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Autore: Tears_and_Rain    06/03/2011    10 recensioni
Isabella Marie Swan è una giovanissima star di un noto studio legale di New York City. Fidanzata con l’uomo ricco che tutte desiderano, pochi minuti della sua consulenza valgono una fortuna. Lavora giorno e notte e, anche se non lo vuole ammettere, è tutta concentrata sulla carriera. Ma proprio mentre aspetta con ansia di essere nominata socio si accorge di aver commesso un errore che le costerà il posto. Come se non bastasse viene mollata dal futuro marito e la sua vita in poche ore va a rotoli. Per distogliere l'attenzione dal "disastro" scappa a Las Vegas per svagarsi almeno per un week-end. Dopo una notte travolgente e qualche bicchierino di troppo la sua vita cambierà radicalmente grazie ad un uomo. Niente li unisce, ma hanno quattro milioni di ragioni per stare insieme.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Convivenza. So che il capitolo è molto lungo, ma ne ho integrati due per farmi perdonare.  Mi dispiace per gli errori di battitura, ma non sono riuscita a ricontrollare. Quando ne avrò il tempo li correggerò.


Convivenza


19 Ottobre 2009


Se credete che l'esterno della casa di Edward sia in sintonia con l'interno, beh, vi sbagliate di grosso.

Non c'è nessuna stanza che si salvi dal suo disordine totale e destabilizzante. Vi sono calzini sporchi sul pavimento, mutante appese sulle lampade, piatti sporchi e una puzza di fumo e birra che impregna ogni singolo granello d'aria. Strano, non pensavo fosse un fumatore incallito di sigari.
La mia camera, ovvero quella di Edward, è al secondo piano, carina. Anche se ci sono ben quattro stanze, Edward sarà costretto a dormire sul divano a causa del mancato ristrutturamento di queste. Un po' mi dispiace per lui...un po', neanche tanto.
Il mio nuovo maritino sta per uscire di casa, quando lo blocco afferrandogli un braccio.
-Ehi, aspetta!-
Si gira lentamente buffando e mi rifila uno sguardo esasperato alla Edward.
-Devo andare in paese per comprare lo spazzolino e altre cose per l'igiene personale, che tu non sai neanche dove sta di casa.- dico. Non volevo essere così acida, ma quando sto con lui non riesco proprio a trattenermi.
-Come ci arrivo? Insomma, non voglio camminare da sola nel bosco-. L'ultima frase è un sussurro, anzi, uno strascico di lettere.
All'inizio mi guarda perplesso, come se non credesse alle mie parole, successivamente arriva la sua famosissima espressione sconcertata ed infine, ciliegina sulla torta, scoppia a ridere.
Si piega in due dalle risate e solo dopo ben due minuti pare aver riacquistato il controllo. Si appoggia allo stipite della porta, incrocia le braccia al petto e finalmente mi degna di una risposta.
-Io sono in ritardo, non posso accompagnarti a fare shopping. Nel bosco non sono stati avvistati orsi da più di cinque anni e...-
-Cinque anni ti sembrano tanti?!- lo interrompo. -E poi, per quando ritorno, si sarà già fatto buio!-
-C'è una torcia in uno dei cassetti della cucina e, non ti preoccupare di sbagliare strada, c'è n'è solo una, tutta in discesa.-
Detto questo esce definitivamente ed entra nella sua Volvo argentata che desidero solo sfregiare con una chiave.
Non può andarsene così! Nel bosco potrebbero esserci malintenzionati o orsi...cinque anni non sono poi così tanti!
-Edward Cullen!- urlo inferocita, parandomi davanti all'auto. Se vuole partire prima dovrà passare sul mio corpo.
Lo vedo sbattere frustrato le mani sul volante e chinare la testa su di esso.
Il fastidioso rumore del finestrino che viene abbassato annuncia le sue parole.
-Okay! Dimmi cosa diavolo vuoi da me! Vuoi che mi licenzino?! Che mi buttino fuori dal programma?! No, perchè se è così ci stai riuscendo alla grande.-
-I-io vorrei solo che mi dimostrassi che non c'è nessuno nel bosco- sussurro a capo chino.
Ho le mani sudate e non riesco a far meno di torturarle.
E' così difficile ammettere al nemico i punti deboli...perchè lui alla fine, senza tanti giri di parole, è proprio questo: un nemico. Ed io gli sto dando un gran vantaggio.
Sbuffa e mi dice di seguirlo. Mi accompagna fino alla prima curva della strada.
- Bene, mi pare che finora nessuno ha cercato di dissanguarci, no?- chiede ironico.
- Perfetto- dico sicura, quando dentro me la sto facendo nelle mutande.
A New York sono sempre stata abituata alla folla, al trambusto, non mi sono mai ritrovata sola, specialmente in un bosco...anche perchè a New York la zona con più alberi è Central Park. E' normale aver paura, no?
Stiamo per ritornare sui nostri passi quando un rumore di foglie squarcia il silenzio. Non è il solito suono creato dal vento quando accarezza le foglie. Proviene da un cespuglio, è brusco...un orso! Un bandito!
-Ahh!- urlo e mi accovaccio dietro Edward.
-Prendi lui!- piagnucolo, offrendo il mio "scudo" come pasto.
Chiudo gli occhi. Sto per svenire. Sento la schiena di Edward scossa da singulti...di risate. Sta ridendo?
Apro un occhio e poi l'altro. Mi sporgo per vedere meglio e trovo ai piedi di Edward un coniglietto.
-A quand'è che risale l'ultima aggressione di coniglio? A giusto! A mai.- mi prende in giro il mio caro maritino.
-Stupido! Mi sono davvero spaventata!-. Gli do una pacca poco amichevole sul braccio.
Che stupida che sono! Mi do uno schiaffo mentale. Adesso penserà di riuscire a spaventarmi con una piuma! Merda, uno a zero per lui.
-Ora che abbiamo appurato che nel bosco ci sono solo teneri ed indifesi coniglietti, posso andare?-
Grugnisco in risposta e mi allontano.

