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Autore: Ofelia di Danimarca    04/03/2011    0 recensioni
Due persone, due mondi lontani un abisso...ma, forse, lo stesso sguardo disincantato verso il mondo...e una strana pressante voglia di far parte della vita dell'altro. Claudio Rizzo e Monica Morucci
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma perché questa campana non si decide a suonare?
Sì, sono strana, lo ammetto. Odio la ricreazione.
Non mi è mai piaciuta, in generale; ma da quando sono qui al Colonna, mi è veramente diventato difficile sopportarla.
 
Gente che si ammassa nei corridoi..gruppetti di ragazze che si mettono in cerchio e iniziano a ridacchiare facendo commenti stupidi sugli altri studenti… e infine, la perla: i pettegolezzi nei bagni.
 
Oggi è stato l’esempio perfetto. Non faccio in tempo a mettere entrambi i piedi sulle piastrelle blu e verdi del bagno che sento Costanza e Valentina che parlano- di me, ovviamente.
E non certo in termini di elogi… sono convinte che a rubare i soldi destinati al nuovo laboratorio di arte-e-scienze sia stata io. Fantastico.
 
In realtà, anche se mi indigna, non mi stupisce affatto che la IIIA veda in me la colpevole di questa, come chiamarla, improvvisa sparizione di soldi.
Loro non mi conoscono.
I miei compagni finora hanno visto solo una parte di Monica Morucci- la peggiore.
La maggior parte delle volte sono stata intrattabile, e ce l’ho messa tutta per fare polemica con molti di loro se non tutti…
…certo, loro si sono comportati da veri stronzi, si sono sentiti punti sul vivo e minacciati dai miei discorsi…
…ma io…forse non sono stata da meno.
 
Mi mordo il labbro, e controllo nervosamente l’ora dal cellulare, con la batteria che sta per esalare l’ultimo respiro. Ma non l’avevo messo in carica ieri sera?
 
Finalmente per il corridoio risuona il trillo impertinente della campanella.
Mi sento come un leone in gabbia, vorrei entrare in classe, puntare lo sguardo sui miei compagni, sul prof, vorrei urlare che no, mi dispiace per loro ma stavolta hanno preso un granchio, i soldi per l’aula non li ho presi io, non sapevo neanche dove stavano e chi ce li aveva…che il furbo l’aveva fatto qualcun’altro- qualcuno che probabilmente ora se la sta pure ridendo alla grande dietro le mie spalle…e penserà che sono scema, a non dire nulla e lasciare che credano sia colpa mia…
 
Mi allaccio la felpa, sistemando la manica destra semiarrotolata su sé stessa.
So che se faccio anche solo una delle cose che sto pensando, il tutto mi si ritorcerà contro, e il sospetto che sia stata io a rubare diventerebbe nel giro di un momento una certezza nella mente di tutti- bella fregatura.
 
Ormai i corridoi sono quasi vuoti.
A testa bassa, mi dirigo anch’io verso la classe, voglia zero e portata avanti solo da uno strano senso del dovere, che, sinceramente, non so nemmeno io dove ho pescato.
Non mi resta che farmi andare bene questa situazione, con tutte le rotture che comporta.
 
Passo davanti alla macchinetta delle merendine, sono quasi davanti alla IIIA.
 
Improvvisamente mi accorgo che il corridoio non è vuoto.
Claudio Rizzo sta camminando nella direzione opposta alla mia, e quando mi accorgo della sua presenza, lui mi sta già osservando.
Istintivamente, abbasso lo sguardo.
- Bella faccia!
Lo gelo con un’occhiataccia. Ma che vuole?
- Senti, evita, eh!
Mi aspetto che continui a camminare per la sua strada e si allontani. Invece me lo ritrovo che mi cammina al fianco.
- Bene, allora ti accompagno in classe.
Forse non ho sentito bene. Continuo a guardare verso il basso, davanti a me, ma con la coda dell’occhio sento che mi fissa con quella espressione da come-se-niente-fosse che già gli ho visto fare, in bagno, la prima volta che l’ho incontrato. Irritante.
Mi impongo di guardarlo in faccia.
- Mi spieghi che cosa vuoi?
Il mio tono è fermo. Lo fisso negli occhi, aspetto che si spazientisca.
- Ho parlato col prof l’altro giorno…con Cicerino – inizia a frugare nella tasca dei jeans – mi ha detto che anche tu sei interessata a fare l’esame per il corso estivo alla Normale.
Il suo sguardo mi passa da parte a parte. Non riesco a concentrarmi su quello che mi sta dicendo. E’ assurdo.
- Tieni – mi porge un foglio – è la domanda di ammissione.
Rimango per un attimo interdetta. Anche lui con questa storia della Normale…afferro il modulo.
- Ma a te che ti frega di darmi ‘sto coso? Cioè, che te ne viene?
Guardo il foglio, poi di nuovo lui.
Mi hanno raccontato qualcosa di Rizzo. Costanza, Margherita…mi è capitato di sentirle parlare di lui. E il quadro che ne è uscito è più o meno in linea con quelli degli altri miei cari compagni di classe.…so per certo che Cook non lo sopporta, anche se non ho ancora capito perché, e non glielo voglio chiedere.
Ma allora, perché mi stava addosso con questa storia dell’università?
In più mi fissa, continua…e ha uno strano lieve sorriso sulle labbra che non riesco a capire.
- Lo faccio anch’io l’esame… è solo che io mi annoio a studiare da solo.
Lo vedo mentre sposta gli occhi da me al foglio, poi ancora a me.
Scuoto la testa.
- No, tu non hai capito…e poi ‘sto corso a me non mi serve a niente.
- Può darsi – e alza le spalle – però intanto pensaci.
Che faccia tosta. Lo guardo con aria di sfida.
- D’accordo – piego il modulo in 4 e lo faccio sparire nella tasca posteriore dei pantaloni.
Lo vedo che osserva il mio movimento e ha un’aria vagamente compiaciuta… ci mancava.
- Contento adesso?
Fa uno strano schiocco con la lingua, poi sorride.
- Brava!
E si allontana.
Mi ha lasciato di nuovo di sasso.
 
