N.d.T.: Questa storia è stata scritta da Little Witch, che mi ha gentilmente permesso di tradurla e pubblicarla. L'originale in lingua inglese si può trovare a questi link: Fanfiction.net e Hawthorn&Vine, invece il bannerino che trovate a fine storia porta alla recensione su AccioDHR. Dato che è una delle prime traduzioni in cui mi sono cimentata, se il risultato lascia un po' a desiderare...oh beh...è tutta colpa mia e non dell'autrice.
Buona lettura, LuxLucis
Accidental
È seduta in un bagno
pubblico,
la finestra chiusa e la porta
bloccata, mentre legge che Amy+Robbie=insieme
4ever e Chiama se ti vuoi divertire. I ragazzi
sono fuori, da qualche
parte, in cerca di cibo da scroccare e non fanno caso a cosa lei stia
comprando
da Boots. Agita la bacchetta di plastica come se fosse un ventaglio.
Due linee rosa.
“Oh cazzo”
“Come…come…come
è potuto succedere?” Ron sta camminando
avanti e indietro, mentre si strattona i capelli e dice tutto e niente
solo
perché non riesce a tener chiusa la bocca.
“Beh,
Ronald, quando un uomo e
una donna sono molto
innamorati, oppure quando si fanno prendere dall’eccitazione
del momento…” dice
alzando gli occhi al cielo.
“Sei…eri…innamorata?”
sta farfugliando ora ed è talmente
pallido che le sue lentiggini risaltano come gocce di cioccolato su un
biscotto.
Al momento potrebbe
davvero uccidere per
un biscotto.
“Non lo
so” ammette
lei onestamente “Forse; era…complicato”
aggiunge sospirando. “Harry? Cosa ne pensi?”
Harry si strofina
l’occhio
destro infilandosi un dito dietro
gli occhiali e scrolla le spalle.
“Grazie
tante”
biascica lei con una smorfia.
“Scusa
Hermione ma,”
dice sospirando “davvero?”
“Sì,
davvero.”
Lui sospira di nuovo
e lei comincia a
tormentare un filo
smagliato del divano. Sa che cosa sta pensando, come non potrebbe, dopo
aver
passato ogni minuto, sveglia e addormentata, con lui; sedendo,
camminando,
correndo e dormendo a turno. Sta per dirle di tornare alla Tana o in
Australia
dai suoi genitori, non c’è nessuna
utilità per una ragazza incinta in
un’impresa di vita o di morte, non importa quanto
intelligente possa essere.
“Dio, Ron, tua madre mi ucciderà.” dice in un lamento.
Incredibilmente, per
essere nel bel mezzo
di una guerra,
Hermione riesce ad arrivare sana e salva alla Tana senza incidenti.
Bussa alla
porta e risponde a qualche domanda prima che Molly la spinga in cucina,
le
metta in mano una tazza di the e cominci a lamentarsi di quanto sia
diventata
magra.
“Harry e
Ron, loro
sono…”
“Stanno
bene, signora
Weasley.”
“Ma allora
perché tu
non…”
“Mi sono
trovata nella
condizione di non poterli più aiutare.”
Mentre sta
sorseggiando il suo the,
rabbrividisce e toglie
la fetta di limone che una volta le piaceva tanto, non più
ormai, da quando le
sue papille gustative sono in subbuglio grazie a Junior. Molly la segue
con lo
sguardo e spalanca gli occhi.
“Merlino” dice “Io quel ragazzo lo uccido”.
Per
un millisecondo Hermione pensa di lasciar credere a Molly che Ron sia
il padre;
le risparmierebbe un gran numero di liti e le garantirebbe un posto in
cui
dormire e far pipì (attività che occupa ormai la
gran parte della sua esistenza,
spropositata rispetto a prima), ma decide di non poterlo fare. Non
sarebbe
giusto che Molly la accudisse e la coccolasse per poi non aver un
bambino pel
di carota alla fine.
Non
è mai stata in grado di mentire, in ogni caso.
“Non
è di Ron,” chiarifica “Non è
nemmeno di Harry, altrimenti Ginny sarebbe capace
di uccidermi”.