Due ore dopo, la casa è quasi decente. Inutile dire che spazzare via tutte quelle lattine e quel lerciume e raccogliere mutande sparse per tutta casa sia stato un lavoro denigrante e a dir poco schifoso. Probabilmente Edward sarà più che contento di aver risparmiato soldi su una donna delle pulizie. Mi dispiace facilitargli la vita pulendogli casa, ma io non posso proprio vivere in questo porcile. Se fossi stata più forte avrei lasciato tutto così, invece mi sono armata di spray disinfettante e ho ucciso tutto i germi. Mentre pulivo, però, ho notato che sul pavimento e sul mobilio non c'è neanche un grammo di polvere. Quindi...o spazza casa quotidianamente e poi rimette tutto in disordine, o ha organizzato tutta questa messa in scena per farmi arrabbiare e scappare a gambe levate. Beh, si sbaglia. Io resto qui, ci metto le radici e sarà lui a soccombere.
Mi faccio una doccia veloce e ,dopo essermi strecciata i capelli, distribuisco quelli che sono rimasti tra le setole della spazzola nella doccia e nel lavandino. Vediamo un po' cosa ne pensa quando lì vedrà. Già me lo immagino a farsi la doccia e improvvisamente sente qualcosa attaccarsi ai suoi adorati piedini e poi bam! Li vede e si disgusta, mi caccia di casa e prendo tutti i soldi. 
Mi rimetto i vestiti con cui sono arrivata, quelli che puzzano di vomito, per intenderci. Sto per uscire quando ho il buon senso di dare uno sguardo nel frigorifero. Lo sapevo, è completamente vuoto, nada. Dovrò fare la spesa perchè quel troglodita-mangia-cibi-preconfezionati-dell'ospedale-e-cena-al-pub-con-gli-amici-ubriaconi. Non ho mai desiderato diventare una casalinga schiavizzata dal marito ed ora mi toccherà pure togliergli i calzini e massaggiargli i piedi la sera.
Afferro le chiavi ed esco.
Dopo esser scivolata cinque volte sul terreno fangoso, essermi nascosta dietro un albero tre (ho sentito dei rumori strani alle mie spalle e sono ancora sicura che qualcuno mi abbia seguita) e aver pestato una cacca di cane, finalmente sono arrivata all'inizio del paese.
Entro nel primo supermercato che trovo, coprendomi il volto con il cappuccio. Non sono una sprovveduta, so che nei paesini il nuovo arrivato viene tartassato di domande e io non riuscirei a rispondere a nessuna di queste senza dire qualcosa di inadeguato. Sono convinta che alzare il cappuccio non risolva il problema, ma magari mi scambieranno per qualcun'altro o saranno troppo intimoriti per avvicinarsi. Stasera mi preparerò una storia da raccontare.
Compro cose essenziali come spazzolino, dentifricio, sapone e deodorante. Passo poi agli alimentari: latte, pane, prosciutto, carne, cereali, verdure congelate e fresche e piatti già pronti da riscaldare. Non ho mai cucinato in vita mia e non ho intenzione di iniziare a farlo adesso, ma in qualche modo mi devo organizzare. Domani sono sicura che sarò troppo presa dal nuovo lavoro e dagli abitanti di Forks per fare la spesa. 
Mi avvio alla cassa. Fortunatamente la cassiera è così fatta e immersa nella musica assordante del suo mp3 che non mi guarda neanche. Mi rimangono solo 2000 dollari.
Continuo a percorrere il marciapiede. Direzione? Indefinita.
La città è quasi deserta: quattro o cinque macchine, un camion che trasporta tronchi e dei liceali che si divertono giocando a biliardino.  E' strano non essere più circondata da immensi grattacieli, sentirsi piccola. Qui le case sono piccole e basse, pitturate di colori sgargianti, come se potessero far fronte all'oscurità del cielo grigio.
Qualche passante cerca di sbirciare oltre il cappuccio. Il cielo è plumbeo, carico di pioggia, ed infatti pochi minuti dopo un acquazzone si abbatte su Forks. Mi riparo nel primo negozio che trovo: un negozio d'abbigliamento. Forse la ruota della fortuna sta girando dalla mia parte.
-Salve, sono Alice. Posso aiutarti?- dice una voce cristallina. Sembra composta da tanti campanellini.
Mi volto e vedo due ragazze, una appoggiata al bancone della cassa. La ragazza che ha parlato è minuta e mingherlina, i capelli corvini sono corti, gli occhi vivaci e il viso da folletto sorridente. Sembra simpatica e cordiale. L'altra, quella appoggiata al bancone, è alta e snella, i capelli biondi sono lunghi e setosi, mi osserva attentamente e quando si accorge che la sto fissando mi sorride. 
-Amm...volevo solo dare uno sguardo- rispondo e mi sfilo il cappuccio zuppo.
-Certo, se hai bisogno d'aiuto non esitare a chiedere-. Altro sorriso.
Evidentemente stavano parlando di qualcosa d'importante perchè ,dopo che inizio a rovistare tra i vari capi d'abbigliamento, cominciano a bisbigliare. Non riesco a sentire tutto, ma la folletta sembra felicissima e la modella un po' preoccupata, ma sotto sotto felice anche lei.
Lascio loro un po' di privacy e mi dedico ai vestiti. Non sono da boscaiolo, yuppi duppi!
Sono tutti molto carini, casual. Mi immagino con questi addosso, senza i soliti tailleur, i cappelli sciolti. Non so se mi riconoscerei.
Gironzolo ancora un po' e ,quando le sento smettere di bisbigliare, chiedo ad Alice, la folletta, un consiglio su cosa provare.
-Beh...di cosa hai bisogno? Un bell'abito, abiti casual, jeans e felpe, tailleur e vestiti da grandi occasioni...?- inizia ad elencare a macchinetta. L'amica ridacchia.
-Non fare caso a lei, fa sempre così. Io sono Rosalie.-
La bionda-modella si è accorta del mio sguardo allucinato.
-Piacere. Io sono Bella.- mi presento e stringo loro la mano.
-Sei nuova-. Non è una domanda.
-Già! E mi serviva qualcosa di comodo, adatto a qui.-
-Benvenuta!- esclama Alice. -Ho quello che fa per te!-
Si mette a rovistare tra gli appendiabiti e ne tira fuori un mucchio di roba. Cerco di non farci caso, altrimenti al solo pensiero il mio portafogli va in rosso. Assurdo...paradossale.
-Non vorrei essere indiscreta, ma come mai ti sei trasferita qui? Di solito o ci nasci oppure eviti Forks a vita- esordisce Rosalie.
-Io...- Oddio Bella, inventati qualcosa! -Beh, volevo cambiare aria. Insomma, New York è così caotica, invece qui si respira aria buona, la natura e tutto...ecco. Forks è tranquilla-. O semplicemente di la verità, in parte.
-Wow! New York...hai fatto un grande salto!-
-Già, ma credo mi troverò bene-. Bugia.
Stranamente non sento il bisogno di infangare Edward. Anche i miei amici e famigliari non sanno la verità e sarebbe ingiusto metterlo in difficoltà di fronte a tutta la città. Ammetto che sarei pronta a farlo se mi facesse qualcosa di altrettanto orribile, ma non ora.
-Ecco qua!- urla Alice con la sua voce cristallina e scaraventa un monte di vestiti sul tavolo al centro della stanza.
- Emm...grazie- balbetto sorpresa.
