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Autore: billiejoe    10/03/2011    1 recensioni
La storia di un amore nato per caso, e che stravolge la vita dei protagonisti.
Dedicata alla mia ragazza Hailey Creeps, con tutto l'amore di cui sono capace.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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l'incontro
 
Hailey aveva letto quel messaggio tremando. Dentro di sé lo sapeva. Lui le aveva parlato di sé tante volte, e anche se non le aveva mai mostrato una foto, lei lo aveva immaginato proprio così. Quei capelli rossi, arruffati dal vento, quel viso pallido, quel corpicino esile abbandonato sotto il suo portone, quello sguardo da sfigato. Lei lo aveva intuito. Era lui quel ragazzetto spaesato e impacciato che la stava fissando non più di un’ora prima, era così che lo aveva immaginato, ma qualcosa dentro di lei le aveva impedito di capirlo subito, lo aveva allontanato con poche fredde parole, forse inconsciamente sperando che andasse via.
 
Una voce dal suo cuore le urlava di scendere davvero, di abbracciarlo, di piangere e perdonarlo, di dirgli quanto lo amava e quanto le era mancato.  Di guardarlo negli occhi, di farsi stringere tra le sue braccia, di baciarlo. Ma la voce della ragione, e della rabbia, le aveva presto ricordato cosa quelle labbra avevano fatto, chi quelle braccia avevano cinto. Un conato di vomito era salito alla sua bocca e per un istante l’amore aveva ceduto il posto al dolore, e subito dopo all’odio.
 
Si era avvicinata alla finestra e lo aveva visto lì, seduto su quello scalino, di fronte al suo portone, con una sigaretta tra le dita. Vedeva il fumo portato via dal vento, e il sole lentamente calare. Velocemente aveva risposto con un “fottiti” venuto dritto da lì, dal suo cuore, dettato dall’amore, e dalla rabbia. Aveva archiviato anche quel messaggio, insieme a tutti quelli che lui le aveva inviato, perché non aveva avuto il coraggio di cancellarli. Ma poi era tornata a sedersi alla sua scrivania, e a cercare di risolvere un’equazione di secondo grado.
 
Le luci di febbraio avevano lasciato il posto a un romantico e malinconico chiaro di luna, l’aria si faceva sempre più fredda, e la febbre sempre più alta. Arthur aveva guardato il cellulare, per controllare l’ora. E aveva trovato quel messaggio. Era evidente che non sarebbe scesa, che non le importava più, davvero.
 
Non poteva credere che tutto stesse finendo così, ma non c’erano più bagliori di speranza. Non aveva mai avuto troppo coraggio nella sua vita ma non voleva che finisse tutto senza aver lottato almeno un po’. Solo, a questo punto, non sapeva che altro fare. Per lei, lui era un capitolo chiuso, talmente chiuso da poterlo mandare al diavolo senza prendersi la briga di scendere poche scale, e di guardarlo negli occhi.
 
Quando lo schermo del cellulare si era spento si era sentito mancare le forze. Era scoppiato a piangere come un bambino, e più singhiozzava più sentiva i polmoni stringersi e fargli mancare l’aria, e la vita.
 
Aveva sofferto tanto nella sua vita, per tanti motivi diversi, più o meno gravi, aveva anche sofferto per amore ma stavolta era diverso. Lei lo aveva lasciato, e non perché fosse una stronza come Sara, o perché avesse trovato di meglio, no, lo aveva lasciato perché era lui quello sbagliato, perché lui l’aveva tradita. Era stupido, e se ne rendeva conto, ma soffriva forse solo per quello, perché aveva creato qualcosa di perfetto, un amore veloce, passionale, istantaneo, di quelli che non sono destinati a ingrigirsi nella monotonia, di quelli che restano bellissimi, incancellabili, indimenticabili. La sua creatura tanto perfetta era stata distrutta da lui stesso, e non c’era nulla che potesse fare per tornare indietro.
 
L’aveva implorata di perdonarlo ma lei non voleva, e non poteva. Aveva trovato poche forze per alzarsi e trascinarsi alla sua auto. I fari delle auto contro di lui erano solo enormi macchie gialle, confusi nella nebbia, tra le lacrime, dentro un immagine che forse era reale, che forse era solo un’allucinazione.
 
Non riusciva a mettere in moto nemmeno la sua macchina, figurarsi come avrebbe potuto rimettere in sesto per pochi mesi la sua vita.
 
C’era un bellissimo sito archeologico a pochi passi dalla casa di lei. Quelle rovine illuminate dalle luci alte della notte gli mettevano ansia, e gli spiattellavano ricordi di conversazioni, di passeggiate, di pensieri che non erano suoi, ma che lui aveva comunque condiviso con lei. Era sceso dalla macchina e si era messo a fissare quelle rovine, e aveva immaginato che un giorno, magari proprio in quel punto, uno sprovveduto turista avrebbe chiesto ad Hailey la strada per quel sito, e lei lo avrebbe spedito chissà dove, perché le piaceva prendere in giro i turisti, perché le piaceva essere la ragazza allegra che lui amava alla follia.
 