“Ma
allora chi…”
“Io…preferirei
non dirlo”
Forse
è l’esitazione, o forse è il suo
inconscio nervosismo che la porta a
giocherellare continuamente con quello che ha sottomano, ma Molly
sorride,
malinconica, le prende una mano ed Hermione non vuole pensare a cosa le
è
passato per la testa.
“Sei la benvenuta, cara, puoi rimanere per quanto vorrai”, dice Molly. Hermione prosciuga il suo the.
Ginny quasi sviene
quando, tornata a casa
per Natale, vede
Hermione seduta al tavolo della cucina mentre sta facendo biscottini a
forma di
stelle tagliandoli dall’impasto. Sua madre si precipita verso
di lei,
blaterando rassicurazioni e strofinandole il braccio in conforto, ma
Ginny si
deve comunque aggrappare allo stipite della porta quando la sua amica
si alza
in piedi per asciugarsi le mani, il pancione che sporge tra le anche
ossute.
“Oh
merda”, dice.
“Ginevra,
modera i
toni!”
“Scusa
mamma,
ma…Merlino, Hermione, quando è
successo?”
“Giugno,
credo.
All’inizio,” risponde Hermione, asciugandosi
le mani nell’asciugapiatti e tirando il suo maglione stile
Weasley. Incinta di
sei mesi ed è già costretta a trasfigurare i suoi
vestiti.
Dopo cena Ginny
trascina Hermione in
camera sua, la fa
sedere e pretende che vuoti tutto il sacco, ovviamente Hermione
tergiversa.
“Come va
la scuola?”
chiede.
“Che si
fotta la scuola, chi ti
ha messo nei casini?” dice
Ginny.
“Le
lezioni vanno
bene?”
“È
stato
Ron?”
“Ho
sentito che l’ES
è ancora in piedi.”
“Viktor?”
“Com’è
il
nuovo preside?”
“Neville?”
“Hagrid ha
ricostruito la
casa?”
“Per
favore, dimmi che non sono
stati Fred o George.”
“Seriamente,
Ginny, Fred e
George?”
“Ora che
siamo di nuovo in
carreggiata. Ti prego, ti prego, ti prego,
dimmi chi è il papà.”
Hermione
si
dibatte
nell’imbarazzo, persa nelle sue riflessioni. Sarebbe bello
avere qualcuno con
cui parlare di quello che è successo, non essere
più costretta a nasconderlo, a
non tenerlo rinchiuso in un recesso della mente talmente remoto da non
riuscire
più a trovarlo certe volte, da non essere più in
grado di distinguerlo da un
sogno sfocato.
“Devo far pipì” dice invece.
Natale è,
per usare un blando
eufemismo, completamente
deprimente. Harry e Ron sono da qualche parte vicini alla tana del
lupo, i
gemelli non riescono a confondere nessuno sulla loro
identità e Remus è più nevrotico
del solito. Tonks, florida, raggiante
e
con uno spiccato appetito per le tortine natalizie, è
elettrizzata a proposito
di un altro bambino.
“Diventeranno
migliori
amici” dichiara “me lo sento”.
“Già”,
mormora Hermione, sperando ci sia qualcosa in più del
succo di zucca nel suo bicchiere.
“Forse la
stessa casa di
Hogwarts”.
“È…una
possibilità.”
Hermione si stropiccia gli occhi, fingendo stanchezza prenatale e chiedendosi quanto esattamente saranno vicini i loro figli sull’arazzo di famiglia dei Black.
Tutti i nodi vengono
disastrosamente al
pettine con l’anno
nuovo. Incinta ormai di sette mesi, sente del trambusto al piano di
sotto
mentre sta piegando il bucato nella sua camera. Scende per le scale con
cautela, a bacchetta spianata, sbirciando nella sala; Arthur e
Shacklebolt sono
lì, mentre sorreggono tra di loro una persona incosciente. I
piedi dello
sconosciuto si strascicano sul tappeto, lasciando scie di sudiciume che
Molly
pulisce distrattamente con la bacchetta, e dalla soglia del salotto
Hermione
guarda mentre Draco Malfoy viene steso sul divano.