Dopo due ore di chiacchiere e prove di vestiti sono fuori dal negozio. Ha smesso di piovere ed io ho comprato un paio di jeans sbiaditi, un pullover grigio, una felpa blu (come mi è venuto in mente?! Ah sì, Alice!), un cardigan beige, un cappotto nero (come mi è venuto in mente di venire a Forks con un chiodo di pelle), una cappello e una sciarpa, due magliette, una bianca e una nera con vari motivi da abbinare con tutto. Inutile dire che sono rimasta a secco nonostante Alice mi abbia fatto lo sconto. Comunque abbiamo fatto in modo di creare vari abbinamenti con il poco che ho acquistato. Per qualche settimana dovrebbe andare.
Qui a Forks è diverso, almeno per quanto ho potuto notare fin'ora. Le persone non ti ignorano per strada, se muori non ti scansano in un angolo della via come a New York. Qui mi sono fatta due amiche in due ore e ci siamo scambiate numero di cellulare non per lavoro, ma per chiacchierare. Non avevo mai fatto così prima d'ora. Angela e Jessica le conoscevo solo perchè frequentavamo lo stesso liceo e non perchè le avessi salutate in un negozio. Magari grazie a Alice e Rose la vita qui non sarà tanto terribile. Mi volto per osservare il nome del negozio che prima non ho potuta notare a causa della pioggia.
Cullen's Fashion.
Oh merda!
Alice ha accennato a dei fratelli, ma non siamo scese nei particolari. Se Edward fosse suo fratello?
No, è sicuramente suo fratello, in questo buco di paesino non può essere una coincidenza. Sono circondata da Culle.
Okay, analizziamo la cosa. Potrei entrare e chiedere ad Alice dei suoi fratelli. Si insospettirebbe. Posso andare a casa e chiedere ad Edward. Okay, va già meglio. Inoltre avrei il coltello dalla parte del manico, lo potrei ricattare di spifferare tutto alla sorella e ai famigliari. Piano perfetto, anche se è un po' troppo da mentecatta per i miei gusti.
Prima che ricominci a piovere mi avvio verso casa e durante il percorso organizzo il mio malefico piano di stasera.
Quando arrivo a casa sono le 19.00 e se Edward ritorna a casa alle 20.00 ho solo un'ora di tempo per organizzare tutto.
Sistemo il mio povero guardaroba nell'armadio, insieme ai vestiti di Edward, e faccio lo stesso con gli alimenti nel frigorifero. Faccio l'ennesima doccia, perchè se prima puzzavo di vomito ora sono ricoperta di fango. Metto i vestiti fradici nel cesto dei panni sporchi e le scarpe di tela infangate nel bidet. Mi devo ricordare di cercare su Internet come fare la lavatrice...
Scendo di sotto con l'accappatoio (di Edward, naturalmente) e mi metto ai fornelli. Ammetto di non aver mai cucinato in vita mia, nè di aver cercato di provarci. Non sarà così difficile, no? Afferro la scatola con la carne impanata. Le istruzioni dicono che basta metterla in un pentola con un goccio di olio e aspettare che diventi dorata, ci vogliono circa dieci minuti e dopo cinque bisogna girarla dall'altro lato. Sembra facile.
Seguo le istruzioni e ,mentre la carne cuoce, sistemo in una ciotola l'insalata già pronta che ho trovato al supermercato. Taglio qualche fetta di pane. Okay, ammetto che fetta di pane è troppo per definirle, sono o troppo fine o troppo spesse, sempre storte. Sistemo anche quest'ultime in una ciotola. Cinque minuti sono passati, ma la carne mi sembra non cotta. Stupide istruzioni! Continuo a farla cuocere e intanto cerco piatti, posate e bicchieri decorosi per apparecchiare la tavola.
Ritorno in cucina, la carne è ben cotta.
Per completare il piano, prendo dei lassativi che avevo in borsa. Ehi, non pensate male! Non sono per me. Li avevo in borsa solo perchè Mike soffre di qualche problema all'intestino e così le avevo sempre a portata di mano. Non sono mai così tanto servite come adesso.
Sbriciolo una pasticca e la metto nella bottiglia d'acqua quasi vuota. Per sicurezza ne metto un po' anche sopra la sua fetta di carne, penserà che sia sale.
Diciamo che questa sera Edward Culle stringerà amicizia con il bagno.
Pensavo di provare rimorso, ma non è così. Sono sempre stata vendicativa verso le persone che se lo meritavano, ma poi alla fine un po' me ne pentivo. Giusto un po'. Non conosco Edward, ma fin'ora non ha fatto altro che ostacolarmi e dargli di nascosto un lassativo non mi sembra niente in confronto a ciò che mi ha fatto. Anzi, gli pulirà per bene l'intestino e, se mi scopre, mi ringrazierà perchè gli ho salvato la vita da tutto quello schifo che probabilmente mangia. Un po' spero che mi scopra: sarebbe una soddisfazione enorme vederlo infuriato. Non mi preoccupo delle conseguenze, perchè sono sicura che anche lui mi ha preparato qualche scherzetto.
Per pigiama indosso una maglietta pulita di Edward e un suo paio di pantaloni da ginnastica. Li devo arrotolare parecchie volte, ma il risultato non è male.
Arrivano le nove, ma di Edward nemmeno l'ombra. Avrà il turno fino a tardi, meglio mangiare.
Sono le dieci, Edward non c'è ed io sto spaparanzata sul divano a vedere la televisione.
Undici di sera: sono collassata tra i cuscini, quando sento la porta di casa aprirsi.
-Edward?- mormoro insonnolita.
-Sei ancora sveglia?-
-Certo, ti aspettavo. Ho preparato la cena, ma credo che la carne si sia raffreddata anche se l'ho coperta con un piatto.- dico alzandomi traballante. Sbadiglio.
-Emm...grazie.- sembra sorpreso, sconcertato direi. Bene, il piano sta funzionando.
-Ora che so che non sei morto, vado a dormire. A domani- lo saluto e vado al piano di sopra.
Un po' mi dispiace per lui.
Il letto è già rifatto. Mi infilo tra le coperte. Mmm...chissà come reagirà domattina.
Sto per appisolarmi, quando...
Ma che cosa...?!
-Ahhh- urlo e cado dal letto, portandomi dietro le lenzuola.
Cos'era quella cosa che ho sentito tra le gambe? Alzo le coperte e vedo un mucchio di mutande e calzetti sporchi ai piedi del letto.
-Edward!- corro giù dalle scale. Sembro un personaggio di un fumetto, con il fumo che esce dalle orecchie -Come ti è venuto in mente?! Che schifo!-
Cerca di rimanere serio, ma quel sorrisino sotto i baffi è inequivocabile. Fa il finto tonto, dice di non saperne niente. Intanto ha già finito la cotoletta e bevuto l'acqua nella bottiglia.
-Bene, allora neanch'io so del lassativo sulla cotoletta e nell'acqua. Passa una bella serata al bagno!-
Il suo sorrisino impertinente si spegne e rimane di sasso.
-Buonanotte!- detto questo ritorno in camera.
Per oggi credo che basti il lassativo. Lascerò l'altro asso che ho nella manica per domani. Chissà che faccia farà quando scoprirà che ho conosciuto la sorella e che potrei spifferarle tutto...
Chiudo la porta a chiave così che non mi disturbi e con il disinfettante spray, un paio di pinzette e tanta buona volontà tolgo tutto dal letto e disinfetto le lenzuola. Dopo pochi minuti mi addormento, con le imprecazioni di Edward dal bagno che mi cullano come una ninna nanna.

