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Autore: fflover89    10/03/2011    2 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Un salve e un bentornato a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo ed ora si accingono a leggere questo, il secondo! In questo capitolo viene messa ancora più in risalto la figura della giovane Eiko, cosa che servirà parecchio nello svolgersi della storia. Buona lettura!

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per tutta la giornata seguente, i Tantarus e Eiko non trovarono alcun frammento di meteorite degno di questo nome: l’unica cosa estranea al cratere erano i pezzi di metallo sparsi un po’ ovunque dell’edificio sventrato.
       «Diamine!» fece calciando via un ciottolo. In quei dieci anni era divenuta parecchio irascibile: quando una sua idea o una sua osservazione non era quella, se la prendeva tantissimo. Lei diceva di no, ma la causa indubbiamente era dovuta a qualche agio di troppo che i genitori adottivi gli avevano concesso.
       «Non c’è bisogno di adirrarsi, grranduchessina, ah. Chilla maliditta pietra moribbilissima doveva essere, ah.»
       «E dire che io pensavo… va beh, voi tornate alle vostre normali occupazioni. Mi dispiace di avervi disturbato, ma al momento abbiamo poco personale. Dirò a mio padre di paga…»
       «Nein nein Eiko!» la zittì Marcus «Non preokuparti! Era da un pel po’ che non scafavamo buke ein straden! Non fogliamo ezzere pagati!»
       «Ecché ce famo coi sordi? Voi mette er piacere de datte ‘na mano?» disse Er Cina.
       «I picciotti rraggione hanno, ah. Non c’è bisogno di pagarre. Se potimmo aiutatti in altre maniere, noi sempe pronti simo.» rincarò il boss.
Eiko sorrideva a quella grande manifestazione di altruismo e di affetto da parte dei suoi vecchi amici: ecco, questa era una cosa che riceveva poco spesso. Quante cose erano cambiate in quegli anni! Da quando il padre gli stava insegnando i vecchi trucchi del mestiere, quali la retorica, la politica, la diplomazia, si distraeva solamente quando passava in cantiere dando la sua opinione sui nuovi modelli di idrovolanti a vapore. Le rare volte che vedeva gli altri amici era negli incontri di rappresentanza con Daga e Gidan, divenuto re dopo essersi sposato con la regina. Ma questi incontri erano ben distanti da quelle chiacchierate con gli amici di vecchia data. Ah, quanto desiderava una vacanza, con un bel viaggio e magari qualche mostriciattolo fastidioso da prendere a calci nel culo. Le sue capacità in battaglia erano aumentate a dismisura: a differenza di Daga, Eiko adorava immergersi in profonde meditazioni, per entrare più in contatto con gli spiriti dell’etere e si esercitava alla lotta in cui era sempre stata bravina. La magia bianca, inoltre, per lei non aveva più segreti, le usava come se fossero parte naturale del suo organismo come espirare o sudare. La sua fama di sapere e di superare i suoi limiti, erano ai limiti della bramosia di potere. Ma sapeva frenarsi. Il nonno le aveva parlato spesso di incantatori che nel tentativo di apprendere magie proibite, vennero consumati dai loro stessi poteri. Le storie che gli raccontava erano per lo più favole, ma la stessa magia “Apocalisse” e molto probabilmente anche “Ultima” dimostravano che erano magie fuori dagli schemi. E Kuja eseguì la sua prima di morire, e Vivi quando la usò contro Trivia per poco non uccise anche gli altri. Sicuramente fu anche il potere di quella magia proibita, ad avvicinare il momento in cui si sarebbe “fermato”.
 
