le passò un braccio intorno al collo, continuando, a suo ben dire, la sua sceneggiata clou.
-Tu… tu me vuoi fa’ murì a me!- continuava a farneticare Romano respirando affannosamente. –Me vuo’ fa murì?! Eh…-
La ragazza fece qualche passo indietro quasi in lacrime per l’accaduto.
E così, tutto d’un botto, Romano si tirò su e si avventò contro di lei, prendendola per il maglioncino e strattonandola avanti e indietro, mentre Sicilia si precipitava a bloccarlo passandogli le braccia intorno al torace.
-Me vuo’ fa murì?! Eh? Strunz! Come ti sei vestito? Che si ricchion pure tu!?-
E tra le lacrime e uno strattone, un “ve~” sofferto sfuggì dalle labbra del fratello più piccolo della gloriosa casata italica, e un “Ma Doitu….” che non ebbe tempo di essere commentato che un guanto raggiunse la guancia di Romano schiaffeggiandola.
-Tolga immediatamente le mani dalla signorina, Sir! La sfido a duello!-
 
 
 
 
 
 
   
 
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