Stringe la sua
bacchetta talmente forte da
spezzarla quasi a
metà.
“Cos’è
successo Kingsley?” chiede Molly.
“Lo
abbiamo trovato in un raid
da Sinister. Tutti gli altri
hanno tagliato la corda, lui invece…si è
solamente arreso”.
“Come?”
“Non ha
praticamente opposto
resistenza. Avevamo intenzione
di portarlo direttamente al Ministero e stavamo per farlo,
ma…”
“Ma cosa,
Kingsley?” incalza Arthur.
Kingsley si strofina
una mano sul viso e
si siede di
schianto in una consunta poltrona. “Sono sfinito,
completamente, così siamo
stati costretti a camminare per qualche isolato fino
all’entrata più vicina del
Ministero. Abbiamo pensato fosse sicuro, dato che non si ribellava. Poi
ha detto
che ha chiuso, con i Mangiamorte. Ha detto che vuole aiutare, che sa
che faccio
parte dell’Ordine.”
“Pensi…”
comincia a dire Arthur.
“Che i
Mangiamorte sappiano le
identità dei membri
dell’Ordine? Qualcuno di loro sì. Forse Piton
l’ha detto. O forse l’ha detto
solo a Draco, in ogni caso, ha detto che vuole dirci tutto quello che
sa e
consegnarsi a noi”.
“Che
cosa?” sussurra
Molly.
“Ha detto
che fin quando i
Mangiamorte penseranno che è qui
contro la sua volontà, che stiamo usando del Veritaserum o
qualcosa del genere
su di lui, i suoi genitori saranno salvi, ma comunque vuole Tu-sai-chi
morto. È
svenuto poco dopo, ma ho controllato e dovrebbe star bene
d’ora in poi.”
Arthur si lascia
andare ad un profondo
sospiro e guarda sua
moglie, con quel tipo di comunicazione non verbale che non ha niente a
che
vedere con l’invasione della mente delle persone.
“Prenderò contatti con Remus
e Minerva” dice.
“Dove
dovrei lasciarlo?
L’ho portato qui perché non mi è
venuto in mente nessun altro posto e, Merlino…sono
sfinito.”
“Lascialo
qui, Kingsley, e
occupa la stanza di Percy. Fai un
una dormita, se riesci,” suggerisce Molly.
Uno per uno gli
adulti se ne
vanno, dopo che Molly ha steso Malfoy sul divano, con il capo
appoggiato su un
cuscino a fiori. Hermione si siede su una sedia e lo guarda respirare.
È mattino
quando lui si
sveglia, Hermione è addormenta sulla
sedia in compagnia di dolori lancinanti alla schiena e calci furibondi
diretti
alla vescica; si trascina in bagno e quando torna lui ha aperto gli
occhi. Il
ragazzo si mette a sedere sentendo la camminata strascicata di lei e
quando la
vede rimane a bocca aperta.
“Guh”
mugugna e lei
inarca un sopracciglio.
“Articolato
come al
solito” dice.
“Chi ti ha
messo
incinta?” biascica, la voce impastata dal
sonno.
Lei esplode
“ TU, TU RAZZA DI
IDIOTA!”
“Arp”
risponde.
“Hermione,
cara, cosa sta
succedendo?” chiede Molly, con
addosso la sua vestaglia e il profumo della colazione.
“Io-Io-Io,”
balbetta
Malfoy, mentre Hermione sta tremando
per la rabbia.
“Come osi
chiedermelo!
Dopo…tutto, con che
coraggio te ne stai seduto lì pensando che io sia
stata con qualcun altro? Santo Cielo, Draco, non sono una qualsiasi
puttana di
Notturn Alley!”
“Io…io
non…non sei una puttana”, dice, deglutendo
rumorosamente.
“Belle
scuse”
“Hermione…”
Le sopracciglia di
Molly si inarcano per
la sorpresa, quelle
di Arthur e Kingsley pure, mentre stanno in piedi sulla soglia in
pigiama e
vestiti stropicciati.
“Hermione,
ho
solo…è stato un colpo. Merda.”
“Lo
è stato anche per
me. Ovviamente non ti potevo spedire
un gufo.”