20 Ottobre 2009

Il mattino dopo Edward ed io quasi non ci parliamo. Comunichiamo tramite occhiate omicide. Ha delle occhiaie nere e un viso così pallido che potrebbe far concorrenza ad un vampiro.

Rompo per prima il silenzio.
-Passato una bella nottata?-
-Non lo immagini neanche, streghetta.- risponde portandosi la tazza di caffè alle labbra.
-Bene, anch'io.-
Mi verso anch'io del caffè e facciamo colazione in silenzio, con il solo suono dei biscotti che vengono immersi nella tazza.
-Questa mattina ho fatto la doccia- mi avverte.
-Oh!- ...ha trovato i capelli. -Allora? E' la prima volta che la fai? E' questo che vuoi dirmi?- mi beffo di lui, con aria innocente.
-Ho trovato i tuoi capelli-
-Ti prego, non buttarli!- urlo fintamente preoccupata, alzandomi in piedi. -Ti ci voglio confezionare un maglioncino con quelli-.
Sbuffa sonoramente, ma sotto sotto sta ridendo anche lui.
-Devi essere a lavoro tra un'ora.- dice, mentre sparecchia.
-Lo so. Sono pronta a servire tè con un enorme sorriso stampato in faccia- rispondo, mostrando il famoso sorriso.
-Emm...non farlo. Il tuo sorriso è terrificante-.
Esce dalla cucina.
-Cosa?!- mormoro tra me e me. -Il mio sorriso non è terrificante, è confortante.-
-Piuttosto è il tuo sorriso che sembra quello di "Dottor Jekyll e mister Hyde"!- urlo per farmi sentire fino alla sua camera.
La sua sonora risata arriva fin qui. Sbuffo. Il solito sbruffone.
Ci prepariamo entrambi e mi offre un passaggio in macchina fino alla "Denali's house of the". Accetto.
-Sai non deve per forza andare così.- dico improvvisamente. -Possiamo smetterla di comportarci da adolescenti e dividere il malloppo.-
Da dove mi è uscita?! Sono impazzita?! Ha corretto il mio caffè, ne sono certa.
Non è nella mia indole ritirarmi o cercare un compromesso. Io mi batto finché l'altro non cede.
-Oppure puoi continuare a mettere lassativi nel cibo ed avere tutti i soldi.- risponde enigmatico, con un sorrisino beffardo.
-Già.- sibilo e torno a guardare fuori dal finestrino.
E' da quando sono scesa dall'aereo che non accendo il cellulare. Lo schermo mi informa di avere nove chiamate perse, sei messaggi di Jake, due di Jess e uno di Angela.
Rispondo ad ognuno di loro, chiedendo di non preoccuparsi per me perchè sto bene.
-Siamo arrivati. Buon lavoro e mi raccomando: non dire a nessuno di noi due. Siamo solo due coinquilini.- mi istruisce, prima di farmi scendere.
-Non lo dimenticherò-. Sbatto la portiera.
Entro nel locale: una grande sala con pareti color ocra e parquet. Ci sono piccoli tavolini rotondi, in legno, le sedie con graziosi cuscinetti. E' come mi immagino la sala da tè del cappellaio matto in Alice nel paese delle meraviglie. Le vetrate sono ampie, pronte ad immagazzinare la poca luce di Forks. Ci sono cassettoni e librerie colme di ricettari, sempre in stile classico, antico. Sui muri vi sono quadretti e scaffali pieni di tazze, teiere, vari tipi di tè. Un cartellone che illustra le proprietà benefiche del tè e i vari tipi e aromi. Alla fine della stanza c'è un arco, sempre in legno intagliato, che probabilmente porta alla cucina. Un'altra porta a sinistra: il bagno.
Solo dopo l'attenta analisi mi accorgo che la "Denali's house of the" è deserta.
-C'è qualcuno?- chiedo con cautela.
Sento un rumore di ferraglia. Pentole cadute?
-Sì! Scusami, ero in cucina.- urla una donna.
Dopo pochi minuti sbuca dalla cucina la proprietaria della voce. E' una donna sulla cinquantina, la carnagione ambrata, i capelli fulvi neri e gli occhi di un bellissimo verde. Indossa un grazioso grembiulino celeste. Tutto in questo locale urla "grazioso".
-Tu devi essere Bella. Piacere di conoscerti, sono Carmen.- esclama porgendomi la mano infarinata.
Cerco di non fissarla troppo e le affermo la mano. -Il piacere è tutto mio. La ringrazio per quest'opportunità.-
-Pfiu...non ho fatto niente. Mi serviva un aiuto e la circostanza ha sorriso ad entrambe- dice come se niente fosse.
-Vieni ti mostro la cucina e le tue mansioni-
Dopo mezz'ora sono insieme agli altri dipendenti. Una cameriera è anche la figlia di Carmen, tutto in famiglia insomma. Si chiama Tanya, ha i capelli rossicci e gli occhi dello stesso colore di quelli di Carmen. E' snella e atletica, non quanto Rosalie, certo, ma comunque il classico tipo di donna per cui provare invidia a priori. Non ci ho parlato molto, sembra un po' egocentrica.
Il mio lavoro consiste, per ora, nel servire i tavoli. In realtà, Carmen aveva bisogno di una "pasticcera", qualcuno in grado di sfornare deliziosi dolcetti, ma le ho spiegato che ho so neanche cuocere un uovo. Non si è scandalizzata più di tanto, ha risposto che mi insegnerà lei dopo la chiusura, ogni giorno un'ora di lezione.
