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Autore: ASTG    10/03/2011    4 recensioni
Harry Potter e i suoi amici hanno sconfitto Voldemort. E ora? Ora si ritorna alla vita. Frequenterranno il settimo anno ad Hogwarts e cercheranno di farsi una vita nel mondo magico. Ma c'è qualcosa che non va. Harry non riesce a dimenticare ciò che è successoe sembra che il suo mondo voglia sgretolarsi sotto i suoi occhi. Perché continua a sognare Silente e Piton? Cosa succederà al trio che adesso è divenuto quartetto?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Viktor Krum
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sogno e Realtà

Erano passati pochi mesi dall’ultima lotta con Voldemort e Harry Potter oramai sembrava
felice nella sua nuova vita accanto a Ginny e ai suoi amici Ron e Hermione. Aveva deciso di
tornare a Hogwarts per finire gli studi, i M.A.G.O. sarebbero stati importanti per trovare un
lavoro decente e adesso quella era la sua preoccupazione maggiore, com’era giusto che fosse.
Nel mondo magico si respirava un’insolita aria di allegria, le strade sembravano più luminose
, ora che i dissennatori erano chiusi di nuovo ad Azkaban e le persone stesse sembravano
più sorridenti. Harry era seduto sul letto della sua nuova casa a Godric Hollow.
Un ragazzo poco più grande di lui che era stato arrestato per un giro illegale di bacchette
magiche durante il governo di Voldemort era finito sul lastrico e stava vendendo la casa per
racimolare qualche galeone. Harry ne aveva approfittato per avere una dimora vicino a quella
dove avrebbe dovuto passare l’infanzia. Così si era trovato con una casa di proprietà e tante
stanze inutilizzare che venivano spesso occupate da: Ron, Hermione, Ginny, Neville, Luna
o qualunque dei suoi amici volesse andarlo a trovare. Per comprare quella casa aveva quasi
svuotato la sua camera blindata alla Gringott, ma a lui non erano mai interessati tanto i
soldi e a conti fatti con i restanti galeoni avrebbe in ogni caso potuto vivere per qualche anno
senza lavorare. Stava seduto sul letto pensando al piccolo Ted Lupin che era stato momentaneamente
affidato ai Weasley, Harry non era certo un irresponsabile e adempiva ai suoi doveri di padrino,
ma sapeva che con una vera famiglia come quella sarebbe stato molto meglio. Almeno
finché non sarebbe stato in grado di allevarlo da solo. Pensando a Ted fu preso da un po
’ di angoscia, anche lui come Harry sarebbe cresciuto senza i veri genitori, anche lui come
Harry sarebbe stato additato come orfano e ricordato come il figlio di due persone che avevano
compiuto grandi gesta, ma almeno sarebbe cresciuto in una vera famiglia che gli voleva bene.
Inevitabilmente il pensiero andò a Remus e Tonks, la loro vita era finita prima che quel bambino
dicesse la prima parola o facesse il suo primo passo. Gli era capitato spesso di ripensare ai suoi compagni
deceduti in quella orrenda guerra: Il professor Piton, Fred, Tonks, Remus, Sirius, Silente, Dobby e tutti gli altri. 
L’angoscia lo prendeva e spesso doveva ricorrere a mezzi poco ortodossi per dimenticare: Il pensatoio.
Quest’ultimo era sempre poggiato sul tavolo del suo salotto e i suoi amici avevano cominciato a prenderlo
di malocchio pensando che non era un buon modo per dimenticare ciò che era successo.
Però per lui erano ore di libertà, riusciva a: riprendersi , uscire, stare un po’ tranquillo e  smettere
di pensare a coloro che quei momenti felici non potevano più viverli. Ma in quel caso, su quel letto
stava pensando a loro, i deceduti, i caduti nella guerra all’Oscuro Signore, le persone i cui nomi
ora erano incisi nella nuova statua che era stata edificata al centro del Ministero della Magia.