“Cazzo.”
“Già,
è
anche per colpa sua che siamo qua.”
“Presumo
che Sfregiato e la
Donnola siano ancora là fuori a
fare gli eroi.”
“Meno uno,
evidentemente; due se
conti anche Junior.”
“Hai
scelto anche il nome, sono
commosso.”
“Ma
sta’
zitto.”
Dietro di lei,
Hermione riesce a sentire
Kingsley e Arthur
trascinare di nuovo Molly in cucina, bisbigliando qualcosa a proposito
della
privacy e cercando di porre fine ai suoi borbottii. Hermione immagina
che avrà
davanti a sé un litigio epocale da affrontare, ma tiene gli
occhi fissi su Malfoy.
Ha un aspetto orrendo e lei glielo dice.
“E tu
sei…”
dice con voce sempre più flebile.
“Se provi
a dire una sola parola
sul mio peso, giuro che
farò sembrare lo schiaffo del terzo anno la carezza di un
bambino.”
Sogghigna, da
adorabile, insopportabile
cretino quale è.
“Bellissima, stavo per dire bellissima”.
“Sei
sempre più bravo
a mentire di quanto non lo sia io.”
Si siede di nuovo
sulla sedia,
accarezzandosi la pancia, un
movimento inconscio che cattura l’attenzione di lui e che lo
fa sussultare.
“Non
pensavo…non
credevo che questo sarebbe successo,” dice,
talmente piano che riesce a malapena a percepirlo. “Non
pensavo sarebbe potuto
succedere. Tutto quello a cui riuscivo a pensare…eri
tu.”
“Lo
so”, risponde lei.
“Dovrei essere la strega più brillante
della mia età, o così dicono tutti, e
io…non ci ho pensato. Non ho mai
potuto…vicino a te. Soprattutto non a
quello…”. Conclude, deglutendo. Ricorda
le ultime volte, così disperate e quasi dolorose. La
trascinava in armadi ed
aule, spingendo lei
contro il muro e
dentro di lei con urgenza, muovendosi, ansimando e mordendole il collo.
Mormorava
qualcosa, parole sussurrate contro la pelle della sua gola e i colletti
inamidati delle sue camicie, la soffocava con il suo profumo, il tocco
delle
sue dita e la pressione delle sue anche contro quelle di lei. Non aveva
mai
avuto nessun altra possibilità se non lasciarsi andare e
sentire.
“Non
pensavo – sapevo
– che ti avrei mai più rivista.
Anche se
non avessi…avuto successo, sapevo che sarebbe andata
così. Mi avresti odiato.
Non voglio che tu mi odi.”
“Hai
abbassato la
bacchetta.”
“Cosa?”
Gli sorride; si ricorda com’era, l’anno precedente, il tremore quasi impercettibile delle mani di lui sulle sue gambe e i contorni scavati degli zigomi premuti contro la sua pelle. Non era molto bravo a nasconderlo, lo sguardo ferino, come quello di un animale in gabbia, soprattutto non a lei; riecheggia ancora nella sua mente il respiro irregolare di quando si abbandonava tra le sue braccia, madido e in bilico sul ciglio di qualcosa che lei allora non aveva compreso.
“Hai abbassato la bacchetta.”
Dopo
un’estenuante sessione con
Remus, Minerva ed altri
membri assortiti dell’Ordine nella cucina dei Weasley, Draco
finisce nella
vecchia stanza di Bill. Nessuno fa parola del mattino in cui si
svegliato lì, a
parte Molly mentre stanno pelando le patate, disappunto e
disapprovazione che
pervadono la sua voce come la vernice su di un muro.
Non parlano mai del
bambino, lei e Draco,
nonostante
continui a fissarle la pancia.
Parlano di altre
cose, leggono, giocano
con le carte Babbane
che lei gli ha insegnato ad usare (è talmente bravo a poker
che si rifiuta di
giocare più con lui) e si insegnano a vicenda gli
incantesimi trovati sul
vecchio libro del settimo anno di Percy.
È
amichevole e rassicurante,
tutte cose che sono mancate a
scuola, quando c’erano solo aspre parole e baci impetuosi;
non erano mai
riusciti a stare tranquilli a lungo.