 
 
 
 
Quando rincaso quel pomeriggio non c’è anima viva.
Mia madre dev’essere da qualche parte con l’ingegnere, forse l’ha accompagnato a fare la spesa… o magari lui aveva solo voglia di un giro tra la concitazione delle vie di Roma.
C’è una calda luce aranciata, sono le quattro e il tramonto è dietro l’angolo…persino le tende di camera mia, così bianche e anonime, sembrano più belle col sole che entra- non più così anonime…
 
Mi butto sul letto senza curarmi dei due libri aperti che ci ho lasciato sopra stamattina… il disordine in effetti è quasi imperante ma io non ho voglia di preoccuparmene… posso fare di meglio, posso affondare la testa nel cuscino, sgombrare la mente e chiudere gli occhi…free your mind, non era così che diceva Morpehus a Keanu Reeves in Matrix? Me lo dovrei rivedere. 
 
Al mio nokia evidentemente questi pensieri non piacciono, li vuole interrompere… lo sento vibrare nella tasca del giubbetto.
Non è l’Eletto che mi chiama.
E’ il ragazzo delle consegne.
- Ah, ciao, Cook.
Lo ascolto distrattamente mentre mi dice di avere avuto un non so quale imprevisto collegato in  maniera strana a una qualche figura di merda che, parola sua, lo tormenterà a lungo negli anni a venire…
La morale è una: lo devo sostituire in pizzeria.
- Sei messo male Daniele…lavori da una settimana e già mi chiedi favori in ginocchio? Mi sa che non duri a lungo, e dovrai tornare a chiedere la paghetta…
Proteste dall’altra parte. Ma alla fine, non so perché, accetto quasi di buon grado.
 
Sento un bisogno quasi fisico di un giro in motorino, e dunque quale occasione migliore.
Metto in moto verso la pizzeria, sento l’aria di fine autunno farsi sempre più pungente tutt’intorno… e sfrecciando così, nel freddo, riesco per un po’ a sentirmi leggera pur col cuore pesante come piombo. Sono come un mattone con le ali, pesante e insieme leggera, col vento che mi porta via per un attimo dalla mente mia madre sola, i miei compagni, quei soldi che avrei rubato ma che non ho mai visto, le insistenze di Cicerino, i casini di Cook, lo sguardo di Rizzo….
 
Mi fermo a un semaforo che sembra essere rosso da una vita.
A dire la verità, beh, quell’ultima cosa… non sono così sicura di volermela scordare stasera.
Non so perché ma mi viene da sorridere.
Stamattina l’avrei volentieri mandato a quel paese, invitandolo a farsi i fatti suoi, per dirla in modo gentile.
Io invito sempre tutti a farsi i fatti loro, quando tentano di approcciarmi. Cicerino stesso ne sa qualcosa- ok, lo ammetto,quello era un tema da schifo- ma lui, invece, non sono riuscita a mandarlo a quel paese stamattina. E chi lo sa il motivo.
Sicuramente mi sto sbagliando, ma pareva che gliene fregasse davvero di me. Tutta quella storia dell’esame e del corso estivo all’università…non sembrava detta per dovere, o tanto per essere cortesi e gentili.
E’ la prima volta che qualcuno in quella scuola mi ha parlato come se davvero ci tenesse alle cose che mi stava dicendo, come se davvero le pensasse…e non per pietà, o senso dell’educazione.
Mi sistemo il casco, riparto, penso a quella sua espressione così algida, inafferrabile……il prototipo di faccia ideale per uno stronzo, a pensarci…
…perché stronzo dev’essere, così Cook l’ha definito una volta, così è la sua vaga fama che gira per la scuola, e così sembra apparire mentre cammina in silenzio lungo i corridoi della scuola col collo della camicia alzato…
…eppure a me stronzo non mi è mai sembrato, manco quando mi ha fissato là nei bagni e mi ha scroccato una sigaretta…no.
Mi è sembrato bello.
E mi è sembrato solo.
Di nuovo mi ritrovo a sorridere, ma che mi prende? Sto andando al lavoro e non c’è un cazzo di cui sorridere. Eppure…
 
- Oh, Monica! Ciao!
Ma di chi è ‘sta voce?
Spengo il motorino, mi tolgo il casco e vedo Daniele.
- Cos’è uno scherzo?
Mi tolgo un ricciolo dalla faccia mentre cerco di capirci qualcosa.
Lui sorride e si rigira tra le mani un aggeggio nero- un lettore mp3 a occhio e croce.
- Stupita? Ti ho fatto una sorpresa. La storia della figura di merda con la mamma di Pregoni era tutta una farsa. Era per farti uscire. Dai, ti offro una Heineken…ti ho pure portato Leonard Cohen da sentire…
Ho deciso che lascerò alla birra il compito di suggerirmi se insultarlo o ringraziarlo.
 
 
 
 
Ringrazio Sally Brown per aver apprezzato il primo capitolo e la coppia Claudio\ Monica... grazie!
Recentemente ho rivisto "I liceali 2" e ho sentito l’impulso di scrivere per approfondire la loro storia che mi ha colpito tantissimo! :-)
 
   
 
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