Silente gli avrebbe detto di farsi forza, che alcuni fatti spiacevoli non dovevano rovinarci l’esistenza,
che soffrire era un piccolo prezzo da pagare per vivere e avere la felicità che ne conseguiva,
ma Silente lavorava per un bene superiore ed era sicuramente migliore di lui, il ragazzo che era sopravvissuto.
Sirius lo avrebbe rimproverato, sdraiato su un letto a pensare ai morti quando fuori c’erano migliaia di avventure da vivere,
Dobby avrebbe detto che Harry Potter era troppo gentile nel pensare a Dobby anche dopo la sua morte,
Fred ci avrebbe scherzato su, avrebbe detto che era passato a miglior vita, una vita migliore della loro.
Piton probabilmente lo avrebbe guardato carico di odio e gli avrebbe detto che doveva smetterla di fare l’impertinente e
credere che il mondo girasse intorno a lui. Il consiglio del professor Piton era sicuramente il migliore,
ma nonostante tutto Harry era lì, gli occhiali premuti sul naso, le lacrime che scendevano copiose
mostrando in ognuna il suo animo, in ognuna le sue paure, in ognuna la fotografia di uno dei suoi
amici morti. Fra le lacrime quella sera si addormentò cadendo in un sonno profondo dal quale si
riscosse col vago ricordo di una strana scena: Si trovava in un ambulatorio babbano e Silente lo stava visitando,
poi entrava Voldemort che voleva fargli una puntura con un ago enorme e cominciava a uccidere chiunque
si frapponesse fra l’ago e Harry. Si era addormentato pensando a coloro che aveva perso e quindi era logico
averli sognati, ma perché il tutto era ambientato in un ambulatorio babbano non sapeva davvero spiegarselo.
Non si fece troppe domande erano lontani i tempi in cui sognare Voldemort poteva avere
un significato maggiore del semplice sogno. Era mattina da un po’ oramai, il sole era alto quasi a mezzodì.
Si avvicinò al pensatoio e tirò fuori dalla sua mente alcuni ricordi poi uscì per un'altra giornata alla Tana.
Passava molto tempo dai Weasley, erano la sua famiglia, ma nonostante tutto arrivato alla
Tana si rese conto di quanto fosse cambiata negli ultimi tempi. I Weasley, notoriamente disagiati
dato il numero  di figli e il lavoro impopolare del capo famiglia, avevano avuto un colpo di fortuna
che aveva portato Arthur ad un lavoro di alto livello nell’ufficio misteri. Harry aveva capito ben
poco del nuovo lavoro com’era giusto che fosse perché nessuno doveva sapere nulla
degli Indicibili. L’avvento di Kingsley Shacklebolt aveva portato la prosperità nel mondo magico e
aveva portato a galla anche le tante bugie dette dai precedenti Ministri e gli orrori che erano
stati nascosti nell’ufficio misteri. Uno di questi orrori che a Harry tornava spesso alla mente
era la presenza di un progetto che svolgeva studi sui poteri dei maghi e sulle possibilità di sottrarli,
scambiarli o donarli a proprio piacimento ad altri maghi. Questo progetto però s’incentrava molto
sulla sottrazione e a quanto pareva era ben avviato e quasi concluso, per fortuna il nuovo ministro se
ne era occupato egregiamente distruggendo i documenti al riguardo e cancellando il programma.