Hailey aveva passato tutto il pomeriggio sulla stessa equazione, che alla fine aveva dato decine di risultati diversi, nessuno dei quali era quello corretto. Le sue gambe erano ancorate alla sedia ma la sua volontà andava scemando. Sua madre l’aveva chiamata per la cena, ma quando si era alzata era corsa alla finestra. Non c’era più traccia di quel ragazzetto, e nemmeno della sua macchina scura parcheggiata davanti a quel passo carraio. Lui se n’era andato. Era uno stronzo, era andato via di nuovo.
 
Era seduta a tavola davanti al suo piatto quando sua madre gli aveva chiesto se fosse tutto a posto. Lei aveva abbozzato un sorriso, e aveva sussurrato quel nome. Sua madre le aveva carezzato la guancia, e le aveva detto, con un sorriso, di chiamarlo. Non aveva mai dato retta a sua madre per diciassette anni, e non avrebbe cominciato quella sera. Lei non sapeva che razza di stronzo lui fosse, non sapeva quanto dolore le aveva causato. Non sapeva quanto male facesse essere traditi in quel modo, in quello schifoso e lurido modo. Si era rifugiata nella sua stanzetta, e aveva pianto. Cosa cazzo volesse quel bastardo non riusciva a spiegarselo, l’aveva ferita, e nessuna scusa avrebbe sistemato la situazione.
 
Aveva infilato le cuffie e l’assordante musica dei Crimpshrine aveva sedato i suoi sensi, la sua rabbia, il suo dolore. E poi quelle poche parole confuse in mezzo a quel frastuono, a quel rumore.”Not gonna clutter my head with stupid pride”.

Si era alzata di scatto, aveva indossato distrattamente il giubbotto e il suo basco, e baciato sulla guancia sua madre, prima di dirle che usciva.
 
Arthur era ormai al terzo pacchetto di sigarette, e alla decima chiamata di sua madre che alla fine aveva minacciato di chiamare i carabinieri. In fondo, lui era come un bambino per lei, per lo Stato, per tutti quanti. Non aveva nemmeno più lacrime da versare, non aveva più voglia di piangere, né di guardare il telefono. Aveva sempre sorriso di quei film americani in cui la gente gettava il cellulare in mare o fuori dal finestrino per non rispondere, e lo aveva fatto anche lui. Lo aveva lanciato verso quelle rovine, e fanculo tutto il resto.
 
Non c’era niente nella sua vita ormai che potesse trattenerlo. Non si era reso conto di quanto alla fine lei fosse entrata dentro di lui e di quanto importante fosse diventata la sua presenza, al punto da mandarlo in paranoia per un messaggio in ritardo, per una sera senza la sua voce, per una notte senza la speranza di risentirla al risveglio.
 
Hailey continuava a chiamarlo ma quella vocetta femminile continuava a ripeterle che lui non era raggiungibile. No, non sarebbe stato raggiungibile per nessuno, per quelli che lo avevano frequentato per tutta la vita senza mai capirlo, per quelli che lo avevano guardato negli occhi tante volte senza mai guardargli dentro. Lei non aveva bisogno che lui le rispondesse, lei non aveva bisogno di sapere dove fosse. Era buio, ed era uscita a cercarlo. Perché lei sapeva esattamente dove trovarlo.
 
Mezz’ora dopo aver chiuso dietro di sé quel portone era davanti a un’alfa grigia, e le lettere della sua targa, BJ, le avevano strappato un sorriso. Il destino sa essere parecchio spiritoso a volte. Si era fermata solo un attimo a guardarlo poggiato sulla fredda ringhiera ad osservare quei posti che lei conosceva a memoria. Aveva paura, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta.
 
Si sbaglia spesso, e lui aveva sbagliato parecchio. Si cade, e ci si rialza. Si ama, e si viene traditi. I spera, e si viene puntualmente delusi. Eppure quando si ama qualcuno davvero, quando quell’amore non si ferma al corpo e alla mente ma diventa qualcosa di superiore, quando prende la tua vita e la distrugge e ne crea un’altra, magari imperfetta, magari peggiore, ma nuova, diversa, quando quella vita è ormai la tua vita, non puoi più fermarti a pensare all’orgoglio, all’odio, al risentimento. Perché quelli sono sentimenti terreni, e in quel momento per lei di terreno non c’era altro che l’asfalto che calpestava, quei pochi passi che la separavano dal ragazzo stronzo e imperfetto che amava.
 
Si era schiarita la voce in silenzio, e quando si era trovata dietro di lui, dolcemente, e fermamente, gli aveva detto due semplici parole “mr Armstrong!”.

  
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