“Sei
agitata.”
“Lo
so.”
“Allora
smettila.”
“Non
posso,” risponde
seccata, tirando il suo maglione e continuando
ad accavallare e a districare tra di loro le gambe, allungandole
davanti a se’
sul tappeto e incrociando le caviglie; raddrizza la schiena e poi si
stravacca,
ma niente è utile per il dolore alla schiena.
“Cosa
c’è?”
“Tuo
figlio ha intenzione di
uccidermi, ecco che cosa c’è,”
si lascia scappare e poi si raggela. Quando lo guarda lui non sta
battendo
ciglio.
Pensa davvero di
poter percepire la
tensione, tangibile e
densa come la tapioca. Poi, senza rumore, lui si alza e si siede dietro
di lei,
facendola scivolare tra le sue gambe.
“Cosa ti
fa male?”
chiede e il suo respiro le accarezza
l’orecchio come una brezza marina.
“La
schiena, in basso.”
Alzando
l’orlo del suo maglione,
lui preme i pollici freddi lungo
la sua colonna vertebrale, massaggiando in circolo. Lentamente, lei si
rilassa,
mentre le mani di lui si riscaldano contro la sua pelle e penetrano
nella sua
schiena; sente un brivido propagarsi attraverso la spina dorsale,
giù fino
all’incrocio delle sue gambe: ha letto qualcosa sui
cambiamenti della libido
durante la gravidanza ma aveva pensato che la guerra in corso avesse
fatto in
modo di renderla insensibile dai fianchi in giù.
A quanto pare non
è
così e il bambino sceglie quel momento
per scalciare.
“Oi”
si lamenta.
“Ti ho
fatto male?”
“No,
è stato
lui” dice lei, agitando una mano verso se
stessa, “Scalcia come un matto.”
Tenendo ancora una
mano sulla sua schiena,
lui alza l’altra,
con il palmo sospeso sopra la pancia tondeggiante. Lei riesce a
percepire lo spazio
tra di loro, mentre le si accappona la pelle al di sotto del maglione e
l’aria
crepita come mille fiammiferi accesi. Quando la sua mano finalmente la
raggiunge, lei ricomincia a respirare.
Si sposta lento,
insicuro, la sua mano va
a tentoni come se
si stesse muovendo al buio, cosa che lei ritiene possa essere vicina
alla
verità. In realtà, pensa, tutte le luci si sono
spente nel momento in cui l’ha
guardata la mattina che è arrivato, e non si è
particolarmente sforzato nella
ricerca dell’interruttore. Lei riesce a sentire il bambino
muoversi, agitarsi e
immagina che anche lui stia
cercando;
lui lo percepisce, attraverso gli
strati di lana, carne e liquido, sente il sangue del suo sangue e cerca
di
raggiungerlo.
Quando il bambino
scalcia, Draco lo sente
e si irrigidisce.
“Era…”
bisbiglia e il battito furioso del suo cuore risuona
contro la schiena di lei, che si inumidisce le labbra due volte prima
di
parlare.
“Il piccolo riconosce suo papà.”
Dopo
quell’episodio, Draco
è sulle spine, girovaga e
borbotta come un senzatetto alla fermata di un autobus. Lei ipotizza
che sia
per qualcosa che ha detto, il fatto di averlo definito apertamente
‘papà’ lo ha
fatto andar fuori di testa, come del resto avrebbe fatto qualsiasi
altro
diciassettenne in una situazione del genere; lui d’altra
parte è bloccato alla
Tana sotto minaccia di morte da parte dell’Oscuro Signore,
quindi, invece di
darsela a gambe, ha deciso di trasformarsi nel furetto isterico che una
volta
lo aveva accusato di essere.
La sta facendo
diventare pazza.
Dopo una settimana
intera, lo mette alle
strette nel mentre
che sta uscendo dal bagno, nell’aria il profumo di
dentifricio alla menta e di sapone.
“Quale
cavolo è il
tuo problema?” gli dice.