Aveva indugiato fin troppo sulla porta della nuova Tana che adesso era stata ristrutturata e messa a nuovo,
così bussò lentamente e sentì una voce dall’interno gridare
-“Questo è Harry, Ginny apri tu cara?”- Molly era ai fornelli come suo solito. Stava preparando
sicuramente un delizioso pranzetto e Harry doveva ammettere che, da quando la famiglia Weasley
aveva cominciato a guadagnare davvero bene, le portate della signora Weasley erano
se possibile migliorate. Ciò che era impagabile però era l’atmosfera che si sentiva
in quella casa, una vera famiglia unita. Hermione era sempre in visita a casa Weasley
e il fidanzamento era quasi ufficiale, mentre per quanto riguardava Harry e Ginny: Ron,
aveva accettato di buon grado dicendo “meglio tu che altri”, ma cominciava a divenire
scorbutico se si scambiavano troppe effusioni. In più il piccolo Ted Lupin metteva un
’armonia e una felicità che solo un bambino può dare con i suoi vagiti e i cambi d’umore,
i sorrisi, i gemiti e i pianti. Un viso dolce e lentigginoso aprì la porta di casa Weasley e
Harry ne fu ammaliato come ogni volta che lo vedeva, le ciocche di capelli rossi erano
ancora in movimento per la fretta di aprire la porta, il ragazzo diede uno sguardo
velocissimo dentro e notando che Molly era girata baciò quella sagoma angelica
che era giunta ad aprire la porta. I signori Weasley non sapevano ancora nulla
della storia fra i due e di certo loro non facevano nulla per farla venire a galla,
c’era già troppa agitazione per Ron e Hermione come se si dovessero sposare a momenti,
quindi preferivano tenersi nell’oscurità e godersi quei momenti che erano ancora più
dolci perché nascosti agli occhi di tutti. Lei appoggiò le mani sul suo petto e lo spinse
delicatamente indietro guardandolo con un misto di paura e divertimento,
fece un breve movimento con la testa indicando la mamma e disse
-“Vediamo di non farci beccare proprio oggi okay?”- Harry sorrise e annuì, quello era
un giorno particolare per i Weasley, Fleur era incinta e per nessun motivo i festeggiamenti
dovevano essere interrotti. Così Ginny annunciò a Molly del suo arrivo la donna sorrise
salutandolo e riprese a lavorare ai fornelli. Non era più come quando tornava alla tana
dopo un anno che non lo vedevano, nessuno lo abbracciava forte, nessuno aveva più paura
che morisse in quei mesi che passava dai Dursley e di questo Harry era infinitamente
grato al destino, perché adesso ogni giorno poteva ritrovarsi insieme a quella che poteva
chiamare senza giri di parole: Famiglia. I Dursley li aveva rivisti la settimana dopo la caduta
di Voldemort, in quella occasione li aveva informati che sarebbe andato via e che ora
che non c’era più pericolo non si sarebbero rivisti più. Con lo stupore di tutti, Dudley,
si era avvicinato e lo aveva quasi abbracciato dicendo che per lui era come perdere
un fratello e che avrebbe voluto rivederlo, Harry non si spiegava come due individui
come i Dursley alla fine avessero allevato un ragazzo che nonostante i modi bruti
cominciava a dimostrare di avere dei sentimenti e un carattere buono. Seguì Ginny
per la cucina ed entrarono in quello che era il nuovo salotto dei Weasley, con sua sorpresa
Harry vi trovò più persone di quanto non si aspettasse. La stanza era circolare e
ricordava la sala comune di Grifondoro, c’era un tavolo per i grandi eventi al centro,
con tante sedie attorno, e poi delle poltrone vicino al camino dove vide dei volti familiari: Ron,
Hermione, Percy, Bill, Fleur, Charlie, Arthur, alcuni membri anziani dell’ordine, George,
Hagrid e, inspiegabilmente, Neville e Luna. Guardandoli tutti mentre lo salutavano si rese
conto di come erano cambiate le cose negli ultimi mesi, c’erano stato molte notizie felici,
ma anche alcune che Harry avrebbe preferito non sentire. Fra quest’ultime c’era la nuova vita
di George Weasley che non era riuscito a superare la morte del gemello con cui aveva
trascorso tutta la sua vita. Aveva dato in gestione il negozio di scherzi perché non riusciva
più ad avere idee e per un periodo si era dato all’alcool, quel periodo era passato,