 
Dopo aver salutato i Tantarus, si diresse al castello e si vestì con il suo abituale abito rosa confetto che fu della madre, e che gli aveva obbligato a indossare all’interno del castello: il vestito era di dubbio gusto, ma era assai difficile trovarne altri che le stavano e che si confacessero al suo rango, complice anche il fatto che nessuno aveva mai regalato anni addietro vestiti da cerimonia da ragazza alla coppia reale di Lindblum, proprio perché era risaputo che non riuscissero ad avere figli. Eiko non poteva soffrire proprio quel vestito, l’unico altro vestito elegante che aveva era quello che gli aveva regalato Garnet qualche anno prima, che era identico al suo, e le stava benissimo; quello della madre, invece era lungo, e doveva tenerlo perennemente alzato per evitare di cadere, non voleva apparire ridicola. In quegli anni poi, Eiko era divenuta parecchio orgogliosa.
I guardiani all’ingresso della sala del Granduca s’inchinarono e la fecero passare. Il padre era seduto sul trono e stava leggendo un libro. Era raro trovarlo lì, di solito era sempre in giro: sembrava proprio che la stesse aspettando.
       «Ah, buongiorno figlia mia. Brutta buriserata ieri, kerò.» disse il granduca, che spesso non riusciva a reprimere i versi da rana e scaraburi.
       «Buongiorno papà.» salutò Eiko il granduca, sorvolando sul fatto di come avesse saputo che lo stava cercando «Già, è proprio vero. Sai, sono andata ad analizzare la zona e…»
       «Sempre curiosa!» la interruppe mettendosi a ridere «Ma d’altronde è sempre keròmeglio avere il parere di una sciamana di famiglia che di uno di quegli strani buriscienziati che vanno tanto di moda. E dunque?»
       «Ho motivo di credere che non è stata un’esplosione da cannone. Dalla forma del cratere, e da altre cose secondo me è stato un meteorite.»
      «Un meteorite…» mormorò passandosi la mano sul pizzetto.
      «E non è tutto: nel cratere non ve n’è traccia. Né sopra né sottoterra.»
       «Allora?» insistette il granduca. Dopo una breve attesa la figlia adottiva rispose tutto d’un fiato:
      «Secondo me è stato preso da qualcuno che sapeva del suo potenziale.»
       «Oh, andiamo Eiko!» esclamò Cid alzandosi e scendendo i gradini che portavano al suo trono «E chi buriavrebbe interesse nel prendere un sasso caduto dal cielo? Di solito questi keròmaniaci dei minerali non sono così scaltri, se mai vogliono portarsi a casa una cosa del genere aspettano molto tempo, almeno dopo che la notizia si è diffusa.»
       «Posso assicurarti che ieri sera almeno metà Lindblum si è svegliata per il botto, e per quella mezzora passata molte persone si sarebbero potute avvicinare al cratere prima che le guardie mandassero tutti a dormire: chiunque avrebbe potuto facilmente infiltrarsi e prenderlo.»
       «Ammesso e non concesso che sia keròcosì, a che diavolo potrebbe mai buriservire un meteorite?» poi guardò il volto di Eiko, precisamente l’orecchio, e capì.
«Già, è vero, i kerògioielli ancestrali erano un pezzo di meteorite cristallizzato. E buridavvero credi che quello caduto ieri notte, fosse uno di quelli che hanno poteri magici?»
       «È un’eventualità che non va sottovalutata. Per la sicurezza nazionale.» disse serissima. Il padre, infatti, si rimise a ridere di gusto.
       «Sai, figlia mia, stai diventando davvero una buribrava politica. Non riesco davvero a keròdirti di no! E suppongo che tu debba buriandare in un certo posto a controllare, vero? Un certo keròposto dov’è stato rinvenuto e ricostruito dai maghi e dai Troll sciamani uno di quei buricosi per guardare le stelle, eh?» gli chiese infine guardandola chinandosi al livello del suo sguardo, facendola arrossire come una ragazzina. Ma alla fin fine non era proprio quello, una ragazzina?
       «Sì…» rispose intimidita. Lo sguardo indagatore del padre le faceva sempre questo effetto. Anche lei non riusciva mai a dirgli di no.
       «E va bene. Ultimamente ti sei impegnata buritanto nei tuoi studi, meriti una vacanza. Ti do cinque giorni di libertà per raggiungere la tua Madain Sairi.»
       «Solo cinque?! Almeno sette!» disse gonfiando le guancie, una posa che assumeva spesso quando rimaneva delusa o arrabbiata. Il problema è che faceva morire dal ridere: infatti il padre riprese la sua grassa risata. Attratta da quei rumori di ilarità, che si sentivano poco dentro quel noioso castello, entrò la granduchessa Hilda nel suo abito dorato e color rosa –una pacchianata incredibile– e chiese:
       «Cos’è tutta questa allegria? Parti, Eiko?»
       «Sì, ma papà non vuole farmi stare fuori almeno sette giorni!»
       «Andiamo amore, lo sai quanto tua figlia adori quel vecchio e polveroso paese…»
       «Madain Sairi non è polveroso! È solo sabbioso! È perché da sul mare e…» cominciò Eiko a elencare le varie qualità che aveva quel posto dove aveva vissuto i primi sei anni della sua vita. Però, mamma Hilda, che sapeva bene come intervenire, disse:
       «E allora perché non andare a rivisitarlo? Dai, sette giorni puoi star via parlo io con gli insegnanti. Gli dirò che vai anche a studiare. Hai intenzione di passare anche a Sortlibre?»
      «Sì.»
      «Sai, ho sentito che anche Amarant è lì da qualche tempo.»
Ed Eiko iniziò a ridacchiare saltellando, sotto lo sguardo stranito dei suoi che non capivano come una ragazzina così strana, e comunque di alto borgo, potesse volere così bene a una bestia come l’ex cacciatore di teste.
      «Evvai! Parto subito! Ciao mà! Ciao pà!» salutò in fretta e furia, come fa un qualsiasi ragazzo o ragazza nel lasciare i genitori di corsa. Solo che questa ragazza e questi genitori sono tre delle nove persone più potenti di Gaya!
In mezzora di travaglio in camera sua si era presa un borsone con quattro ricambi, due paia di scarpe, il suo vecchio flauto fatato costruito direttamente con il legno di una quercia secolare, il fiocco suo e quello di Mogu. Quindi, si diresse verso la porta drago-celeste al sesto dock, dove partivano gli Air-Travel, i grandi idrovolanti che trasportano centinaia e centinaia di persone in tutti i continenti, direzione Sortlibre, la nuova città costruita da jenoma e maghi neri.
 
       «Ha una lettera da inviare granduca, kupò?» chiese Mokku, il moguri stanziato nel castello di Lindblum.
       «Esatto, buri. È l’unico keròmodo sicuro per far pervenire una lettera senza sollevare voci e conseguenti preoccupazioni.»
       «Il contenuto ha a che fare con quello che è successo ieri notte, kupò?»
       «Anche, buri.» cercò di tagliar corto il granduca. Quel dialogo stava diventando imbarazzante con tutti quei versi.
       «A chi la devo portare?»
       «Già, che scemo: portala alla keròrtese attenzione del Re di Alexandria, Gidan Tribal.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Devo darvene conto, il capitolo non è nulla di che ma credo che abbia anche lui la sua importanza. Vi assicuro che il prossimo sarà migliore. Unica anticipazione: vedrete chi cucinerà i famosi panini con la mortadella della porta sud! Dunque, fatemi sentire la vostra voce, scrivete la vostra opinione, orsù! Vi aspetto, e alla prossima! 

   
 
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