Anch'io, come le altre tre cameriere, indosso una divisa. Niente di che...dei pantaloni beige abbinati ad una polo color lavanda.
Alle 9.00 in punto la sala da the apre. Fuori c'è già la fila: vecchiette in pensioni che aspettano l'ora delle chiacchiere, mamme in cerca di calma con i bambini nel passeggino e persone in carriera in cerca di una colazione take and way.
In cucina c'è solo Carmen, ma è piena di energia, e riesce a sfornare una teglia di biscotti ogni quarto d'ora. Cerco di prendere spunto da lei, prendo le ordinazioni senza annotarle (ho sempre avuto buona memoria) e porto con attenzione i vassoi pieni di leccornie ai clienti. Sono sempre stata goffa e questo sicuramente non aiuta: mi è caduto il vassoio ben tre volte. Carmen non mi ha sgridato nè licenziato, anzi mi ha dato una pacca nella schiena, giustificandomi. Tanya mi ha urlato di stare attenta, che una come me, se avessi continuato così, avrebbe fatto scappare i clienti. Bella, attraente ed irritante...proprio come Edward. Chissà se escono insieme...sono due anime così affini...
Alle 18.00 chiudiamo. Tanya e le altre due, Irina e Kate, si defilano subito. Carmen mi passa un grembiule e sono pronta per la mia prima lezione di cucina.
-Allora, cosa sai fare?- chiede e mi indica la sedia di fronte a lei.
-Niente. Non so neanche tagliare una fetta di pane!- sospiro, imbarazzata.
-Vorrà dire che inizieremo da qualcosa di semplice. Che ne dici di un ciambellone allo yogurt?-
-Certo! E'...è perfetto!- mi affretto a dire, prima che ci ripensi e mi cacci dalla sua cucina.
Prende gli ingredienti da una credenza e io ne approfitto per tirare fuori dalla borsa carta e penna. Quando Carmen si volta e mi vede sembra perplessa.
-E quello a cosa serve?- domanda, indicando con la testa il foglio.
-A prendere appunti- spiego. Scrivo la data e sotto "Lezione di cucina numero 1"; lo sottolineo e alzo lo sguardo. Carmen sta scuotendo la testa, lentamente.
-Bella, tu non prenderai appunti- dice. -Per cucinare non serve scrivere. Serve assaggiare. Sentire. Toccare. Odorare-
-Giusto- annuisco con aria intelligente.
Devo ricordarmelo. Svito il cappuccio della stilografica e annoto: "Cucinare = assaggiare, sentire, odorare, ecc.". Richiudo la penna e alzo lo sguardo. Carmen mi sta osservando incredula.
-Assaggiare- ripete, togliendomi di mano carta e penna. -Non scrivere. Devi usare i sensi. L'istinto-.
In questo campo, l'istinto non è proprio il mio forte.
Con un cucchiaino prende un po' di uno strano impasto giallo, posto in una ciotola. -Assaggia questo-.
Guardinga, mi porto il cucchiaio alla bocca.
-Crema, mi correggo zabaione.- dico immediatamente. -Delizioso. Ne vado pazza.- aggiungo, educata.
Carmen scuote la testa. -Non dirmi cosa pensi che sia. Dimmi che gusto senti.-
La guardo, perplessa. Questa è sicuramente una domanda trabocchetto.
-Sento il gusto di...zabaione.-
La sua espressione non cambia. Attende un'altra risposta.
-Uova?- azzardo.
-Cos'altro?-.
Ho la testa vuota. Non mi viene in mente altro. Voglio dire, è zabaione. Cos'altro si può dire?
-Assaggialo di nuovo- insiste Carmen, inflessibile. -Devi sforzarti-.
Arrossisco mentre cerco qualcosa da dire. Mi sento come l'alunno deficiente dell'ultima fila che non sa la tabellina del due.
- Uova...acqua...- Cerco disperatamente di pensare a cos'altro c'è nello zabaione. -Zucchero!- esclamo, colpita da un'improvvisa folgorazione.
-Bella, non preoccuparti di identificare gli ingredienti. Dimmi solo che sensazione ti da.- Carmen mi porge il cucchiaio per la terza volta. -Assaggialo di nuovo e questa volta chiudi gli occhi-.
Chiudere gli occhi?
-Okay-. Assaggio e chiudo gli occhi, obbediente.
-Adesso...che gusto senti?- dice la voce di Carmen. -Concentrati sui sapori, solo sui sapori.-
Con gli occhi ben chiusi mi isolo da tutto il resto e mi concentro su quello che ho in bocca. Avverto soltanto la sensazione del composto fresco e dolce sulla lingua. Zucchero...dolce. Questo è un sapore. E...sento anche un altro sapore mentre deglutisco, agrumi?
-Sa di zucchero...dolce- dico lentamente, senza aprire gli occhi. -Anche un lieve aroma di agrumi...strano, non l'avevo mai sentito prima nello zabaione.-
Apro gli occhi, un po' disorientata. Carmen mi sta guardando.
-Andava molto meglio.-
-Però...ce l'ho fatta?-
-Non ancora, cara. Proprio per niente.-
Sospiro avvilita. e pensare che credevo di esserci arrivata.
-Cominciamo!- dice, afferrando un uovo. -tirati su le maniche, legati i capelli e lavati le mani. Ti insegnerò come sbattere bene le uova e separare il tuorlo dall'albume.-