Lui la guarda, a
lungo, con uno sguardo
intenso, penetrante,
struggente, del tipo di cui si
scrive
nei romanzi. Poi la bacia, accarezzandole le labbra con la lingua e
quando si
separano lei non riesce a proferir parola, se non
“huh”, che è tanto
intelligente quanto può esserlo in quel momento.
“So
che ti piace, ma non lo
chiameremo Hugo,” afferma e poi la trascina nella sua stanza,
dove fanno la
scoperta che anche la sua, di libido, è perfettamente
funzionante.
Arriva alla fine
oltre il termine, nervosa
e irritabile,
verso la metà di Marzo, sbottando contro chiunque ed
imbarcandosi in litigi
interminabili con Draco; quando le si rompono le acque sul pavimento
del
salotto subito dopo colazione, anche gli gnomi del giardino sentono il
sospiro
di sollievo del ragazzo, o almeno così lei pensa.
Non riesce nemmeno
ad arrivare sul letto
al piano di sopra, finendo
con l’avere troppi proiettili a portata di mano.
“Attenzione
alle cose fragili,
cara,” avverte Molly, mentre
sprimaccia i cuscini dietro alle spalle rigide di Hermione.
“Vorrei
che tu fossi
morto” sbotta contro Draco,
aggrappandosi alle lenzuola che sono state stese sul pavimento, pulito
magicamente.
“Dicono
sempre
così” cerca di mediare Arthur, con un pacca
sulle spalle del ragazzo, che tentenna, borbottando qualche
“Ehm,” sedendosi a
scatti di fianco a lei e agitandole una mano davanti al viso.
“Puoi…sai…se
tu…ow, OW OW LA MANO!”
Quando
si lagna
per un’ora della
sua mano ‘rotta’, lei gli scaraventa addosso un
leone di ceramica.
Nelle prime ore del
mattino seguente,
Molly prende tra le
braccia un cosino che strilla e si dimena, Hermione pensa di avere le
allucinazioni,
quando si accorge che è uscito
proprio da lei.
“È
finita?”
chiede.
“Già,”
le
risponde Draco, piano, con lo sguardo fisso,
mentre lei li segue con gli occhi. Quando vede che Molly sta reggendo
in
braccio un fagotto che si agita in un
lenzuolo a scacchi, Hermione si sente il cuore in gola. Ha
avuto un
bambino, giusto.
“Congratulazioni,
è
un femmina” dice Molly,
porgendole la bambina – sua figlia,
continua a ripetersi Hermione –
e mormorando qualcosa sul sorreggere la testa ai neonati.
Non è per
niente come si era
aspettata, anche se i libri che
aveva letto l’avevano già messa in guardia: non ha
la pelle color pesca o le
guance paffute, ma è rossa, magra e coperta con una specie
di pellicola simile
alla tela di un ragno. Ha il viso contorto per il pianto, gli occhi
chiusi a
fessura sopra le guance chiazzate e le labbra tirate. Hermione la
riaggiusta
tra le sue braccia, accarezzandola con un dito su un braccino,
giù fino a delle
minuscole manine che terminano con altrettanto minuscole unghiette. Il
suo viso
si rilassa, si distende tutto ad un tratto, come una rosa in boccio.
“Ciao
Rose” la
accoglie Hermione.
“Mi piace
Rose,”
interviene Draco, baciandole la tempia, poi
prende la mano di sua figlia ed Hermione comincia a singhiozzare.
“Merlino,
Hermione”
“Taci.”
Il suo cuore si
gonfia di gioia,
come il mare, quando sua figlia apre gli occhi per la prima volta.
Harry Potter uccide
l’Oscuro
Signore, Neville Paciock uccide
un rettile ed Hermione viene spedita a casa di Andromeda durante la
battaglia finale,
mentre Draco tira fuori un coraggio da Gryffindor e si precipita a
combattere e
a cercare i suoi genitori. Lei avrebbe voglia di torcergli il collo,
soprattutto quando dimostra di essere abbastanza Slytherin da usare la
loro
figlia come merce di scambio: è meglio che abbia almeno un
genitore, in caso
morisse, dice lui. Nel frattempo Rose e Teddy vanno d’accordo
a meraviglia.