ma lui non era più lo stesso: Non scherzava più, era sempre triste e vestito di nero
e qualche volta l’aveva sentito lamentarsi del suo orecchio mozzato.  Era stata dura per tutti,
soprattutto per i Weasley che avevano perso Fred e Percy in quella guerra, ma George
non sembrava riuscirsi a rialzare in nessun modo, mentre gli altri erano tornati piano piano
a vivere una vita serena. Lì osservò tutti uno per uno e sorridendo li salutò. Aveva una strana sensazione,
come un leggero mal di testa e la stanza sembrava tremare un po’ davanti ai suoi occhi
, poi piano piano questa sensazione aumentò, mentre salutava Neville e Luna che adesso
stavano insieme ebbe una fitta alla cicatrice e il panico lo sopraffece, Ginny lo fece sedere
ma la testa gli stava esplodendo, non riusciva ad aprire gli occhi, non riusciva a parlare non
riusciva a pensare e improvvisamente svenne. Quando riaprì gli occhi si ritrovò davanti un
paio di occhi celesti e degli occhiali a mezzaluna, quello sguardo era inconfondibile,
quegli occhi che ti scrutavano l’anima erano inconfondibili
-“S-Silente?”-  non era  molto stupito in realtà, aveva già vissuto una scena simile pochi mesi
prima quando Voldemort lo aveva ucciso e sapeva che forse si trovava nello stesso luogo in quel
limbo fra la vita e la morte in cui era già stato, quindi si guardò attorno aspettandosi che la
realtà si formasse sotto il suo sguardo, ma così non fu, le cose erano già presenti e
si trovava in una stanza bianca ornata di mobili bianchi, sdraiato su un letto bianco.
Silente aveva sorriso e annuito, era sempre lo stesso, saggio e vecchio,
gentile e silenzioso, guardandolo spaesato sembrò però incupirsi un poco
-“Va tutto bene Harry?”- la sua voce era la stessa, sembrava essere proprio lui,
ma non poteva essere vero doveva essere il frutto della sua immaginazione
-“Si professore”- disse semplicemente, poi la frase gli usci spontanea senza che dovesse
nemmeno pensarla -“Sono morto stavolta?”-  a quella frase Silente tornò a sorridere
-“Il fatto che tu dica stavolta significa che tu ricordi di essere stato qui
e questo è già un grande passo avanti”- Harry lo fissò con sguardo interrogativo
-“Un passo avanti per cosa?”-
-“Ogni volta che ritorni fra noi dobbiamo spiegarti cos’è questo luogo e chi sei tu, ma se
ora ricordi non ce n’è più bisogno”-  Harry era sempre più confuso, ma allora quel luogo
era lo stesso dove era stato qualche mese fa? E poi che significava ogni volta? Quante volte era già stato lì?
-“Non so che luogo sia questo, ma so chi sono”- ma Silente sembrò incupirsi di nuovo
-“Harry prima di rispondere a qualunque tua domanda, voglio che tu risponda alle mie”- annuì,
conosceva quel gioco, con Silente era stato sempre stato così prima
doveva rispondere ai suoi interrogativi e poi poteva ricevere delle spiegazioni
-“Quanto tempo è passato dalla mia morte Harry?”- ora almeno sapeva che se quello
fosse un sogno o il limbo, il Silente che aveva davanti era consapevole di essere morto
-“Quasi due anni professore”- l’aria solenne che assunse l’uomo dalla lunga barba,
Harry non la ricordava, sembrava che non avesse mai avuto un’espressione così corrucciata
-“E come va la guerra?”- disse sommessamente
-“E’ finita Voldemort è morto?”- rispose Harry con un sorriso, ma Silente non sorrise, anz
i sembrava proprio di cattivo umore, le uniche parole che disse fecero
pensare a Harry che in fondo non gli importava della guerra contro Voldemort
-“Ora puoi farmi le tue domande”-a Harry passarono per la testa tante cose, ma visto
che sapere dove fosse era superfluo e che sperava che quella fosse solo una frase
transitoria si concentrò su altri aspetti della vicenda, se poteva parlare con Silente forse avrebbe
potuto parlare anche con i suoi genitori, con Sirius, con Remus e Tonks o con Piton, per ringraziarlo
-“Professore c’è anche Piton qui?”- gli occhi azzurri dell’uomo
indugiarono sul ragazzo, aveva uno sguardo incuriosito
-“Si Harry il Dottor Piton è qui”- sottolineò la parola dottor come in passato aveva sottolineato
la parole professor quando lui la dimenticava, ma lo stesso
non capiva cosa intendesse, perché lo aveva chiamato dottore?