Alle 19.00 finisce la lezione e dopo aver salutato Carmen mi avvio verso casa. Edward ha il turno di notte e non è potuto venire a prendermi. Quando arrivo al bosco, accendo la torcia che ho preso da un cassetto della cucina e mi avvio a testa alta nell'oscurità. cerco di distrarmi pensando ad oggi. Il lavoro non è andato poi così male. Il locale è carino, Carmen è carina, non sembra difficile o troppo stancante servire ai tavoli, ma la paga non è ottima, buona, ma non ottima. Oggi ho imparato a separare il tuorlo dall'uovo, un inizio, ma so che c'è molto altro lavoro da fare e io sono proprio una frana. Mentre "cucinavamo" Carmen mi ha fatto molte domande, era curiosa, certo, ma mi sono trovata in difficoltà.
Le ho detto, in parte, la verità: ho perso il lavoro per un tragico errore ed ho optato per un cambiamento totale, trasferendomi dal mio amico Edward, a Forks. Non le ho detto che siamo sposati, non per far piacere ad Edward, ma perchè mi vergognavo. Carmen non sembra la classica persona che sputa sentenze, ma la sua opinione è importante per me e non voglio che pensi che io sia una sgualdrina. E davvero quello che sono? Una sgualdrina?
Quando è uscito il nome di Edward, Carmen ha accennato al fatto che è molto amico di sua figlia, Tanya. Certo, amico di letto, ho pensato.
Ripensandoci, non sono io la sgualdrina.
A casa mi metto in pigiama, cucino la cena (pizza surgelata pronta in 10 minuti) e mi accovaccio sul divano. Alla terza pubblicità del film melenso che sto guardando, decido che non sarebbe una brutta idea chiamare Jake, Angela e Jessica,
Li chiamo tutti e tre, dico loro di non preoccuparsi, che sto bene. A Jessica, che è a conoscenza della questione Las Vegas, racconto la verità. A Jacob e Angela ometto qualche dettaglio. Chiudo le chiamate promettendo che scriverò molte email...anche se non ho il pc.
Alle 23.30 Edward non è ancora tornato. Pazienza, la sua cena non ti raffredderà, dato che non gliel'ho preparata.
Appena entro nelle calde coperte mi addormento. E' stata una giornata pesante.
Verso notte fonda sento la serratura del portone scattare: Edward è rientrato.
Chissà quanto è difficile fare lo specializzando o il medico...la paura continua di uccidere qualcuno, i turni insopportabili...
Mi addormento con un sorrisino sulle labbra.

Il giorno dopo vengo svegliata dal rumore del frullatore. Da quando Edward ha un frullatore?!
Cado dal letto, trascinando con me tutte le lenzuola. Io quello lo uccido!
Scendo al piano di sotto a passo di carica.
-Ehi tu!- gli punto un dito contro.- Cosa stai facendo?!-
-Ehi tu? Ti sto solo preparando un frullato vitaminico.- risponde, mentre beve un bicchierone arancione.
-Spero ti piacciano le fragole e le ciliege- sorride, cordiale.
Mi insospettisce a dir poco tutta questa farsa.
-Perchè?- domando secca, con tono inquisitorio.
-Beh...ne ho preparato uno per me e mi sembrava ovvio prepararne un altro. Tanya mi ha detto che ieri sei stata brava e volevo congratularmi con te-
Ah! Tanya, eh...? Ecco perchè è tornato tardi, ha passato una bella seratina con la sua amica di letto, mentre a casa c'era sua moglie. Okay, non lo tratto come un marito, ma in mio rispetto devo tornare a casa.
Ehi, aspettate un attimo! Se Edward mi tradisce, l'accordo salta. Io mi prendo tutto. Bene, bene, la cosa potrebbe volgere a mio vantaggio, devo solo avere delle prove o coglierli sul fatto.
Mi porge il bicchiere, che afferro prontamente sorridendo.
-Alla tua!- lo alzo al soffitto e lo bevo tutto d'un sorso.
-Ti ricordi che oggi abbiamo il primo incontro con il terapista di coppia?- chiedo, pulendomi la bocca.
-Ovvio- mi guarda male. -Ti passo a prendere alle 18.00. Ora muoviti altrimenti non ti do un passaggio.-
-Aspetta. Dobbiamo organizzarci qualcosa da dire!-
-Tipo?-
Mi gratto la testa in attesa di una folgorazione...
-Beh, per prima cosa dobbiamo mostrare di conoscerci, ma io non so niente di te. Poi diremo delle cazzate su quello che amiamo l'uno dell'altro, ma sulla conoscenza non si può barare. Rischiamo di contraddirci.- concludo soddisfatta il mio breve monologo.
Grugnisce come un cavernicolo e sale al piano di sopra.
-Okay, prendo un foglio e in macchina ti faccio delle domande!- urlo per farmi sentire.
 