“Un giorno
o l’altro
lo uccido” dice ad Andromeda mentre
bevono il the.
“Lo hai
già
detto.”
Quando la battaglia
è finita,
tutti e quattro si
materializzano ad Hogwarts, Andromeda raggiunge il cadavere di sua
figlia,
mentre accarezza i capelli azzurro cielo di suo nipote, Hermione,
invece,
setaccia la folla in cerca di una testa bionda.
Ne individua una
rossa per prima.
“Hermione!”
è Ron, sporco, con i segni di lacrime sulle
guance e fortunatamente vivo.
“Ron,
grazie a Dio!”
gli dice, cingendolo con un braccio
solo.
“Wow,
guarda qui”
esclama quando si separano, strofinando le
nocche contro le guance paffute di Rose, “hai avuto un
bambino.”
“Già,
di solito
succede dopo tutta la faccenda della
gravidanza. Stanno tutti bene?”
Le racconta quello
che è
successo, una lista di morti che
include anche uno dei suoi fratelli, e a quel punto lo abbraccia
ancora,
talmente forte che Rose comincia ad innervosirsi.
“Ho visto
Malfoy
laggiù” le indica con una mano verso il
tavolo degli insegnanti, distrutto e bruciacchiato dalle maledizioni,
“con i
suoi genitori.”
“Grazie”
Lo abbraccia ancora
e si lancia in mezzo
alla folla, con il
cuore in gola: Ron non ha specificato in quali condizioni si trovasse
Draco, se
fosse in piedi, seduto, ferito e sanguinante oppure se giacesse morto
in una
fila vicino a sua madre e suo padre.
Sta abbracciando sua
mamma quando lo vede.
“Se mi
farai ancora una cosa del
genere io…io non…non lo so,
ma stai certo che non ti piacerà,” balbetta, con
la vista offuscata da stupide
lacrime; non appena Draco la vede si precipita verso di lei e la bacia
sulla
fronte. Lucius, invece, sembra che stia per avere un infarto.
“Stai
bene?” le chiede
Draco, con le labbra ancora premute
contro la pelle di lei, che riesce appena a percepire le sue parole.
“Sì”
Le rimane accanto,
accarezzando i suoi
fianchi e i capelli
chiarissimi di Rose: ha ereditato i capelli di suo papà e
gli occhi di sua
mamma.
“Mamma,
Papà,” annuncia, girandosi e tenendo le mani su di
lei, “vi presento vostra nipote.”
Lucius fa cadere a terra la bacchetta.
Trascorrono ore a
Hogwarts, Lucius
è seduto accasciato sulla
piattaforma del tavolo degli insegnanti, con le mani abbandonate tra le
gambe e
la bacchetta nella borsa di sua moglie. Hermione fa la spola tra loro e
i
Weasley, gli uni isolati dagli altri, e si chiede se la sua vita
d’ora in poi
sarà così, se le persone a cui tiene rimarranno
sempre separate come olio e
acqua. Draco sta portando a spasso Rose in circolo, ma la sua
spossatezza sta
innervosendo lei e esasperando lui, Narcissa quindi risolve la
situazione
prendendo la nipote dalle sue braccia.
Quando Hermione
torna dopo aver parlato
con Ginny, vede tre
donne disposte a triangolo; una bionda, l’altra bruna, sono
accanto alle loro
famiglie con in braccio i nipoti. Una famiglia è
sopravvissuta, l’altra no e
all’ultimo vertice del triangolo c’è una
terza donna, con i capelli scuri sparsi
attorno al suo corpo immobile come una pozza d’inchiostro.
Narcissa e Andromeda
si osservano a lungo, voltandosi di tanto in tanto verso la sorella
morta.
Hermione stringe la mano di Draco.
Spiegare
tutto ai Malfoy non è impresa facile; Lucius picchia
suo figlio sulla testa e lo insulta in modi particolarmente fantasiosi,
pretendendo che faccia la cosa giusta prima che sia troppo tardi per
usare la
guerra come scusa, nel frattempo Narcissa gioca a fare cucù.
Hermione è ancora
indecisa su chi dei due è più surreale.