-“Potrei vederlo?”- Silente prese posto su una sedia poco distante dal letto di Harry
che, ora che gli occhi si erano abituati alla luce riusciva a distinguere la stanza, sembrava
l’ambulatorio di un medico, come quello che aveva sognato poche
ore prima e lo stesso Silente portava un lungo camice bianco
-“Harry non hai altre domande? Non vuoi sapere dove siamo? O ti sembra che questo sia
un sogno? Oppure pensi di essere morto?”- Silente era visibilmente agitato, c’era qualcosa
che non andava, la situazione era troppo strana, sembrava tutto assurdo e incompatibile
-“Se non sono morto e questo non è un sogno, dove sono?”- Silente prese
fiato e cominciò il monologo che sembrava aver imparato a memoria
-“Questa è la realtà Harry”- il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta sorrise, che significava
che quella era la realtà? Lui sapeva benissimo di essere appena svenuto per un mal di testa
a casa dei Weasley, certo era una cosa ridicola e avrebbero riso di lui, ma sapeva di stare su
un divano in un’accogliente salotto circondato dai suoi più cari
amici o forse con questo Silente voleva dire che era morto?
-“Sono morto allora?”-
-“No Harry, tu definiresti reale la morte?”- Silente era sempre lo stesso enigmatico uomo,
ma a Harry i suoi enigmi ora davano solo fastidio, i suoi inutili giochi di parole, i suoi segreti
avevano portato alla morte di tutte quelle persone, se solo avesse detto chiaramente cosa
doveva fare e come, se solo gli avesse dato quella maledetta spada in
anticipo, sarebbero ancora tutti vivi e fu per questo che rispose con risentimento
-“E allora cosa diamine intende per realtà?”- Silente non fu smosso da quelle parole,
semplicemente, continuò a sorridere, prese lentamente una
cosa dalla tasca e Harry la riconobbe in un oggetto babbano: Un Telefonino.
-“Severus ho bisogno di te nell’ambulatorio uno e porta le medicine del signor Potter”-
Harry non capiva, Silente parlava al cellulare con Piton e gli parlava di medicine,
niente pozioni, niente gufi che diavolo stava succedendo? Dove diavolo era?
-“Harry la realtà è quella in cui viviamo, quella in cui le nostre azioni portano a delle
conseguenze, dove invecchiamo e moriamo, la realtà è dove viviamo Harry”-
-“Mi scusi professore allora questa è la sua realtà, io non vivo qui”- rispose semplicemente
Harry, ma prima che il bianco uomo potesse dire qualcosa Severus Piton entrò dall’unica
porta della stanza con un vassoio con sopra una siringa colma di un liquido rosa e delle
pilloline bianche in un barattolo arancione
-“Grazie della tempestività Severus”- l’ex professore di pozioni era vestito di bianco come
Silente, un colore che non gli donava affatto e che lo rendeva se possibile ancora più lugubre
di quanto non lo sarebbe stato con la sua solita tenuta nera
-“Come sta il ragazzo?”- chiese con quella voce che Harry non riusciva a non odiare,
quella voce carica di odio e disprezzo
-“Stavo proprio per accertarmene ”- e detto questo fece segno a Piton di sedersi
sull’unica sedia libera e si rivolse di nuovo a Harry
-“Allora qual è la tua realtà Harry, parlamene”- il ragazzo rimase sbalordito da quella
domanda al punto che non rispose fissandoli incredulo, poi Piton fece un gesto
d’impazienza con la mano e Harry capì che volevano una risposta
-“La mia realtà è la vostra stessa realtà”- cominciò –“E’ il mondo, l’Inghilterra, Londra, il ministero”-
i due uomini si guardarono stupiti ma le parole che seguirono gli dipinsero di nuovo sul volto un’aria
di rassegnazione -“Diagon Alley, la Gringott, Hogwarts, la Tana”- e con quest’ultima concluse
aspettando una risposta dai due, sperava che bastasse, sperava di non dover raccontare
degli anni passati in quel mondo per convincerli, dei Dursley, di Draco Malfoy o dei Weasley.