In auto cerco di sfruttare tutto il breve tempo che abbiamo a disposizione per porgli delle domande standard. Munita di carta e penna inizio il questionario.
-Che cosa fai nel tempo libero?- chiedo.
-Non ho tempo libero.-
-Senti, suppongo che se non passiamo la prova con il terapista ci toccherà convivere insieme per ancora più tempo, quindi mi fai il favore?-
-Che tipo di favore?-
Sono sicura che sia un'allusione, quindi cerco disperatamente qualcosa a cui appoggiarmi per cambiare argomento. Non ho voglia di discutere.
- Tempo libero....- ripete invece lui, pensieroso. - Gioco a biliardo con i miei amici, le serate Karaoke sono le più divertenti.-
Karaoke? Mi aspettavo qualcosa di più sexy, intrigante ed enigmatico. Non mi aspettavo di avere davanti Troy Bolton il ritorno.
-Difetti?-
-Nessuno-.
"Sicuramente la modestia" scrivo sul foglio.
-Tu invece non ti fidi di nessuno. No, aspetta, mi spiego meglio. Ti fidi, ma solo delle persone sbagliate.- disse.
Lo fissai per un memento., scioccata da quanto maledettamente ci avesse preso. E non mi sembrava che avesse tirato ad indovinare. Lo sapevo. Come poteva aver scoperto tutto questo in soli due giorni?
-Altro?- chiesi spavalda.
- Tieni la vita al guinzaglio-
-E questo che vorrebbe dire?-
-Hai paura di quello che non puoi controllare.-
Per la prima volta nella mia vita mi sentii intimidita. Provai un bisogno irrazionale di difendermi e decisi, in quel preciso momento, di non dargliela vinta.
-Dormi nuda?- chiede.
La bocca minaccia di spalancarsi, ma riesco a rallentare la caduta della mascella.
-Sei l'ultima persona alla quale lo direi.-
-Mai stata da uno strizzacervelli?-
-No- mento. Per la verità sono stata in terapia per un mese due anni fa. Troppo stress a lavoro.
-Mai fatto niente di illegale?- continua l'interrogatorio.
-No.- Superare occasionalmente i limiti di velocità non conta. -Perchè non mi fai delle domande normali? Tipo... il mio genere di musica preferito?-
-Non chiedo quello che posso indovinare.-
-Tu non conosci la mia musica preferita.-
- Barocca. In te è tutto questione di ordine, controllo.-
-Sbagliato-. Altra bugia. Mi aveva davvero osservato così tanto in questi giorni?
-Arrivati- irrompe Edward.
-Ehi! Io non ho scritto niente su di te!-
-Vorrà dire che inventerai di sana pianta. Ora scendi o faccio tardi-
Detto questo esco dalla macchina ed Edward sgomma lontano da me, verso l'ospedale.

Per tutta la mattinata ho avuto una sensazione strana. Sono sempre stata pimpante, urlavo anzichè parlare civilmente. Sudavo freddo. Fortunatamente i clienti e Carmen ci hanno riso sopra, ma sono stata un'esagitata per ben quattro ore.  C'è solo una spiegazione: Edward ha corretto il frullato.
La pausa pranzo arriva velocemente e ne approfitto per chiamare Edward e fargli un questionario telefoni. Non apprezzerà sicuramente, ma ho bisogno di compilare questo dannato foglio.
Compongo il suo numero.
Edward risponde al terzo quarto squillo. -Che c'è?-
In tono asciutto, dico: -Volevo farti un'intervista telefonica. Ho qui un elenco di domande che...-
Riattacca.
Resto a fissare il telefono incredula, strappo un foglio bianco dal taccuino e scrivo "Stronzo".  Nella riga sotto scrivo: "Fuma il sigaro. Morirà di cancro ai polmoni. Si spera presto".
L'orologio segna le 12.10. A quel punto capisco di avere due possibilità. Posso inventarmi di sana pianta delle informazioni su Edward oppure prendere la navetta e andare all'ospedale. La prima opzione sarebbe allettante, se solo riuscissi a mettere a tacere la voce del giudice che ripete "altri mesi di convivenza". E comunque quel poco che so di Edward non basta per un'intervista di coppia, nemmeno fasulla. E la seconda opzione? Neanche a parlarne. C'è però una vocina che mi dice che darei fastidio ad Edward, che non sarebbe male andare in ospedale e così mi informo sugli orari della navetta. Alle 12.20 sono già su una di queste, pronta per intervistare mio marito.