“È
tutta una
questione di onore di famiglia, soprattutto
adesso” le dice Draco, mentre si strofina il cranio dolorante
“Potrai anche non
essere purosangue o avere conoscenze altolocate o altre sciocchezze
– ”
Hermione sorride con
orgoglio.
“
– ma se avessi un
figlio con te e non ti sposassi, beh,
probabilmente i miei bis-bis-bis-bisnipoti vivrebbero ancora nella
vergogna. È
quello che si deve fare.”
Spiegare tutto ai
genitori di lei, una
volta tornati
dall’Australia e con la memoria ripristinata, è,
in effetti, peggio dell’aver
avuto a che fare con i Malfoy; sua mamma sbianca improvvisamente, Rose
comincia
a piangere, Draco finisce col fare una gara a chi urla di
più con il padre di
lei ed Hermione marcia avanti e indietro per il salotto, ninnando la
sua
bambina.
“Non sei
costretto a sposarmi,
sai” gli dice, durante una
cena Malfoy-Granger che sembra uscita da un libro di Lewis Carroll.
“Dico
davvero, non abbiamo nemmeno finito la scuola! E
statisticamente…”
Draco la bacia
delicatamente sulle labbra
“Certo che devo,
mio padre ha chiaramente minacciato di farmi qualcosa di molto crudele
ed
insolito, ma, sciocca, lo voglio anche.”
Lei e Draco si sposano due mesi dopo, a questo punto, ormai, la frittata è fatta.
Diciannove mesi dopo
la fine della guerra,
Rose compie due
anni. È una vicenda strana, Malfoy Manor viene decorato con
festoni e
palloncini bianchi e rosa, ci sono bambini dell’asilo di Rose
che corrono su
gambette paffute e che si macchiano i vesti di erba. I Weasley sono
lì, a
disagio, fino a quando Teddy scorge Narcissa in mezzo alla folla e si
districa
da sua nonna e dal suo padrino, mostrando orgoglioso alla zia Cissy che
è
capace di farsi diventare i capelli biondi come i suoi.
Lucius e il padre di
Hermione parlano
delle fluttuazioni
della Borsa (magica e babbana) e si lamentano dei troppi dolci che i
bambini
mangiano al giorno d’oggi. Hermione è ancora
inorridita dal fatto che riescano
ad andare così tanto d’accordo.
“Tutti i
regali di questo mondo
e nostra figlia sta giocando
con una scatola” si lagna Draco, con un bicchiere di punch in
mano; lei riesce
a sentire l’odore di alcol, gli prende il bicchiere e lo
rovescia sul prato.
“È
il suo compleanno,
può giocare con qualsiasi scatola
voglia,” dice “E togliti quello sguardo dalla
faccia. Se devo sopportare tutto
questo da sobria, lo farai anche tu.”
“Chi dice
dobbiamo rimanere
sobri tutti e due?” lei
sogghigna e lui inarca un sopracciglio
Tutt’intorno
a loro i bambini
gridano, gli adulti
chiacchierano e Molly rimprovera George per aver portato un fiasco di
alcolici
ad una festa per bambini. All’improvviso un gufo recapita una
lettera sulla
testa di Draco.
“Sul
serio?” dice dopo
averla letta, entrambe le
sopracciglia a livello dell’attaccatura dei capelli.
“Questa
volta sono riuscita a
mandarti un gufo”
La trascina vicino a
sé,
premendo il viso contro il suo
collo. Lei fa cadere i festoni rosa dalle mani e stringe la sua
maglietta tra
le dita. Sa perfettamente che, anche se sono passati due anni,
è ancora amareggiato
dal fatto di essersi perso così tanto, di non essere stata
la prima persona a
saperlo, di non poter raccontare aneddoti sulle sue voglie in
gravidanza e di
non aver visto il suo corpo cambiare gradualmente. Rose è
stata come un pugno
nello stomaco, ma lei sa che lui lo rifarebbe in un attimo, se gli
fosse data l’opportunità,
e sa anche cosa vuol dire per lui essere lì con lei fin
dall’inizio.
Gli tira una pacca sul braccio quando dichiara “E comunque non lo chiameremo Hugo.”