La situazione era insostenibile e Harry sentiva montare una rabbia dentro di se che non riconosceva,
come se qualcuno si fosse impadronito del suo corpo e vi avesse iniettato un sentimento non suo.
Aveva voglia di saltare addosso a quei due e farli tacere, e cavargli quegli occhi maligni che lo fissavano
studiandolo, che lo giudicavano, ma non aveva senso tutto questo, Piton e Silente non lo stavano
giudicando, non erano state in fondo le uniche due persone di cui si sarebbe dovuto ciecamente
fidare nella sua vita? Perché adesso avrebbe dovuto fare diversamente?
-“Harry prima che io ti dica qualunque cosa voglio che tu prenda le tue pillole”- Silente gli stava
porgendo due pasticche bianche con un bicchiere d’acqua, Harry non capiva, ma cosa avrebbero
fatto due pasticche al suo corpo se quello era un sogno? Così lo assecondò e mandò giù i medicinali,
immediatamente sentì la rabbia dentro di se affievolirsi e un senso di pace pervaderlo
-“Ora voglio che tu ascolti attentamente Harry”- cominciò Silente alzandosi in piedi e dirigendosi verso il
comodino –“Quello che tu pensi sia reale in realtà non è nient’altro che frutto della tua fantasia”- aprì di scatto il cassetto
e tirò fuori dei fogli e li poggiò sul letto, dovette ripetere l’operazione tre volte per riuscire a svuotare il cassetto,
solo in quel momento Harry si rese conto di essere vestito di bianco, quando allungò una mano per afferrare
un fogliò e notò il suo camice, bianco a pallini blu, come quello dei pazienti babbani.  Più di cinque mila fogli
erano sparsi sul letto e Harry li osservava mentre Silente continuava il suo monologo
-“Tu sei un ragazzo di ventidue anni che è entrato in cura da noi quattro anni fa dopo aver ucciso i suoi genitori
in preda ad un raptus omicida”- Harry sgranò gli occhi e tornò a guardare attentamente l’ex preside, non era
riuscito a leggere nulla dal foglio -“Non hai mai accettato la morte dei tuoi genitori così hai creato un mondo
immaginario dove ti sei rifugiato”-Harry non riusciva a credere a nemmeno una parola di quello che l’uomo,
che oramai sapeva non essere Silente, stava dicendo, ma non trovava la forza di parlare, anzi le palpebre
piano piano stavano diventando pesanti e il professore se ne stava accorgendo così aveva cominciato a
gridare le sue ultime parole -“Ogni volta che ti addormenti cadi in quel mondo e quando ti svegli pensi di
sognare”- Harry sentiva ancora la sua voce ma oramai le palpebre erano calate e il corpo si stava piano
piano intorpidendo, sentiva che stava per addormentarsi-“Questa volta però abbiamo deciso di indurti il
sonno sperando che tu  conservi qualche ricordo di questa chiacchierata e ti renda conto di come il mondo
in cui vivi sia irreale”- poi ci fu il silenzio.
Quando Harry si risvegliò era fra le braccia di Ginny che lo stava coccolando amabilmente mentre
tutt’intorno i suoi amici erano accorsi ad aiutarlo, c’erano tutti, era stato solo un brutto sogno, un orribile e stupido sogno.

   
 
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