L'ospedale di Forks si rivela più lontano del previsto: si trova a mezz'ora di viaggio, rintanato nella periferia .
Entro velocemente e mi dirigo all'assistenza.
-Buongiorno. Cerco il dottor. Cullen- dico cordiale.
-E' una sua paziente?- chiede la donna di mezz'età dall'altra parte del vetro.
-Sì- mento. -Ma non ho un appuntamento. Dovrei solo porgli due domande velocemente-.
Ti prego fa che non mi cacci.
-Il reparto di cardiochirurgia è al secondo piano a destra. Non può sbagliarsi- risponde annoiata.
-Grazie dell'informazione.-
Prendo l'ascensore, giro a destro ed eccomi arrivata. L'insegna che indica cardiochirurgia mi si para davanti.
Aspetta, non può essere.
Mi sporgo per vedere meglio. No, c'è scritto proprio così: Capo reparto Dottor Carlisle Cullen.
Sicuramente è imparentato con Edward, questa cittadina è piena di Cullen che sbucano fuori da tutte le parti. Il fratello? Il padre?
Fatto sta che poco fa mi sono spiegata male con la segretaria del centro assistenza.
Un'infermiera sta attraversando il corridoio. La fermo.
-Scusi, sto cercando il dottor Edward- sottolineo bene il nome di battesimo. -Cullen-
-Lo specializzando?- chiede con lo sguardo di chi la sa lunga. Sembra sognante, la ragazza.
-Sì-
-Beh...lo dovrebbe trovare in mensa. E' appena sceso-.
-Grazie.-
Spingo il tasto di chiamata dell'ascensore, quando mi ricordo che non ho idea di dove sia la mensa.
-Scusi, dov'è la mensa?- chiedo in modo da farmi sentire dall'infermiera.
-Al piano terra. Segua le indicazioni.- sbuffa.
Scendo al piano terra e dopo vari giri arrivo finalmente alla mensa. Mi guardo intorno e... eccolo!
Sta seduto ad un tavolo con due ragazze e due ragazzi. Suppongo siano suo colleghi. Scherzano tra di loro, ridacchiano.
Mi avvicino e tamburello con le dita sulla sua spalla.
Edward si gira con ancora il sorriso sulle labbra. Appena mi vede quello stesso sorriso si spegne, per lasciare spazio ad uno sguardo stupito ed incuriosito. In effetti, mi aveva detto di chiamarlo solo se la casa stava andando a fuoco.
-Ciao. Che cos'è successo?- chiede sottovoce, probabilmente per non farsi sentire dai suoi amici.
-Stai tranquillo.- dico. -Non è andata a fuoco casa.-
I ragazzi seduti al suo tavolo mi guardano incuriositi. Si staranno chiedendo chi io sia e dopo Edward dovrà pur dirgli qualcosa. Chissà cosa si inventerà...
-Vieni.- mi prende per un braccio. -Andiamo a parlare in un posto più appartato-.
Usciamo dalla mensa e ci fermiamo all'angolo di un corridoio.
-Mi dispiace per prima- inizia, avvicinandosi. -Il telefono non prende bene in alcune zone dell'ospedale.-
Sì, come no.
-Ehi, sei tutta sudata! Cos'è successo?- chiede innocente e preoccupato.
-Mi hai corretto il frullato, ecco cos'è successo. Ho saltellato e sudato tutta la mattina come un'esagitata- sbotto.
Senza proseguire, tiro fuori il mio taccuino con le prime due righe già compilate. -Solo qualche domanda veloce e me ne vado. Ho solo la pausa pranzo.-
-Stronzo?- legge Edward a voce alta. - Cancro ai polmoni? Cosa dovrebbe essere, una profezia?-. Ridacchia.
-Sto solo ipotizzando che tu dia il tuo contributo all'atmosfera. Quanti sigari fumi in una sera? Uno? Due?-
-Io non fumo-. Sembra sincero.
-Okay, allora cos'era l'odore in casa tua?-.
-Fai veloce, dopo ho un intervento- Si gratta la nuca annoiato e si appoggia con una spalla al muro. Mi mette un po' in soggezione. Sembra più sicuro di sè.
-Il tuo sogno più grande?- . Sono orgogliosa di questa domanda, perché so che lo mette in difficoltà. Non si può rispondere sovrappensiero.
-Che tu te ne vada da casa mia-.
-Beh, mi dispiace per te, ma dovrai sopportarmi ancora per un po'-.
-Religione?-
Edward si accarezza pensieroso la mascella. -Più che religione...setta.-
-Appartieni a una setta?-. Mi rendo conto troppo tardi di aver usato un tono sorpreso, e non avrei dovuto.
- A quanto pare, ho bisogno di un sacrificio femminile. Avevo programmato di attirare la ragazza in questione dopo averla sposata, quindi ora se sei pronta...-
Sulle sue labbra spunta un sorrisino.
-Divertente.- ribatto acida.
-Religione? - ripeto.
- Cristiana.- sbuffa. -Non avevi detto poche domande?-
-Fratelli e sorelle?- chiedo. Vediamo come risponde.
-Un fratello e una sorella-. Non è sorpreso dalla domanda, ma neanche felicissimo di rispondere.
-Dove abitano?- lo incalzo.
-Fa differenza?-
-No, ma...-
-Allora passiamo alla prossima domanda.-
-Nome del migliore amico?-
-Jasper.-
Un bip interrompe la mia prossima domanda.
Edward tira fuori dalla tasca il suo cercapersone e ,dopo avermi dato appuntamento fuori dal "Denali's House of The" alle 18:00, si dilegua.
Soddisfatta, esco dall'ospedale. La pausa pranzo è finita. Ho abbastanza informazioni e basterà qualche smanceria e dire che amo alla follia tutto di Edward e il gioco sarà fatto.

-Carmen, mi dispiace, ma oggi non posso restare per la lezione di cucina. Ho un appuntamento importante.-
- Certo, tesoro, non preoccuparti. Ci vediamo domani!- mi saluta Carmen, mentre esco velocemente dal locale.
Quella donna è una santa.
Ad aspettarmi fuori c'è Edward e la sua Volvo.
-Sei in ritardo.- mi informa, quando entro in macchina.
-Ho aspettato che Tanya se ne andasse.- rispondo.
Lui annuisce e parte.
-Allora, facciamo così. Cerchiamo di essere il più spontanei possibili mentre mentiamo.-
Annuisce. -Posso farlo.-
-Okay. Diremo che ci amiamo alla follia e che anche se, come tutte le coppie, abbiamo dei bisticci, alla fine ci perdoniamo a vicenda e amiamo anche i difetti dell'altro.-
-Non se la berrà mai.- mi avverte Edward.
-Intanto proviamo. Possiamo sempre fare marcia indietro-.
Dopo mezz'ora di viaggio siamo a Port Angeles, di fronte allo studio del terapista.
Prima di entrare ci guardiamo negli occhi. Per una volta, dobbiamo cercare di essere una squadra.





Mi scuso per il ritardo con tutti i miei lettori. Non sono mai puntuale e per questo non mi sento in grado di dirvi, con certezza, la data della prossima pubblicazione. Dico solo che, per un po' di tempo, avevo pensato di lasciare la scrittura, ma ora sono ritornata, quindi...
Spero non ce l'abbiate troppo con me e che il capitolo vi sia piaciuto.
Avete domande? Qualcosa è poco chiaro? Sarei contenta di sentire qualche commento...anche se preannuncio insulti a causa del mio clamoroso ritardo.
Vi dico solo che nel prossimo capitolo, dal terapista, se ne vedranno delle belle. Ultima domanda: cosa ne pensate del comportamento di Edward e Bella? Esagerato? Giusto?
Ora vado a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo.
Mi scuso ancora. So quanto sia fastidioso vedere l'autore di una storia che segui non aggiornare più.



La vostra dispiaciuta Tears_and_Rain







   
 
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